Breve premessa
La coesistenza tra agricoltura tradizionale e transgenica, tema strettamente collegato all’introduzione delle biotecnologie in agricoltura (o agricoltura basata su OGM o “organismo, diverso da un essere umano, il cui materiale genetico è stato modificato in modo diverso da quanto avviene in natura con l’accoppiamento e/o la ricombinazione genetica naturale”) (Germanò, 2005), pone problemi di natura ambientale, economica e giuridica.
Per quanto attiene al profilo più strettamente giuridico, si riscontra, da un lato, la molteplicità delle fonti normative e dei soggetti regolatori, coinvolgendo le biotecnologie aspetti e principi di rilievo sovranazionale ma anche, nazionale e locale (Sirsi, 2003), dall’altro, un sostanziale ritardo normativo comunitario a fronte delle normative poste in essere da alcuni Stati membri (Adornato, 2006): infatti, il legislatore europeo è intervenuto in materia principalmente con la Raccomandazione del 2003 (si tratta della Raccomandazione della Commissione 2003/556/Ce del 23 luglio 2003) che pone un quadro normativo di riferimento per la coesistenza tra colture transgeniche, convenzionali e biologiche.
Circoscrivendo l’attenzione al caso italiano, si riscontra l’intervento del decreto n.279 del 22 novembre 2004 convertito in legge n. 5 del 28 gennaio 2005 (il legislatore nazionale, in questo come in altri casi, si è mosso principalmente su sollecitazione dell’Unione europea e, in particolare, a seguito della Raccomandazione del 2003) (Passaglia, 2005), nonché la tendenza di diverse Regioni italiane a dichiararsi libere da Ogm.
La legge n. 5 del 2005
Sotto il primo profilo, va osservato che la predetta legge, all’art.2, riconosce il principio di coesistenza e assegna al Mipaaf, d’intesa con la Conferenza permanente dei rapporti tra Stato e Regioni, una serie di poteri fra i quali:
- la fissazione delle norme quadro per l’applicazione delle misure di coesistenza;
- l’individuazione delle tipologie di risarcimento danni per inosservanza dei piani regionali di coesistenza, dei piani di gestione aziendale e dei danni derivanti dalla commistione ma non imputabili a responsabilità soggettiva;
- la definizione dell’accesso, da parte degli agricoltori danneggiati, al Fondo di solidarietà nazionale;
- l’individuazione di strumenti assicurativi per sostenere gli oneri dei responsabili della violazione delle regole sulla coesistenza.
Alle Regioni, invece, spetta l’individuazione nel proprio territorio di competenza di una o più aree omogenee, l’adozione del piano di coesistenza con la determinazione di regole tecniche nonché l’istituzione di un fondo destinato al ripristino delle condizioni agronomiche preesistenti agli eventi dannosi cagionati dall’inosservanza del piano di coesistenza.
Sotto il profilo della responsabilità civile, la legge, all’art. 5, comma 1 bis, prevede che il conduttore agricolo che riceve un danno a seguito dell’inosservanza da parte di altri soggetti del piano di coesistenza, ha diritto al risarcimento da parte di colui che abbia causato il danno per inosservanza del piano di coesistenza o del proprio piano di gestione aziendale. Sul danneggiante incombe, poi, l’onere probatorio di aver osservato le misure poste dai predetti piani. Il comma 2 dello stesso articolo stabilisce l’esenzione da responsabilità del conduttore agricolo che abbia utilizzato sementi certificate dall’autorità pubblica e munite di dichiarazione della ditta sementiera concernente l’assenza di Ogm, secondo la vigente normativa. Tale regime di responsabilità grava anche sui fornitori dei mezzi tecnici di produzione e sugli altri operatori della filiera produttiva primaria.
Da ultimo, la legge determina le sanzioni e pone all’art.7 le norme in materia di valutazione, monitoraggio e informazione sulla coesistenza attribuite al Comitato consultivo in materia di coesistenza tra colture transgeniche, convenzionali e biologiche istituito presso il Mipaaf.
