Abstract
Il presente articolo offre uno sguardo d’insieme sul cambiamento delle scelte dei consumatori negli ultimi anni, con l’obiettivo di evidenziare i molteplici aspetti che caratterizzano il consumo consapevole, nuovo paradigma in cui la figura centrale è assunta dal consumatore e dai nuovi significati che riveste l’atto di consumo.
Introduzione
“L’Uomo è ciò che mangia” affermava il filoso tedesco Feuerbach nel 18621. L’alimentazione viene interpretata come la base che rende possibile il costituirsi e perfezionarsi della cultura umana: un popolo può migliorare migliorando il proprio sostentamento alimentare.
Oggi ancora di più, tale approccio evidenzia vari aspetti, che spaziano dal sociale all’economico, e che in epoca contemporanea, si intrecciano tra di loro in un discorso di profonda importanza per il futuro della società umana e della terra.
Alla base di ciò, troviamo un cambiamento nel ruolo che il cibo e l’alimentazione rivestono per tutti noi nella quotidianità e nei processi psicologici e valoriali che ci legano ad esso, cambiamento che si è sviluppato progressivamente e parallelamente al progresso tecnico-economico e sociale.
Il rinnovato valore del cibo nella società contemporanea apre nuove riflessioni che debbono necessariamente partire dai consumatori che acquistano alimenti e dalle loro scelte che ne definiscono gli stili di vita e di consumo, più o meno coscientemente orientati (AA.VV. 2011).
Ci troviamo, così, di fronte a un modello di sviluppo in cui la competitività dell’impresa agricola deriva anche dal suo impegno a garantire adeguati livelli di sostenibilità sociale e ambientale nel contesto territoriale in cui opera.
In tale ambito, la sostenibilità socio-ambientale oltre che economica sono diventate parte integrante degli obiettivi di Agenda 2030, a livello internazionale, e della politica agricola a livello europeo con l’integrazione sempre più evidente nella nuova Politica Agricola Comune (PAC) e nella strategia Farm to Fork (F2F; Commissione Europea, 2020).
Nel presente contributo, dopo una breve introduzione e un quadro di riferimento sull’evoluzione del consumo consapevole vengono presentati alcuni dati che riflettono il cambiamento in atto. L’ultima parte dell’articolo si focalizza sui collegamenti con le recenti politiche dell’UE. In chiusura, si riportano alcune considerazioni in merito alle prospettive future e alle possibili linee di intervento.
L’evoluzione del ruolo del consumatore
Le indagini sul comportamento del consumatore sono cresciute in maniera esponenziale negli ultimi trent’anni2. L’interesse per questo tema è stato multidisciplinare.
In realtà, la pratica del consumo critico in Italia non ha una data di inizio, ma è piuttosto un graduale raffinarsi di un atteggiamento più consapevole nei confronti delle conseguenze dei propri acquisti.
Secondo Fabris (2010), i consumatori moderni, sempre più informati e attenti alle questioni del mondo che li circonda, hanno e avranno sempre di più la volontà di esprimere tramite i consumi scelte che conferiscano valore all’operato di aziende e produttori che si impegnano seriamente e concretamente nella preservazione dell’ambiente e che garantiscono prodotti di qualità provenienti da luoghi sani e autentici, nel rispetto del lavoro e della limitazione degli sprechi (Briamonte e Pergamo, 2010). Questa nuova sensibilità offre agli individui la possibilità di uscire dalla concezione dell’acquisto come atto meramente economico e di inserirlo in un più ampio contesto di azione sociale orientata a specifici obiettivi e, talvolta, predisposta ad ottenere un impatto sul sistema economico, sociale e politico.
