Forum sulla PAC dopo il 2013 (parte 5)

Forum sulla PAC dopo il 2013 (parte 5)

Questo articolo a più mani raccoglie un’ulteriore serie di contributi sulle prospettive della Pac dopo il 2013. Aperto da Franco Sotte (Sotte, Agriregionieuropa, n.15, 2008), al Forum hanno contribuito numerosi autorevoli esperti (Cioffi, Corsi, De Filippis, Frascarelli, Salvatici, Scoppola, Agriregionieuropa, n.16, 2009; Boatto, Brunori, Henke, Mantino, Pupo D'Andrea, Sckokai, n.17, 2009; Comegna, Gios, Musotti, Pretolani, Zanni, Fahlbeck, n. 18, 2009; Gallerani, Giacomini, Severini, n.19, 2009). In questo numero raccogliamo il pensiero di alcuni autorevoli esperti internazionali, membri del Groupe de Bruges. Il Groupe de Bruges www.groupedebruges.eu è una associazione internazionale di ricercatori e intellettuali democratici, europeisti e impegnati sul fronte della politica agricola e di sviluppo rurale. Il Groupe de Bruges partecipa all’organizzazione il prossimo 16 aprile ad Ancona del Convegno Agriregionieuropa sul tema: A CAP for the future (La PAC del futuro).

La Pac e lo sviluppo rurale dopo il 2013. Integrazione o separazione?

Eduardo Moyano Estrada (Instituto de Estudios Sociales Avanzados (IESA-CNR), Cordova, Spagna)

Traduzione di Debora Screpanti 

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Introduzione

Da quando, con Agenda 2000, si decise di strutturare la PAC in due pilastri, lo sviluppo rurale è stato ambiguamente unito alla politica agraria europea, come una specie di sottoprodotto integrato nel secondo pilastro. E dico ambiguamente perché quella che realmente si integrava nel secondo pilastro era una concezione restrittiva dello sviluppo rurale, basata sull'idea che lo sviluppo delle aree rurali fosse il risultato diretto dello sviluppo dell'agricoltura. In pratica, infatti, si trattava di un insieme di azioni tipiche delle politiche di strutture agrarie (miglioramento delle strutture, inserimento giovani, pre-pensionamento, programmi agro-ambientali, …).
Lo sviluppo rurale in senso più pieno (diversificazione delle attività nei territori rurali) era implementato al margine della Pac ed era finanziato dal 1992 mediante l'iniziativa Leader. Non era questa una politica diretta specificatamente agli agricoltori, bensì all'insieme della popolazione rurale, e consisteva nel promuovere la cooperazione tra tutti gli attori sociali ed economici per attivare delle strategie destinate allo sviluppo delle aree rurali. In questo modo, sono coesistite per molti anni due forme di interpretazione delle politiche di sviluppo rurale: una, di orientamento settoriale agricolo (integrata nel secondo pilastro della Pac) e un'altra, di orientamento territoriale (integrata nell'iniziativa Leader).
L'approvazione nel 2005 del Regolamento 1698/05 sulla politica di sviluppo rurale ha avuto lo scopo di integrare nella cornice della politica europea le due visioni agraria e territoriale dello sviluppo rurale. In effetti, le azioni Leader si integravano nel citato Regolamento e con ciò smettevano di essere soltanto una iniziativa (sperimentale) della Commissione Europea per fare parte di una politica europea di sviluppo rurale finanziata da un fondo specifico (il Feasr).
Entrambe le visioni (agraria e territoriale) si materializzavano in misure incardinate nei tre Assi del citato Regolamento: il primo Asse rispondeva alla visione agraria dello sviluppo rurale (modernizzazione di strutture agrarie, miglioramento della competitività, …); il terzo Asse si ispirava all’approccio territoriale (diversificazione delle attività); mentre il secondo Asse riuniva misure rivolte tanto all’agricoltura (programmi agro-ambientali), quanto al territorio (Natura 2000).
Dopo quattro anni dalla sua approvazione, il processo di implementazione del Regolamento sullo sviluppo rurale e del fondo Feasr nei diversi Stati membri dell'UE ha mostrato difficoltà nel rendere effettiva l'integrazione delle visioni agraria e territoriale dello sviluppo rurale. In pratica, ciò che si è verificato realmente è stata una frammentazione all’interno dei singoli Assi e una disputa per le risorse del Feasr tra, da un lato, i gruppi di interesse agrari (organizzazioni professionali e cooperative), e dall’altro lato, i gruppi impegnati per sviluppo rurale (inquadrati nelle corrispondenti reti regionali, nazionali ed europea). A quella disputa si sono aggiunte, con un proprio ruolo, le organizzazioni ambientaliste.

