Le sfide dell’economia circolare per il settore agricolo

Le sfide dell’economia circolare per il settore agricolo

Abstract

Nell’Unione Europea la transizione verso un’economia più circolare è fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi del Green Deal e di sostenibilità del Millennio. L’agricoltura è un settore cruciale in questo passaggio per il suo ruolo primario nella bioeconomia circolare; tuttavia, occorre riconoscere che l’efficienza del sistema è prerequisito per ogni sostenibilità. Da questo punto di vista l’implementazione della strategia Farm to Fork appare cruciale.

Introduzione

Con il termine economia circolare vengono indicati quei sistemi economici in cui i prodotti mantengono il loro valore aggiunto il più a lungo possibile e si minimizzano i rifiuti, facendo in modo che quando un prodotto è alla fine del suo ciclo di vita, le risorse restino all’interno del sistema per essere riutilizzate più volte a fini produttivi e creare così nuovo valore. Per passare ad un’economia circolare occorre un cambiamento sistemico guidato da un forte impulso innovativo, sul piano della ricerca, della tecnologia, dell’organizzazione, della società, delle forme di finanziamento e delle politiche, cambiando tutta la catena della creazione del valore, dall’estrazione delle materie prime alla progettazione dei prodotti, dalla produzione alla distribuzione, dal consumo al riuso e riciclo.
Nel proporre la revisione della legislazione sui rifiuti, nel 2014 la Commissione Europea (CE) ha elaborato un piano più ambizioso fatto di un pacchetto di misure integrate che non avevano solo l’obiettivo di ridurre la produzione di rifiuti, ma di introdurre un approccio circolare all’economia.
Successivamente, il 2 dicembre del 2015 la CE ha adottato la Comunicazione “L’anello mancante: un piano d’azione europeo per l’economia circolare”1 e nel marzo 2020 ha proposto il nuovo piano d’azione per l’economia circolare (Commissione Europea, 2020a).
Le misure che saranno introdotte nell’ambito del nuovo piano d’azione mirano a:

  • rendere sostenibili tutti i prodotti dell’Unione Europea (UE);
  • responsabilizzare i consumatori e gli acquirenti pubblici;
  • ridurre gli sprechi, concentrandosi sui settori che utilizzano la maggior parte delle risorse e dove il potenziale di circolarità è elevato. Tra questi spicca il settore agricolo non solo per il suo utilizzo di risorse, ma anche per la capacità di fornire materie prime per la bioeconomia circolare (ovvero l’uso circolare dei materiali a base biologica).

Questo contributo vuole descrivere i principali aspetti che emergono dai recenti documenti ufficiali della CE sull’approccio all’economia circolare in agricoltura e, considerando la sua implementazione in congiunzione con la strategia “Dal produttore al consumatore” (Farm to Fork-F2F), propone alcuni elementi di riflessione sulle difficoltà della loro implementazione.

L’economia circolare del sistema agro-alimentare nella strategia dell’Unione Europea

Il passaggio da un’economia lineare2  ad un’economia circolare è un prerequisito per raggiungere l’obiettivo di neutralità climatica sancito dal Green Deal per il 2050 (Commissione Europea, 2019) e per raggiungere i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile del Millennio, adottati nel settembre 2015 dalle Nazioni Unite per dare un nuovo impulso agli sforzi globali verso uno sviluppo sostenibile.
Per raggiungere tali obiettivi, il nuovo piano d’azione per l’economia circolare del 2020 è incentrato sulla prevenzione dei rifiuti e sulla loro gestione ottimale, con l’obiettivo di ridurre la pressione sulle risorse naturali e creare crescita sostenibile e posti di lavoro (Commissione Europea, 2020a).
Per quanto riguarda i prodotti alimentari, l’acqua e i nutrienti, la CE si propone di garantire la sostenibilità dei materiali a base biologica rinnovabili, anche attraverso le azioni avviate a seguito della strategia e del piano d’azione sulla bioeconomia.
Sono previste pertanto una serie di tappe di aggiornamento normativo, con alcune misure già realizzate ed altre ancora da approvare3. Queste misure riguardano:

  • il nuovo regolamento relativo all’uso dell’acqua che promuoverà approcci circolari per il suo riutilizzo in agricoltura;
  • misure specifiche volte ad aumentare la sostenibilità della distribuzione e del consumo dei prodotti alimentari (all’interno delle quali sono in fase di pubblicazione la proposta legislativa per motivare le dichiarazioni verdi delle aziende e quella per responsabilizzare i consumatori nella transizione verde);
  • la previsione di un obiettivo relativo alla riduzione degli sprechi alimentari, inserito come azione chiave nell’ambito della strategia UE F2F (cfr. par. successivo);
  • un piano integrato di gestione dei nutrienti, al fine di garantirne un’applicazione più sostenibile e di incentivare i mercati dei nutrienti recuperati.

Il ruolo chiave dei fertilizzanti

Con riferimento al mercato per i nutrienti recuperati, una delle più importanti e più dirette implementazioni della transizione verso un’economia circolare in agricoltura promossa dai due piani per l’economia circolare riguarda i fertilizzanti, elemento chiave per garantire la circolarità del sistema agro-alimentare. Essi si pongono infatti all’inizio della catena agro-alimentare, come input nel processo produttivo agricolo, e alla fine della produzione agricola (scarti vegetali e reflui zootecnici) e del consumo alimentare, come prodotti di scarto. Di fatto, molti di questi prodotti di scarto sono ancora ricchi di elementi nutritivi e il loro recupero e la loro successiva trasformazione in nuovo materiale organico, che torna all’inizio della catena agro-alimentare, rappresenta un prezioso processo di circolarità con numerosi vantaggi. Il primo vantaggio consiste nella possibilità di sostituire parte dei fertilizzanti minerali impiegati in agricoltura con i fertilizzanti organici con conseguente minore dipendenza da Paesi terzi all’UE, dove si trovano le miniere di minerali, oltre ad un minore impatto ambientale legato all’estrazione e lavorazione di tali minerali. Inoltre, il riutilizzo degli scarti organici consente di ridurre i problemi legati allo smaltimento degli stessi e la creazione di nuovi posti di lavoro collegati agli impianti di recupero e trasformazione degli scarti.
Pertanto, sulla base del piano di azione per l’economia circolare, nel 2016 la CE ha avanzato una proposta di regolamento riguardo ai fertilizzanti organici provenienti da filiere di recupero, che ha trovato un accordo politico preliminare tra Parlamento Europeo e Consiglio nel 2018. Il regolamento è stato approvato da Parlamento e Consiglio nel 2019 (CE 2019/1009) ed entrerà in vigore a partire dal 2022. Esso comporterà l’apertura del mercato unico UE ai fertilizzanti organici. Attualmente, infatti, solo i fertilizzanti inorganici possono essere liberamente commercializzati in tutta l’UE, mentre per i fertilizzanti organici esistono norme nazionali non sempre convergenti che rendono molto difficoltosi gli scambi tra Stati Membri (SM). Il nuovo regolamento stabilisce regole comuni a tutti gli SM relativi ai concimi organici provenienti da filiere di recupero che avranno così libera circolazione nel mercato UE. Le norme comuni riguardano la sicurezza e la qualità dei prodotti fertilizzanti commercializzati e la possibilità di porre il logo CE qualora tali requisiti di sicurezza e qualità vengano rispettati. Tutti i requisiti specificati nel regolamento dovranno essere soddisfatti per quei fertilizzanti commercializzati tra SM dell’Unione. Per i fertilizzanti circolanti invece entro i confini nazionali sarà sufficiente il rispetto della normativa nazionale.
Come conseguenza del nuovo regolamento UE ci si attende una crescita della domanda e dell’impiego di fertilizzanti organici da filiere di recupero e questo dovrebbe contribuire a incentivare la circolarità nel settore4. Diverse analisi dimostrano, inoltre, che il costo di produzione economico e ambientale di fertilizzanti da materiale organico di recupero è inferiore rispetto al costo di estrazione di elementi minerali e trasformazione in fertilizzanti inorganici. Incentivare la filiera dell’organico significherebbe dunque anche migliorare l’efficienza economica nel sistema oltre a ridurre l’impatto ambientale.