La Guida al Consumo Critico (Gesualdi, 1996) definisce quest’ultimo come “un atteggiamento di scelta permanente che si attua su tutto ciò che compriamo ogni volta che andiamo a fare la spesa”, che si manifesta nella “scelta di prodotti non solo in base al prezzo o alla qualità, ma anche in base alla storia dei prodotti stessi e al comportamento delle imprese che ce li offrono”. Secondo Becchetti (2012), “La forza decisiva per costruire dal basso un benessere equo e sostenibile sarà il ‘voto col portafoglio’”, ovvero “la sempre maggiore consapevolezza dei cittadini che le loro scelte di consumo e risparmio sono la principale urna elettorale che hanno a disposizione”.
Anche nel settore agro-alimentare abbiamo assistito all’affermarsi di una nuova figura di consumatore più consapevole e più attento ai propri acquisti sia in termini di qualità degli alimenti sia in considerazione degli effetti sociali e ambientali che tali beni producono.
I principali fattori che hanno determinato il cambiamento delle preferenze e delle abitudini alimentari sono fattori demografici e cambiamenti di stile di vita, legati al maggiore livello di benessere economico dei consumatori ma anche al maggior livello di istruzione e informazione che ha comportato una maggiore attenzione alla sicurezza e qualità degli alimenti (Briamonte e Giuca, 2010). Il verificarsi, di una serie di scandali alimentari (ad esempio il “vino al metanolo”; la BSE, meglio conosciuta come “Mucca Pazza”; il “pollo alla diossina”, solo per citarne alcuni più noti) ha aumentato l’attenzione alle diverse forme di informazione e di etichettatura degli alimenti3 e ha reso il consumatore più attento ai rischi alimentari.
Il concetto di “consumo consapevole” ha fatto proprie delle caratteristiche che vanno ben oltre l’informazione sui rischi alimentari, ascrivibili per definizione al “consumatore critico”, includendo anche le modalità di scelta di beni e servizi che rappresentano alcuni degli elementi alla base delle scelte del “consumatore consapevole” e che tengono conto dell’impatto in termini sociali e ambientali dell’intero ciclo di vita del prodotto, dando a tali aspetti un peso non inferiore a quello attribuito a prezzo e qualità.
L’evoluzione del concetto (Figura 1) evidenzia che le accresciute sensibilità e la capacità di informarsi, confluiscono nella definizione di consumo consapevole, siano esse connesse ai rischi alimentari e agli effetti nocivi sulla salute o, in senso più ampio, agli effetti sull’ambiente e sulla società (ad esempio: le modalità di produzione del bene, il trasporto, le modalità di smaltimento o riciclo, l’utilizzo di acqua e energia, l’utilizzo dei lavoratori contrattualmente in regola, senza sfruttamento di categorie deboli come immigrati, donne e minori, nonché la sicurezza e salubrità dei luoghi di lavoro).
Figura 1 - Evoluzione del concetto di consumo
Fonte: elaborazione autore
In tale direzione, il consumo consapevole non è solo una modalità di acquisto, ma si sta trasformando in un vero e proprio stile di vita. Si consuma per distinguersi o per sentirsi parte di qualcosa. Ne sono esempio tutte quelle iniziative che negli ultimi anni lo hanno reso una forma di lotta in sostegno ai lavoratori, con le campagne di denuncia del caporalato e a supporto dei migranti, contro la mafia, e, in generale, contro qualsiasi tipo di sfruttamento.
Il consumo è diventato, dunque, un elemento centrale nella costruzione della nostra identità con l’obiettivo di contribuire, da un lato, a ridurre l’impatto ambientale e sociale della propria spesa e, dall’altro, ad indirizzare, attraverso le proprie scelte, il comportamento dei produttori verso una maggiore sostenibilità ambientale e sociale
Il legame fra sostenibilità e stile alimentare è diventato così forte che, il recente Rapporto Coop 2021, ha identificato addirittura una tipologia di consumatore, definita Climatariano, rappresentata da chi ha deciso di consumare prodotti locali e di stagione per ridurre l’impatto ambientale e le emissioni di CO2.
