Agricoltura biologica e sostenibilità nella programmazione 2023-2027

Agricoltura biologica e sostenibilità nella programmazione 2023-2027
a CREA, Centro di ricerca Politiche e Bioeconomia
b ISMEA

Abstract

Da oltre 25 anni l’Unione europea (UE) sostiene l’agricoltura biologica riconoscendole un ruolo sempre più importante nel mantenere il potenziale produttivo, fornire prodotti salubri, preservare la vitalità delle aree rurali. Grazie alla sua maggiore sostenibilità rispetto ad altri metodi di produzione, l’UE ha stabilito che, entro il 2030, il 25% della SAU comunitaria dovrà essere convertito all’agricoltura biologica, attraverso il concorso di una serie di politiche, tra cui la PAC. L’esito dipenderà dalla coerenza e dal grado di integrazione tra i diversi interventi.

Introduzione

L’Unione europea sostiene finanziariamente l’agricoltura biologica da quasi trent’anni, giocando un ruolo fondamentale nella crescita della SAU gestita con metodo di produzione biologico. Nel corso del tempo, tuttavia, è aumentata la consapevolezza circa il suo elevato livello di sostenibilità e la sua capacità di contribuire alla mitigazione dei cambiamenti climatici nonché di poter divenire motore di sviluppo delle aree rurali. Ciò nonostante, l’agricoltura biologica comunitaria appare ancora scarsamente sviluppata, visto che, nel 2019, la SAU biologica pesa per il solo 8,5% sulla SAU totale anche se con differenze rilevanti tra i diversi Stati membri (SM). Si va, infatti, dall’oltre 25% relativo all’Austria a un peso percentuale della SAU biologica inferiore all’1% nel caso della Repubblica di Malta. Pertanto, con le Strategie From Farm to Fork (F2F; CE, 2020a) e Biodiversità al 2030 (CE, 2020b), l’UE vuole dare un forte impulso al processo di conversione della SAU comunitaria data l’urgenza connessa ai cambiamenti climatici, all’inquinamento di suolo, risorse idriche e aria, alla perdita di biodiversità e alle difficoltà di accesso a un cibo salubre da parte di un’ampia quota della popolazione comunitaria.
In questo contributo, dopo aver presentato l’evoluzione della normativa comunitaria, con riferimento al caso italiano saranno illustrate le proiezioni al 2030 della SAU biologica secondo obiettivi di crescita diversi tra loro. Sarà poi trattato il tema del possibile trasferimento del sostegno all’agricoltura biologica negli ecoschemi del I Pilastro, affrontando alcune questioni come la cumulabilità con gli altri ecoschemi, la demarcazione con l’Organizzazione Comune di Mercato (OCM) e l’intervento agro-climatico-ambientale a favore dell’agricoltura biologica nell’ambito dello sviluppo rurale. Saranno poi illustrati alcuni elementi che potrebbero definire tale intervento e il ruolo di altri interventi del II Pilastro nel favorire una maggiore strutturazione del settore biologico. Saranno stilate, infine, le conclusioni.