La nuova strategia “Dal produttore al Consumatore”

Due mesi dopo la pubblicazione del nuovo piano di azione per l’economia circolare, esattamente il 20 maggio 2020, la CE ha pubblicato la strategia F2F per un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell’ambiente (Commissione Europea, 2020b). Con questa ambiziosa strategia la CE avanza le indicazioni, che dovranno poi tradursi in strumenti legislativi, per chiamare a conversione il sistema agro-alimentare europeo e candidarlo concretamente come uno dei contribuenti al raggiungimento dei più ampi obiettivi del Green Deal (Commissione Europea, 2019). La strategia allinea crescita economica, cura dell’ambiente, attenzione alla salute e inclusione sociale ed è centrale per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite.
Gli obiettivi della strategia F2F sono:

  • raggiungere un impatto ambientale neutro o positivo della filiera agro-alimentare;
  • garantire a tutti i cittadini l’accesso ad una quantità sufficiente di alimenti sani, sostenibili e nutrienti;
  • preservare la sostenibilità economica di alimenti sani, sostenibili e nutrienti sia per i produttori che per i consumatori.

Per raggiungere questi obiettivi il sistema agro-alimentare dovrebbe attuare trasformazioni rilevanti in ciascuna delle sue fasi, dalla produzione agricola, alla trasformazione e distribuzione, fino al consumo finale e garantire una riduzione e il riuso di scarti e rifiuti (Figura 1).

Figura 1 – I quattro elementi della strategia F2F

Fonte: elaborazione delle autrici

In particolare, le indicazioni per la fase della produzione agricola si propongono di:

  • sostenere il ruolo che l’agricoltura può rivestire nel sequestrare carbonio dall’atmosfera e nel fornire energia rinnovabile;
  • ridurre l’uso e il rischio dei pesticidi chimici del 50% entro il 2030 e ridurre della stessa percentuale l’uso dei pesticidi più pericolosi;
  • ridurre, entro il 2030, le perdite di nutrienti nel suolo di almeno il 50% e l’impiego di fertilizzanti di almeno il 20%;
  • ridurre, entro il 2030, la vendita nell’UE di prodotti antimicrobici per gli allevamenti e per l’acquacoltura;
  • raggiungere il 25% della superficie agricola UE dedicata ad agricoltura biologica entro il 2030;
  • aumentare il peso degli agricoltori lungo la filiera agro-alimentare.

Sul primo punto, un’interessante iniziativa lanciata con la F2F è la c.d. carbon farming, per valorizzare il contributo positivo dell’agricoltura alla mitigazione delle emissioni di gas serra. La carbon farming prevede che chi stocca carbonio atmosferico nel suolo5 abbia diritto a dei “certificati di carbonio” che può vendere a coloro che ne emettono. Ancora non è chiaro se si tratterà di compensazioni all’interno del settore agricolo o anche con altri settori; tuttavia, per garantire lo sviluppo e la diffusione del modello della carbon farming, sarà fondamentale sviluppare opportuni sistemi di contabilità del carbonio, come sottolineato dal piano di azione per l’economia circolare. A tal fine, nel dicembre prossimo, la CE pubblicherà le indicazioni per guidare l’implementazione dell’iniziativa della carbon farming e, nel 2022, dovrebbe pubblicare una proposta di regole comuni per la certificazione dei crediti. Ci si aspetta che le prime implementazioni di queste iniziative siano locali o regionali e permettano di acquisire le conoscenze necessarie per estenderne l’applicazione su scale territoriali sempre più ampie.
La riduzione nell’uso dei fertilizzanti e della perdita di nutrienti nel suolo beneficerà di un approccio più circolare alla gestione dei nutrienti e passerà attraverso lo sviluppo di applicazioni digitali che permettano una migliore razionalizzazione nell’impiego dei fertilizzanti. Tali applicazioni dovranno essere garantite da ciascuno SM ai propri agricoltori entro il 2024.
Un ruolo fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi della strategia F2F spetterà anche all’agricoltura biologica. A marzo 2021 la CE ha pubblicato un piano di azione per l’agricoltura biologica contenente anche azioni per raggiungere l’obiettivo del 25% di superficie agricola a biologico. Nell’ambito della PAC, l’agricoltura biologica continuerà ad essere supportata finanziariamente dai programmi di sviluppo rurale e potrà ricevere finanziamenti anche attraverso gli eco-schemi del primo pilastro (cfr. l'articolo di Viganò e Meo su questo stesso numero).
Il secondo gruppo di indicazioni della strategia F2F è rivolto all’industria alimentare e alla distribuzione e indirizza a:

  • rendere obbligatoria la sostenibilità come una delle strategie aziendali dell’industria alimentare;
  • promuovere pratiche commerciali e di marketing responsabili;
  • sviluppare alimenti sani.

A partire da luglio 2021 è entrato in vigore un codice di condotta UE volontario riguardo business e strategie di marketing responsabili. Le aziende alimentari e della distribuzione che aderiscono a tale codice si impegnano in azioni responsabili riguardo alla sostenibilità come, ad esempio, ridurre la creazione di scarti alimentari durante il trasporto e la distribuzione e ridurre le emissioni di gas serra.
Per sviluppare alimenti sani, invece, si propone l’implementazione di iniziative miranti a migliorare il profilo nutrizionale dei cibi processati, ad esempio riducendo il contenuto in sale, zucchero e grassi al fine di rendere più facile l’adozione di uno stile alimentare sano per tutti i consumatori.
Questo obiettivo si ricollega alle indicazioni della strategia F2F indirizzate al consumatore, che si preoccupano di:

  • sviluppare e rendere obbligatoria un’etichettatura nutrizionale semplice e armonizzata nella parte anteriore della confezione dei prodotti alimentari;
  • sviluppare un’etichettatura di sostenibilità dell’alimento;
  • promuovere appalti sostenibili nel settore alimentare.

Attualmente nell’UE non è obbligatorio riportare informazioni nutrizionali sulla parte anteriore della confezione (la cosiddetta front-of-pack nutrition labelling), ma queste possono essere fornite a discrezione del produttore seguendo schemi che variano tra SM. A fine 2022 la CE proporrà una front-of-pack nutrition label sulla base dei risultati di studi scientifici che permetteranno di selezionare l’etichetta più efficace per promuovere uno stile alimentare sano. La realizzazione della proposta di un’etichettatura di sostenibilità degli alimenti, con una triplice valenza, nutrizionale, sociale e ambientale, sembra invece spostata al 2024. Anche questo aiuterà il consumatore ad essere più consapevole delle sue scelte alimentari6.
L’ultimo set di indicazioni della strategia è quello che più direttamente si collega a obiettivi di economia circolare e riguarda gli sprechi alimentari. Esso consiste nel:

  • promuovere modelli di business circolare nell’industria alimentare e nella distribuzione;
  • ridurre del 50% lo spreco alimentare a livello della distribuzione alimentare e dei consumatori (al tema della riduzione degli sprechi alimentari sono dedicati gli approfondimenti di Busetti e di Giannetti e Grifi su questo stesso numero).

