Le novità della PAC 2023-2027

Le novità della PAC 2023-2027
a CREA, Centro di ricerca Politiche e Bioeconomia

Abstract

Dopo tre anni di negoziati, lo scorso giugno è stato raggiunto l’accordo sulla PAC per il 2023-2027. La riforma conserva l’impostazione della Commissione basata sui Piani strategici nazionali e ne rafforza il contenuto, rispetto alle proposte iniziali, sul fronte della sostenibilità ambientale, economica e sociale della PAC. Il Piano strategico nazionale consente di programmare gli interventi in modo coerente e sinergico ma risente di una eccessiva complessità.

Introduzione

Dopo tre anni di trattative, avviate con la presentazione delle proposte della Commissione nel 2018, lo scorso 25 giugno, grazie all’intensa attività di negoziazione della presidenza portoghese, è stato raggiunto l’accordo politico tra Parlamento e Consiglio UE sui tre regolamenti della PAC, accordo portato poi all’approvazione dei Ministri agricoli durante il Consiglio di Lussemburgo del 28 e 29 giugno. Si è così aperta la altrettanto delicata fase di verifica tecnica dell’accordo e di sua trasformazione in testi regolamentari, che dovranno essere successivamente approvati dal Parlamento europeo e formalmente adottati dal Consiglio in tempo utile per l’entrata in vigore a partire dal 1° gennaio 2023.
Nell’arco di questi tre anni numerosi eventi hanno messo in dubbio la tenuta dell’impianto proposto dalla Commissione. La nuova composizione del Parlamento europeo, a seguito delle elezioni del 2019, aveva fatto emergere la possibilità di abbandonare il lavoro della precedente Commissione e avviare nuovamente il processo di discussione della proposta. Si è poi deciso di ripartire dalla relazione presentata dall’on. Ester Herranz García e di permettere ai nuovi parlamentari di proporre nuovi emendamenti al testo, senza tuttavia stravolgerne il contenuto. Il successivo affiancamento alla COMAGRI della Commissione Ambiente, Sanità pubblica e Sicurezza alimentare (COMENVI) per le questioni relative ad ambiente e clima aveva ulteriormente messo a rischio la tenuta del dossier agricolo (Pupo D’Andrea, 2020). Ciononostante, il 23 ottobre 2020 il Parlamento europeo ha espresso la propria posizione comune sulla PAC, a due giorni di distanza dalla posizione espressa dal Consiglio UE. Questo ha dato avvio alla successiva fase di negoziati che ha messo in luce la distanza tra le istituzioni e all’interno del Consiglio.
Il rallentamento dei negoziati sulla PAC, che si sono conclusi con ben due anni di ritardo rispetto alla data prevista e che ha comportato lo slittamento del suo avvio dal 2021 al 2023, oltre che alle difficoltà a trovare un accordo sulle risorse finanziarie e sui contenuti della riforma, è in parte da attribuire anche allo scatenarsi della pandemia da COVID-19, che ha “distratto” le istituzioni comunitarie e nazionali dai negoziati, intente a fronteggiare la crisi sanitaria, prima, ed economica, poi, con interventi e fondi straordinari. La crisi ha messo in luce la resilienza del settore agricolo ma anche la sua fragilità e ha dato maggiore visibilità e incisività alle strategie UE Farm to Fork (Commissione europea, 2020a) e “Biodiversità per il 2030” (Commissione europea, 2020b) emanate nell’ambito del Green Deal europeo, la Comunicazione che mira a far diventare l’Europa il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050 (Commissione europea, 2019).
Il testo sulla PAC approvato sarà tutt’altro che snello e di facile lettura, considerato che racchiude le norme sul sostegno garantito dal I pilastro (pagamenti diretti e interventi settoriali) e dal II pilastro, nonché i contenuti dei Piani strategici nazionali (PSN) della PAC, le regole di governance e la definizione del quadro di monitoraggio, rendicontazione e valutazione dei Piani. Inoltre, anche a causa della intensa attività di confronto e negoziazione, sono state inserite numerose deroghe (la bozza di testo circolata contiene 38 volte la parola “derogation” rispetto alle 10 volte della proposta originaria) e elementi di transizione (citata 25 volte contro 2) che rendono ancora meno agevola la lettura del regolamento.

