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Il contesto programmatico
Il ciclo di programmazione 2000-2006 dei Fondi Strutturali ha rappresentato l’occasione per sperimentare su ampia scala metodi e strumenti di integrazione, finalizzati ad ottimizzare gli effetti della spesa pubblica, concentrandoli su specifici obiettivi di sviluppo locale o settoriale.
Il Quadro Comunitario di Sostegno (QCS) per le regioni dell’Obiettivo 1 definisce i Progetti Integrati come un complesso di azioni intersettoriali, strettamente coerenti e collegate tra di loro, che convergono verso un comune obiettivo di sviluppo del territorio e giustificano un approccio attuativo unitario. Sulla spinta degli indirizzi dettati dal QCS, ma anche sulla scorta di esperienze maturate in altri contesti programmatici (dalle Iniziative Comunitarie Leader ai Patti Territoriali), in molte regioni la progettazione integrata ha attirato l’interesse degli stakeholder, ma anche del mondo della ricerca, che ha rilevato la necessità di dotare le politiche di sviluppo locale di strumenti e meccanismi attuativi che garantissero un’adeguata flessibilità d’intervento in risposta a fabbisogni specifici dei contesti locali. Da un lato, le spinte al decentramento amministrativo alimentano le rivendicazioni verso una maggiore sussidiarietà dell’intervento pubblico, favorendo una maggiore partecipazione delle comunità locali ai processi decisionali; dall’altro, l’esperienza di decenni di programmazione di tipo dirigistico, fondata su logiche settoriali e efficientistiche, non hanno prodotto risultati brillanti, alimentando, al contrario, il divario tra le aree più marginali rispetto a quelle più forti dal punto di vista economico e sociale.
L’analisi delle esperienze maturate nei precedenti periodi di programmazione, ma anche una profonda riflessione sul nuovo assetto delle politiche di sviluppo rurale, ha indotto a sperimentare, a metà percorso del ciclo di programmazione 2000-2006, una nuova modalità di attuazione di strategie di sviluppo locale basate su modelli partecipativi di tipo bottom up. Si è, dunque, cercato di comprendere quali meccanismi, tipici degli strumenti di tipo negoziale, potessero essere utilizzati per favorire la realizzazione di progetti coerenti e effettivamente legati ai fabbisogni territoriali.
Il modello di intervento per le aree rurali
Alla base delle strategie di sviluppo rurale adottate dalla Regione Campania a seguito della Riforma di Medio Termine del ciclo di programmazione 2000-2006, e in particolare alla introduzione col Regolamento 1783/2003 della misura “Gestione delle strategie integrate di Sviluppo Rurale da parte dei Partenariati Locali” a quelle già previste dall’art. 33 del Regolamento (CE) 1257/99, vi è la constatazione che le aree rurali regionali non sono semplicemente caratterizzate da elementi di svantaggio territoriale (caratteristiche geografiche, morfologiche, localizzative) o competitivo (inadeguatezza infrastrutturale, scarsa disponibilità di servizi avanzati, debole trama produttiva), ma anche da rigidità legate al contesto sociale e culturale e ai sistemi di governance, che regolano i processi di sviluppo nei singoli territori.
Nella lettura e interpretazione degli elementi che condizionano le traiettorie di sviluppo delle aree rurali campane e, in generale, dell’intero Appennino centro-meridionale, è stata adottata l’efficace metafora del puzzle territoriale: i sistemi locali si presenterebbero «[…] alla stregua di un puzzle scomposto, nel quale ciascuna tessera è slegata dalle altre. Tuttavia, ciascun elemento, che da solo non assume alcun significato, possiede in realtà un valore di grande importanza, poiché restituisce completezza all’immagine e contribuisce a legare tra di loro gli altri elementi. L’efficienza di ciascuna componente, presa singolarmente, è condizione necessaria ma non sufficiente per un posizionamento competitivo del sistema locale. Costruire il sistema significa ricomporre il puzzle locale, dare organicità al quadro di relazioni e quindi costruire (o ricostruire) l’identità territoriale» (Cacace, Falessi, Marotta, 2007).