La complessa transizione ad un’economia circolare in agricoltura

La transizione ad un’economia circolare non può prescindere da una maggiore efficienza nell’uso delle risorse. Gli sprechi inevitabili derivanti da un sistema efficiente, in quanto non possono essere ridotti, devono essere rivalorizzati come una risorsa per la bioeconomia. I rifiuti evitabili, invece, testimoniano un uso inefficiente delle risorse e l’obiettivo deve essere, dunque, una loro riduzione.
Per un’economia circolare che sia sostenibile, è indispensabile produrre di più con meno risorse e non solo fornire materie prime per l’industria di trasformazione a valle. È necessario un approccio di “efficienza circolare”, per cui gli input a monte siano ridotti al minimo necessario e i residui/sottoprodotti a valle diventino input di altri processi produttivi.
La strategia F2F rappresenta quindi un importante prerequisito per la conversione ad un sistema agricolo più circolare, poiché essa mira a ridurre l’uso delle risorse e aumentarne la produttività, chiudere i bilanci dei nutrienti, ridurre le esternalità negative e ridurre e valorizzare gli sprechi agroalimentari e i rifiuti lungo tutta la filiera.
Le diverse analisi ex-ante sull’implementazione della strategia F2F rivelano tutte degli importanti impatti sulla produzione e il reddito del settore, nonché sui prezzi per i consumatori e i rischi per il mercato globale (Barreiro-Hurle et al., 2021; Beckman et al. 2021). Tuttavia, come sottolineato negli stessi studi, queste analisi hanno diversi limiti, tra cui l’impossibilità di considerare: i cambiamenti di tutto il sistema, compresi quelli dei consumi, della distribuzione e trasformazione, le possibili innovazioni tecnologiche, la riduzione degli sprechi, ecc. Pertanto, queste valutazioni di impatto andrebbero presi con molta cautela ed è difficile ad oggi prevedere l’esito finale di queste trasformazioni (Barreiro-Hurle et al., 2021)7.
L’esame dell’intero sistema agroalimentare, in effetti, rivela opportunità di miglioramento in tutte le fasi, dalla produzione primaria con tecniche agricole di precisione, fino all’utilizzo degli scarti e dei rifiuti agroalimentari in agricoltura o nella bioeconomia8.
Pur non contribuendo direttamente alla “circolarità”, l‘agricoltura di precisione ha un ruolo primario da giocare nel favorire l’efficienza dell’economia circolare perché usa i sistemi informatici per ottimizzare l’applicazione degli input agricoli, garantendo così che siano utilizzate le risorse minime necessarie per ottenere prestazioni ottimali.
Il legame più diretto tra gli obiettivi della F2F e quelli dell’economia circolare riguarda il riuso degli scarti e dei rifiuti del settore a fini produttivi. Su questo fronte, tuttavia, determinare quali percorsi siano più efficaci per la creazione di sistemi agroalimentari sostenibili non è affatto semplice e rimane una priorità per i ricercatori e i responsabili politici.
Due questioni appaiono cruciali: prima di tutto capire se sia più sostenibile una “circolarità chiusa” o una “circolarità aperta” e poi definire la “scala dei circuiti”.
Sul primo aspetto, possiamo definire circolarità chiusa una circolarità in cui gli scarti di una filiera produttiva vengono recuperati e riutilizzati come input nella filiera stessa. Con il termine circolarità aperta indichiamo invece una circolarità in cui gli scarti di una filiera produttiva vengono recuperati e riutilizzati come input in un’altra filiera produttiva. Ad esempio, i residui colturali e il letame possono essere riutilizzati all’interno del sistema agricolo (circolarità chiusa), oppure possono essere valorizzati come input per produrre energia/prodotti nella più ampia bioeconomia (circolarità aperta).
La questione della “scala dei circuiti” riguarda invece la scala territoriale alla quale applicare la circolarità, ovvero se si vuole proporre un modello circolare a livello di singola impresa, o a livello territoriale, fino al livello nazionale, o comunitario. Questa questione si ricollega anche alla necessità di valutare eventuali rischi connessi al fatto che ci sia sfruttamento delle risorse in un’area, per soddisfare la domanda in un’altra (c.d. leakage)9.  Esemplare in tal senso è il commercio c.d. “virtuale” di nutrienti e risorse, che è una questione rilevante per l’economia circolare. Basti citare che il 20% dell’acqua globale utilizzata in agricoltura viene commercializzata come acqua “virtuale” e che l’UE è fortemente dipendente dal fosforo “virtuale” importato, il cui contributo all’impronta totale di fosforo dell’UE è aumentato del 40% dal 1995 al 2009.
Le questioni da affrontare per assicurare che l’economia circolare consenta una vera sostenibilità sono quindi diverse.
Inoltre, anche sui reali benefici di un’economia più circolare andrebbero aperte profonde riflessioni. I documenti della CE presumono infatti che la transizione all’economia circolare offra chiari vantaggi in termini economici, sociali e ambientali. Questo assunto richiede un’attenta valutazione. È possibile, infatti, che il passaggio ad un’economia circolare possa causare stress economici, ambientali e sociali, se gli impatti della sua implementazione non sono adeguatamente analizzati. “Riciclato” non vuol dire automaticamente più sostenibile, per questo l’impatto ambientale delle filiere circolari delle materie prime dovrebbe essere quantificato. La proposta di un “passaporto delle materie prime” per specificarne provenienza e qualità, garantendo così che i nutrienti riciclati e recuperati possano competere con le alternative a base fossile, può essere in tal senso utile.
Sul fronte delle metodologie adottate, l’analisi del ciclo di vita del prodotto (c.d. LCA), la LCA sociale e il costo del ciclo di vita (LCC) stanno diventando metodi consolidati che consentono un’analisi più olistica delle potenziali implicazioni della politica e la loro integrazione nella valutazione della sostenibilità del ciclo di vita, ma anche queste non sono senza limitazioni.
Dal punto di vista economico e sociale, poi, non è facile stabilire se l’economia circolare crei davvero più posti di lavoro e flussi finanziari, o semplicemente sostituisca quelli consolidati con altri che, magari, lo sono di meno. Vale la pena chiedersi, ad esempio, se imprese più “circolari” siano sostenibili nel lungo periodo se i rifiuti che usano provengono da un sistema inefficiente e dovranno quindi essere in prospettiva ridotti (eliminando così le materie prime che esse utilizzano).
La conversione ad un’economia circolare e l’implementazione della strategia F2F richiedono quindi una profonda trasformazione del sistema agro-alimentare. Le indicazioni dovranno essere tradotte in quadri legislativi e il raggiungimento degli obiettivi sarà possibile solo grazie all’azione e all’impegno congiunto di decisori politici, produttori, consumatori e di coloro che svolgono attività di ricerca e innovazione. I consumatori svolgeranno un ruolo fondamentale nella transizione, attraverso la diffusione di stili di consumo più sostenibile, inclusi i cambiamenti nelle diete, e con la riduzione degli sprechi (Coderoni e Perito, 2020). La ricerca sarà essenziale non solo per produrre i risultati di base per le innovazioni che possono supportare e accelerare la trasformazione dei sistemi alimentari, ma anche per sviluppare indicatori utili a valutare l’impatto delle azioni intraprese. Infatti, mentre per l’industria alimentare e della distribuzione la misurazione potrebbe essere più semplice e standardizzata, data la parziale somiglianza di queste realtà con le realtà produttive di altri settori, la specificità del settore agricolo rende necessario sviluppare indicatori di circolarità ad hoc. In letteratura è ancora molto scarso lo sviluppo di indicatori di circolarità per il settore agricolo e la ricerca in tale ambito offre ampio margine di esplorazione (Velasco Muñoz et al., 2021).

