Il negoziato sulla Pac 2014-2020 e le posizioni degli Stati membri

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Il negoziato sulla Pac 2014-2020 e le posizioni degli Stati membri

Le proposte legislative sulla riforma della PAC sono state presentate dalla Commissione il 12 ottobre 2011. Il pacchetto comprende sette proposte di regolamento: pagamenti diretti, sviluppo rurale, organizzazione comune di mercato (Ocm), aspetti orizzontali di finanziamento, gestione e monitoraggio, transitorio per pagamenti diretti del 2013, transitorio per vino, misure per la fissazione di aiuti e restituzioni nell’ambito dell’Ocm.
Lo scopo di questo articolo è di evidenziare lo stato del negoziato a livello europeo partendo dai maggiori cambiamenti introdotti con le due proposte principali: pagamenti diretti e sviluppo rurale, in un contesto di revisione di bilancio comunitario, la cui proposta è stata presentata dalla Commissione europea il 29 giugno 2011 per il periodo 2014-2020 Commissione Europea 2011) basata sul “congelamento” del valore nominale dei due pilastri (pagamenti diretti e sviluppo rurale).

I pagamenti diretti

L’attuale sistema di distribuzione delle risorse nei pagamenti diretti che tiene conto dei riferimenti storici, è stato ampiamente criticato dai “nuovi Stati membri” che esigono un approccio basato sul principio di equità, ponendo fine a quello che definiscono discriminatorio nei loro confronti. La Commissione, per rispondere a tali richieste, propone una progressiva convergenza del livello di sostegno tra gli Stati membri (Sm) suggerendo, per coloro che si trovano attualmente al disotto del 90% della media dei pagamenti diretti, un incremento pari ad un terzo di questo dislivello (tra la situazione attuale ed il 90% della media) da realizzare in un periodo di 4 anni dal 2014 al 2017. Il processo di convergenza tra Sm è basato sul calcolo della media dei pagamenti diretti per ettaro, a partire dal rapporto tra il pacchetto finanziario destinato attualmente ad ogni Sm e la superficie potenzialmente eleggibile dichiarata dagli stessi attraverso il sistema statistico Iacs per l’anno 2009. Il risultato di questo esercizio, emerso dalla valutazione di impatto, mostra i Paesi che, essendo al di sotto della media comunitaria, beneficeranno del sistema di convergenza (in ordine percentuale: Lettonia, Estonia, Lituania, Romania, Portogallo, Slovacchia e Polonia) e quelli che, essendo al di sopra di tale media, pagheranno il prezzo del riavvicinamento (Malta, Paesi Bassi, Belgio, Italia, Grecia, Cipro, Slovenia, Germania e Francia). Infatti, non essendo disponibili risorse aggiuntive per la rubrica destinata alla Pac, il processo di riavvicinamento dei Paesi al di sotto del 90% della media sarà a carico di coloro che si trovano al di sopra e il sacrificio sarà tanto maggiore quanto più grande è la distanza dalla media (taglio di tipo proporzionale e non lineare).
La Commissione europea stima che ci sarà un incremento massimo pari al 66% del livello attuale (presumibilmente per la Lettonia) mentre la perdita maggiore non supererà il 7% dell’attuale “envelope” (probabilmente a carico di Malta) relativa ai pagamenti diretti. E’ evidente che, in termini assoluti, i maggiori beneficiari della Pac (Italia, Francia e Germania) pagheranno il prezzo più alto.
La dotazione annuale destinata ai pagamenti diretti in ogni Sm sarà poi decurtata dall’effetto “capping” previsto dall’art. 11 della proposta di regolamento. Attraverso tale sistema, le aziende che si trovano al di sopra di una determinata soglia di premio, subiranno una riduzione percentuale progressiva e le risorse derivanti da tale taglio saranno riversate nel secondo pilastro dello stesso Sm. Considerata la struttura delle aziende italiane, la cui media è pari a 7 ettari, il capping avrà un effetto limitato, stimato in circa 200 mila euro l’anno (leggermente superiore nel 2014).
In contemporanea, la Commissione propone la cosiddetta “regionalizzazione” cioè l’allineamento del valore del titolo verso una media nazionale/regionale, indipendentemente dal settore coinvolto, per affrancarsi dal sistema storico che prevede il mantenimento di valori differenziati per comparto produttivo, applicato in alcuni Paesi tra i quali l’Italia.
Questo allineamento, per il momento da realizzarsi solo all’interno dello Sm che sembrerebbe concretizzarsi con pagamento complessivo medio di circa 300 euro/ettaro, dovrebbe rappresentare un primo passo per la confluenza del valore del titolo verso una media europea affinché si realizzi quel sistema equo richiesto a gran voce dai Paesi Baltici, dal Portogallo, dalla Repubblica Ceca e dalla Romania.