Secondo questo modello interpretativo, è necessaria una visione unitaria e una chiara definizione del quadro di riferimento: «[…] l’immagine riprodotta sulla confezione del puzzle ci è di grande aiuto in tal senso. Allo stesso modo, la ricostruzione delle componenti sociali, economiche e politico-istituzionali di un territorio richiede una chiara visione programmatica. Il patrimonio di risorse locali va governato secondo una logica comune e condivisa, un quadro di riferimento strategico che restituisca identità al territorio e ne definisca le traiettorie di sviluppo sulla base di strategie globali e integrate che utilizzino metodologie e interventi sincronizzati» (Cacace, Falessi, Marotta, 2007). Di conseguenza, la realizzazione di iniziative a carattere integrato si materializza nella messa in connessione delle diverse componenti (tessere) territoriali, ognuna delle quali è necessaria all’altra per compattarla nel quadro di riferimento. Diventa, perciò, intuibile il significato di termini fin troppo abusati nell’esperienza della progettazione integrata: complementarità e sinergie.
E diventa anche evidente che tale disegno non può che realizzarsi attraverso la messa in rete e la valorizzazione di risorse endogene (ovvero, di tessere appartenenti a quello specifico “puzzle”).
Interpretare i fabbisogni territoriali, individuare e condividere autonomi e originali percorsi di sviluppo non è tuttavia operazione semplice: occorre valorizzare il capitale di fiducia e di relazione attraverso la messa in rete delle interazioni complesse tra gli attori istituzionali ed economici, portatori di interessi differenti ma disponibili a proporre visioni condivise (Marotta, Nazzaro, 2007). Dal punto di vista più operativo, ciò significa sostenere una strategia complessiva, unica, e realizzare una sorta di progetto globale, integrato, sostenibile e coerente.
Su questa base, la Regione Campania ha costruito apposite Linee di Indirizzo per il sostegno, attraverso la nuova Misura 4.24 del Programma Operativo Regionale (POR) 2000-2006, di strategie integrate di sviluppo rurale da parte di partenariati locali. Tale misura non ha apportato sostanziali modifiche alla struttura del POR Feoga, ma ha introdotto una nuova modalità organizzativa e procedimentale, intendendo promuovere l’attivazione delle Misure del POR (cofinanziate dal Feoga) secondo una logica integrata, sostenuta da una strategia elaborata da Partenariati locali (Nazzaro, 2006; Cacace, Falessi, Marotta, 2007).
Rispetto a precedenti esperienze di progettazione dello sviluppo locale, questo nuovo strumento sembra aver introdotto alcuni elementi di novità o, quanto meno, ne ha sostenuto fortemente l’applicazione:
- promozione di un’ampia rappresentatività dei partenariati: principio che ha trovato una sua esplicitazione nella individuazione di criteri selettivi premianti per quelle proposte presentate da partenariati ampi e diversificati, espressione delle diverse componenti sociali ed economiche territoriali;
- promozione delle pari opportunità: favorendo la partecipazione dei giovani e delle donne ai processi decisionali;
- adozione di criteri selettivi trasparenti: si è cercato di ricondurre il meccanismo di attribuzione dei punteggi ad elementi certi e oggettivamente e preventivamente valutabili;
- attuazione del principio di coerenza: dei Progetti (da implementare) rispetto al Tema strategico individuato dai partner.
La misura prevedeva due distinte tipologie di azione:
- erogazione di servizi di animazione e accompagnamento da parte della Regione Campania e delle Province, volti a promuovere la costituzione dei Partenariati Locali. Attraverso tale attività, per la quale sono stati stanziati 1,6 Meuro, sono stati realizzati interventi di comunicazione finalizzati alla divulgazione degli obiettivi e della strategia dell’intervento integrato, nonché interventi di animazione, affiancamento e assistenza tecnica ai soggetti locali per stimolare l’elaborazione e la successiva attuazione di progetti di qualità;
- sostegno all’attuazione delle strategie di sviluppo locale, attraverso azioni immateriali, di natura collettiva, finalizzate alla creazione di reti tra attori pubblici e privati, nonché interventi di progettazione, assistenza tecnica, supporto e affiancamento ai beneficiari.
Tale tipologia di azione ha mediamente reso disponibili, per ciascun partenariato, circa 840.000 euro. Attorno a tali tipologie di operazioni, ciascun partenariato ha costruito il proprio Progetto Integrato Rurale (PIR), integrando progetti riconducibili alle misure del Por Campania 2000-2006 cofinanziate dal Feoga. Nel complesso, oltre alle disponibilità della Misura 4.24 (lettera b), ciascun PIR ha potuto beneficiare di risprse pubbliche pari a circa 10 Meuro.
L’esperienza dei Progetti Integrati Rurali: alcune riflessioni
A conclusione dell’esperienza dei Progetti Integrati Rurali, e nella prospettiva di articolare in termini di maggiore efficacia le politiche di sviluppo rurale per il periodo 2007-2013, la Regione Campania ha ritenuto necessario approfondire l’analisi dei risultati promuovendo una ricerca finalizzata a verificare se, e fino a che punto, le premesse programmatiche siano state poi tradotte in pratiche operative dai Partenariati locali (Consorzio per la Ricerca Applicata in Agricoltura – Regione Campania, 2008).