Considerazioni conclusive

Il passaggio ad un’economia più circolare è fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi del Green Deal e quelli di sostenibilità del Millennio.
L’agricoltura è un settore cruciale in questo passaggio per il ruolo primario che ricopre nella bioeconomia circolare. Economia circolare in agricoltura vuol dire anche produrre utilizzando una quantità minima di input esterni, avere un bilancio dei nutrienti il più possibile vicino a zero, ridurre le esternalità negative e ridurre e valorizzare gli sprechi agroalimentari e i rifiuti lungo tutta la filiera. L’economia circolare trarrà vantaggio dal riconoscimento che l’efficienza del sistema è prerequisito per ogni sostenibilità: non si può presumere che se un rifiuto viene “utilizzato” allora il sistema è in qualche modo più sostenibile. L’attuazione della strategia F2F è quindi un prerequisito fondamentale per la transizione ad una economia circolare e, con l’approvazione da parte del Parlamento Europeo del 20 ottobre u.s. delle sue raccomandazioni per la strategia, questa dovrebbe essere la direzione verso cui si muoveranno le iniziative legislative comunitarie dei prossimi anni. Tuttavia, molte sfide rimangono aperte, dalla definizione dei confini dei sistemi, alla misurazione dei progressi, alla implementazione di una circolarità chiusa o aperta a seconda del settore.
Il passaggio ad un’economia circolare comporta dunque una trasformazione complessa che coinvolge tutti gli attori della filiera e gli investimenti in termini di ricerca e di implementazione sono fondamentali per garantire una circolarità che coniughi efficienza economica, sostenibilità ambientale e inclusione sociale.