L’evoluzione della normativa europea

A partire dal Reg. (CEE) n. 2078/92, l’Unione europea (UE) attribuisce una particolare rilevanza all’agricoltura biologica nell’ambito della PAC a motivo della sua maggiore sostenibilità, ambientale, per certi aspetti sociale e, con quale incertezza, economica, rispetto ad altri metodi di produzione adottati in agricoltura. Nel corso del tempo, pertanto, l’UE ha continuamente cercato di rendere l’azione della sua politica sempre più efficace nel favorire lo sviluppo del settore biologico mediante una continua ridefinizione di obiettivi e strumenti.
In particolare, nel 2010, con il documento "La PAC verso il 2020, rispondere alle future sfide dell’alimentazione, delle risorse naturali e del territorio", la Commissione europea riconosceva all’agricoltura biologica la capacità di contribuire al perseguimento di tre obiettivi, quali: 1) la preservazione del potenziale di produzione dell’UE secondo criteri di sostenibilità, così da garantire la sicurezza dell’approvvigionamento alimentare a lungo termine; 2) il sostegno alle comunità agricole che forniscono ai cittadini europei una grande varietà di derrate alimentari di pregio e di qualità prodotte in modo sostenibile; 3) la preservazione della vitalità delle comunità rurali, per le quali l’agricoltura costituisce un’attività economica importante in grado di creare occupazione locale. È evidente, pertanto, come all’agricoltura biologica sia attribuita una valenza non solo settoriale ma anche territoriale, oltre a un ruolo pivotale nel garantire la sicurezza alimentare in termini sia di safety sia di security, grazie alla gestione sostenibile delle risorse naturali. Nell’attuale programmazione, ciò si è declinato nell’introduzione, nell’ambito del I Pilastro della PAC, del greening, componente che ammonta al 30% del massimale nazionale annuo del budget disponibile destinato ai pagamenti diretti e che le aziende biologiche destinatarie di tali pagamenti ricevono ipso facto e, nell’ambito del II Pilastro, di una misura specifica per sostenere l’agricoltura biologica, distinta da quella agro-climatico-ambientale.
Con riguardo alla prossima fase di programmazione, l’Unione europea “ha rilanciato” ancora in tema di agricoltura biologica. Nella strategia de “Il Green Deal europeo” (CE, 2019), principalmente diretta a rendere l’Unione europea neutrale in termini di emissioni di gas a effetto serra entro il 2050, l’agricoltura biologica è considerata uno dei metodi di produzione agricola in grado di ridurre l’inquinamento di atmosfera, acqua e suolo e il consumo di risorse naturali, di contrastare i cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità e di fornire prodotti salubri. La Strategia F2F per il settore agroalimentare non solo ribadisce e dettaglia quanto già disposto dal Green Deal europeo ma quantifica un obiettivo da conseguire entro il 2030 per lo sviluppo dell’agricoltura biologica, quale il raggiungimento di un’incidenza della SAU biologica sulla SAU totale comunitaria pari al 25%. Il già richiamato 8,5% a cui tale quota si attesta nell'UE al 2019 rende questo obiettivo piuttosto ambizioso. Ugualmente l’agricoltura biologica appare basilare nell’ambito della Strategia per la Biodiversità al 2030.
Per facilitare il conseguimento dell’obiettivo del 25% e aumentare il consumo dei prodotti biologici, a marzo 2021 l’Unione europea ha pubblicato il nuovo Piano d’azione per lo sviluppo della produzione biologica (CE, 2021b), articolando gli interventi in 23 azioni afferenti a tre Assi, quali:

  • Alimenti e prodotti biologici per tutti: Stimolare la domanda e acquisire la fiducia dei consumatori;
  • Verso il 2030: Stimolare la riconversione e rafforzare l'intera catena del valore;
  • Il biologico che dà l'esempio: Migliorare il contributo dell'agricoltura biologica alla sostenibilità. Le azioni previste sono di diversa natura in quanto mirano a: potenziare l’intervento dell’UE dal punto di vista finanziario, come nel caso, ad esempio, della promozione del consumo di prodotti biologici e della ricerca sui temi di interesse del settore biologico; raccogliere, elaborare e analizzare dati e informazioni inerenti al settore anche al fine di sensibilizzare i consumatori; favorire il raggiungimento di accordi con diverse tipologie di operatori per aumentare la diffusione dei prodotti biologici; facilitare l’azione degli SM e vigilare sul loro operato in diversi campi (sistema della conoscenza, strutturazione di filiere corte, sviluppo dell’acquacoltura, ecc.). La valenza territoriale dell’agricoltura biologica richiamata nel documento del 2010, infine, acquisisce una sua identità con i biodistretti, la cui istituzione è fortemente caldeggiata dall’Unione europea nei diversi SM.