Le diverse posizioni in campo

In questo scenario, le organizzazioni agricole si battono affinché le risorse della Pac (che in un approccio patrimonialista e corporativo considerano attribuite al settore agrario), non siano trasferite a misure più propriamente di sviluppo rurale che avvantaggerebbero l'insieme della popolazione ma non, dal loro punto di vista, gli agricoltori; come se gli agricoltori non facessero parte della popolazione né risiedessero nelle aree rurali. Esse non accettano, in altre parole, che in un contesto di crisi alimentare come quello attuale (nel quale bisognerebbe attivare di nuovo delle politiche agrarie di tipo produttivistico) si restringano i fondi destinati alla Pac. Al massimo, e come male minore, le organizzazioni agricole potrebbero accettare che si spostino risorse dal primo pilastro alle politiche strutturali (Asse 1 del Feasr), ma non verso misure di sviluppo territoriale (Asse 2 e 3) che né comprendono, né considerano vantaggiose per gli agricoltori. Le lobby agricole generalmente non vedono la necessità di mantenere integrate in una sola politica europea le due visioni settoriale (agricola) e territoriale, convinte come sono che sviluppo rurale e sviluppo dell'agricoltura coincidano, e che le risorse destinate alla politica agraria non debbano essere sottoposte a restrizioni basate su vincoli e obiettivi connessi alla coesione dei territori rurali.
Da parte loro, le reti di sviluppo rurale (e le forze sociali che ad esse fanno riferimento) vedono con preoccupazione come, dopo che l'iniziativa Leader è stata assorbita nei Psr, i Gruppi di azione locale si siano venuti a trovare in un preoccupante terreno di insicurezza giuridica, dal momento che le loro funzioni come enti promotori dello sviluppo non sono chiaramente definite, e la loro stessa continuità è condizionata da decisioni che, in ogni Regione, spettano ai responsabili politici centrali. Esse osservano con delusione come l'integrazione delle due visioni settoriale e territoriale nel Regolamento dello sviluppo rurale, così come l'inclusione (nell’Asse3) delle azioni destinate alla diversificazione delle attività e alla estensione della metodologia Leader (bottom-up e partecipativa), non abbiano condotto ad un consolidamento della politica di sviluppo rurale/territoriale bensì, al contrario ad una sua frammentazione. Con ciò esse constatano, in definitiva, come l'integrazione agro-territoriale sia servita solo per ridurre le risorse destinate allo sviluppo dei territori rurali e per mettere i Gruppi di azione locale in una grave situazione di indeterminatezza e insicurezza.
Infine, i gruppi ambientalisti, particolarmente interessati alla buona applicazione delle direttive “Uccelli” e “Habitat” negli spazi naturali europei, osservano che con la frammentazione delle azioni contemplate nel menzionato Regolamento dello sviluppo rurale sono diminuite le risorse destinate all'implementazione di quelle direttive nelle aree della rete Natura 2000 (Asse2) a beneficio di quelle destinate alla modernizzazione e alla competitività dell'agricoltura (Asse1) che superano in molti paesi la metà degli stanziamenti del fondo Feasr. Come i gruppi agrari e rurali, benché per altre ragioni, neanche i gruppi ambientalisti percepiscono che l'integrazione agro-territoriale e l'inclusione della Rete Natura 2000 nell'Asse 2 del citato Regolamento abbiano avuto effetti positivi per la sostenibilità degli spazi naturali europei, né considerano che si sia fatto un passo avanti nella politica ambientale dell'UE.
Davanti al nuovo scenario finanziario 2014-2020, e in presenza delle reazioni dei distinti gruppi di interesse, c’è da domandarsi se ha senso mantenere l'attuale modello di integrazione agro-territoriale del Regolamento dello sviluppo rurale come secondo pilastro della Pac o, al contrario, se sarebbe più opportuno cercare un nuovo modello di connessione tra le tre dimensioni: agraria, ambientale e territoriale. Un modello nuovo e diverso da quello attuale che permetta di avanzare nella modernizzazione dell'agricoltura senza ostacolare lo sviluppo dei territori rurali, e che possa orientare lungo il sentiero della sostenibilità sociale, economica e ambientale dei territori rurali, senza ostacolare lo sviluppo dell'agricoltura e il miglioramento della sua efficienza e competitività.

Per la separazione delle politiche agraria e territoriale

Davanti al bilancio insoddisfacente del Regolamento dello sviluppo rurale e mentre riprende il confronto, a livello politico, sulla riforma della Pac nella prospettiva dello scenario 2014-2020, si aprono interessanti dibattiti accademici su come orientare le future politiche agraria e rurale dell'UE.
In questi dibattiti si riconoscono le difficoltà pratiche che caratterizzano il lodevole obiettivo di integrare le due visioni. Queste coincidono con le già menzionate posizioni divergenti delle organizzazioni agrarie, delle reti di sviluppo rurale e dei gruppi ambientalisti. Il risultato, che non deve sorprendere, è che comincia ad affermarsi la convenienza di separare, da un lato, le politiche agrarie, il cui obiettivo deve essere quello di favorire una nuova fase di modernizzazione dell'agricoltura europea, e da un altro, le politiche orientate allo sviluppo e alla coesione dei territori rurali. Questa è la questione che voglio esporre in questo Forum.
Se nella cornice dell'attuale situazione alimentare, l'agricoltura europea deve essere di nuovo riattivata nella sua dimensione produttiva per soddisfare la domanda di alimenti della popolazione europea e deve mantenere la sua posizione nei mercati mondiali, credo che sia necessario implementare nei territori dell'UE con maggiore potenziale produttivo, una politica agraria guidata, di nuovo, da una logica orientata alla produzione e centrata, soprattutto, sulla modernizzazione e competitività dei sistemi alimentari. Questo significa, in qualche modo, riposizionarsi in uno scenario marcato:

  • dalla ripresa del discorso produttivo, sebbene moderato oggi dall'irreversibile avanzamento della sostenibilità ambientale (che impone alle attività agrarie controlli ambientali per ridurre le esternalità negative e per garantire la qualità e la sanità degli alimenti),
  • dalla ricerca dell'efficienza (nel rispetto dei limiti allo sfruttamento delle risorse naturali, specialmente per quanto attiene alla gestione dell'acqua, all'impiego delle macchine e all’utilizzo degli input);
  • dalla qualità e sanità alimentare - come esigenza sempre più evidente dei consumatori (oltre al rispetto delle restrizioni imposte dall'Organizzazione mondiale per il commercio nell'applicazione di determinati meccanismi di intervento).

