La programmazione dello sviluppo rurale 2014-2020: il position paper e l’accordo di partenariato

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La programmazione dello sviluppo rurale 2014-2020: il position paper e l’accordo di partenariato
Istituto Nazionale di Economia Agraria

Premessa

Dopo la pubblicazione dei regolamenti sulla nuova programmazione 2014-2020, nell’ottobre 2011, l’intero 2012 è stato dedicato al negoziato e alla discussione sulle novità introdotte nel quadro giuridico comunitario. La politica di coesione e la politica di sviluppo rurale saranno modificate, in qualche aspetto anche in modo rilevante, ma senza alterare la struttura di fondo di queste politiche.
Nel corso del 2012 e anche del 2013 si è avviata la preparazione della nuova programmazione, sotto il coordinamento dei centri amministrativi titolari dei singoli Fondi1. A seguito dell’accordo raggiunto dal consiglio Europeo sul futuro quadro finanziario, ora non rimane che l’approvazione definitiva del pacchetto di regolamenti sulla nova fase, che probabilmente avverrà nell’arco dei prossimi mesi. Ciò dovrebbe consentire di pervenire all’approvazione dei programmi 2014-2020 prima del loro avvio ufficiale (1 gennaio 2014), anche se con molta probabilità non tutti i programmi, come l’esperienza passata insegna, verranno preparati e approvati in tempo utile per il rispetto di questa data.
Questo articolo intende esaminare le peculiarità del nuovo ciclo di programmazione 2014-2020 e i cambiamenti rispetto al ciclo precedente (2007-2013). In particolare, si concentrerà l’attenzione sulla novità dell’Accordo di partenariato a livello nazionale e sul ruolo dello sviluppo rurale in questo nuovo quadro.
In secondo luogo, l’analisi del nuovo quadro di programmazione non può prescindere dal ruolo della Commissione Europea, che ha pubblicato specifiche raccomandazioni strategiche per l’Italia in un Position Paper. Questo articolo esaminerà in particolare quella parte di raccomandazioni rivolta alla governance generale e alle politiche di sviluppo rurale. Infine, l’analisi del nuovo quadro di programmazione non può non prendere in considerazione anche il ruolo degli orientamenti nazionali contenuti nel recente documento su “Metodi e obiettivi per un uso efficace dei Fondi comunitari 2014-2020”.