Consumare in modo consapevole significa, infatti, domandarsi quale sia il vero costo dei prodotti che acquistiamo, riconoscendo che ciò che compriamo è frutto del lavoro di una catena di persone che può avere effetto sulla salute e il benessere collettivo e del pianeta. Ne consegue che la pratica del consumo consapevole non consiste tanto nel rispetto di criteri predeterminati, quanto nell’abitudine di porsi delle domande prima di scegliere un prodotto.
Esistono tuttavia dei criteri riconosciuti da tutti i “consumatori consapevoli”, anche se il numero di quelli presi in considerazione e il grado di rigidità con cui sono osservati varia moltissimo da persona a persona. Tali criteri riportati nelle figure successive riguardano il produttore (Figura 2a) e il prodotto (Figura 2b) e sono relativi alla dimensione etico - sociale e a quella ambientale.
Figura 2a – I criteri relativi al produttore Figura 2b - I criteri relativi al prodotto
Fonte: elaborazioni dell’autore
Il consumo consapevole in Italia: alcuni dati
Il Rapporto Coop214 riporta “Sempre più sostenibile il carrello della spesa degli italiani”. I dati presentati nel rapporto e di seguito riportati, mostrano come “la sensibilità del consumatore al tema della sostenibilità ambientale, sociale ed economica resta alta e si riflette nella composizione del carrello alimentare, infatti, sono sempre di più gli italiani che scelgono marche e insegne attente alla tutela dell’ambiente, della comunità e del territorio” (Rapporto Coop21).
Dal rapporto emerge, infatti, che:
- 9 italiani su 10 prestano attenzione alla sostenibilità quando acquistano prodotti alimentari e bevande
- 1 italiano su 2 è disposto a pagare di più per avere un prodotto alimentare sostenibile
- la spesa per prodotti green nel carrello alimentare degli italiani è di 10 miliardi di euro
- l’81% degli italiani ritiene sia importante disporre di indicazioni in etichetta su come riciclare la confezione per valutare la sostenibilità di un prodotto.
Se è vero che sempre più persone si informano su cosa sia effettivamente la sostenibilità, secondo l’indagine sopra citata, la pandemia ha accentuato l’attenzione su queste tematiche, di conseguenza le caratteristiche green dei prodotti sono diventate un fattore decisivo nell’orientare le scelte di consumo alimentare.
In realtà, anche l’ultima fotografia sul consumo responsabile in Italia prima dell’emergenza sanitaria connessa alla diffusione di COVID-195, ci restituisce un consolidamento del consumo responsabile nel nostro paese: “la tendenza dell’ultimo ventennio è chiara con un incremento del +219% rispetto al dato contenuto nel rapporto Iref del 2002” (Forno e Graziano, 2020).
La figura 3 riporta, in particolare, le percentuali di persone che adottano scelte di consumo responsabile negli anni 2002, 2018 e 2020.
Figura 3 - Percentuale di persone che adottano scelte di consumo responsabile nel 2002, 2018 e 2020
Fonte: Sondaggio OCIS-SWG, 7 febbraio 2020; sondaggio OCIS-SWG, 9 febbraio 2018; Iref, Ottavo rapporto sull’associazionismo italiano, 2002
L’elemento più interessante è la forte crescita tra il 2002 e il 2020 di persone che adottano scelte di consumo responsabile. In particolare:
- cresce la percentuale di chi fa viaggi responsabili: dallo 0,2% del 2002 al 9,4% del 2020;
- cresce la percentuale di chi fa la spesa tramite un gruppo di acquisto solidale: dal 10% del 2018 al 12,3% del 2020, circa 800.000 persone in più;
- cresce il numero di persone che adottano scelte di consumo ispirate al principio della sobrietà – dal 10,5% del 2002 al 51,8% nel 2020, confermando una mutazione significativa dei comportamenti di acquisto rispetto al 2002, mentre rimane pressoché invariato rispetto al 2008 (51,7%);
Cresce poi la conoscenza delle varie forme di consumo responsabile e scende la percentuale di chi: non conosce il consumo critico (dal 54% nel 2018 al 42,4% del 2020); ignora il commercio equo e solidale (dal 36,8% al 33,9%); non conosce i gruppi di acquisto solidale (dal 60,4% del 2018 al 47,5% del 2020).