Tralasciando per brevità la seppur estremamente rilevante questione circa il profilo della responsabilità per danni da contaminazione genetica, tema di largo e diffuso interesse (Germanò, 2005; Poletti, 2005; Canfora 2006), va rilevato che, secondo alcuni, la legge n. 5 del 28 gennaio 2005 costituisce “una evidente forzatura costituzionale poiché l’art. 117 Cost., come novellato dalla legge costituzionale n.3/2001, riconosce l’esclusiva competenza regionale in materia di agricoltura e quella concorrente per quel che attiene all’alimentazione”; secondo lo stesso autore, infatti, non sarebbe necessario un intervento normativo nazionale, assicurando già la normativa regionale i principi attinenti alle regole di mercato e al diritto di impresa; ciò, peraltro, traspare anche dalla Raccomandazione della Commissione Europea del 23 luglio 2003 (Adornato, 2006).
Tale tendenza accentratrice emerge anche dalla composizione del Comitato di cui all’art. 7, comma 2, cui sono affidate le linee guida per la coesistenza, dove i rappresentanti delle Regioni sono in minoranza.
La legge della Regione Marche n. 5 del 2004
Sotto il secondo profilo, a fronte della sostanziale mancanza di autonomia del legislatore nazionale che si è attivato solo di riflesso agli stimoli provenienti dall’Unione europea, va registrato un atteggiamento indubbiamente più propositivo in capo alle Regioni (va precisato che il legislatore nazionale, in questo come in altri casi, si è mosso principalmente su sollecitazione dell’Unione europea e, in particolare, a seguito della Raccomandazione del 2003) (Passaglia, 2005; Sirsi, 2006) che, da circa un decennio, hanno iniziato ad emanare normative incentrate su divieti di coltivazione di colture transgeniche, con dubbi circa la compatibilità della presenza nello stesso ordinamento di norme contenenti divieti assoluti di coltivazione di OGM e il principio della coesistenza sancito dalla legge n. 5 del 28 gennaio 2005 (Milazzo, 2005; Passaglia, 2005).
In particolare, la tendenza di alcune Regioni a dichiararsi “OGM free” ha trovato un largo consenso tanto da sfociare nella Rete delle Regioni europee “OGM free” cui partecipano oltre a molte Regioni Italiane, anche diverse Regioni di altri paesi dell’Unione (l’iniziativa, posta in essere nel febbraio 2005 a Firenze su iniziativa della Giunta regionale della Toscana, fra i molteplici fini perseguiti, mira anche alla ricerca di un dialogo con le istituzioni comunitarie).
Venendo al caso marchigiano, va rilevato che con la legge regionale n. 5 del 3 marzo 2004, la Regione Marche ha disciplinato la materia principalmente al fine di proteggere le risorse genetiche e il patrimonio naturalistico regionale nonché di garantire la sicurezza alimentare dei cittadini e tutelare la salute umana e animale e l’ambiente (art. 1 della legge regionale Marche n. 5 del 3 marzo 2004).
Per perseguire i predetti scopi, la legge regionale pone, all’art. 2, un divieto assoluto e generalizzato di coltivazione di Ogm con conseguente esclusione dai finanziamenti regionali e l’impossibilità di accedere ai marchi di qualità, come disposto dall’art.3; l’art. 7 inoltre, sancisce il divieto di somministrazione di prodotti contenenti Ogm nei servizi di ristorazione collettiva gestiti da enti pubblici o privati convenzionati, mentre l’art.4 dispone l’etichettatura obbligatoria dei prodotti contenenti Ogm o derivati commercializzati nel territorio regionale.
Seguono norme in materia di ricerca, comunicazione, educazione alimentare, vigilanza e controllo e, da ultimo, sanzioni (art. 5, 6, 8, 9 e 10 della Legge regionale Marche n. 5 del 3 marzo 2004).
Dal quadro d’insieme sopra descritto emerge tutta la problematicità della esistenza nello stesso ordinamento giuridico di norme nazionali e regionali contrastanti e la conseguente necessità di interventi chiarificatori.