Novità e conferme

La nuova PAC mantiene tutti gli elementi proposti dalla Commissione in merito ai pagamenti diretti, ma i negoziati hanno introdotto alcune modifiche che hanno reso alcuni elementi facoltativi. In altri casi sono state introdotte modifiche che hanno ulteriormente rafforzato il contributo della PAC al raggiungimento degli obiettivi climatico-ambientali e sociali. Tra questi ultimi va senz’altro annoverata l’introduzione della condizionalità sociale tra gli obblighi a carico dei beneficiari della PAC, fortemente voluta dal Parlamento europeo e che ha trovato posto nei testi regolamentari proprio nell’ultimo trilogo. Essa poggia sul rispetto di tre direttive comunitarie: la direttiva 2019/1152 sulle condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili, la direttiva quadro 89/391 sulla sicurezza e salute dei lavoratori e la direttiva 2009/104 sui requisiti minimi di sicurezza e di salute per l’uso delle attrezzature di lavoro. La condizionalità sociale sarà introdotta nei PSN non più tardi del 1° gennaio 2025 e prevede un sistema di sanzione amministrative, efficaci e proporzionate, nel rispetto dell’assetto istituzionale di ciascun Paese. I servizi di consulenza aziendale avranno il compito di consigliare e informare gli agricoltori sui loro obblighi nei confronti dei lavoratori. Nell’ambito dell’accordo politico, Parlamento e Consiglio, in una dichiarazione congiunta, invitano la Commissione a monitorare l'impatto del meccanismo della condizionalità sociale sulle condizioni dei lavoratori e il funzionamento del sistema di sanzioni, proponendo, se del caso, miglioramenti. Il monitoraggio dovrà essere realizzato due anni dopo i primi due anni di applicazione da parte di tutti gli Stati membri (quindi, al più tardi, nel 2029). Entro il 2025, la Commissione dovrà valutare la possibilità di includere, tra gli obblighi della condizionalità sociale, quello relativo alla libera circolazione dei lavoratori (di cui al regolamento 492/2011), presentando, se del caso, una proposta.
L’accordo conferma il criterio di un Piano strategico per Stato membro, sebbene esso debba tener conto dell’assetto costituzionale e istituzionale del paese. In alcuni aspetti il ruolo delle Regioni e delle istituzioni locali viene meglio esplicitato (come, ad esempio, nel caso del partenariato da consultare o della eventuale presenza di autorità di gestione regionali nell’ambito della governance), così come viene formalmente prevista la possibilità che alcuni interventi siano stabiliti a livello regionale. L’unica eccezione alla regola di “uno Stato membro, un PSN” è rappresentata dal Belgio al quale è concesso di presentare un piano per ciascuna entità federale: Fiandre e Vallonia.
Il nuovo regolamento alleggerisce poi la portata di alcune definizioni. Ad esempio, si ritorna alla denominazione di agricoltore attivo (e non più agricoltore autentico o genuine farmer), lasciando agli Stati membri il compito di definire chi lo è (e non, come nell’attuale PAC, chi non lo è), in modo da garantire che il sostegno sia concesso solo a chi esercita un livello minimo di attività agricola, da determinarsi attraverso criteri oggettivi e non discriminatori. Gli Stati membri possono introdurre una lista negativa di coloro che intendono escludere dal sostegno, così come possono concedere il sostegno, indipendentemente dai criteri oggettivi, agli agricoltori che hanno ricevuto pagamenti diretti non superiori a un certo importo, che non può essere superiore a 5.000 euro.
Nel caso dei giovani agricoltori il limite di età oltre il quale non si è più considerati giovani è stato rivisto portandolo dai 40 anni della proposta a un range compreso tra 35 e 40 anni, dando così ai paesi la possibilità di introdurre un criterio più restrittivo e ridurre, pertanto, la platea dei beneficiari. Viene inoltre introdotta la figura di “nuovo agricoltore” che è colui che si insedia per la prima volta in azienda come capo azienda e che non è un giovane agricoltore.
Un’altra novità riguarda gli obiettivi generali e specifici della PAC che vengono resi più espliciti e nei quali viene richiamato il contributo dei PSN al rispetto degli impegni assunti nell’accordo di Parigi sul clima e al raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile contenuti nelle Strategie Farm to Fork e Biodiversità, che erano state pubblicate dopo la presentazione delle proposte.
Sul fronte della condizionalità, si registra un passo indietro riguardo allo strumento di sostenibilità per le aziende agricole relativo ai nutrienti (Farm Sustainability Tool for Nutrients - FaST), la creazione del cui sistema viene rimossa dagli obblighi a carico dello Stato membro previsti dalle Buone condizioni economiche e ambientali. La gestione sostenibile dei nutrienti viene però inclusa tra gli aspetti coperti dalla consulenza aziendale, con indicazione per lo Stato membro di mettere a disposizione degli agricoltori un’applicazione digitale che li aiuti nella gestione, non più tardi del 2024.