L’indagine evidenzia un “processo di polarizzazione tra cittadini-consumatori “responsabili” (intorno al 60% della popolazione, complessivamente) e cittadini-consumatori “indifferenti” che, pur essendo informati, dichiarano di non essere interessati a pratiche di consumo sostenibile” e, soprattutto, sembra consolidarsi “quella componente della popolazione che pratica il consumo responsabile come un vero e proprio stile di vita, soprattutto rispetto al 2002” (Forno e Graziano, 2020).
Se le pratiche del consumo responsabile sono diventate più note, hanno contribuito molteplici più fattori tra cui l’aumento dell’attenzione mediatica e le numerose iniziative connesse all’Agenda 2030. Certamente fondamentali in tale direzione saranno le strategie del Green Deal europeo e, in particolare, della F2F.
Modelli sostenibili di produzione e di consumo tra Agenda 2030 e la strategia Farm to Fork
All’interno del sistema agro-alimentare italiano si stanno realizzando percorsi innovativi per garantire più equità, una generale riappropriazione dei valori di cura e cultura del territorio, una maggiore attenzione alle tematiche sociali. Tale ampia e profonda innovazione, in contrasto con la cultura dei mercati alimentari delle commodity, risponde anche alla necessità di assumere consapevolmente le indicazioni di Agenda 2030 e quelle contenute nella Strategia F2F.
Anche la pandemia di COVID-19 ci ha resi più consapevoli delle interrelazioni tra la nostra salute, gli ecosistemi, le catene di approvvigionamento, i modelli di consumo e i limiti del pianeta. Ne deriva la necessità di un approccio di governance coerente tra i diversi settori connessi ai prodotti alimentari, quali l’agricoltura, l’allevamento, la silvicoltura, la pesca e gli affari marittimi le politiche in materia di ambiente, energia e salute, consumatori, produzione, occupazione, sviluppo rurale e forestale.
Un approccio multilivello e multistakeholder che consenta l’implementazione di obiettivi ambiziosi e condivisi volti a rinforzare i legami esistenti fra gli ambiti della produzione agricola, trasformazione, distribuzione ristorazione e consumo.
L’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite, stilata nel 2015, definisce 17 obiettivi principali tra cui l’obiettivo di sconfiggere la povertà diffusa, l’obiettivo “zero fame” e l’obiettivo di garantire modelli di consumo e produzione sostenibili6. L’Agenda 2030 riafferma la necessità di cambiamenti radicali per ristabilire l’equilibrio tra produzione e consumo, sancendo che “Si tratta di migliorare la qualità della vita, riducendo al minimo l’utilizzo di risorse naturali, di materiali tossici e le emissioni di rifiuti e inquinanti durante il ciclo di vita di prodotti e di servizi, salvaguardando le necessità delle generazioni future”.
Nel settore agroalimentare, il percorso delineato dall’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile richiede un’azione trasformativa, che abbracci i principi della sostenibilità, affrontando le cause profonde della povertà e dell’insicurezza alimentare e privilegiando l’adozione di processi di produzione innovativi capaci di ridurre gli impatti negativi sull’ambiente e sulle persone. Puntare sulla sostenibilità significa investire sull’innovazione, creando prodotti e soluzioni non solo a basso impatto ambientale ma anche di migliore qualità e con meno sprechi (Segrè, 2014).
L’innovazione ha un ruolo cruciale per il futuro dell’agricoltura per la produzione e la tutela dei prodotti e di tutta la filiera. Le innovazioni agricole entrano nella filiera agrifood con soluzioni che aumentano la competitività del settore e che migliorano qualità e tracciabilità del Made in Italy alimentare e a livello aziendale garantiscono efficienza ed efficacia, attraverso la riduzione di tempi e costi.