L’indagine è stata promossa non allo scopo di valutare l’operato dei singoli Partenariati e le rispettive capacità amministrative, quanto, piuttosto, per verificare: a) l’adeguatezza, rispetto agli obiettivi della misura, della strumentazione messa in campo dall’Autorità di Gestione; b) le modalità di interpretazione, da parte degli attori locali, della misura 4.24; c) la coerenza degli obiettivi della misura, rispetto alle esperienze rilevate direttamente nei territori.
A tale scopo, gli aspetti indagati hanno permesso di analizzare: a) il grado di partecipazione dei partner, sia in fase di programmazione, sia in quella di attuazione; b) la natura delle attività di animazione svolte, e il coinvolgimento in dette attività, sia dei singoli partner sia dei beneficiari; c) l’integrazione tra i progetti (e, attraverso questi, tra i soggetti attuatori); d) l’impatto sulle reti relazionali e sui sistemi di governance a livello locale; e) l’efficacia del modello attuativo della misura.
I risultati emersi hanno reso un quadro abbastanza preciso dello scenario, condiviso tra i quindici diversi Partenariati selezionati, seppur con alcune significative differenze registrate nei diversi ambiti provinciali. E’ opinione comune che l’attuazione dei 15 PIR non abbia promosso quella ricomposizione del “puzzle” territoriale che, negli auspici dell’Autorità di Gestione, avrebbe dovuto rappresentare, metaforicamente, l’obiettivo specifico della misura 4.24. Al di là dei poco brillanti risultati in termini di utilizzo delle risorse pubbliche, restava, tuttavia, da chiarire fino a che punto lo strumento proposto fosse inadeguato ad affrontare le sfide poste, o fino a che punto, a livello locale, non fosse ancora maturata la capacità di utilizzare in modo coordinato gli strumenti della progettazione integrata per promuovere strategie di sviluppo condivise.
In sostanza, la misura 4.24 ha compiuto uno sforzo importante, almeno nella fase di impostazione programmatica e di predisposizione della strategia di sviluppo, ma ha mostrato non poche debolezze e limiti nella fase attuativa. E’ stato rilevato un unanime consenso sulla struttura del modello proposto: la formulazione degli obiettivi e i meccanismi tesi ad incentivare forme di collaborazione tra i partner sono stati tradotti in un modello attuativo fortemente innovativo, in grado di coniugare alcuni aspetti positivi dell’approccio Leader con quelli dei Patti Territoriali. Ha pesato su tale giudizio l’efficacia delle azioni di informazione ed animazione territoriale svolte dalla Regione e dalle Province, sviluppate con l’ausilio di funzionari che hanno ricevuto un’intensa formazione specifica e che hanno successivamente affiancato i Partenariati nella fase di elaborazione progettuale. E’ stato giudicato di gr
ande interesse il meccanismo premiale finalizzato a garantire un’ampia base partecipativa e, in particolare, l’obiettivo di favorire il coinvolgimento dei soggetti attuatori di altri strumenti di sviluppo locale a carattere integrato operanti sul territorio (Leader+, PIT, Prusst, etc.). Tale partecipazione ha indubbiamente evitato la sovrapposizione tra operazioni e progetti, garantendo una demarcazione di competenze tra i diversi strumenti. Più in generale, sono state apprezzate le modalità con le quali è stata incoraggiata l’adesione degli operatori pubblici e privati alla fase di progettazione. In questa fase l’attenzione nei confronti dello strumento PIR è stata molto elevata e il risultato più evidente è costituito dalla elevata rappresentatività dei Partenariati, nei quali, peraltro, la componente privata è fortemente presente. L’ampia partecipazione partenariale ha prodotto, ovviamente, anche un fiorire di progettualità mai registrata, nelle stesse aree, nei precedenti periodi di attuazione della programmazione Feoga.
Ma la partecipazione degli stessi partner è immediatamente scemata una volta superata la fase progettuale ed è stata avviata quella attuativa, e tale circostanza va interpretata alla luce di due principali elementi:
- la questione più rilevante ha riguardato la ridefinizione in corso d’opera, da parte della Regione Campania, del quadro regolamentare originario, ossia di aspetti oramai già consolidati e sulla base dei quali erano stati elaborati i PIR, come il ruolo e la funzione delle manifestazioni d’interesse al Progetto e le competenze del soggetto responsabile. Ciò ha prodotto serie ripercussioni sulla credibilità e l’immagine complessiva dei Partenariati, oltre che sull’efficacia dei meccanismi di integrazione progettuale alla base dei PIR;
- le reali motivazioni del coinvolgimento di una vasta platea di soggetti attorno ad un progetto integrato: fino a che punto l’agire dei singoli (ancorché rappresentanti di interessi di molti) è realmente indirizzato verso l’interesse generale? Quanto ci si sente parte del quadro territoriale metaforicamente rappresentato dal “puzzle”?