Sarei del parere che sia necessario potenziare una politica agraria di chiara vocazione produttivistica che ruoti attorno ad un solo asse e a un solo fondo (concentrando gli attuali due pilastri della Pac in uno solo). Sarebbe un fondo destinato a finanziare le azioni dirette a regolare i mercati, migliorare la competitività del settore agrario e modernizzare le strutture agricole e zootecniche. Esso potrebbe comprendere anche incentivi addizionali affinché gli agricoltori, senza abbandonare la vocazione produttiva, affrontino la sfida della polifunzionalità e le implicazioni territoriali e ambientali della loro attività. In sintesi, occorrerebbe potenziare una politica agraria che, nella misura in cui si ponga il compito di favorire lo sviluppo di un settore agroalimentare efficiente e competitivo, possa contribuire allo sviluppo delle aree rurali, ma senza dover concorrere, in termini di limitate risorse pubbliche per la Pac, come sarà nel nuovo scenario finanziario, con un'ampia e variegata politica di sviluppo territoriale il cui destinatario è la popolazione in generale e la cui logica non è economico-produttiva, poiché l’obiettivo di questa politica è stabilizzare la popolazione, diversificare le attività, generare infrastrutture, preservare l'ambiente naturale e paesaggistico e migliorare la qualità di vita nei territori rurali. Questa politica di sviluppo territoriale dovrebbe essere obiettivo non della DG-Agri, bensì della DG-Regio, e dovrebbe essere finanziata non con le risorse della Pac, bensì con altri fondi e con il contributo del cofinanziamento da parte dei governi nazionali e regionali. A livello nazionale, questa politica dovrebbe essere implementata non dai Ministeri o dagli assessorati all’agricoltura, bensì da agenzie interdipartimentali. In definitiva, la mia proposta per il dibattito in questo Forum è la seguente. Se non è possibile, per le difficoltà che richiede, né conveniente, per le caratteristiche del nuovo scenario, integrare le visioni agraria e territoriale nella cornice di una politica comune europea, non sarebbe meglio scommettere sulla separazione della politica agraria e della politica di sviluppo dei territori rurali, dotando ciascuna di propri fondi e di propri strumenti di attuazione, e stabilendo i necessari meccanismi di coordinazione? D’altra parte a quella integrazione manca anche il necessario sostegno politico e sociale (date le posizioni divergenti delle organizzazioni agricole, rurali e ambientaliste), Qualunque sia il modello che alla fine sarà scelto, ciò che è più importante è che esso non sia il risultato di dispute per spazi di competenza, potere e influenza tra ambiti istituzionali, né il risultato di esercizi di ingegneria finanziaria, come è successo, in parte, nella definizione del Regolamento sullo sviluppo rurale e nella istituzione del Feasr, ma sia il risultato di proposte ben approfondite e con possibilità reali di funzionare adeguatamente contribuendo allo sviluppo dell'agricoltura e allo sviluppo e coesione dei territori rurali.

L’atteggiamento dell’Austria nella prospettiva della Pac per il dopo-2013

Franz Greif  (Istituto federale di economia agraria, Vienna, Austria)

Traduzione di Roberto Esposti

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Introduzione

La roadmap della Politica agricola comune (Pac) prevede che nel 2010 vengano contestualmente presentate sia la proposta delle prospettive finanziarie che le prime proposte della Commissione sul futuro della Pac. Seguiranno, a metà del 2011, le prime iniziative legislative, con le decisioni finali relative alla nuova Pac che dovranno poi essere prese entro la fine del 2012. Tale circostanza, e più in generale il tema della politica agricola in Austria e in Europa – a sua volta strettamente connessa con le politiche ambientali e di sviluppo regionale – rappresenta una opportunità per continuare a discutere sul futuro della Pac, discussione che sta riscuotendo crescente interesse da parte dei cittadini austriaci1.

Gli obiettivi generali della politica agricola dopo il 2013

  • Mantenere un’agricoltura efficiente, multifunzionale, basata sull’azienda agricola;
  • Ribadire la dimensione nazionale della politica agricola ed il mantenimento degli insediamenti nelle regioni periferiche;
  • Garantire la sostenibilità ambientale, economica e sociale delle aziende agricole;
  • Mantenere finalità nazionali nella definizione di programmi e attività della politica agricola;
  • Confermare le politiche e gli strumenti di successo e largamente accettati.

Il reale fondamento della politica agricola (e del relativo dibattito) in Austria risiede nel concetto della cosiddetta economia eco-sociale di mercato. Si tratta di un compromesso tra la sostenibilità ambientale, sociale ed economica. Una politica economica eco-sociale è considerata sostenibile (non solo in Austria) in quanto assume le proprie responsabilità rispetto alle future generazioni. E’ supportata dalla convinzione che ogni essere umano della presente e delle future generazioni in qualsiasi parte del mondo abbia diritto ad una vita dignitosa in un ambiente non contaminato. In questo senso, tale principio è pienamente coerente con l’Articolo 3 (3) del Trattato di Lisbona.
L’“economia di mercato” da sola, infatti, non è capace di garantire questo compromesso. Essa ha certamente la capacità, e il fine, di far crescere il valore aggiunto dell’economia e di promuovere imprenditorialità innovativa. Tuttavia, il mercato ha bisogno di regole chiare e di principi di responsabilità – anche a livello globale – come evidenziato dalla recente drammatica crisi mondiale economico-finanziaria. Economia eco-sociale di mercato, dunque, in quanto il modello economico è fondato sui costi effettivi e sul principio del “chi inquina paga”, e quindi implica l’esercizio delle attività imprenditoriali con la piena assunzione di responsabilità.

I “Princìpi di Vienna”

Tra i diversi importanti passaggi di preparazione di una fattuale politica agricola, gli ultimi sono stati il Meeting strategico Austro-Bavarese (Passau, aprile 2009), il vertice tra otto ministri dell’agricoltura dell’UE (Vienna, ottobre 2009), la Conferenza sulle aree montane degli stati alpini (Tirolo, dicembre 2009), e, infine, la 57a “Conferenza Invernale” austriaca (Vienna, febbraio 2010). In particolare, tra gli altri risultati, la Conferenza tra gli otto ministri dell’agricoltura europei2 ha prodotto la cosiddetta dichiarazione dei “Princìpi di Vienna”, un documento che suggerisce gli obiettivi fondamentali della Pac dopo il 2013. Il punto di partenza di questi princìpi è la constatazione del fatto che gli agricoltori europei producono alimenti di alta qualità per circa cinquecento milioni di persone e contribuiscono alla conservazione del paesaggio di 27 paesi. Queste funzioni basilari non dovrebbero essere messe in discussione; sostenibilità e giustizia ambientale ne dovrebbero costituire il fondamento.
I “Princìpi di Vienna” includono, in particolare:
(a) L’impegno per un ulteriore sviluppo dell’agricoltura europea, basata su una politica agricola comune e capace di affrontare le nuove sfide.
(b) L’impegno a mantenere il finanziamento comunitario della politica agricola. La politica agricola non deve essere ri-nazionalizzata. Gli agricoltori europei hanno bisogno di un orizzonte di programmazione di lungo periodo stabile e finalizzato.
(c) L’impegno a conservare due pilastri della Pac e, in particolare: - un primo pilastro basato su pagamenti diretti come garanzia di base; - un secondo pilastro basato su pagamenti erogati sulla base di servizi aggiuntivi (quali la gestione e manutenzione dei territori montani, la produzione agricola biologica, ecc.) o di stimolo all’innovazione e all’investimento (quali la produzione di energia rinnovabile, l’offerta di servizi agrituristici, ecc.). Ciò implica un ulteriore adeguamento della Pac alle nuove sfide che la società pone, quali il cambiamento climatico, la protezione dell’ambiente, la sicurezza dell’approvvigionamento alimentare ed energetico.
(d) Il riconoscimento che l’agricoltura europea ha di fronte nuove grandi sfide, che vanno dalla crescente perdita di produzione causata da disastri o danni ambientali alla crescente pressione competitiva sui costi proveniente da produttori non agricoli. Queste sfide continueranno a rendere necessarie politiche di gestione dei mercati innovative e che garantiscano contro il rischio.
(e) La volontà di rafforzare la competitività degli agricoltori nei mercati europei e globali in nome di una agricoltura moderna che punti a quanto più mercato possibile ma anche al massimo sostegno se strettamente necessario. E’ anche un appello agli agricoltori europei di tornare a cogliere le loro opportunità in questo senso.
Una forte politica agricola comune con finanziamenti e risorse necessarie è dunque essenziale se si vuole continuare a garantire una agricoltura “a tutto tondo” in Austria e nel resto della UE anche dopo la fine del presente periodo di programmazione delle politiche comunitarie nel 2013. Solo in questo modo è possibile garantire all’agricoltura un orizzonte di programmazione sicuro in un quadro realmente competitivo e, allo stesso tempo, alimenti ed ambiente di alta qualità ai cittadini-consumatori.
La risposta austriaca alle questioni sollevate dalla Presidenza UE Con riferimento al documento della Presidenza spagnola della UE3 sul futuro della Pac nel dopo-2013 (Future of the CAP: market management measures post-2013, febbraio 2010) l’Austria ha preso le seguenti posizioni rispetto ai quesiti posti dal documento presidenziale.