Date cardine e quadro di monitoraggio e valutazione

Il raggiungimento dell’accordo fissa alcune date cardine. Entro il 31 dicembre 2021 ciascuno Stato membro dovrà presentare il proprio PSN che la Commissione dovrà approvare entro sei mesi, per la loro entrata in vigore il 1° gennaio 2023. Prima del 31 dicembre 2023 la Commissione presenterà una relazione di sintesi dei Piani strategici della PAC al Parlamento e al Consiglio inclusa un’analisi degli sforzi e degli obiettivi congiunti degli Stati membri per il raggiungimento degli obiettivi della PAC, in particolare quelli connessi al cambiamento climatico, alle risorse naturali, alla biodiversità e alla maggiore attenzione della società su alimentazione e salute.
L’attenzione ai risultati più che alla conformità alle regole del singolo beneficiario ha comportato anche la revisione del complesso sistema di monitoraggio e valutazione, che va sotto il nome di Quadro per il monitoraggio e la valutazione dell’efficacia di attuazione (Performance Monitoring and Evaluation Framework - PMEF), al quale saranno sottoposti, per la prima volta in maniera univoca e integrata, il I e II pilastro della PAC attraverso un set comune di indicatori (di contesto, di output, di risultato e di impatto). La responsabilità del PMEF è condivisa tra Stati membri e Commissione (Cagliero et al., 2021; Dumitru, 2021).
A partire dal 2024 ogni Stato membro dovrà presentare una relazione annuale sull’efficacia dell’attuazione (Annual Performance Report) che conterrà informazioni quantitative sugli output conseguiti, sulla spesa effettuata, sui risultati realizzati e sulla distanza dai rispettivi target annuali, oltre a informazioni di tipo qualitativo sullo stato di implementazione del Piano e sugli eventuali problemi incontrati nella sua attuazione. Annualmente, inoltre, non prima di due mesi dalla presentazione della relazione, si terrà una riunione di riesame con la Commissione, volta ad analizzare la performance del Piano. I negoziati hanno trasformato da annuale in biennale la verifica dell’efficacia dell’attuazione da parte della Commissione (Biennial Performance Review) e, in caso di scostamenti significativi di un indicatore di risultato dal milestone, gli Stati membri sono tenuti a giustificarne il motivo e la Commissione può richiedere un piano con azioni correttive. Significativi e ingiustificati scostamenti e il non rispetto del piano di azione potrebbero condurre ad una sospensione o, addirittura, ad una riduzione delle risorse per gli anni finanziari 2024 e 2026.
Ciascun Piano strategico sarà valutato anche dallo Stato membro, prima della sua presentazione (ex ante), per migliorare la qualità della progettazione; durante la sua attuazione (ad interim), per migliorare il suo disegno, la sua implementazione e valutarne efficacia, efficienza, rilevanza, coerenza, il valore aggiunto dell’UE e il contributo al raggiungimento degli obiettivi generali e specifici della PAC; ex post, per valutare l’impatto complessivo del Piano strategico.
La Commissione predispone poi un proprio quadro di valutazione che prevede un primo rapporto da presentare a Parlamento e Consiglio entro il 2025 sul funzionamento del New delivery model e sul contributo dei Piani strategici al raggiungimento degli obiettivi climatici e ambientali, tenendo conto dei target fissati al 2030 dalle Strategie Farm to Fork e Biodiversità. Questo rapporto, se del caso, può essere corredato da raccomandazioni agli Stati membri. La valutazione dei Piani strategici sarà inoltre oggetto di altri due rapporti da presentare, a Parlamento e Consiglio, entro la fine del 2027 e del 2031. Entro il 2026 sarà poi realizzata una valutazione ad interim per esaminare l’efficacia ed efficienza del FEAGA e FEASR, seguita da una valutazione ex post.