Se la modifica delle regole in corso d’opera ha provocato un indiscutibile disorientamento, è tuttavia semplicistico ricondurre le cause di alcune criticità attuative della misura solo a questioni procedurali. In diversi territori, difatti, anche nella fase di progettazione, la partecipazione di molti soggetti chiamati a comporre il Partenariato sembra essere stata generata da logiche di tipo opportunistico e, in ogni caso, la successiva dissoluzione delle reti relazionali testimonia quanto fosse flebile l’interesse nella costruzione di iniziative a carattere collettivo.
Questi interrogativi evocano uno degli aspetti più critici registrati nel corso della Programmazione dei Fondi Strutturali in Campania: le aree in esame hanno vissuto molte esperienze di progettazione integrata con una caotica sovrapposizione di quadri strategici e strumenti operativi che hanno contribuito a rendere ancor più complesso il percorso di sviluppo che i diversi partenariati locali, costituiti occasionalmente per l’attuazione di ogni singolo strumento programmatico, hanno disegnato per il proprio territorio.
La misura 4.24, nonostante l’entusiastica accoglienza ricevuta a livello locale, non è riuscita ad incidere su tali criticità, se non in modo del tutto parziale. In sostanza, anche il PIR è stato utilizzato come semplice strumento per l’accesso alle misure, piuttosto che come collante territoriale. Senza dubbio è migliorato il clima collaborativo tra gli attori pubblici, ma è mancata la capacità di trasferire il modello su altri tavoli, con la conseguente realizzazione dei progetti senza una regia e un disegno unico. In altre parole, la coerente impostazione delle linee strategiche e l’integrazione tra progetti (che appaiono abbastanza visibili nella gran parte dei PIR) non ha dato luogo all’implementazione di successive iniziative immateriali di raccordo, né si è evoluta, se non in modo parziale, nella messa in moto di un processo di aggregazione e condivisione strategica che superasse i confini del PIR. Ne consegue che, riguardo alla ricomposizione del disegno strategico complessivo per ciascun territorio di riferimento, i risultati non possono ritenersi soddisfacenti.
L’analisi dell’attuazione del modello proposto con la misura 4.24 del POR Campania 2000-2006 restituisce dunque un quadro piuttosto contraddittorio, con l’introduzione di elementi innovativi di sicuro interesse che, tuttavia, non sono riusciti ad offrire risposte convincenti alle criticità che caratterizzano le recenti esperienze di progettazione integrata. I risultati emersi dalla ricerca forniscono comunque utili elementi di riflessione sul modello attuativo dei PIR e, in generale, degli strumenti a sostegno dello sviluppo locale nelle aree rurali, basati sul metodo partecipativo e ascendente, evidenziando criticità da superare e positività da potenziare negli strumenti programmatici futuri (leggi Progetti Integrati di Filiera e Progetti Integrati Rurali per le Aree Protette).
Al di là dei meccanismi procedurali, è stata rilevata la necessità di una strategia globale di sviluppo, da realizzare anche attraverso l’integrazione tra Fondi e strumenti d’intervento e ciò presuppone l’esistenza di un partenariato stabile, non istituito a seconda delle esigenze programmatorie occasionali, che agisca come attore permanente di natura collettiva (Deidda, 2007).
Occorre, inoltre, una più chiara definizione dei ruoli dei soggetti che operano lungo la filiera istituzionale a supporto dell’attuazione: una più incisiva attività di raccordo e di controllo, da parte della Regione, al fine di prevenire comportamenti “estremi” da parte delle Province (derive dirigistiche, da un lato, scarso interesse, dall’altro), avrebbe sicuramente prodotto risultati diversi.
In conclusione, è possibile costruire una matrice di sintesi dei principali punti di forza e di debolezza rilevati nell’attuazione della misura 4.24, ma anche delle “cose utili da fare” (o da “non fare”) per migliorare le performance, in termini di impatto, degli strumenti di sviluppo locale nelle aree rurali (Tabella 1).
Tabella 1 – Principali punti di forza e di debolezza
Fonte: ns. elaborazione
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