Le principali preoccupazioni sul futuro della Pac secondo la prospettiva austriaca sono le seguenti:
No alla ri-nazionalizzazione della PAC. L’Austria ritiene irrinunciabile il mantenimento di regole comuni di mercato e di strumenti di organizzazione e gestione comune dei mercati al fine di combattere la speculazione, la concorrenza sleale tra paesi e le relative conseguenze sociali e ambientali, anche al fine di evitare andamenti assai volatili dei prezzi e, in particolare, repentini aumenti ai danni dei consumatori e repentine diminuzioni ai danni degli agricoltori. La ri-nazionalizzazione della Pac aprirebbe le porte a possibili discriminazioni tra gli agricoltori e li renderebbe di nuovo dipendenti dalle scelte e dalle politiche nazionali.
No alla riduzione del budget agricolo. Una ri-allocazione dei fondi attuali comporterebbe evidentemente un livellamento dei pagamenti aziendali tra tutti i paesi membri dell’UE. Dato il differente livello di reddito medio, nonché di costi e prezzi, tra i diversi paesi dell’UE, ciò comporterebbe il rischio di seri disordini sociali in molte realtà della Unione stessa. In effetti, la quota di spesa pubblica per l’agricoltura nell’UE (considerando l‘Unione stessa, gli Stati e le regioni) è inferiore all’1% del Pil dell’intera Unione. Nel 2010, il bilancio comunitario dovrebbe per la prima volta prevedere un maggiore finanziamento delle politiche regionali (53,6 miliardi di euro) rispetto alla Pac (52,3 miliardi di euro). Nel 2013 questo rapporto evolverà ulteriormente a favore dei Fondi strutturali (58,3 miliardi di euro) mentre la quota del bilancio destinato alla Pac scenderà a un terzo. Un chiaro orientamento contrario ad una ulteriore riduzione del budget della Pac sembra poi particolarmente necessario per evitare che gli Stati membri abbiano la tentazione di pensare di recuperare proprio dal bilancio della Pac del periodo 2014-2020 risorse per le proprie casse e per i propri bilanci.
Ulteriore sviluppo del secondo pilastro. Si raccomanda all’Europa di mantenere l’orientamento verso il modello europeo di agricoltura multifunzionale (sebbene il principio di multi-funzionalità possa non applicarsi a tutte le imprese o imprenditori agricoli). Ciò implica, in particolare, un ulteriore ed efficiente sviluppo del secondo pilastro – lo sviluppo rurale – a partire dalla conferma degli attuali strumenti che hanno dimostrato migliori risultati. Nel determinare l’ammontare dei pagamenti diretti, l’estensione dei vincoli di eco-condizionalità va adeguatamente tenuta in considerazione. In tale contesto, una forte legittimazione dei pagamenti diretti che sia anche verificabile dai consumatori e dai cittadini sembra particolarmente importante. L’ascolto attento delle istanze della società potrà dare maggiormente giustificazione ai pagamenti diretti e, quindi, renderli più difendibili. E’ perciò indispensabile pensare a pagamenti diretti con un chiaro collegamento a servizi collettivi resi, con il vantaggio di poter essere più chiaramente associati a diverse tipologie di servizi pubblici o collettivi (quali, per esempio, la gestione delle risorse idriche, la difesa e la valorizzazione del paesaggio, la tutela della biodiversità, ecc.).
Pagamenti finalizzati in questo modo sono già coerenti con l’attuale ri-allineamento della Pac. Gli aggiustamenti già realizzati nel corso del cosiddetto Health check della Pac hanno dimostrato la possibilità di orientare i pagamenti verso nuove e specifiche domande e sfide politiche (cambiamento climatico, energie rinnovabili, biodiversità, gestione efficiente delle risorse idriche).
E’ necessario mantenere il pagamento compensativo degli handicap naturali nelle aree montane. A causa delle difficili condizioni naturali per la produzione agricola, è impossibile pensare che l’agricoltura di montagna possa essere competitiva anche considerando le sempre più difficili condizioni di mercato. Per tale motivo, la politica agricola austriaca afferma con forza la necessità che il miglioramento delle condizioni nelle aree montane alpine e nelle altre aree svantaggiate rimanga parte integrante delle politiche di sviluppo rurale anche in futuro. Inoltre, per la vitalità delle aree rurali è cruciale rafforzare le misure relative alla diversificazione dell’economia rurale e al miglioramento della qualità della vita. Soprattutto nelle regioni svantaggiate, le aziende agricole svolgono il ruolo di produrre alimenti di alta-qualità insieme alla realizzazione di servizi collettivi, quale la conservazione del paesaggio e delle risorse naturali, la tutela della biodiversità, con ciò contribuendo al mantenimento della presenza della popolazione, alla manutenzione delle infrastrutture e alla preservazione dei valori culturali e delle tradizioni. Circa i tre quarti delle aziende agricole austriache si trovano nelle zone montane alpine o in altri territori svantaggiati del paese. L’Austria, quindi, è particolarmente interessata al mantenimento anche in futuro di una appropriata assistenza finanziaria per tali aree. Il finanziamento di programmi di sviluppo agricolo nelle aree montane, il pagamento dei servizi collettivi forniti dagli agricoltori nonché i programmi agro-ambientali in questi territori, sono e continueranno ad essere prioritari per l’Austria.