Un’altra tappa fondamentale per sviluppare l’agricoltura biologica è costituita dall’accordo raggiunto il 28 giugno 2021 sulla Riforma della PAC 2023-2027, in cui è stato deciso in seno al Trilogo di destinare il 25% delle risorse stanziate per i pagamenti diretti al finanziamento degli ecoschemi (il 20% nei primi due anni di applicazione della nuova PAC). Con riferimento al II Pilastro, invece, all’azione per il clima e l’ambiente sarà destinato il 35% delle risorse complessive, potendo rientrare nel calcolo di tale quota anche il costo degli investimenti finalizzati a migliorare la sostenibilità ambientale di aziende agricole, trasformatori e distributori. Importante è altresì l’introduzione della condizionalità sociale per cui i pagamenti diretti, agro-climatico-ambientali e a favore delle aree svantaggiate saranno subordinati al rispetto dei diritti dei lavoratori dal punto di vista assicurativo e previdenziale e in termini di sicurezza e salute sul lavoro. Ciò è importante anche per l’agricoltura biologica, per la quale non esistono riscontri in letteratura sulla sua sostenibilità da questo punto di vista, nonostante i principi IFOAM (2005) di benessere ed equità a cui la stessa dovrebbe ispirarsi.
In questo contesto, gli SM stanno definendo le proprie macro-strategie a favore dell’agricoltura biologica riguardanti principalmente l’attivazione o meno degli ecoschemi a suo sostegno, il possibile trasferimento di risorse finanziarie dal I al II Pilastro e, quindi, il ruolo più o meno rilevante giocato dagli interventi agro-climatico-ambientali in seno alla politica di sviluppo rurale per favorire la diffusione del metodo di produzione biologico. Chiaramente, il potenziamento del settore biologico dipenderà anche da come sarà strutturato l’intervento agro-climatico-ambientale disposto a suo sostegno nonché dalle modalità che saranno adottate relativamente agli altri interventi di sviluppo rurale per privilegiare gli operatori biologici nell’accesso agli stessi e possibilmente le risorse che potranno essere blindate a loro favore.

L’obiettivo del 25% di SAU biologica al 2030 in Italia

Al 31 dicembre 2020 l’incidenza della SAU biologica rispetto alla SAU totale nazionale italiana si attesta al 16,6% (SINAB, 2021) per cui teoricamente non dovrebbe essere difficile conseguire l’obiettivo del 25% al 2030. L’Italia non ha stabilito soglie diverse da quella fissata a livello comunitario, sebbene le associazioni ambientaliste e del biologico richiedano di orientarsi verso il target più ambizioso del 30% così da mantenere il tasso medio annuo di crescita rilevato nel periodo 2013-2019 (+7,2%). Una proiezione meno ottimistica, invece, potrebbe essere quella basata sul tasso di crescita medio annuo relativo al triennio 2017-2019 (+2,2%), che mostra un rallentamento nel processo di ampliamento della SAU biologica nazionale, come evidenziato nella figura 1.

Figura 1- Evoluzione della superficie ad agricoltura biologica in Italia (.000 ha)


TVMA = Tasso di variazione medio annuo
Fonte: Elaborazione su dati SINAB

Chiaramente, a livello regionale la situazione appare piuttosto diversificata perché, a fronte di regioni in cui il tasso di variazione medio annuo risulterebbe addirittura negativo perché l’incidenza del 25% di SAU biologica è stata già superata, ve ne sono altre, principalmente localizzate nel Nord Italia, dove sarebbe necessario investire molte risorse a favore del sostegno a superficie per l’agricoltura biologica, dato lo scarso sviluppo del segmento produttivo.