Il nuovo ciclo di programmazione 2014-2020 rispetto al precedente

Il quadro della nuova politica di coesione e delle politiche di sviluppo rurale risulta ancora una volta modificato nel passaggio al prossimo ciclo di programmazione 2014-2020. La riforma del ciclo 2014-2020 contempla alcune novità rispetto al 2007-2013, sia negli obiettivi delle politiche, sia nell’architettura stessa della programmazione.
Innanzitutto, tutte le politiche in questione mirano ad un insieme comune di 11 obiettivi tematici2 che discendono direttamente dalle grandi priorità strategiche di Europa 2020 per la competitività europea, vale a dire uno sviluppo intelligente, sostenibile e inclusivo. Esse rappresentano le finalità comuni a tutte le politiche europee e nazionali, anche grazie alle risorse stanziate nel nuovo bilancio comunitario 2014-2020. Questa logica permea anche la programmazione e la gestione delle risorse della Pac, che dovranno integrarsi necessariamente con le altre politiche dell’Unione. Ciò è particolarmente vero per le politiche di sviluppo rurale, che saranno incluse in un quadro di programmazione unico per tutti i Fondi Europei (Fesr, Fse, Feasr e Feamp).
Una delle principali novità del nuovo ciclo di programmazione 2014-2020 è, infatti, il ripristino di un quadro comune di programmazione, che includa anche lo sviluppo rurale e la pesca. Queste due politiche, a partire da Agenda 2000, avevano acquisito una relativa autonomia dalle politiche di coesione, che si era concretizzata in programmi separati e in un ciclo di programmazione specifico, con scarsi punti di contatto (fatta eccezione per le regioni dell’Obiettivo 1 nel periodo 2000-2006). Nel successivo periodo 2007-2013, questa separazione era stata di fatto sancita anche dall’esistenza di due documenti strategici differenziati e, sia pure dopo alcuni tentativi iniziali soprattutto in Italia, tra loro scarsamente comunicanti: il Quadro Strategico Nazionale (Qsn) per i Fondi strutturali, da un lato, e il Piano Strategico Nazionale (Psn) per il Feasr, dall’altro (Mantino, 2008).
Nella futura programmazione, le strategie per i Fondi dovranno essere articolate in modo congiunto dall’insieme delle amministrazioni responsabili delle diverse politiche: il primo passo sarà un Quadro Strategico Comune (Qsc) a livello europeo, preparato dalla Commissione, ma approvato dal Consiglio insieme al Regolamento comune dei Fondi3. Ciascun paese dovrà declinare gli 11 obiettivi tematici comuni previsti dal Qsc attraverso un documento nazionale, l’Accordo di Partenariato (AP), che di fatto sostituisce quelli che nella programmazione 2007-2013 erano il Qsn dei Fondi strutturali e il Psn dello sviluppo rurale. L’AP è un documento elaborato con il concorso del partenariato istituzionale (Amministrazioni nazionali, regionali e locali) e di quello economico-sociale. È, inoltre, il documento nazionale che fa da cornice metodologica e strategica ai programmi operativi finanziati dai diversi Fondi.
Nella futura programmazione vengono dunque confermati gli aspetti essenziali dell’approccio strategico comunitario, adottato nel precedente periodo settennale: la focalizzazione su un numero limitato di obiettivi prioritari (gli obiettivi tematici del Qsc) e l’articolazione della strategia secondo un approccio che parte dal livello comunitario e scende gradualmente verso il livello locale, con un sistema a cascata. Vi sono, tuttavia, degli aspetti di fondo che differenziano l’impostazione del ciclo 2014-2020 da quella attuale.
L’AP si situa in un contesto diverso da quello della programmazione 2007-2013, con contenuti e funzioni nuove e ancora più strategicamente rilevanti di quelle che avevano il Qsn e il Psn. In altre parole, l’AP ha una valenza strategica maggiore e una capacità di indirizzo dei programmi che appare più sostanziale di prima, cioè nell’esperienza 2007-2013. Gli elementi che rafforzano la funzione di indirizzo della strategia nazionale sono diversi. In primo luogo, la funzione di indirizzo si sostanzia nella fissazione di risultati da raggiungere a livello nazionale, sotto forma di precisi target da conseguire entro la fine del periodo di programmazione per ciascuno degli 11 obiettivi tematici. Tali target danno un valore primario ai risultati da raggiungere, prima cha alle azioni da mettere in campo, e appaiono rilevanti anche per valutare l’efficacia dei programmi ed eventualmente premiarla con risorse che derivano dalla cosiddetta riserva di performance. In secondo luogo, l’AP dovrà descrivere quali fattori condizionanti occorre affrontare e soddisfare (condizionalità ex-ante) affinché le politiche possano fornire quei risultati. In aggiunta, dovrà descrivere quali siano i sistemi organizzativi da mettere in piedi per assicurare la capacità amministrativa e gestionale necessaria alle istituzioni responsabili dei programmi. Infine, l’AP dovrà definire quali approcci adottare per: i) coordinare i Fondi; ii) assicurare l’integrazione degli stessi nei diversi tipi di territori (urbani, rurali, costieri e della pesca); iii) indirizzare i Fondi verso i bisogni di specifiche aree o gruppi target. Ciò significa immaginare nell’AP una definizione più precisa della governance delle relazioni orizzontali e verticali tra le varie Amministrazioni coinvolte, delle modalità di coinvolgimento degli attori locali e delle priorità definite per ciascun territorio.
Come si può facilmente dedurre dall’esperienza del ciclo di programmazione 2007-2013, l’AP riveste ovviamente una maggiore funzione di indirizzo in quei paesi che dispongono di una struttura istituzionale di tipo regionalizzato, in quanto è in questi contesti che il disegno della strategia nazionale diviene necessario per orientare il numero rilevante di programmi regionali. Diversamente dal ciclo di programmazione 2007-2013, i programmi operativi vengono confezionati congiuntamente all’AP e, ovviamente, dovranno essere coerenti con la strategia definita nell’AP4.
Il fondo per lo sviluppo rurale si colloca nell’AP con alcune specificità che lo caratterizzano rispetto agli altri Fondi. Specificità che dovranno essere considerate nella preparazione dell’AP, perché questo documento di programmazione nazionale dovrà declinarle.
Le specificità del Feasr sono rinvenibili sia sul fronte della programmazione sia su quello della gestione dei programmi e delle misure. Sul fronte della programmazione vi sono almeno sei rilevanti aspetti che occorre declinare nell’AP e successivamente anche nei Programmi di Sviluppo Rurale:

  • la strategia dello sviluppo rurale è articolata in sei priorità fondamentali e, all’interno di ciascuna di esse, in specifiche «aree focus» (per un totale di ben 18) che rappresentano tematiche omogenee di intervento. Ovviamente, le «aree focus» rappresentano con un maggior grado di dettaglio le 6 grandi priorità e possono essere collegate agli 11 obiettivi tematici del Qsc. L’AP richiede non solo di specificare la strategia per gli 11 obiettivi tematici, ma anche di esplicitare l’allocazione delle risorse finanziarie per ciascuno di essi a livello nazionale. Ciò ovviamente implica uno sforzo di allocazione finanziaria delle risorse Feasr per ciascuna delle 18 «aree focus», compito non facile considerando che la programmazione di dettaglio è in genere affidata al livello regionale;
  • la fissazione dei risultati da raggiungere a livello nazionale e dei conseguenti indicatori target riguarda ovviamente anche il Feasr. La scelta dei risultati e dei target, secondo il regolamento sullo sviluppo rurale, riguarda ogni «area focus», quindi con un livello di dettaglio maggiore delle 6 priorità strategiche;
  • la definizione del concetto di area rurale appare necessaria, dato il frequente riferimento che anche il regolamento «ombrello» fa ad una strategia differenziata per territorio, soprattutto quando parla di approccio integrato tra i Fondi per le aree rurali, urbane, costiere e della pesca. Ciò senza dubbio pone la questione di cosa s‘intenda per “rurale” e quali rapporti esistano tra “l’area rurale” e gli altri tipi di territori;
  • differentemente dagli altri Fondi, anch’essi normati da regolamenti ad hoc, quello sullo sviluppo rurale possiede l‘ormai nota specificità dell’estremo dettaglio con cui va definito il menu delle azioni possibili (misure). Vi è comunque la novità di poter combinare misure diverse e non preordinate al fine di perseguire i risultati stabiliti nelle 18 «aree focus» e nelle 6 priorità strategiche. L’AP, nel descrivere le azioni chiave per lo sviluppo rurale, non potrà non fare riferimento che al menu delle misure possibili;
  • le regole della programmazione 2014-2020 dello sviluppo rurale includono la possibilità di definire, all’interno di ciascun programma, uno o più sub-programmi indirizzati a bisogni specifici, quali: giovani agricoltori, piccole aziende, aree montane, filiere corte e agricoltura sostenibile. In questo caso, l’AP non dovrà entrare nel merito dei sub-programmi, essendo essi opzionali a livello regionale, ma potrà segnalare alcune esigenze in relazione alla possibile integrazione con le azioni degli altri Fondi, come vedremo più in dettaglio nel paragrafo conclusivo;
  • infine, il cosiddetto “approccio Leader”, esteso in futuro a tutti i Fondi e a tutti i territori sotto la forma del Community-led Local Development5, rimarrà tuttavia obbligatorio per il Feasr e opzionale per gli altri Fondi.

È evidente che, pur con le sue regole specifiche, lo sviluppo rurale dovrà trovare forme e temi di integrazione a tutti i livelli (nazionale, regionale e locale). L’integrazione delle politiche, tuttavia, è un passaggio complesso e difficile, come testimoniano i precedenti cicli di programmazione. La possibilità d‘integrazione dipende in particolare dalla volontà di superare i tradizionali steccati entro cui operano le diverse istituzioni, nonché dalla capacità di trovare forme di coordinamento e collaborazione condivise ed efficaci. La struttura e le funzioni dell’AP, così come disegnato nel regolamento «ombrello», dovrebbero costituire quella cornice necessaria per definire queste forme di coordinamento e collaborazione.

Il Position Paper della Commissione Europea nel ciclo di programmazione

Nel dicembre del 2012 la Commissione Europea ha pubblicato un documento specificamente indirizzato alle autorità italiane, intitolato “Position of the Commission Serviceson the development of Partnership Agreement and programmes in Italy for the period 2014-2020”. Questo documento era del tutto inatteso, data l’architettura disegnata dal regolamento ombrello. Nella impostazione della programmazione comunitaria, infatti, la successione prevista (Qsc-Accordo di Partenariato-Programmi Operativi) non comprendeva un documento della Commissione che esplicitasse, per il singolo paese, la strategia del Qsc. Di conseguenza, anche l’articolazione della programmazione viene ora a disporre di uno strumento nuovo (Figura 1) che s’inserisce tra il Qsc e la strategia nazionale6.