Il mio punto di vista sulla PAC del dopo 2013

Hans Popp già responsabile della politica agricola nel Ministero dell’economia in Svizzera, e consulente OCSE e FAO, Berna

Traduzione di Andrea Bonfiglio 

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Osservazioni preliminari

A mio parere, vi è ancora bisogno di una politica agricola comune. Una totale rinazionalizzazione della politica agricola è impensabile. La Pac è un forte strumento di coesione e unità a livello europeo. Tuttavia, farò un appello per un maggiore federalismo e una maggiore responsabilità nazionale, secondo il principio della sussidiarietà. Sono a favore di un approccio pragmatico e non rivoluzionario, partendo dalla situazione e dagli strumenti già esistenti. E’ più probabile che il budget comunitario assegnato alla Pac sia destinato a diminuire anziché aumentare.

Principali elementi della Pac che debbono rimanere

I seguenti sono i principi della Pac che possono restare con nessuna, o solo lievi, modifiche.
(a) Il mercato comune, vale a dire il libero flusso di prodotti, con nessuna protezione interna alle frontiere. (b) Il sistema di regole del mercato comune, cioè le politiche di prezzo e le politiche tariffarie (protezioni sulle importazioni) ma su questo fronte avremo più liberalizzazione (Wto), un minore intervento di mercato, un minore controllo dell'offerta (abolizione delle quote latte) e minori, o persino nulli, sussidi alle esportazioni. Questo significa tuttavia anche maggiore instabilità, maggiori fluttuazioni di prezzo per le aziende agricole e maggiori eccedenze o scarsità alimentari. (c) Il programma di ritiro delle terre continuerà e sarà adattato alle situazioni di mercato (eccesso o carenza alimentari). Lo stesso si può dire per la produzione di energia derivante dai prodotti agricoli, a seconda dell’andamento dei rispettivi prezzi. (d) La politica comune in materia di qualità, sicurezza alimentare deve continuare e persino essere rafforzata.
(e) Il sostegno co-finanziato delle politiche di sviluppo rurale (le misure del secondo pilastro) è destinato ad aumentare. Ma a questo riguardo risultano necessarie una visione strategica più chiara, meno burocrazia e una migliore separazione (distinzione) dalla politica regionale. Per maggiori dettagli, si rinvia a Popp (2009).

Quale riforma del sistema dei pagamenti diretti?

A mio avviso, vi è ancora bisogno di un sistema di pagamenti diretti disaccoppiati, ossia slegati dalla produzione (come nell’attuale primo pilastro). Ma distinguiamo 3 tipologie di pagamenti diretti: (1) Pagamenti diretti generalizzati per tutti gli agricoltori, il cosiddetto pagamento unico aziendale (Sotte e Chiodo, 2009); (2) Pagamenti diretti per gli agricoltori delle zone svantaggiate, ad esempio per le aziende di montagna; (3) Pagamenti diretti per misure ambientali e metodi di produzione particolari (di valore strategico).
Non voglio soffermarmi sui pagamenti diretti di tipo (2) e (3), perché sono ampiamente accettati e devono rimanere co-finanziati. Per ulteriori informazioni, si veda anche il nuovo rapporto del Governo svizzero (Schweizer Bundesrat, 2009; Popp, 2000).
Soffermandomi invece sui pagamenti diretti generalizzati, desidero spiegare perché a mio avviso sono ancora necessari. Il concetto di multifunzionalità dell'agricoltura europea è stato introdotto dalla Svizzera nell'Uruguay Round in (1986-94) ed è oggi ampiamente accettato nella Pac, così come nella comunità scientifica, vale a dire tra gli economisti agrari: l'agricoltura europea produce prodotti alimentari di alta qualità, fornisce sicurezza alimentare e produce beni pubblici (privi di un prezzo di mercato), come ad esempio un bel paesaggio, un ambiente salutare, ecc. L’agricoltura è parte del nostro patrimonio culturale e della nostra comunità rurale. La nostra società chiede questi beni e servizi ed è disposta a pagarli.
Ma con la crescente liberalizzazione del mercato internazionale, i prezzi agricoli sono scesi al di sotto degli aumentati costi di produzione sostenuti dagli agricoltori europei. Le ragioni che spiegano l'aumento dei costi sono svariate: maggiori richieste sul piano ambientale, della protezione degli animali, della sicurezza alimentare, ecc. e più alti costi sono connessi anche alle esigenze e alle caratteristiche della multifunzionalità (Popp, 2000; Groupe de Bruges, 2008; Schweizer Bundesrat, 2009). Inoltre, avremo una maggiore instabilità dei mercati (come detto sopra). Pertanto, i redditi agricoli continueranno a scendere e nemmeno gli agricoltori più efficienti sopravvivranno nel lungo periodo senza pagamenti diretti. E’ anche vero che nel caso di un eventuale aumento futuro dei prezzi agricoli che permanga nel lungo periodo, i pagamenti diretti dovrebbero esseri ridotti o addirittura sospesi. Per questo motivo, mentre ritengo necessario conservare uno zoccolo di pagamenti diretti comune a tutti gli agricoltori, sono favorevole ad un sistema flessibile di pagamenti diretti.
Per il finanziamento dei pagamenti diretti del dopo 2013, una soluzione che ritengo suggeribile potrebbe consistere in un sistema di co-finanziamento in due tranche. La prima comprenderebbe un pagamento di base finanziato dal budget comunitario (ad esempio, il 50% del pagamento attuale), mentre la seconda, sarebbe lasciata alla discrezione di ciascuno Stato membro che sarebbe autorizzato ad aggiungere un certo ammontare (fino ad un massimale) di pagamenti diretti, finanziati governi con fondi propri e a seguito di autorizzazione parlamentare. I criteri per il pagamento comunitario di base non dovranno essere discriminatori (garantendo, pertanto, parità di trattamento a ciascun paese). L'UE dovrebbe istituire alcune regole di base per l’erogazione dei pagamenti diretti, quali: (a) standard minimi di produzione, vale a dire requisiti minimi riguardanti l’ambiente, la protezione degli animali, la sicurezza alimentare, ecc.; (b) regole di giustizia sociale, fissando ad esempio massimali per azienda o per unità di manodopera agricola, e/o massimali di reddito (in Svizzera, questo sistema è in vigore dal 1992); (c) conformità ai principi sanciti dal Wto, slegando i pagamenti diretti dalla produzione; (d) un’adeguata amministrazione nazionale e un corretto sistema di monitoraggio.
Quali le principali motivazioni di una simile riforma: (a) i pagamenti diretti sono concettualmente un pagamento per beni pubblici prodotti dagli agricoltori. La domanda di questi beni, nonché i relativi costi di produzione, variano da paese a paese. Nei paesi, dove la società è disposta a pagare un prezzo più elevato per questi beni e servizi pubblici, i pagamenti diretti hanno motivo di esistere. Attraverso un pagamento comunitario di base, verrebbe garantita la solidarietà dell'Unione europea. (b) La gestione dei pagamenti, finanche la scelta dei criteri, potrebbe essere lasciata a ciascun paese, per meglio adattarla alle specifiche condizioni naturali, sociali ed economiche. (c) Il peso e la responsabilità di ciascuno stato membro aumenterebbero: una minore burocrazia da Bruxelles, un guadagno per la democrazia. (d) La rinazionalizzazione non è proponibile, in quanto gli elementi principali del mercato comune (si veda il paragrafo 2) restano immutati. (e) Ma esisterebbe un sistema più adatto alle condizioni e alle esigenze specifiche dei paesi, più vicino agli agricoltori, e una migliore comprensione e accettabilità dei pagamenti diretti da parte di tutta la società.