Il nuovo sistema dei pagamenti diretti

La riforma conferma il sistema dei pagamenti diretti disegnato dalla proposta,ma introduce alcune novità.
Requisiti minimi - Per ricevere i pagamenti diretti, gli agricoltori attivi dovranno attestarsi al di sopra di una soglia minima. Accanto a quella fisica (in termini di numero di ettari di superficie ammissibile), l’accordo ha ripristinato la possibilità di utilizzare la soglia finanziaria (importo di pagamenti diretti da ricevere annualmente), attualmente utilizzata dall’Italia.
Sostegno di base al reddito per la sostenibilità - La riforma accelera sul processo di convergenza. La regola resta quella di abbandonare i titoli e di fissare un valore uniforme del pagamento di base ad ettaro, ma viene prevista (così come proposto dalla Commissione) la possibilità di differenziare il valore unitario per territori con caratteristiche socio-economiche e agronomiche simili (continua a non essere ammessa la “territorializzazione” sulla base delle Regioni amministrative). La riforma, però, introduce la possibilità di ridurre il valore del pagamento di base per tenere conto del sostegno ricevuto dallo stesso territorio attraverso altri interventi. Questo aspetto si collega ad un’altra importante innovazione contenuta nell’accordo relativamente alla dimostrazione dell’adeguatezza delle scelte effettuate dagli Stati membri rispetto agli obiettivi dell'UE. La strategia di intervento dovrà infatti dimostrare la coerenza e la complementarità degli interventi non solo rispetto agli obiettivi climatico-ambientali e a quello di attrarre i giovani, ma anche rispetto a quelli di sostenere un reddito agricolo sufficiente e garantire la sostenibilità economica della produzione. Pertanto, ciascun PSN dovrà presentare una panoramica di come si intende conseguire l'obiettivo di una distribuzione più equa e di una destinazione più efficace ed efficiente del sostegno al reddito e, in caso di pagamenti “territorializzati”, anche la coerenza e complementarità del pagamento di base con il sostegno fornito nell’ambito di altri interventi, in particolare quelli per aree con vincoli naturali o vincoli specifici dello sviluppo rurale.
In deroga al pagamento uniforme, gli Stati membri potranno continuare a mantenere i titoli e le differenze nel valore unitario del pagamento di base (dovute al permanere del legame con gli aiuti storici), ma sono obbligati a innalzare il valore dei titoli che stanno sotto la media nazionale portandoli almeno all’85% (dal 75% della proposta) di questo valore medio, al massimo entro il 2026. L’accordo concede la possibilità di abbandonare il sistema dei diritti all’aiuto in qualsiasi momento. Essi cesseranno di avere validità il 31 dicembre dell’anno precedente quello di applicazione di tale decisione. Viene confermato l’obbligo di fissare un valore massimo dei diritti all’aiuto.
La differenza tra i due sistemi, con e senza titoli, non riguarda solo l’avere o meno i diritti all’aiuto, e tutto ciò che la loro presenza comporta sia dal punto di vista della loro gestione amministrativa che della “rendita” che essi rappresentano per i beneficiari, ma anche la diversa distribuzione del sostegno. Ipotizzando il pieno livellamento degli aiuti, nel sistema con i titoli la redistribuzione del sostegno avverrebbe solo tra gli agricoltori attivi che detengono titoli e solo sulla superficie ad essi abbinata (a differenza del 2014-2020 non c’è una nuova distribuzione dei titoli ma un ricalcolo del valore di quelli esistenti), mentre nel sistema senza titoli la redistribuzione avverrebbe su tutta la superficie ammissibile detenuta dagli agricoltori attivi. In questo secondo caso si amplierebbe anche la superficie assoggettata alla condizionalità, vale a dire al rispetto di requisiti minimi in termini di gestione della terra, degli animali e di uso sostenibile di aria, acqua e suolo.