Agricoltura biologica ed ecoschemi

La proposta di regolamento sul sostegno ai Piani strategici nazionali del 20181 e successive modifiche, oltre a rende più severa la condizionalità ambientale e a riportare l’agricoltura biologica tra gli interventi agro-climatico-ambientali, introduce nel I Pilastro un nuovo strumento, l’ecoschema, che, analogamente al greening, si configura come componente ambientale dei pagamenti diretti da attivare obbligatoriamente, ma con un funzionamento diverso. Sono gli SM, infatti, a decidere cosa finanziare, potendo anche attingere a una sorta di elenco fornito dalla Commissione (CE, 2021a). Quest’ultima, già nel 2019, aveva proposto di finanziare con tale strumento l’agricoltura biologica in mantenimento (ossia che ha superato il periodo di conversione, per cui riceve un pagamento a ettaro più basso di quello per la superficie in conversione), nulla vietando di trasferire al I Pilastro, in alternativa, la conversione o entrambe le componenti del sostegno.
La proposta iniziale della Commissione di trasferire in parte o integralmente il sostegno all’agricoltura biologica negli ecoschemi del I Pilastro è stata accolta con favore soprattutto dalle associazioni ambientaliste e del biologico. Queste ultime, infatti, hanno rinvenuto in tale proposta soprattutto la possibilità di aumentare le risorse finanziarie comunitarie a favore del settore biologico senza la necessità di stanziare risorse nazionali come prevede invece il FEASR nel II Pilastro, oltre a evitare una loro dispersione in interventi scarsamente efficaci dal punto di vista ambientale, qualificando in questo modo il nuovo strumento introdotto nella PAC. In effetti, da questo punto di vista gli ecoschemi rappresentano una grande opportunità per il settore. In vista del conseguimento dell’obiettivo del 25% di SAU biologica prima richiamato, inoltre, alcune Regioni propendono per trasferire parte del sostegno all’agricoltura biologica nell’ecoschema per evitare di stanziare troppe risorse a sostegno dell’agricoltura biologica nel II Pilastro, spiazzando altre tipologie di intervento. Un altro aspetto connesso al trasferimento parziale o integrale del sostegno negli ecoschemi riguarda la definizione di un regime di adesione semplificato rispetto a quello previsto per gli interventi agro-climatico-ambientali dello sviluppo rurale, di facile controllabilità, grazie anche alla certificazione biologica, e misurabilità dei risultati così da garantire il regolare pagamento degli impegni insieme alle restanti componenti dei pagamenti diretti. Dall’analisi dei dati di fonte AGEA e organismi pagatori regionali, inoltre, emerge come, nel triennio 2017-2019, solo il 46,5% della SAU biologica risulti in media interessata dal sostegno. L’attivazione degli ecoschemi per l’agricoltura biologica, quindi, potrebbe portare a un aumento della platea dei beneficiari del sostegno già destinatari dei pagamenti diretti.
Tuttavia, il trasferimento del sostegno all’agricoltura biologica negli ecoschemi comporta anche degli svantaggi da non sottovalutare. Innanzitutto, il regime di sostegno nell’ambito del II Pilastro è ben collaudato e nel tempo le Regioni hanno messo a punto interventi sempre meglio congegnati in termini di condizioni di ammissibilità, criteri di selezione, caratteristiche del sistema dei pagamenti, impegni aggiuntivi, tutti elementi scarsamente conciliabili con il regime di aiuti semplificato sotteso all’ecoschema. All’intervento a favore dell’agricoltura biologica nel II Pilastro, inoltre, è connessa un’elevata capacità di spesa potendo contribuire fortemente al rispetto, nella prossima fase di programmazione, della copertura del 35% delle risorse dello sviluppo rurale da destinare al sostegno dell’azione per il clima e l’ambiente. Il sostegno all’agricoltura biologica per essere efficace, inoltre, deve avere una durata pluriennale, la più lunga possibile (almeno 5-7 anni), mentre l’impegno nell’ecoschema è annuale e non obbligatoriamente rinnovabile. Ciò sempre che gli SM non inseriscano dei correttivi per evitare che le aziende, soprattutto quelle di dimensioni maggiori, aderiscano all’ecoschema e non rinnovino la richiesta l’anno successivo, con un evidente spreco di risorse pubbliche. Il trasferimento del sostegno al I Pilastro, inoltre, soprattutto nel caso del mantenimento, potrebbe generare un effetto spiazzamento nei confronti degli altri ecoschemi considerando che nel periodo 2014-2019 la superficie biologica certificata rappresenta in media circa il 73% della superficie biologica complessiva per cui potenzialmente le risorse necessarie per il suo sostegno potrebbero anche essere ingenti (circa il 60% delle risorse destinate agli ecoschemi nel periodo 2021-2027; Meo e Viganò, 2021). A questo proposito, infatti, le Regioni vorrebbero che ciascun agricoltore possa accedere almeno a un ecoschema per recuperare in parte la perdita di risorse dovuta al processo di convergenza tramite una riduzione dei pagamenti diretti. Tuttavia, è importante che gli ecoschemi introdotti siano non solo accessibili a tutti gli agricoltori destinatari dei pagamenti diretti ma anche efficaci dal punto di vista ambientale.
Dopo la valutazione di una serie di opzioni, la proposta di ecoschema sull’agricoltura biologica avanzata dal Mipaaf e poi condivisa da Regioni e partenariato riguarda l’introduzione di un premio incentivante in ragione della maggiore capacità del metodo di produzione biologico di produrre servizi ecosistemici rispetto all’agricoltura convenzionale. Tale premio potrebbe rappresentare un problema in fase di negoziato con la Commissione poiché viene considerato un doppio finanziamento dello stesso impegno sulla medesima superficie accanto al pagamento per la conversione o il mantenimento dell’agricoltura biologica nell’ambito del II Pilastro. In tal caso, si potrebbe comunque detrarre l’importo del premio dai pagamenti nel II Pilastro, diventando più bassi. Il vantaggio di una simile scelta sarebbe quello di fornire un ulteriore incentivo alla conversione per le aziende già intenzionate a farlo ma che, per motivi diversi, non partecipano ai bandi del II Pilastro. Le Regioni, inoltre, dovrebbero investire meno risorse sull’intervento agricoltura biologica nell’ambito dello sviluppo rurale qualora l’importo del premio venisse scorporato dai pagamenti per l’agricoltura biologica.