Le posizioni dell’Associazione degli agricoltori della Repubblica Ceca sulla Pac dopo il 2013

Zdenek Linhart (Università scienze naturali della Repubblica Ceca, Praga e Associazione ceca dell’agricoltura)

Traduzione di Valentina Cristiana Materia

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Introduzione

Un’agricoltura, quale quella europea, che riceve alti sussidi in cambio, come si vorrebbe, dell’accettazione di una forte regolamentazione in materia di inquinamento, benessere animale, contributo alla biodiversità, potrebbe mai sostenersi dopo il 2013 senza sostegni a fronte di altre agricolture dove, come quelle del Sud America, si investe senza corrispondenti vincoli? Quale di queste due soluzioni avrà la meglio in agricoltura? Quella che, rivolta all’interno, guarda al rapporto tra i membri della società, ai rapporti con la natura, come in Europa o quella che ha come obiettivo di fare affari nei mercati mondiali? Con questo breve commento è mio obiettivo partecipare alla discussione già avviata sull’opportunità del mantenimento di un ruolo centrale dell’agricoltura nel budget e nella politica dell’Europa, esso presenta la posizione dell’Associazione agricola della Repubblica Ceca e la confronta con i punti di vista degli altri attori. Le differenze principali sono identificate nelle differenze tra i nuovi paesi membri dell’UE-10 e quelli vecchi dell’UE-15. Un commento circa l’impatto sugli affari mondiali conclude l’articolo.

Le priorità della Pac dopo il 2013 per l’Associazione agricola della Repubblica Ceca