In tale direzione, a supporto delle scelte per il settore, si colloca la Strategia F2F che, insieme alla «Strategia sulla biodiversità per il 2030», è al centro del Green Deal europeo. Con tali strategie l'UE ha assunto un chiaro impegno per un settore agroalimentare sostenibile dal punto di vista sociale, ambientale ed economico. Le due strategie devono limitare l’impatto dei sistemi alimentari su clima, ambiente e biodiversità, favorendo la salute dei suoli, la salvaguardia degli impollinatori, l’uso delle risorse biologiche per la lotta integrata, le risorse idriche e gli ecosistemi, garantendo allo stesso tempo la sicurezza e la salubrità degli alimenti. Tra i molteplici obiettivi, infatti, vi è quello di garantire “cibo sano e accessibile per tutti”.
A tal fine, è necessario perseguire maggiore sostenibilità in ogni fase della filiera alimentare, rafforzare la posizione degli agricoltori e garantire che ottengano una parte equa dei profitti generati dalla vendita di alimenti prodotti in modo sostenibile. È evidente che si tratta di un piano completo e complesso, in quanto affronta una molteplicità di tematiche.
In tale direzione, sempre il Rapporto Coop 2021, evidenzia come per le aziende nei prossimi anni l’attenzione per i prodotti sostenibili sia l’opportunità più rilevante (48%), seguita dai prodotti “100% italiano” (46%), mentre l’innovazione di prodotto/formato è di sicuro un’altra considerevole opportunità (30%). E questo considerando che, dopo gli acquisti di prodotti in promozione fondamentali per salvaguardare il budget familiare, gli italiani dichiarano di aumentare soprattutto gli acquisti 100% italiani, locali e a km zero, biologici e sostenibili.
Considerazioni conclusive
In un contesto in cui la sensibilità dei consumatori e la loro attenzione a voler premiare metodi produttivi che garantiscono qualità del prodotto e rispetto delle tematiche ambientali e sociali, le aziende agricole e agro-alimentari possono trasformare la propria responsabilità nel processo produttivo in opportunità di impresa.
Anche nelle politiche nazionali, europee e internazionali si riscontra una sempre maggiore attenzione alle tematiche della sostenibilità della produzione e consumo. In particolare, quanto esposto evidenzia una forte convergenza tra gli orientamenti di consumo e gli obiettivi delle strategie europee – prima tra tutte la F2F – seppure con alcuni ostacoli rispetto al percorso intrapreso. Innanzitutto, dobbiamo considerare che la F2F è una proposta che dovrà poi trasformarsi in atti legislativi per essere messa in atto, e questo comporterà una serie di ostacoli e modifiche.
Sul fronte dell’implementazione della F2F, emergono alcuni elementi. Dal lato delle imprese, potrebbe verificarsi una possibile contrazione dei ricavi e quindi del reddito degli agricoltori a seguito della riduzione della capacità produttiva derivante da pratiche più sostenibili. Dal lato dei consumatori, nonostante tutti i vantaggi evidenziati per la collettività, potrebbero verificarsi svantaggi relativi ad aumenti dei prezzi. Dal lato ambientale, inoltre, a fronte di una riduzione della pressione sulle risorse naturali ottenuta in Europa, si potrebbero avere aumenti di inquinamento nei Paesi Terzi in cui potrebbe essere spostata parte della produzione comunitaria.
Pertanto, per applicare la F2F, sarà necessario, non solo, accompagnare le aziende per aiutarle a cogliere al meglio le opportunità di questa complessa e delicata transizione green, ma anche informare il consumatore affinché possa fare scelte consapevoli, in un percorso in cui ognuno - le istituzioni, le imprese ma anche i singoli cittadini-consumatori - dovrà fare la propria parte per andare nella stessa direzione.