Riferimenti bibliografici

  • Barreiro-Hurle, J., Bogonos, M., Himics, M., Hristov, J., Pérez-Domiguez, I., Sahoo, A., Salputra, G., Weiss, F., Baldoni, E., Elleby, C. (2021). Modelling environmental and climate ambition in the agricultural sector with the CAPRI model. Exploring the potential effects of selected Farm to Fork and Biodiversity strategies targets in the framework of the 2030 Climate targets and the post 2020 Common Agricultural Policy, EUR 30317 EN, Publications Office of the European Union, Luxembourg, 2021, ISBN 978-92-76-20889-1

  • Beckman J, Ivanic M, Jelliffe J (2021) Market impacts of Farm to Fork: Reducing agricultural input usage. Applied Economics Perspective and Policy 1–19 [link]

  • Coderoni S., Perito M.A., (2020) Sustainable consumption in the circular economy. An analysis of consumers’ purchase intentions for waste-to-value food, Journal of Cleaner Production, Volume 252, 10 April 2020, 119870, [link

  • Commissione Europea (2019). Comunicazione Della Commissione al Parlamento Europeo, Al Consiglio, Al Comitato Economico e Sociale Europeo E Al Comitato Delle Regioni, The European Green Deal, COM(2019) 640 final, Brussels, 11.12.2019

  • Commissione Europea, (2020a). Comunicazione Della Commissione al Parlamento Europeo, Al Consiglio, Al Comitato Economico e Sociale Europeo E Al Comitato Delle Regioni. Un nuovo piano d’azione per l’economia circolare. Per un’Europa più pulita e più competitiva, COM(2020) 98 final, Bruxelles, 11.3.2020

  • Commissione Europea, (2020b). Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale europeo e al Comitato delle Regioni Una strategia “Dal produttore al consumatore” per un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell’ambiente

  • Velasco-Muñoz J.F, Mendoza J.M.F, Aznar-Sànchez J. A., Gallego-Schmid A. (2021), Circular economy implementation in the agricultural sector: Definition, strategies and indicators, Resources, Conservation & Recycling 170 (2021) 105618, [link

  • 1. L'anello mancante - Piano d'azione dell'Unione europea per l'economia circolare [link]
  • 2. Ovvero un’economia dove ciò che è al termine del proprio ciclo di vita non viene recuperato come risorsa e riutilizzato nella filiera produttiva, ma rappresenta un rifiuto da smaltire.
  • 3. Circular economy action plan [link]
  • 4. Certamente, ci possono essere dei trade-offs con altre politiche; pertanto, le filiere di recupero dovrebbero essere analizzate per valutare la loro effettiva maggiore sostenibilità ambientale. Su questo punto, il paragrafo successivo propone alcune riflessioni.
  • 5. Le pratiche suggerite vanno dai sistemi agro-forestali alla protezione di suoli già ricchi di carbonio come prati, aree umide e torbiere, ad una migliore gestione delle foreste a strategie per aumentare il contenuto di carbonio nei suoli agricoli impoveriti.
  • 6. Sul tema del consumo responsabile, cfr. articolo di Briamonte su questo stesso numero.
  • 7. Farm to Fork Strategy: Ambitious, Realistic Innovation Pathway for the European food System [link]
  • 8. Un ulteriore ruolo dell’agricoltura nell’economia circolare può essere quello di destinatario di materiale organico proveniente da altri settori, in quanto il sistema suolo agricolo è probabilmente l’unico capace di valorizzare tale materia organica (si pensi ad es. ai fanghi di depurazione urbani, per i quali però ci sono problemi a garantire standard adeguati di biosicurezza). Questi aspetti non sono tuttavia analizzati nel presente contributo.
  • 9. Ad esempio, quando un paese sostituisce cibo di produzione nazionale con quello importato, di fatto, diminuisce il proprio impatto ambientale, spostando gli oneri all’estero.
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