Sostegno ridistributivo complementare al reddito per la sostenibilità - L’accordo conferma la natura obbligatoria di questo pagamento, al quale va dedicato il 10% del massimale nazionale. Al di là di alcuni aggiustamenti introdotti relativi al funzionamento dello strumento, compresa la possibilità di differenziare l’aiuto unitario a livello regionale (da notare che le regioni possono, ma non necessariamente devono, essere quelle eventualmente individuate per la territorializzazione del pagamento di base), la principale novità è rappresentata dal fatto che gli Stati membri possono non applicare il pagamento redistributivo se dimostrano che la redistribuzione è realizzata attraverso altri interventi o strumenti del primo Pilastro.
Sostegno complementare al reddito per i giovani agricoltori - La principale novità di questo pagamento è che le risorse per gli interventi del primo e/o del secondo pilastro dedicate ad attrarre giovani non sono più da reperire nell’ambito del I pilastro. L’accordo fissa un ammontare di risorse che gli Stati membri devono spendere (corrispondenti al 3% del massimale per i pagamenti diretti) ma queste risorse andranno reperite nel fondo di competenza dell’intervento disegnato. Questo obiettivo potrebbe quindi essere raggiunto utilizzando solo il I pilastro o solo il II o tutti e due. Viene inoltre esplicitato che il pagamento può essere concesso per un massimo di 5 anni (senza tuttavia che per i beneficiari vengano create aspettative giuridiche per gli anni che ricadono dopo il 2027) e che può assumere anche la forma di un pagamento forfettario annuale per giovane agricoltore. Inoltre, gli Stati membri possono fissare un ammontare massimo di ettari ad azienda che può ricevere questo pagamento. Una ulteriore novità è rappresentata dall’ampliamento del ventaglio degli strumenti utilizzabili nel I pilatro: accanto all’insediamento dei giovani agricoltori le somme possono essere usate anche per gli investimenti materiali e/o immateriali fatti dai giovani agricoltori.
Regime per il clima e l’ambiente e il benessere animale - L’adesione degli agricoltori a questi regimi resta facoltativo, ma la sua implementazione rimane obbligatoria per gli Stati membri. La principale novità consiste nella fissazione di una dotazione finanziaria minima, il 25% del massimale nazionale per i pagamenti diretti, non prevista dalla proposta della Commissione. Gli Stati membri hanno la possibilità di ridurre gli importi riservati agli eco-schemi se, nell’ambito del II pilastro, utilizzano più del 30% per interventi (impegni agro-climatico-ambientali, svantaggi territoriali e investimenti) indirizzati agli obiettivi ambientali e al benessere degli animali. Gli Stati membri possono ridurre la quota di massimale destinata agli eco-schemi, utilizzando la restante parte per i pagamenti disaccoppiati, a condizione che siano state esaurite tutte le possibilità di utilizzare tali fondi per i regimi climatico-ambientali e il benessere degli animali. Tuttavia, l’ammontare che viene “distratto” dagli eco-schemi deve essere restituito negli anni successivi negli stessi eco-schemi e/o nelle misure ambientali e per il benessere animale dello sviluppo rurale.