Le pronunce della Corte costituzionale n. 150 del 2005 e n. 116 del 2006
La Corte costituzionale ha avuto occasione di pronunciarsi sulla materia in occasione di due ricorsi per conflitto di competenza: ne sono scaturite le pronunce n. 150 del 2005 e n. 116 del 2006.
Nel primo caso, il Governo ha impugnato le normative regionali della Puglia e delle Marche sostanzialmente per contrasto dei divieti di coltivazione in esse contenuti con l’art. 22 della direttiva 2001/18/Ce che stabilisce il principio della libera circolazione e l’inibizione agli Stati di vietare, impedire o limitare l’immissione in commercio di Ogm, nonché per contrasto con l’art. 23 della stessa direttiva e con l’art. 25 del decreto legislativo di attuazione n. 224 del 2003 (contenenti una clausola di salvaguardia per la quale solo le Autorità competenti possono bloccare la circolazione sul proprio territorio di prodotti contenenti Ogm ritenuti pericolosi, previe consultazioni a seguito delle quali la decisione finale sull’adeguatezza delle misure adottate spetta alla Commissione europea) e conseguente violazione dell’art. 117, comma 1 e 2 lett. s) della Costituzione (tutela dell’ambiente e dell’ecosistema).
La Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile il ricorso del governo per erronea indicazione delle norme che avrebbero dovuto dimostrare l’illegittimità delle disposizioni oggetto d’impugnativa: in particolare, quanto alla violazione delle norme comunitarie, la Corte ha ritenuto che i divieti posti dalla due leggi regionali si riferiscono “alla coltivazione di prodotti agricoli o all’allevamento di animali geneticamente modificati”.
Pertanto, l’ambito individuato dalle normative regionali, pur compreso in quello della Direttiva, è estraneo a quello delle norme interposte aventi ad oggetto specificamente l’immissione in commercio di Ogm e non la loro emissione nei settori agricoltura e zootecnia.
Conseguentemente è crollata anche la censura sulla esclusiva competenza statale in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema essendo la stessa basata sul contrasto delle norme regionali con i poteri del Ministro dell’ambiente per l’attuazione delle prescrizioni contenute nella direttiva europea e nella legislazione nazionale.
Alcuni autori ritengono che la ricostruzione operata dalla Corte costituzionale trascuri la compenetrazione tra immissione in commercio e coltivazione di Ogm presente nella legislazione comunitaria e che l’orientamento scaturente dalla sentenza n. 150 del 2005 evidenzi la necessità di chiarezza sul riparto di competenze normative tra Stato e Regioni onde evitare contrasti tra il diritto nazionale e quello comunitario (Passaglia, 2005; Sirsi, 2006).
Nel secondo caso, la Regione Marche, con ricorso n. 41 del 2005, ha impugnato la normativa statale in materia di coesistenza per violazione delle competenze ragionali in agricoltura, assumendo altresì l’illegittimità della disciplina statale nella misura in cui impedisca alle Regioni di inibire l’individuazione di criteri di esclusione delle colture transgeniche laddove le particolari condizioni del territorio regionale rendano impossibile la coesistenza tra colture convenzionali e biologiche e colture geneticamente modificate e il divieto di coltivazioni transgeniche sia l’unico strumento adeguato per garantire da un lato la biodiversità, dall’altro la libertà di scelta del consumatore. Anche in tale occasione il problema sotteso al ricorso è quello della eccessiva incertezza sul riparto di competenze normative tra Stato e Regioni (Germanò, 2005).
La sentenza della Corte costituzionale n.116 del 2006 giunge al riconoscimento di una sostanziale coerenza tra le indicazioni comunitarie e la legislazione nazionale.
In particolare, è stato ritenuto adeguato il ricorso statale alla decretazione d’urgenza al fine di dirimere il contrasto tra le norme poste dal diritto comunitario e i divieti di coltivazione regionali, è stata riconosciuta la competenza statale sull’utilizzazione di Ogm autorizzati a livello comunitario, mentre si è preso atto della violazione della competenza regionale in materia di agricoltura o meglio, relativamente alle norme statali che si occupano della coltivazione e della produzione di animali e vegetali destinati all’alimentazione.