Riferimenti bibliografici
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AA.VV. (2011), “Consumo critico, alimentazione e comunicazione. Valori e comportamenti per un consumo sostenibile”, Franco Angeli, Milano
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Becchetti L. (2012), Il mercato siamo noi, Mondadori Bruno
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Briamonte L. e Giuca S. (a cura di) (2010), Comportamenti e consumi socialmente responsabili nel sistema agroalimentare, INEA
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Briamonte L. e Pergamo R. (a cura di) (2010), I metodi di produzione sostenibile nel sistema agroalimentare, INEA
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Commissione Europea (2020), Una strategia “Dal produttore al consumatore” per un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell'ambiente, COM(2020) 381 final, Bruxelles, 20.05.2020 [link]
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Fabris G. (2010), La società post-crescita.Consumi e stili di vita, Egea
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Forno F., e Graziano P. (2018), Il consumo responsabile in Italia. Rapporto 2018, Quaderno della Coesione Sociale/Social Cohesion Paper No. 3, Osservatorio per la Coesione e l’Inclusione Sociale, Reggio Emilia
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Forno F., e Graziano P. (2020), Il consumo responsabile in Italia. I primi dati dell’indagine 2020. Nota
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Gesualdi F. (1996), “Guida al Consumo critico”, Centro Nuovo Modello di Sviluppo, EMI
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Rapporto Coop 2021 (2021), “Consumi e stili di vita degli italiani di oggi e di domani”, anteprima digitale settembre
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Rapporto Iref (2002), “Il sottile filo della responsabilità civica”, VIII Rapporto sull’associazionismo sociale
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Segrè A. (2014), “Spreco”, Rosemberg&Sellier
- 1. “La teoria degli alimenti è di grande importanza etica e politica. I cibi si trasformano in sangue, il sangue in cuore e cervello; in materia di pensieri e sentimenti. L’alimento umano è il fondamento della cultura e del sentimento. Se volete far migliorare il popolo, in luogo di declamazioni contro il peccato, dategli un’alimentazione migliore. L’uomo è ciò che mangia” (Feuerbach, 1862).
- 2. Più in particolare, dalla metà degli anni Novanta troviamo una quantità crescente di studi sulle motivazioni di acquisto e sulle preferenze dei consumatori, che abbandonano l’approccio neoclassico della stima delle funzioni di domanda per affrontare le problematiche del consumatore utilizzando approcci del tutto nuovi.
- 3. Tra i fattori che hanno favorito lo sviluppo di una nuova coscienza dei consumi vi è sicuramente una perdita di fiducia nelle imprese, provocata dal verificarsi di disastri ambientali (Seveso, Chernobyl), di crack finanziari fraudolenti (Enron, Parmalat) e di episodi di violazione di fondamentali diritti umani (Nike). Inoltre, il flusso di informazioni, grazie alle nuove tecnologie comunicative, è divenuto globalizzato, consentendo una maggiore conoscenza e sensibilità verso problematiche inerenti all’umanità nel suo complesso (cambiamenti climatici, organismi geneticamente modificati, guerre e carestie, fenomeni di allarme per la salute generale. Briamonte e Giuca, 2010).
- 4. Il Rapporto, curato da Albino Russo, responsabile dell’Ufficio Studi Ancc-Coop, è stato realizzato con la collaborazione scientifica di Nomisma e il supporto d’analisi di Nielsen e i contributi di Crif, Gfk, GS1, Iri Information Resources, Mediobanca Ufficio Studi, Npd, Tetra Pak Italia, ed è stato pubblicato in anteprima digitale il 20 settembre 2021.
- 5. A febbraio 2018, l’Osservatorio per la Coesione e l’Inclusione Sociale (OCIS) ha promosso un’indagine, biennale, condotta da SWG sul consumo responsabile in Italia.
- 6. Ci si riferisce all’Obiettivo 2: Porre fine alla fame, raggiungere la sicurezza alimentare, migliorare la nutrizione e promuovere un’agricoltura sostenibile e all’Obiettivo 12: Garantire modelli sostenibili di produzione e di consumo.