Altra novità è rappresentata dall’ampliamento del ventaglio di obiettivi che con gli eco-schemi si vogliono raggiungere. Infatti, oltre a quelli legati a clima e ambiente, si aggiungono il miglioramento del benessere animale e la lotta alla resistenza antimicrobica, contemplati nel rinnovato obiettivo specifico (i) dell’art. 6. Ogni eco-schema dovrà coprire almeno due aree di azione tra: mitigazione del cambiamento climatico, adattamento al cambiamento climatico, qualità dell’acqua, qualità del suolo, biodiversità, uso dei pesticidi, benessere animale o resistenza antimicrobica. Gli Stati membri, oltre a dimostrare il contributo dell’architettura verde al raggiungimento degli obiettivi della PAC e la coerenza rispetto alla condizionalità, come ulteriore tassello introdotto dagli accordi, dovranno dimostrare il contributo degli eco-schemi all’architettura verde (compresi il benessere animale e la resistenza antimicrobica) e in che modo le pratiche agricole di questi regimi rispondono ai fabbisogni individuati nella strategia.
Sostegno accoppiato al reddito - Le principali novità consistono nel fatto che da questo sostegno l’accordo ha escluso le colture no-food ad uso energetico e che l’ammontare dei pagamenti diretti che uno Stato membro può destinare al suo finanziamento passa dal 10%, più un eventuale 2% per le piante proteiche a 13% + 2%. Il limite del 13% può essere superato se nel 2018 lo Stato membro ha usato per i pagamenti accoppiati una percentuale maggiore.
Pagamenti per i piccoli agricoltori - Il pagamento resta facoltativo per Stati membri e agricoltori. L’accordo prevede che tale sostegno, che va a sostituire tutti gli aiuti disaccoppiati e accoppiati, possa essere fornito anche sotto forma di pagamenti ad ettaro, invece che come pagamento forfettario ad azienda. Il sostegno può essere differenziato in base a soglie di superficie, ma complessivamente non può superare 1.250 euro/anno ad azienda (ipotesi non prevista dalla proposta ma attualmente applicabile).
Contributo agli strumenti di gestione del rischio - La riforma ha introdotto la possibilità di decurtare fino al 3% dei pagamenti diretti da versare agli agricoltori per finanziare uno strumento di gestione del rischio. Gli agricoltori sarebbero così chiamati in prima persona a contribuire al finanziamento di un fondo di mutualità per eventi catastrofali tramite il I pilastro della PAC. Non si tratta di un ulteriore spacchettamento dei pagamenti diretti, in quanto non agisce a monte nella distribuzione del massimale nazionale tra i tipi di pagamento, ma a valle, sull’ammontare dei pagamenti diretti da versare annualmente a ciascun agricoltore attivo.
Degressività e capping - L’accordo ha reso facoltativi questi strumenti. Ciascuno Stato membro ha la possibilità di assoggettare a taglio l’ammontare del pagamento di base che supera 100.000 euro (capping) e/o di ridurre dell’85% al massimo gli importi che superano 60.000 euro. Al di sopra di 60.000 euro possono essere introdotte tranche aggiuntive con percentuali di riduzione crescenti. Dalle somme soggette a taglio gli Stati membri posso detrarre i costi del lavoro. Resta immutata la destinazione delle risorse ottenute dall’applicazione dei due strumenti che dovranno essere usate in via prioritaria per finanziare il pagamento ridistributivo e, in subordine, gli altri pagamenti disaccoppiati, oppure essere trasferite al FEASR per finanziare interventi nell’ambito dello sviluppo rurale.