Figura 1 - L’architettura della programmazione 2014-2020

Per comprendere la funzione di questo nuovo documento occorre collocarlo in un quadro di rapporti tra Commissione Europea e Stato membro che, alla luce dei nuovi regolamenti, appaiono significativamente mutati. La nuova governance dei Fondi vede, infatti, un ruolo della Commissione più condizionante le strategie dei singoli stati, attraverso una serie di atti delegati su questioni cruciali attinenti la programmazione e la gestione dei Fondi.
In questo quadro il Position Paper entra fortemente nelle strategie future dell’Italia in quanto fornisce raccomandazioni sulle priorità, i contenuti e la governance delle scelte per i singoli Fondi. Che lo faccia bene o meno, lo esamineremo più avanti. Qui occorre evidenziare che, mentre in passato la Commissione esaminava la strategia proposta a livello nazionale, nel ciclo di programmazione 2014-2020 la Commissione propone una propria visione della strategia nazionale, ancora prima che essa sia elaborata e presentata ufficialmente.
Le considerazioni della Commissione partono dalla valutazione dei progressi registrati nel raggiungimento dei target di Europa 2020 nel Programma nazionale di Riforma e nel Programma di Stabilità. Esse tengono conto inoltre delle lezioni della programmazione 2007-2013. Sotto questi profili, l’Italia e le diverse regioni non hanno dimostrato, secondo la Commissione, una performance positiva. La distanza dai targets di Europa 2020 risulta ancora significativa nel complesso e con marcate differenze tra regioni. Inoltre, l’azione pubblica non è riuscita a rimuovere in modo significativo alcuni vincoli allo sviluppo che accrescono le disparità interregionali. Tra questi, il Position Paper segnala un contesto sfavorevole all’innovazione nelle imprese; gap infrastrutturali significativi nelle regioni meno sviluppate e una inefficiente gestione delle risorse naturali; bassi tassi di occupazione, particolarmente dei giovani e delle donne, e presenza di un mismatch professionale; una debole capacità amministrativa e una pubblica amministrazione inefficiente. Nei prossimi anni queste sono le sfide fondamentali sulle quali, secondo la Commissione, sia i Fondi sia le politiche nazionali dovrebbero concentrare gli sforzi e cercare di sfruttare il massimo delle sinergie possibili. La Commissione, oltre a definire le grandi priorità di intervento attorno a queste quattro sfide, delinea nel Position Paper anche più in dettaglio, in una sezione annessa al documento principale, come gli obiettivi tematici dei Fondi possano contribuire a tali sfide. In tale sezione la Commissione articola anche gli obiettivi più specifici dei Fondi, seguendo uno schema logico abbastanza stringente, che va sicuramente oltre i semplici orientamenti e delineando la struttura dell’AP.

Le strategie per lo sviluppo rurale nel Position Paper

Il Position Paper contiene raccomandazioni rivolte agli interventi per le aree rurali, raccomandazioni che sono distribuite in gran parte degli 11 obiettivi tematici di Europa 2020. Sotto questo profilo, come vedremo meglio tra breve, si tratta di un documento positivo, che fornisce valide indicazioni al nostro paese in alcune aree di intervento in cui effettivamente la programmazione 2007-2013 è stata molto carente o del tutto assente. Si deve dare atto agli estensori del documento di aver tenuto conto degli esiti concreti della programmazione comunitaria, così come risultano dai documenti della Corte dei Conti europea, dei dati del monitoraggio fisico e finanziario e infine degli stessi rapporti di valutazione intermedia.
Potremmo distinguere, per una discussione più ordinata del Position Paper, le raccomandazioni della Commissione in tre categorie fondamentali, quali:

  • la governance generale della programmazione;
  • una migliore efficacia delle misure;
  • un bilanciamento delle risorse finanziarie tra le diverse misure.

Per ciò che riguarda la governance, il Position Paper, in generale, raccomanda un rafforzamento del ruolo di coordinamento delle politiche che deve essere svolto a livello centrale. Nel campo dello sviluppo rurale, in particolare, questo ruolo di coordinamento è necessario per due obiettivi specifici: il trasferimento della conoscenza e dell’innovazione in agricoltura e nell’agro-alimentare e gli interventi nell’agro-alimentare con caratteristiche e dimensioni interregionali. Sono, secondo il Position Paper, due temi che non possono essere affidati esclusivamente alla dimensione regionale. Cosa implica rafforzare il coordinamento? Secondo il Position Paper implica lavorare in due direzioni: a) innanzitutto, sviluppare una forte collaborazione tra amministrazioni dei diversi Fondi nelle varie fasi (preparazione, realizzazione, monitoraggio e valutazione dell’AP e dei diversi PO); b) in secondo luogo, sviluppare regole e strumenti per il coordinamento, quali la costruzione di un forte quadro di policy (con documenti strategici vincolanti), il rafforzamento delle competenze interne del governo centrale, la definizione di una chiara divisione di responsabilità e una maggiore accountability delle istituzioni coinvolte. Per ciò che riguarda la governance del Community-Led Local Development (Clld), cioè del futuro approccio Leader, vengono avanzate due indicazioni forti:

  • da un lato, quella che nell’AP si definiscano precise scelte sull’applicazione del Clld in merito a diversi aspetti (criteri di selezione, rispetto della concorrenza, priorità, tipi di territori eleggibili, ruolo dei Gruppi di Azione Locale (Gal), meccanismo di coordinamento tra Fondi, ecc.);
  • dall’altro, quella di incrementare la dotazione di Fondi a favore dei progetti di sviluppo locale, auspicando un approccio multi-fondo nel finanziamento a livello regionale. Ciò richiede, da parte delle istituzioni responsabili dei diversi Fondi, un grande sforzo per elaborare una governance comune, considerando che il Leader è stato sinora sviluppato soprattutto nelle aree rurali e, in minor misura, nel settore della pesca con i Gac (Gruppi di Azione Costiera).

La seconda categoria di raccomandazioni ha un contenuto più specifico ed è volta a migliorare l’efficacia delle singole misure. Si possono distinguere tre tipi di raccomandazioni: a) sulle priorità di intervento da selezionare; b) sui contenuti delle misure e le condizioni di applicazione, pur non entrando nel merito di questioni di dettaglio; c) sul grado di innovazione nel disegno delle misure.
Nel caso dell’obiettivo tematico “competitività” una certa enfasi è data alle relazioni tra produttori primari e altri attori economici, sia dentro la filiera sia al di fuori di essa. Un’enfasi peraltro giusta, che è basata sulla consapevolezza del ruolo dei fattori organizzativi ai fini della competitività settoriale. Non manca di ricordare, tuttavia, che un‘attenzione appropriata va rivolta anche ai benefici del rafforzamento della filiera per i piccoli agricoltori. Al di fuori dell’approccio per filiere, il sostegno all’evoluzione strutturale del settore agricolo (e della pesca) dovrebbe avere una natura “sostenibile” dal punto di vista economico. Questa raccomandazione ha delle implicazioni, a nostro avviso, abbastanza chiare sui criteri di scelta degli investimenti aziendali e andrebbe sviluppata sotto il profilo delle modalità applicative. Su questo tema già la Corte dei Conti Europea ha avuto modo di soffermarsi in una sua recente relazione (Corte dei Conti Europea, 2012), criticando la Commissione Europea per non aver sorvegliato adeguatamente che le scelte operate dai Psr andassero in direzione della sostenibilità. In sostanza, la Corte ha rilevato che in molti Psr soggetti a controllo non vi fosse stata una sufficiente verifica della redditività economica delle aziende e dei progetti d‘investimento presentati. Non solo, la Corte ha anche segnalato che in diversi Stati membri sono stati selezionati progetti già avviati, generando in tal modo un cosiddetto “effetto inerziale”7. Questi elementi di valutazione appaiono rilevanti per una riflessione sul concetto di sostenibilità economica delle aziende che utilizzeranno le risorse del futuro Feasr per la propria ristrutturazione.
Un‘analoga richiesta di maggiore efficacia sembra provenire dalle raccomandazioni rivolte agli interventi per obiettivi tematici di tipo ambientale. A tal proposito la Commissione sottolinea fondamentalmente due esigenze: un approccio più mirato e selettivo e una maggiore innovazione. Ciò è vero per le misure agro-ambientali, per le quali si sollecita una maggiore finalizzazione alle condizioni locali e regionali; per le misure forestali, per le quali si mette un’enfasi su una gestione attiva delle foreste; per l’agricoltura biologica o integrata, per la quale si sollecitano impegni più severi per accrescere l’impatto positivo sull’ambiente, così come si chiede un appropriato monitoraggio delle tendenze in atto nella biodiversità; per l’energia rinnovabile, dove si chiede una attenzione prioritaria per le biomasse e il solare; o, infine, per le riduzioni di emissioni di azoto nelle aree di agricoltura intensiva. Queste raccomandazioni, anche per la materia ambientale, riecheggiano in qualche misura le rilevazioni critiche già manifestate dalla Corte dei Conti Europea. Infatti, in una relazione speciale del 2011 dedicata a una revisione generale delle misure di sostegno ambientale, la Corte aveva evidenziato tre elementi particolarmente critici, tutti legati all’assenza di una adeguata focalizzazione delle misure agro-ambientali. In primo luogo, gli Stati membri non definiscono il quadro delle aree con specifici problemi ambientali e non distinguono tra queste aree e quelle soggette a pressioni ambientali di tipo (più) generale. Di conseguenza, anche il monitoraggio delle diverse misure non segue una differenziazione per tipo di zona. In secondo luogo, anche per effetto della precedente carenza, non vi è stata una differenziazione degli aiuti fra le diverse aree. Infine, come più volte sottolineato in passato dalla stessa Corte, vi è il tema della concentrazione territoriale degli aiuti: «…ciò potrebbe avvenire, ad esempio, definendo criteri di ammissibilità che limitano la spesa a zone definite con precisione, in cui i cambiamenti nelle pratiche agronomiche sono necessari o in cui le pratiche agronomiche più rispettose dell’ambiente attualmente applicate non verrebbero mantenute in assenza degli aiuti agro-ambientali» (Corte dei Conti Europea, 2011, p.38).
Un maggior grado diinnovazione viene sollecitato alla programmazione italiana anche nel campo della diversificazione economica e del miglioramento della qualità della vita nelle aree rurali. Sotto questo profilo ci sembrano interessanti i richiami a fare attenzione alle seguenti tipologie di intervento:

  • la creazione e lo sviluppo di micro-imprese e Pmi fornitrici di servizi, specie quelli per la promozione di opportunità per le donne e l’uguaglianza di genere;
  • le iniziative di carattere innovativo nel campo della diversificazione dei piccoli agricoltori e la creazione di micro-imprese e Pmi, cercando il coinvolgimento anche di stakeholder non agricoli;
  • le iniziative tendenti alla riduzione del lavoro nero/irregolare, soprattutto in agricoltura, edilizia e servizi;
  • le iniziative nel campo dell’inclusione sociale attiva, attraverso piani integrati per le comunità rurali socialmente ed economicamente deprivate.

Sono tutte priorità scarsamente presenti nella programmazione attuale dei Fondi (considerati nel loro complesso, non solo del Feasr), pur non esclusi dal loro campo di azione. La Commissione fa bene dunque a richiamarne l’importanza per il prossimo periodo 2014-2020, lasciando naturalmente alle autorità italiane responsabili la scelta delle concrete modalità e con quali Fondi coprire questi fabbisogni ineludibili di intervento. Nella stesura dell’AP occorrerà individuare e concertare una sorta di “divisione del lavoro” tra i Fondi per finanziare le misure prima menzionate, che rappresentano i punti deboli dei Psr e dei Por nei passati cicli di programmazione.
In realtà, analizzando con attenzione il Position Paper, vi sono altri temi per una possibile integrazione tra i Fondi, quali:

  • la ricerca e il trasferimento dell’innovazione in agricoltura, nell’agro-alimentare e nelle foreste, per il fatto che si raccomanda l’attenzione alle tecnologie (Ict e biotecnologie) e all’economia “verde”;
  • le infrastrutture di trasporto, in particolare le connessioni tra le strade rurali finanziate dal Feasr e le principali infrastrutture di trasporto (autostrade, ferrovie, ecc.) finanziate dal Fesr;
  • le infrastrutture per la distribuzione e l’accesso alla rete della banda larga, in particolare nelle aree a bassa densità di popolazione e/o nelle aree più remote.

In buona sostanza il Position Paper, sollecitando un‘adeguata attenzione su questo complesso di temi, pone le premesse perché la strategia per le aree rurali sia più ampia e comprenda anche una serie di interventi per l’economia e la popolazione rurale. Ma non specifica con quali modalità ciò si debba fare, se non richiamando genericamente la necessità di un coordinamento tra Fondi e lasciando opportunamente la scelta delle opzioni più adeguate alle istituzioni italiane.
Vorremmo concludere l’esame degli aspetti salienti del Position Paper sullo sviluppo rurale considerando alcune indicazioni sull’allocazione delle risorse finanziarie tra le diverse misure. Tali indicazioni sono rivolte al ruolo e al peso delle misure per la gestione del rischio, in primo luogo, e agli interventi per le filiere, in secondo luogo. Nel primo caso, il Position Paper sostiene che «tutte le regioni italiane dovrebbero essere incoraggiate ad usare per il loro massimo potenziale le misure per la gestione del rischio in agricoltura» (pag. 28). Nel secondo caso si raccomanda “un giusto bilanciamento” tra il sostegno delle filiere corte e il rafforzamento delle filiere agro-alimentari.
Ora, mentre nella definizione della strategia nazionale, come si è visto in precedenza, le raccomandazioni del Position Paper vanno viste positivamente in quanto pongono l’attenzione su temi rilevanti per il contesto italiano, non altrettanto felici ci sembrano le indicazioni sull’allocazione finanziaria delle risorse. In primo luogo, non ci appaiono chiare formulazioni quali “il massimo potenziale” o “un giusto bilanciamento”. In secondo luogo, queste formulazioni, in particolare quella relativa alle misure per la gestione del rischio, potrebbero spingere verso una distribuzione delle risorse che penalizza misure chiave per lo sviluppo rurale, vale a dire quelle che hanno una natura strutturale e di sostegno degli investimenti.