Lo sviluppo rurale

La proposta di regolamento sullo sviluppo rurale si interseca con quelle per la politica di coesione presentate dalla Commissione europea il 6 ottobre 2011 per il periodo 2014-2020 con l’obiettivo di integrare i diversi fondi comunitari in un unico framework di riferimento, definendo un complesso processo decisionale che coinvolge più amministrazioni e un ampio partenariato, declinando in un Contratto di Partenariato (Partnership contract) il contributo di ogni fondo al raggiungimento degli obiettivi di Europa 2020. Il congelamento dell’annualità 2013 per tutti i sette anni successivi, perfezionata attraverso l’applicazione di fattori correttivi, corrisponde a 14.455 milioni di euro l’anno, senza tener conto dell’applicazione del capping che si stima possa aggiungere al secondo pilastro mediamente 175 milioni di euro l’anno.
I valori complessivi per i due pilastri non tengono conto della possibile decisione degli Sm di applicare la flessibilità tra gli stessi prevista dall’art. 14 della proposta di regolamento relativa ai pagamenti diretti. Per la programmazione in corso dello sviluppo rurale (2007-2013), la Commissione ha fissato la distribuzione finale delle risorse tra Sm tenendo in grande considerazione le attribuzioni storiche agli stessi.
Per il prossimo periodo di programmazione l’attribuzione delle risorse tra Sm sarà basata su criteri strettamente collegati agli obiettivi della futura politica oltre che alla “past performance”, affinché l’utilizzo del budget disponibile sia più efficiente ed efficace. Su tale criterio persistono tuttora dubbi e divergenze di interpretazione. Alcuni Paesi, tra i quali la Francia, vorrebbero interpretarlo come livello di raggiungimento dei risultati della programmazione in corso, altri tra cui l’Italia, coerentemente con l’approccio finora adottato, preferiscono leggerlo come legame della futura dotazione finanziaria con quanto ricevuto nelle passate programmazioni, per evitare scostamenti eccessivi per gli Sm.
La Commissione, attraverso atti esecutivi, deciderà la ripartizione annuale dei fondi disponibili tra Sm sulla base di una serie di criteri proposti nella valutazione di impatto, dove si evidenziano scenari alternativi quale conseguenza dell’applicazione degli stessi. La Commissione ha quindi optato per la cosiddetta opzione “integrazione” che prevede il sostegno alla competitività, allo sviluppo e all’innovazione del settore sulla base di una serie di criteri ponderati: superficie agricola, lavoro, aree Natura 2000, aree con svantaggi naturali, area coperta da foreste, area coperta da pascoli permanenti. La Commissione ritiene che l’applicazione di tale scenario fornisca un risultato più equilibrato rispetto a quelli alternativi, livellando le situazioni di grande perdita o grande guadagno derivante dall’uso di altri criteri o dall’applicazione di una diversa ponderazione.