Altri interventi

Interventi settoriali – L’accordo conferma sostanzialmente le proposte della Commissione sugli interventi settoriali. Il nuovo testo ha messo ordine negli obiettivi e interventi della proposta di regolamento, racchiudendo ciascuno di essi in un unico elenco da cui i settori ortofrutticolo, del luppolo, olivicolo-oleario e “altri settori” possono attingere. Si tratta di quei settori il cui funzionamento si basa sulle Organizzazioni di produttori (OP) e sui programmi operativi. Il settore vitivinicolo e quello dell’apicoltura continuano a mantenere obiettivi e interventi separati perché diverso è il modello di intervento applicato. Per il settore olivicolo-oleario, l’accordo conferma l’applicazione del modello ortofrutticolo sebbene, nel corso dei negoziati, sembrava che la proposta italiana di avvicinare il settore al modello vitivinicolo potesse essere accettata. Tuttavia, per tenere conto della specificità del settore e delle richieste dei paesi destinatari di tali interventi, l’accordo ha rivisto al rialzo la percentuale del valore della produzione organizzata di ciascuna OP o Associazione di OP sul quale calcolare il finanziamento comunitario (30% nel 2023 e 2024, 15% nel 2025 e 2026, 10% dal 2027). Nel settore ortofrutticolo, invece, oltre ad incrementare dal 10% al 15% la quota obbligatoria di spesa dei programmi operativi da destinare agli impegni agro-ambientali, viene introdotto un ulteriore vincolo del 2% da destinare a interventi per ricerca e sperimentazione. Altra novità di rilievo consiste nel fatto che la dotazione finanziaria da utilizzare per introdurre nuovi interventi settoriali può essere incrementata dal 3% al 5% del massimale nazionale, attraverso una contestuale riduzione delle somme destinate ai pagamenti accoppiati. Inoltre, viene esteso l’elenco di prodotti per i quali possono essere introdotti nuovi interventi e viene incrementato il sostegno UE dal 5% al 6% del valore della produzione commercializzata di ogni OP o gruppo di produttori (i gruppi di produttori possono essere costituiti per un periodo transitorio di non più di 4 anni per poi trasformarsi in OP, sulla falsa riga di quanto avvenuto nel 2006 per l’ortofrutta).
Sviluppo rurale - Il quadro degli interventi, che resta sostanzialmente immutato, viene integrato con nuovo intervento relativo agli investimenti per nuove aree irrigate o già esistenti. Il regolamento rivede l’ammontare del sostegno finanziario dell’UE rapportandolo al periodo 2023-2027 (60,544 miliardi di euro) e il tasso di contributo del FEASR alle spese sostenute in alcune aree e interventi. La novità più importante è l’incremento della quota del FEASR da dedicare obbligatoriamente agli interventi agro-climatico-ambientali e al benessere animale, che passa dal 30% al 35%, individuando e attribuendo dei pesi ai diversi interventi che concorrono al raggiungimento di questa percentuale.
Da sottolineare, infine, come dall’accordo sia sparito il bonus di performance, vale a dire il sistema di incentivi per buone prestazioni ambientali e climatiche che, nella proposta della Commissione, doveva premiare gli Stati membri più veloci nel raggiungimento dei target ambientali.