La cumulabilità con gli altri ecoschemi proposti

La definizione di un ecoschema per il biologico risulta complessa riguardo non solo alla scelta del modello più congeniale alla realtà italiana che permetta di separare il sostegno tra i pilastri mantenendo una gestione amministrativa tecnicamente e finanziariamente sostenibile, ma anche alle inevitabili interconnessioni che si creano con gli altri regimi ecologici eleggibili.
La possibilità di cumulo tra ecoschemi non è affatto secondaria per la loro riuscita. Tanto maggiore sarà la possibilità per le aziende biologiche di partecipare a più regimi ecologici migliore sarà l’appetibilità dello stesso ecoschema biologico.
La cumulabilità va anche intesa come possibilità di sommare interventi del I e del II Pilastro nel rispetto delle norme di demarcazione e divieto di doppio finanziamento.
L’analisi della cumulabilità tra ecoschemi può essere stabilita attraverso un confronto tra gli impegni previsti dai singoli regimi e valutando il gradiente di performance ambientale e i requisiti di base di ognuno.
Ad oggi l’ecoschema biologico è stato misurato nel quadro dei sette ecoschemi condivisi con le Regioni e il Partenariato a settembre 2021; come si evince dalla tabella 1, sembra certa la possibilità per le aziende che partecipano all’ecoschema biologico di attivare altri regimi ambientali. Qualora venisse confermato l’ecoschema sull’agricoltura integrata, sarà poi fondamentale certificare che l’ecoschema biologico percepisca un pagamento unitario a ettaro maggiore.

Tabella 1 – Proposte di cumulabilità dell’ecoschema biologico2

Fonte: Nostre elaborazioni

L’intervento agro-climatico-ambientale a favore dell’agricoltura biologica

I traguardi dell’agricoltura biologica italiana e l’alta incidenza delle superfici certificate dipendono molto dal sostegno garantito prima dalla misura 214 dei PSR 2007-2013 e poi dalla misura 11 dei PSR 2014-2020, che hanno concesso un pagamento da corrispondere alle superfici delle aziende biologiche sulla base dei maggiori costi e delle rese mediamente più basse.
Il nuovo Regolamento, nell’ottica della semplificazione e del principio di sussidiarietà, definisce una lista di sole otto categorie di intervento. All’interno di ogni tipo di intervento lo Stato membro attiverà gli strumenti che rispondono alle proprie necessità. Gli impegni dell’agricoltura biologica non sono dunque descritti in un articolo specifico ma rientrano, insieme agli altri tipi di operazioni agro-climatico-ambientali, nell’articolo 70 “Impegni ambientali, climatici e altri impegni in materia di gestione” della Proposta di regolamento del 2018 e successive modifiche.
Il pagamento per l’impegno pertinente al biologico continuerà comunque a essere concesso annualmente su ogni ettaro di superficie certificata agli agricoltori che volontariamente ne fanno richiesta.
Come per tutti gli altri interventi dello sviluppo rurale, in Italia si sta lavorando a una proposta di scheda nazionale per l’agricoltura biologica con elementi regionali. La finalità è definire una struttura comune dove, a livello Paese, siano indicati gli obiettivi, gli indicatori di risultato, la progettazione dell’intervento e i criteri di ammissibilità.
Probabilmente sarà poi in capo alle Regioni la scrittura dei bandi e la definizione di condizioni più restrittive e dei criteri di selezione, che possono aiutare a indirizzare i pagamenti verso determinati comparti produttivi, tipologie di beneficiario e aree territoriali.
La scheda di intervento nazionale dovrà contenere anche il livello di pagamenti da corrispondere, che saranno differenziati per categoria colturale ma anche in considerazione delle specificità territoriali.
Ad oggi la proposta di intervento è ancora parziale poiché restano comunque dei nodi da sciogliere; il principale è collegato all’esito del dibattito sull’ecoschema del biologico. Solo a decisione presa si saprà se l’intervento agroambientale per il biologico dello sviluppo rurale sarà riferito alla conversione, al mantenimento o a entrambe le componenti.