Il Position paper e gli orientamenti nazionali: la nuova sfida delle aree interne

Il Position Paper della Commissione Europea viene pubblicato e diffuso in Italia proprio mentre le Amministrazioni capofila dei Fondi stanno elaborando un documento generale di orientamento sulla programmazione 2014-2020. Il documento s‘intitola “Metodi e Obiettivi per un uso efficace dei Fondi Comunitari 2014-2020”, pubblicato il 27 dicembre scorso, apre il confronto pubblico da tenersi nel corso del 2013 in vista della preparazione dell’AP. Il documento “Metodi e Obiettivi” propone 7 innovazioni di metodo, 3 opzioni strategiche (Mezzogiorno, Città e Aree Interne), nonché indicazioni di metodo e operative per ognuno degli 11 obiettivi tematici individuati per l’intera Unione Europea. Il valore principale di questo documento sta nell’innovazione di metodo, che consiste nell’avviare il ragionamento dai risultati attesi delle politiche, nell’associare ai risultati attesi le azioni più adeguate per conseguirli e nell’individuare i tempi previsti e da sorvegliare. A queste innovazioni ne associa altre quattro: la trasparenza e l’apertura delle informazioni, il rafforzamento della possibilità di mobilitazione dei soggetti interessati e del partenariato, la valutazione di impatto e il rafforzamento del presidio nazionale nel coordinamento delle politiche.
Il documento “Metodi e Obiettivi” ha aperto dunque il confronto che sta proseguendo in queste settimane e si protrarrà presumibilmente per tutta la prossima primavera, in modo strutturato con il coinvolgimento dei vari stakeholder in diversi tavoli di lavoro.
Nel processo di concertazione che si è aperto con la pubblicazione di “Metodi e Obiettivi” si stanno affrontando, di fatto, le questioni che proprio il Position Paper richiama, in termini di priorità, governance, innovazione nel metodo e soluzioni di coordinamento/integrazione tra i Fondi. Tuttavia, rispetto alle sfide che abbiamo già evidenziato nell’analisi del Position Paper, il documento “Metodi e Obiettivi” ne aggiunge una ulteriore, di tipo territoriale, che ha una forte implicazione per le politiche di sviluppo rurale e concerne la priorità costituita dalle “Aree Interne”. Con essa ci si propone di lanciare una serie di progetti pilota sui territori, che includano interventi destinati sia alle potenzialità produttive di queste aree (tra le quali anche l’agricoltura) sia ad una serie di fattori di base dello sviluppo (scuola, salute, cura infanzia e anziani, accessibilità e telecomunicazioni). Le risorse finanziarie, a seguito dell’accordo sul bilancio raggiunto nelle scorse settimane, verrebbero da una dotazione ad hoc di cui l’Italia potrebbe disporre a carico dei Fondi (Fesr e Fse) di circa 500 milioni di €, a vantaggio delle aree non urbane8 delle regioni non sviluppate del Mezzogiorno. Ma non è escluso che una dotazione aggiuntiva vi sia anche per le altre regioni, in quanto si tratterebbe di una priorità nazionale.
Questa priorità territoriale pone il quesito di come le politiche di sviluppo rurale possano integrarsi nel disegno nazionale e ovviamente con quali forme di governance possa essere perseguito l’obiettivo specifico di sviluppo delle aree interne. Appare importante che le politiche di sviluppo rurale non rimangano fuori, in un isolamento settoriale, rispetto al tema delle aree interne. Per questo motivo, in una strategia nazionale per le aree interne, anche il MiPaaf, le Regioni, le organizzazioni di rappresentanza settoriali dovrebbero dare il proprio contributo nella definizione fattiva di questa strategia9. Una strategia che, a livello locale, potrebbe far perno sulle numerose esperienze di partenariati locali, tra i quali i Gal in primo luogo, che anche in aree marginali hanno realizzato progetti innovativi e con impatti positivi sulla realtà locale e sulla creazione di nuove opportunità di lavoro. A livello nazionale e regionale, tale strategia dovrebbe essere costruita con un disegno comune e dovrebbe vedere una forte interazione tra una serie di interventi nazionali sui fattori fondamentali di sviluppo (scuola, sanità e infrastrutture/trasporti) e interventi regionali sui settori produttivi di maggiore potenzialità. A questo riguardo, i Psr potrebbero fornire una forte spinta alla strategia per le aree interne con l’introduzione del sotto-programma “montagna” e una serie di misure finalizzate solo a queste aree. Si tratta, dunque, di una sfida territoriale più concreta, sulla quale l’integrazione dei Fondi potrebbe trovare un‘ottima opportunità di realizzarsi con beneficio per la popolazione di queste aree.