Lo slogan che è stato adottato recita: “una produzione agricola competitiva con redditi equi per garantire prosperità all’Europa”. Per prima cosa, la produzione deve garantire la sicurezza e la sovranità alimentare in ogni paese. In secondo luogo, debbono essere perseguiti anche obiettivi sociali, economici e ambientali nelle aree rurali. Il potere della politica agricola comunitaria è insufficiente contro la pressione mondiale. D’altra parte, dal punto di vista della tenuta economica, le performance delle aziende agricole mostrano come queste costituiscano la parte più debole della catena alimentare. Se la politica dei prezzi è dettata dalle catene dei grandi supermercati e dalle reti multinazionali, inevitabilmente i costi della produzione agricola non possono essere coperti. Se questo è vero, sia l’Europa sia i singoli Stati membri sono costretti a proteggere i propri agricoltori, soprattutto con strumenti normativi (ad esempio, con la regolazione della concorrenza e con il prezzo minimo garantito) che vadano a contrastare il potere delle catene commerciali.
Così ritengo che la Pac dovrà continuare a sostenere l’agricoltura per far fronte al business globale dei supermercati, ma questo da un lato metterà in difficoltà le aziende agricole dei paesi meno sviluppati, e dell’altro renderà gli agricoltori europei non competitivi, e tali da dipendere ancora dai sussidi. Le misure previste dalla Pac quali i pagamenti diretti e gli altri sussidi finanziari finalizzati a mantenere elevati gli standard produttivi europei, la qualità e la sicurezza alimentare, il benessere degli animali, la protezione dell’acqua e dei suoli nonché la protezione dell’ambiente, dovranno essere usate anche dopo il 2013. Queste misure continueranno ad essere pagate dai fondi Feaga e Feasr. Contemporaneamente, anche i sussidi nazionali e gli aiuti di stato saranno frequentemente utilizzati.
Ma nella Pac del futuro dovremmo anche evitare il rischio di dividere l’Europa. Dovremmo evitare che strumenti del tipo di quelli descritti producano il problema della cosiddetta Pac a “due velocità”. Per questo, occorre una semplificazione della Pac. In particolare, la definizione dei coefficienti associati ai pagamenti per ettaro deve essere semplice, confrontabile ed equa. L’Associazione agricola della Repubblica Ceca si aspetta e chiede che per il 2014 siano aboliti i riferimenti storici tra i paesi dell’UE-15 e le differenziazioni di trattamento rispetto a quelli dell’UE-10. Al contempo, essa propone di eliminare alcune misure previste dall’Health check, come la modulazione progressiva. Questa è l’unica soluzione equa e giusta per tutti gli agricoltori europei e del mondo. Il primo pilastro della Pac (pagamenti diretti), coperto finanziariamente dal Feaga, è lo strumento più importante e più efficace di cui si dispone per il sostegno all’agricoltura. L’impiego di questi fondi dovrebbe essere definito in anticipo, per un periodo di cinque anni, sebbene possano essere ammesse modifiche annuali. L’Associazione agricola della Repubblica Ceca propone di far convergere sul primo pilastro tutti i fondi finanziari del Feasr non ancora utilizzati, che avrebbero dovuto erano essere spesi per la modernizzazione delle imprese agricole, ma che si rischiano di cadere nel disimpegno. La maggior parte dei pagamenti diretti può essere finalizzata a pagamenti per ettaro di terreno agricolo: il Single Area Payment Scheeme (SAPS) è il sistema di pagamento per ettaro già in vigore e ancora applicato nei paesi dell’UE-10 (nei nuovi Stati membri, entrati nell’UE nel 2004 e 2007, questa è stata la soluzione adottata in luogo dei pagamenti su base storica dell’UE-15, ndt). Al contempo, livelli più elevati di questi pagamenti potrebbero essere allocati a sostegno della produzione animale. E infine, una parte più esigua dei pagamenti diretti dovrebbe essere corrisposta in rapporto al numero di occupati a tempo pieno nelle imprese agricole. L’Associazione agricola della Repubblica Ceca propone di includere la valutazione delle aree più svantaggiate (LFA) come parte integrante dei pagamenti diretti.
Le organizzazioni comuni di mercato (Ocm) continueranno ad essere finanziate dal Feasr per compensare l’attuale crisi finanziaria ed economica. Da questo punto di vista si rendono necessari nuovi e più efficaci misure per la regolazione dei mercati agricoli.
Il secondo pilastro della Pac (programma di sviluppo rurale) sarà ancora coperto dopo il 2013 dal Fears con il concorso del cofinanziamento nazionale. La proposta dell’Associazione agricola della Repubblica Ceca è di dividere questo programma in tre parti: (a) “Nuove sfide” (aree vulnerabili, indennità, ecc.), (b) “Produzione agricola” (più alto valore aggiunto, strutture agricole ...); (c) “Aree rurali” (foreste, paesaggio ...). Le parti (b) e (c) dovrebbero essere sottoposte alla procedura “n+2”, che prevede il disimpegno automatico delle somme non utilizzate dopo due anni dallo stanziamento. Una simile nuova diversificazione sembra un approccio più efficace.
Infine, non va trascurato il ruolo importante dei sussidi nazionali (aiuti di stato pagati dai governi dei singoli stati membri europei). La competizione dei paesi dell’UE-10 con quelli dell’UE-15 è falsata in ragione della differenza in termini di peso delle economie, che consente ai secondi di offrire ai propri agricoltori un più alto sostegno finanziario per ettaro superficie agricola. Per questa ragione l’Associazione agricola della Repubblica Ceca raccomanda di fissare un livello di aiuti di stato massimo ad ettaro uguale per tutti i paesi europei così come si propone che si faccia per i pagamenti diretti. In questo calcolo dovrebbero essere comprese anche le varie esenzioni (come quella sui carburanti usati nella produzione agricola), così come i trattamenti contributivi di favore e le varie indennità sociali coperte dai governi. Quindi, anche questi pagamenti dovrebbero essere incorporati negli aiuti di stato.
Storia della politica agricola ceca e conseguenze per la Pac dopo il 2013 Esempi di conseguenze per l’agricoltura emergono dall’esperienza della Repubblica Ceca, in cui sono avvenuti molti cambiamenti significativi. La politica agricola a regime dopo la seconda guerra mondiale puntava sull’auto-approvvigionamento dei prodotti alimentari da parte di un’agricoltura pianificata e collettiva. La produttività di quel tipo di agricoltura, i livelli dei sussidi e i prezzi dei prodotti sono compatibili con la recente agricoltura sotto le condizioni imposte dall’Unione Europea.
Poco dopo il 1990 e per molti anni, gli agricoltori cechi si sono misurati quasi senza alcun aiuto finanziario con il prezzo mondiale dei prodotti agricoli di base. L’agricoltura in quel periodo ha perso sia addetti sia spazio nel mercato. Successivamente, nel periodo immediatamente prima e subito dopo l’adesione all’Unione Europea nel 2004, gli agricoltori cechi hanno abbandonato molte delle tradizionali produzioni, come la barbabietola da zucchero. L’Health check ha ridotto i pagamenti legati al sistema di pagamento ad ettaro (SAPS - Single area payment scheme) per la maggior parte delle imprese agricole della Repubblica Ceca a motivo della loro grande dimensione. Nella Repubblica Ceca, i compensi secondo il sistema di pagamento per ettaro sono concessi a chi lavora (e utilizza) la terra, non ai proprietari fondiari. Non di meno, la produzione di suini è crollata a causa della mancanza di competitività della produzione interna di foraggi con rispetto ai foraggi importati da oltreoceano verso le aree europee costiere. Trasportare la carne (il prodotto finito) conviene molto più che produrre localmente mangimi o trasportare mangimi.
La bilancia commerciale della produzione della Repubblica Ceca ha registrato un saldo negativo di 64 milioni di euro già negli anni 1993-1995 rispetto alla situazione precedente di autosufficienza. Il sostegno più contenuto, una volta dentro l’Unione Europea, concentrato su meno prodotti agricoli, ha danneggiato la natura e ridotto la possibilità di reddito in agricoltura. La conseguenza è che oggi occorrono sovvenzioni tanto per la natura che per i posti di lavoro.
La politica regionale e quella di sviluppo rurale hanno redistribuito i fondi destinati precedentemente all’agricoltura multifunzionale a beneficio di investimenti destinati a marciapiedi e impianti di depurazione nei villaggi. Per non dire del caso in cui si sono sovvenzionati obiettivi quali le centrali nucleari, la rimozione dello zolfo nelle aree inquinate, il sequestro di anidride carbonica o altri problemi. Per esempio, il prezzo di un kilowattora da fotovoltaico è di 13,20 corone ceche, quello di 1 kilowattora da bio-gas è di 4,20 corone, mentre l’energia da bio-carburanti è tassata con un’imposta di consumo. Coloro che vi hanno investito hanno ottenuto sovvenzioni per le centrali elettriche fotovoltaiche e da biogas. Gli agricoltori, invece, ricevono la metà delle sovvenzioni che ricevevano precedentemente per la multifunzionalità, mentre una seconda metà degli aiuti proviene loro dal sistema di pagamento per ettaro. Tutti gli agricoltori, la cui età media, peraltro, aumenta sempre più, non possono che vendere le proprie terre agli investitori, per i quali i sussidi del sistema di pagamento ad ettaro sono sicuramente più convenienti.
Sia la liberalizzazione che la nazionalizzazione sono esperienze ben note nei nuovi paesi dell’Unione. Per sette anni si è avuto il divieto di lavoro negli altri paesi dell’Unione europea. Questo si è accompagnato all’impedimento all’acquisto di terreni da parte di investitori stranieri. Anche un quarto delle sovvenzioni legate al sistema di pagamento ad ettaro, che dovrebbero incrementarsi gradualmente nei sette anni successivi all’adesione fino al livello medio dei pagamenti nell’UE-15, limita il contributo nazionale alla Pac. E’ così che gli Stati membri dell’UE più ricchi sostengono di più i propri agricoltori che non gli Stati più poveri.