L’agricoltura biologica negli altri interventi del Piano Strategico Nazionale

La strategia del Piano strategico nazionale dovrà prevedere una serie di interventi per lo sviluppo del biologico sinergici ai pagamenti per le superfici certificate biologiche descritti nei precedenti paragrafi.
Occorrono infatti ulteriori strumenti, coerenti con la necessità espressa dai fabbisogni italiani per la Pac, per sostenere un’innovazione del comparto bio volta al miglioramento della capacità produttiva e della qualità delle produzioni.
Nel Piano Strategico l’Italia potrà, in tal senso, attivare gli interventi più idonei all’interno di un vasto ventaglio di opzioni presenti sia nel I sia nel II Pilastro.
Fanno riferimento al I Pilastro i numerosi interventi ambientali previsti dall’OCM che devono essere ben demarcati sia dagli ecoschemi sia dallo sviluppo rurale.
Nonostante l’ambizione delle politiche di settore resti quella di accrescere la competitività delle imprese e di ridurre gli effetti delle crisi e la volatilità dei prezzi, i nuovi interventi dovranno infatti avere una connotazione ancora più green. Una quota importante delle risorse sarà così destinata a migliorare il livello ambientale del settore attraverso una lista di impegni obbligatori e facoltativi come, ad esempio:

  • la conversione al biologico;
  • azioni per il miglioramento della sostenibilità della produzione;
  • investimenti materiali e immateriali, nei metodi di ricerca e produzione sperimentale;
  • servizi di consulenza e assistenza tecnica, in particolare per quanto riguarda le tecniche sostenibili di lotta contro gli organismi nocivi e le malattie, l'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari e zoosanitari;
  • interventi per la promozione, comunicazione e commercializzazione, volti a sensibilizzare maggiormente i consumatori sui regimi di qualità dell'Unione.

Rientrano invece nel quadro dello Sviluppo rurale e dunque del II Pilastro della Pac altri “tipi di intervento”, in massima parte riconducibili alle misure dello Sviluppo rurale 2014-2020, ma caratterizzati da una più alta vocazione ambientale rispetto al passato. Questi strumenti, sintetizzanti nella tabella 2, sosterranno le aziende attraverso aliquote di aiuto maggiorate o criteri di selezione e di premialità a favore degli operatori biologici in virtù di esternalità positive che non si esauriscono solo negli aspetti di sostenibilità ambientale ma interessano trasversalmente la redditività d’impresa, la diversificazione produttiva e l’innovazione tecnologica.
Infine, il biologico sarà trainante in tutti quegli interventi di più ampio respiro come quelli basati su approcci collettivi o che insistono su un areale territoriale, quali i progetti di filiera, gli accordi d’area o gli strumenti previsti dal Leader.

Tabella 2 – Principali interventi del Piano strategico per lo sviluppo del settore biologico