Considerazioni conclusive

Il risultato dei negoziati tra le istituzioni comunitarie relativamente alla programmazione 2023-2027 rappresenta un’eccezione nella storia della PAC1 , che ha sempre visto gli accordi raggiunti contenere dosi più o meno considerevoli di annacquamento rispetto alle proposte della Commissione. Nonostante le deroghe, le eccezioni e i casi particolari, la riforma approvata mantiene e, anzi, rafforza l’impostazione voluta dalla Commissione, che in alcuni punti risentiva di poca chiarezza, apparendo più una dichiarazione di intenti che un testo regolamentare.
Nell’accordo si introduce per la prima volta il tema della condizionalità sociale, assente nelle proposte, che rappresenta un primo passo per approfondire questo aspetto, anche grazie al mandato dato alla Commissione di esplorare ulteriori forme di estensione della regolamentazione da rispettare.
La sostenibilità ambientale viene rafforzata dalla individuazione (nel I pilastro) e incremento (nel II pilastro) delle quote di spesa da dedicare a interventi per clima, ambiente e benessere animale. Ovviamente la spesa di per sè non è un indicatore di maggiore o minore sostenibilità, ma la riforma fa un ulteriore passo avanti chiedendo agli Stati membri di dimostrare la maggiore ambizione su clima e ambiente anche sulla base di miglioramento degli indicatori di impatto. Inoltre, la riforma prevede una migliore e più dettagliata definizione del contenuto dei PSN relativamente all’architettura verde. Agli Stati membri si chiede infatti di dimostrare il contributo di ciascuno strumento all’architettura verde e agli obiettivi della PAC, la complementarità tra gli strumenti e il contributo dell’architettura verde al raggiungimento degli obiettivi di più lungo termine dell’UE. Sullo sfondo resta il reale contributo della PAC agli obiettivi climatici e ambientali del Green Deal. Si ricorda che le strategie Farm to Fork e Biodiversità sono delle Comunicazioni della Commissione e come tali giuridicamente non vincolanti per gli Stati membri. L’accordo, tuttavia, contiene una clausola di revisione della legislazione esistente al 2025 su ambiente e clima al cui rispetto vincolare i PSN della PAC.
Inoltre, per la prima volta, nella PAC viene introdotta una valutazione dell’efficacia e dell’efficienza dei pagamenti diretti anche in termini di distribuzione tra beneficiari e tra territori.
Restano ancora tanti punti critici, tra i quali, semplificazione e tempistica. L'accordo acuisce il già evidenziato tema della estrema complicazione di questa riforma, che scarica la maggior parte dell’onere programmatorio sugli Stati membri. Pur considerando la programmazione nazionale un aspetto più che positivo (e, anche, fortemente bramato dagli Stati membri) nell’ottica di una maggiore sussidiarietà nel quadro di un approccio orientato ai risultati (il New delivery model), se realizzata nell’ambito di un minuzioso quadro di riferimento definito a monte si trasforma in una eccessiva complessità per gli Stati membri, soprattutto per quelli con un assetto istituzionale decentrato come l’Italia, chiamati a programmare gli interventi per tutto il periodo programmatorio, compreso l’ammontare unitario di ogni singolo pagamento.
Questo aspetto si collega al secondo elemento di criticità, che è quello della tempistica. Infatti, la dilatazione dei tempi di approvazione della riforma ha fatto sì che la presentazione dei PSN alla Commissione avverrà quasi contemporaneamente alla definizione dei testi regolamentari. Non si tratta di una questione puramente formale ma legata al fatto che, così come appena visto, l’accordo ha apportato modifiche non di poco conto relativamente a ciò che ciascuno Stato membro dovrà dimostrare di voler fare con il proprio PSN.
Si sottolinea come la valutazione qui presentata si basa sul confronto tra l’accordo raggiunto e la proposta della Commissione (Pupo D’Andrea, 2018) e non affronta la più generale valutazione della PAC rispetto alla sua sostenibilità ambientale, all’equità, efficacia ed efficienza dei pagamenti diretti, alla necessità di continuare a mantenere la PAC e una PAC divisa in due pilastri (Sotte, 2017 e 2021). Senza dubbio, il PSN introdotto in questa riforma permette di guardare agli interventi del I e del II pilastro in modo coerente e sinergico, laddove fino a ora, non c’era dialogo tra i tipi di pagamento diretto, tra i pagamenti diretti e gli altri interventi settoriali all’interno del I pilastro e tra i due pilastri. Se si concorda sulla path dependency come logica che guida le riforme della PAC, cioè della dipendenza delle decisioni attuali da quelle assunte precedentemente, possiamo affermare che questa riforma rappresenta un salto, più che un passo in avanti, rispetto al passato e che il complesso sistema di valutazione al quale, per la prima volta, saranno assoggettati anche i pagamenti diretti del I pilastro, potrà ulteriormente accelerare il futuro processo di revisione di questa politica.

Riferimenti bibliografici

  • Cagliero R., Camaioni B., D’Alicandro N. (2021), Il quadro degli indicatori della PAC post-2020 e il ruolo nella programmazione, Rete Rurale Nazionale 2014-2020, Mipaaf, Roma

  • Commissione europea (2019), Il Green Deal europeo, COM(2019) 640 final, [link

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  • Pupo D’Andrea M.R. (2018), Finestra sulla PAC n. 33, Agriregionieuropa, n. 53, [link

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  • Sotte F. (2021), Una “PAC al futuro”: quali sono le implicazioni?, Incontro web: Per una PAC al futuro: tra transizione e cambiamento, Atti dei Georgofili 2021, Accademia dei Georgofili, [link

  • 1. Per chi fosse interessato ad approfondire questa questione si rimanda al libro a puntate "La politica agricola europea. Storia e analisi" pubblicato da Franco Sotte su Agriregionieuropa [link].
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