Conclusioni

Da una parte sarà impossibile in Europa sostituire le tradizionali produzioni di commodity con altre colture come ortaggi e frutta o con un’agricoltura multifunzionale. E’ impossibile peraltro che l’Europa possa rendere la propria agricoltura più “economica” sul modello di quelle della Nuova Zelanda o del Sud America. Nell’Unione Europea è quindi necessario che rimanga una consistente Pac.
Ci sono almeno quattro argomentazioni a sostegno dell’idea che senza la Pac, le produzioni di importazione risulterebbero più competitive di quelle interne alla stessa Unione Europea.
In primo luogo, il potere d’acquisto di molti consumatori nei paesi dell’UE più in ritardo di sviluppo è appena sufficiente per acquistare prodotti alimentari a prezzi contenuti. In secondo luogo, difficilmente i redditi agricoli possono essere difesi con argomentazioni relative alla sola multifunzionalità del settore. In terzo luogo, rimane il problema in Europa della doppia velocità tra le agricolture dei paesi ricchi e di quelli poveri, anche perché per puntare ad una maggiore coesione sociale sarebbe necessaria una esplicita e più consistente volontà politica. In quarto luogo, è difficile che la politica regionale possa affermarsi, come si è visto nel caso della Grecia, supplendo ad un indebolimento della politica agricola. Se ne conclude che il mantenimento del ruolo centrale dell’agricoltura nella politica e nel bilancio dell’Europa è possibile soltanto se si conferma e non si pretende di trasformare radicalmente la Pac recentemente impostata (con la riforma Fischler e con l’Health check).
In passato, i principi base della Pac muovevano dall’esigenza della sicurezza alimentare e attraverso lo stimolo e il controllo della produzione, e la sostituzione delle importazioni. Ogni modifica del ruolo della politica agricola comune porterà l’Unione Europea a dipendere maggiormente dalle importazioni. I principali beneficiari dei cambiamenti potrebbero essere solo le grandi catene agroalimentari e le istituzioni finanziarie che le sostengono. Questi sono i principali sostenitori della “semplificazione”. Questa parola dovrebbe essere abbandonata per mantenere le sovvenzioni per gli agricoltori, la natura e le zone rurali in modo esclusivo. La nuova Pac dovrebbe rimanere una politica di difesa dell’agricoltura, basata sul rapporto e sul lavoro degli agricoltori, i più vicini alla natura.
L’Associazione agricola della Repubblica Ceca chiede per l’agricoltura dei nuovi Stati membri in Europa una posizione di parità con gli agricoltori dei vecchi paesi dell’UE-15 che invece sembrano insistere apertamente nella volontà di mantenere i recenti vantaggi di bilancio fino al 2024 nella forma di un periodo di 10 anni di transizione a partire dal 2014. In secondo luogo, l’Associazione agricola ceca cerca di difendere il primo pilastro della Pac per rafforzare la competitività, che è condizionata dall’enorme numero di regolamenti dell’Unione, in confronto con i paesi al di fuori di essa.

Riferimenti bibliografici

  • Groupe de Bruges (2008), The dilemmas of globalization, Towards a re-valuation of agriculture, Bureau Kirja, Hoogwoud NL
  • Popp H. (2009): “What conditions are needed for agriculture and rural areas to develop?”, Tirana international conference on the future of agriculture, October, 16
  • Popp H. (2000), Le siecle de la revolution agricole. La politique agricoles suisses au 20e siècle, AGRI, Av. des Jordils 1, 1000 Lausanne 6, CH, 2000
  • Schweizer Bundesrat (2009), Weiterentwicklung des Direktzahlungssystems, 185 Seiten, Bern (anche in francese)
  • Sotte F., Chiodo E. (2009) “The Health Check is concluded; let us now reflect on the CAP post 2013”, Paper for the Groupe de Bruges.
  • 1. Alla base di tale dibattito, che viene qui ripreso e sintetizzato, ci sono discorsi, documenti e dichiarazioni rilasciati dal 2008 al 2010, in occasione di eventi concernenti la politica agricola, da diversi soggetti istituzionali ed in particolare: il Ministro Federale Nikolaus Berlakovich, il Presidente della Camera Agricola dell’Austria Gerhard Wlodkowski, il Governatore della Bassa Austria Josef Plank, l’ex Commissario Europeo Franz Fischler ed il Prof. Alois Heißenhuber dell’Università di Monaco-Weihenstephan.
  • 2. Sono stati invitati del ministro dell’agricoltura austriaco, Nikolaus Berlakovich, i colleghi di Finlandia, Polonia, Slovenia, Slovacchia, Repubblica Ceca e Ungheria. Anche il Sottosegretario di Stato per l'Agricoltura tedesco ha partecipato al meeting.
  • 3. Tale lista di quesiti è stata preceduta dalla discussione generale sul futuro della PAC durante la presidenza francese, dalla discussione sul futuro del primo pilastro durante la presidenza della Repubblica Ceca, dalla discussione sul futuro del secondo pilastro durante la presidenza svedese e, infine, dalla presente discussione sulle politiche di mercato e la gestione delle crisi durante l’attuale presidenza spagnola.
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