Fonte: Nostre elaborazioni

Conclusioni

La grande importanza attribuita dall’UE all’agricoltura biologica per rafforzare l’azione comunitaria a favore del clima e dell’ambiente richiede una forte attenzione da parte delle autorità centrale e regionali nel definire una strategia complessiva coerente a favore del suo sviluppo, che dovrebbe dipanarsi lungo tre principali linee di intervento, quali l’ampliamento della SAU biologica per raggiungere la quota di almeno il 25% della SAU totale, una maggiore strutturazione del settore biologico per accrescerne la competitività e l’accessibilità ai prodotti biologici da parte di una più vasta platea di consumatori attraverso non solo campagne di promozione del biologico e di educazione alimentare ma anche stanziamenti mirati di risorse finanziarie. La strategia definita nell’ambito della PAC, pertanto, dovrebbe coniugarsi con le azioni individuate nell’ambito del Piano d’azione europeo e con gli interventi da realizzare a livello nazionale, anche in attuazione del Piano stesso, come, ad esempio, lo snellimento delle procedure burocratiche, l’aumento della dotazione del Fondo per le mense scolastiche biologiche e la sua estensione a tutta la ristorazione collettiva, pubblica e privata, la regolarità nella pubblicazione dei bandi per la ricerca assicurando una cadenza annuale, la costituzione di organizzazioni interprofessionali specifiche per il settore, il potenziamento di alcuni settori del biologico più deboli, come quello zootecnico, o che si caratterizzano per una forte domanda sul mercato non sempre soddisfatta da livelli produttivi sufficienti, come nel caso dell’ortofrutta.
Per quanto riguarda la PAC, l’introduzione degli ecoschemi nell’ambito del I Pilastro, se da un lato fornisce la possibilità di aumentare le risorse finanziarie disponibili anche a favore del settore biologico senza che ciò comporti un aumento del cofinanziamento nazionale, dall’altro introduce un elemento di complicazione dovendosi raccordare con un sistema collaudato da circa 25 anni.
Con riferimento allo specifico sostegno all’agricoltura biologica nell’ambito dello sviluppo rurale, invece, sarebbe opportuno che la scheda di intervento seguisse alcuni principi comuni definiti sulla base delle esperienze maturate nelle precedenti programmazioni come, ad esempio, potenziare il carattere incentivante; agevolare il processo di conversione anche delle aziende molto grandi; facilitare la conversione delle aziende soprattutto nelle aree sensibili dal punto di vista ambientale e in quelle ad agricoltura intensiva; favorire l’adesione all’intervento da parte delle aziende con ordinamenti misti, sia vegetali sia animali, così da ridurre l’utilizzo di mezzi tecnici non aziendali; stimolare un processo di convergenza verso la definizione di un sistema di pagamenti per classi colturali omogenei stante la necessità di tener conto delle effettive specificità regionali.
Un ruolo fondamentale può essere giocato dagli altri interventi del Piano strategico attribuendo una priorità, a seconda dei casi, agli operatori biologici o al settore, stabilendo una aliquota di cofinanziamento pubblico superiore, così come un importo più elevato nel caso del premio insediamento giovani qualora l’azienda sia biologica, o, ancora, un determinato ammontare di risorse per singolo intervento da destinare al settore. Oltre a un aumento della sua competitività, ciò incentiverebbe le aziende a entrare nel sistema di certificazione e controllo visto non più solo come un appesantimento burocratico ma anche un’efficace organizzazione a sostegno delle attività degli operatori. Anche l’OCM può giocare un ruolo fondamentale a sostegno delle aziende biologiche altresì considerando che, nella proposta di regolamento del 2018 via via modificata, è stata valorizzata la funzione che questa può svolgere a favore del clima e dell’ambiente.
La PAC, infine, risponde anche alla terza “missione” in quanto può favorire l’accessibilità ai prodotti biologici attraverso sia azioni promozionali sia il sostegno alla strutturazione di filiere corte, alla costituzione di farmers’ market, all’organizzazione di forme cooperative di “agricoltura condivisa”, favorendo l’interazione tra produttori biologici e consumatori.
È chiaro, pertanto, come il miglioramento della sostenibilità dell’agricoltura italiana anche tramite l’agricoltura biologica passi attraverso una strategia ben congegnata e condivisa tra istituzioni, stakeholder e operatori. Al momento, dopo aver simulato le diverse tipologie di ecoschemi che si possono attivare per sostenere l’agricoltura biologica e aver predisposto una proposta di scheda di intervento a livello centrale, è stato avviato il confronto con le Regioni per discutere alcune possibili scelte nella direzione degli obiettivi sopra richiamati. Una prima bozza di Piano strategico dovrà essere trasmessa alla Commissione europea entro la fine dell’anno, ma poi si avrà circa un anno di tempo per definire una strategia funzionale a conseguire gli obiettivi F2F.

Riferimenti bibliografici

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