Riferimenti bibliografici

  • Corte dei Conti Europea (2011), Il sostegno agroambientale è ben concepito e gestito in modo soddisfacente?, Relazione Speciale n.7, Lussemburgo [link]

  • Corte dei Conti Europea (2012), Aiuti mirati all’ammodernamento delle aziende agricole, Relazione Speciale n.8, Lussemburgo [link]

  • European Commission (2012), Position of the Commission Services’ on the development of Partnership Agreement and programmes in Italy for the period 2014-2020, Brussels

  • Mantino Francesco (2008), Lo Sviluppo Rurale in Europa. Politiche, istituzioni e attori locali dagli anni ’70 ad oggi, Edagricole-Edizioni Agricole de Il Sole 24 Ore Businness media Srl, Milano

  • Ministero per la Coesione Territoriale (2012), Metodi e Obiettivi per un uso efficace dei Fondi Comunitari 2014-2020, Roma

  • 1. Il Ministero dello Sviluppo Economico-Dipartimento delle Politiche di Coesione per il Fesr; Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali per il Fse; il Ministero delle Politiche agricole e Forestali per il Feasr e il Feamp.
  • 2. Gli 11 obiettivi tematici sono i seguenti: 1) Rafforzare la ricerca, lo sviluppo tecnologico e l’innovazione; 2) Migliorare l’accesso alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, nonché l’impiego e la qualità delle medesime; 3) Promuovere la competitività delle piccole e medie imprese, il settore agricolo e il settore della pesca e dell’acquacoltura; 4) Sostenere la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio in tutti i settori; 5) Promuovere l’adattamento al cambiamento climatico, prevenzione e la gestione dei rischi; 6) Tutelare l’ambiente e promuovere l’uso efficiente delle risorse; 7) Promuovere sistemi di trasporto sostenibili e eliminare le strozzature nelle principali infrastrutture di rete; 8) Promuovere l’occupazione e sostenere la mobilità dei lavoratori; 9) promuovere l’inclusione sociale e combattere la povertà; 10) Investire nelle competenze, nell’istruzione e nell’apprendimento permanente; 11) rafforzare la capacità istituzionale e promuovere un’amministrazione pubblica efficiente.
  • 3. Il Qsc viene approvato come allegato al regolamento comune dei Fondi (il cosiddetto regolamento «ombrello» che stabilisce regole comuni per l’insieme dei Fondi).
  • 4. L’art. 23 del Regolamento «ombrello» stabilisce che “I Fondi saranno implementati attraverso programmi in accordo con l’Accordo di partenariato”. Lo stesso articolo stabilisce che “i programmi saranno presentati dagli Stati Membri nello stesso momento dell’Accordo di partenariato o al più tardi tre mesi dopo”.
  • 5. Con tale definizione viene indicato un tipo di approccio allo sviluppo locale che, finanziabile da tutti i Fondi, assimila tutte le fondamentali caratteristiche che stavano alla base del Leader (esistenza di un Gruppo di azione Locale, costituito da un partenariato pubblico-privato, che elabora e gestisce direttamente una strategia di sviluppo locale).
  • 6. L’esistenza di un Position paper non riguarda solo l’Italia, in quanto la CE ne ha elaborato uno per ciascuno degli altri Stati membri.
  • 7. Effetto che si ha quando i progetti sarebbero stati comunque realizzati, anche in assenza di sostegno pubblico.
  • 8. Il testo dell’accordo si riferisce proprio alle “aree non urbane” come destinatarie della dotazione finanziaria indicata.
  • 9. Già nel corso del seminario organizzato dal Ministro per la coesione territoriale, Fabrizio Barca, dal titolo “Nuove strategie per la programmazione 2014-2020 della politica regionale: le aree interne” (15 dicembre, Roma), che ha avviato un dibattito nazionale sul tema, vi è stata una partecipazione attiva del MiPaaf e di alcune organizzazioni agricole.
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