Tale pronuncia accoglie il principio di coesistenza, ma giudica incostituzionali gli articoli relativi alle misure di coesistenza: avvicinandosi alle posizioni della Corte di giustizia e della Commissione europea, la pronuncia riconosce al principio di coesistenza la funzione di sintetizzare i diversi interessi costituzionali (Sirsi, 2006).
La necessaria conseguenza dell’affermazione del principio di coesistenza e della legittimità dell’intervento del legislatore statale sulle normative regionali limitative delle coltivazioni Ogm costituisce una tendenziale apertura alla coltivazione in Italia delle varietà GM autorizzate nell’Unione.
Conclusioni
La breve panoramica normativa e giurisprudenziale analizzata mostra come il tema della coesistenza tra colture convenzionali e biologiche e colture transgeniche coinvolga aspetti di natura ambientale e di tutela della salute, ma anche problemi più strettamente economici e giuridici.
Alcuni autori rilevano che, se, da un lato, la volontà comunitaria di armonizzare le normative statali è finalizzata al perseguimento di obiettivi commerciali, dall’altro, sono proprio gli Stati a perseguire con maggior forza gli obiettivi di tutela dell’ambiente e della salute (Sirsi, 2005) e, in particolare nel caso italiano, le Regioni.
Va, altresì, riscontrato un dibattito ancora in itinere sugli istituti giuridici più adeguati per la gestione delle biotecnologie in agricoltura in considerazione anche dei vigenti principi costituzionali (Adornato, 2005), nonché la necessità di interventi chiarificatori al fine di evitare possibili contrasti data la sussistenza nello stesso ordinamento di norme statali e regionali spesso distanti tra loro.
Riferimenti bibliografici
- F. Adornato (2005), “Biotecnologie, sicurezza alimentare e politiche agricole”, in Piccinini-Pilla (a cura di), Aspetti del biopotere. Gli organismi geneticamente modificati. La procreazione assistita, 2005, Napoli.
- F. Adornato (2006) “Biotecnologie, sicurezza alimentare e politiche agricole”, in Agricoltura, istituzioni, mercati, 2006, pag. 13
- I. Canfora (2006), “OGM e agricoltura biologica”, in Agricoltura, istituzioni, mercati, 2006, pag. 419
- A. GEermanò (2005), “Sulla coesistenza tra coltivazioni transgeniche e coltivazioni convenzionali: profili giuridici”, in Rivista di diritto agrario, 2005, pag. 371
- P. Milazzo “Alcune leggi regionali sugli organismi geneticamente modificati davanti alla Corte Costituzionale, fra diritto costituzionale e diritto comunitario” (osservazioni a prima lettura su Corte cost., 12 aprile 2005 n.150) in federalismi.it, n.9/2005
- P. Passaglia (2005), “La ripartizione delle competenze legislative tra Stato e Regioni in ordine alla disciplina degli organismi geneticamente modificati: un presente incerto, in futuro da definire”, in M.Goldoni – E.Sirsi (a cura di), Regole dell’agricoltura, regole del cibo. Produzione agricola, sicurezza alimentare e tutela del consumatore, Pisa, pag. 221
- D. Poletti (2005), “La responsabilità per i danni da contaminazione genetica della produzione agricola”, in M. Goldoni, E.Sirsi (a cura di), Regole dell’Agricoltura regole del cibo. Produzione agricola, sicurezza alimentare e tutela del consumatore, Pisa, pag 276
- E. Sirsi (2003), “Le norme sull’etichettatura degli organismi geneticamente modificati”, in L.Costato (diretto da) Trattato breve di diritto agrario italiano e comunitario, pag. 685
- E. Sirsi (2005) “Rilievi metodologici per lo studio del problema della “coesistenza” fra colture transgeniche, convenzionali e biologiche”, in Goldoni-Sirsi (a cura di), Regole dell’Agricoltura regole del cibo. Produzione agricola, sicurezza alimentare e tutela del consumatore, Pisa, pag.183
- E. Sirsi (2006), “OGM e coesistenza con le colture convenzionali, in Agricoltura, istituzioni, mercati, 2006, pag.391