Le attuali posizioni degli Stati membri

I due principali ambiti di discussione a livello europeo nel contesto della riforma della PAC sono oggi la ripartizione delle risorse tra Sm per entrambi i pilastri e la complessità della proposta che contrasta con la generale richiesta di maggiore semplificazione. Ferma restando una reale riduzione dell’importo destinato alla politica agricola comunitaria, evidenziabile con il congelamento dell’importo ai valori nominali del 2013 (in termini reali rappresenta una riduzione del 12% circa), alcuni Sm subiranno un’ulteriore riduzione quale conseguenza diretta del processo di convergenza tra Sm.
L’Italia rischia di perdere un ulteriore 6% circa dell’attuale dotazione finanziaria dei pagamenti diretti che si potrebbe tradurre, in termini assoluti, in un valore prossimo ai 300 milioni di euro a regime nel 2018. In valore assoluto l’Italia rischia di essere lo Sm che subisce la perdita più rilevante, seguita da Francia e Germania. Limitate sono le speranze di poter colmare tale perdita con una compensazione sul secondo pilastro dove i criteri prospettati sembrano indicare, comunque, una ulteriore penalizzazione dell’Italia.
La proposta di riforma della Pac sembra aver scontentato tutti. Sia il Consiglio dei ministri che il Parlamento si sono espressi in maniera molto critica nei confronti di questa nuova politica di taglio “ambientalistico” all’insegna del cosiddetto greening (componente verde) nel primo pilastro, senza una netta distinzione con analoghe misure a valere sullo sviluppo rurale e di difficile applicazione. Infatti, malgrado la condivisione degli obiettivi perseguiti con l’introduzione di una componente verde obbligatoria del primo pilastro, molti Sm contestano le soluzioni proposte, definendole incapaci di apportare un reale valore aggiunto in termini ambientalistici a fronte di un ulteriore carico amministrativo e di costi aggiuntivi per la realizzazione del sistema. La riforma è definita poco ambiziosa dai Paesi di cultura più ambientalista quali Svezia, Danimarca, Paesi Bassi che auspicavano un intervento più coraggioso dalla Commissione in questa direzione e causa di ulteriore complicazione del sistema, sia per gli agricoltori che per le amministrazioni, da coloro che manifestano un approccio “produttivo/commerciale”. Al tempo stesso, alcuni Sm criticano la mancanza di un reale potenziamento dello sviluppo rurale come alternativa all’aiuto diretto, capace di incoraggiare l’imprenditorialità agricola e la ristrutturazione delle aziende, in un contesto di stimolo all’innovazione e di valorizzazione del knowhow.
Sotto il profilo strettamente finanziario si conferma l’insoddisfazione dei nuovi Sm e del Portogallo per lo scarso livello di “equità” raggiunto nella distribuzione delle risorse, dove permane una differenza ritenuta ancora eccessiva tra Sm. Malta, Danimarca, Italia, Paesi Bassi, Belgio ritengono troppo pesante il prezzo da pagare per la convergenza (processo di livellamento dei premi ad ettaro) e criticano sia il criterio che sottende tale approccio (superficie agricola) che il sistema del taglio da applicare a coloro che si trovano sopra la media comunitaria. Infatti, questi ultimi Sm ritengono che l’applicazione di un taglio lineare (stessa percentuale per tutti) possa realizzare una ripartizione più equilibrata del sacrifico tra i Paesi destinati a subirla. La Francia che perderebbe un importo considerevole in termini assoluti ma accettabile percentualmente (circa 3%) al momento si limita a criticare la nuova Pac solo per la complessità delle misure di greening nel primo pilastro. La Germania mantiene al momento una posizione defilata, in attesa di conoscere con certezza l’entità delle risorse destinate allo sviluppo rurale, confidando in una compensazione della perdita finanziaria del primo pilastro.
Malta, Danimarca, Paesi Bassi, Italia e Belgio continuano a sostenere che la distribuzione degli aiuti diretti non possa basarsi esclusivamente sul criterio della superficie agricola definito iniquo e capace di generare un ingiustificato sostegno agli Sm con bassa produttività, penalizzando ingiustamente quelli dove le imprese sono maggiormente produttive.
Questa redistribuzione, infatti, sembra rappresentare il primo passo verso un flat rate europeo basato esclusivamente sulla superficie agricola degli Sm che non tiene conto né della diversità delle agricolture europee né degli altri elementi della produzione quali il costo della manodopera, degli input e della stessa terra agricola. Al tempo stesso, questi Paesi continuano a proporre l’uso di criteri aggiuntivi per il processo di redistribuzione delle risorse tra Sm quali la produzione lorda vendibile che meglio rappresenta la produttività degli Sm e il contributo di questi alla produzione dell’Unione europea, nonché parametri economici pertinenti quale il potere di acquisto e il valore aggiunto. Malgrado la critica all’utilizzo della superficie agricola, Grecia e Cipro non condividono l’uso alternativo del criterio della Plv dal quale non trarrebbero benefici rilevanti.
Consistenti discussioni permangono sulla questione della convergenza interna allo Sm, dove il ricorso ad un flat rate basato sulla superficie e non sulla specificità del settore, rischia di favorire in molti Sm la proprietà fondiaria improduttiva o le agricolture estensive, fornendo una rendita alle aziende che hanno cessato l’attività e che non sopportano costi di produzione aggiuntivi, mentre risulta poco rilevante per quelle che hanno operato investimenti, che impegnano manodopera e devono mantenersi in un contesto di mercato sempre più teso. Tale elemento ha creato una spaccatura tra coloro che auspicano una maggiore equità tra gli agricoltori europei impegnati nello stesso settore produttivo e chiedono, pertanto, un riallineamento rapido (soprattutto i Paesi baltici) e coloro che vogliono salvaguardare la specificità della propria agricoltura (soprattutto Italia e Spagna) e che intravedono nel livellamento un forte impatto settoriale con il condizionamento dei futuri scenari produttivi.
Unanimi critiche sono state espresse sulla riforma per la complessità della proposta nel suo insieme. Per i pagamenti diretti, le difficoltà emergenti vanificano, secondo la maggioranza degli Sm, anche le positive iniziative a favore del clima e dell’ambiente e risultano incapaci di risolvere le ambiguità esistenti nel sistema agricolo (es. la definizione di agricoltore attivo). Forti critiche sono espresse da Repubblica Ceca e Regno Unito per l’applicazione del capping che, per la struttura agricola di tali Paesi basata su aziende di grande estensione, li vedrebbe forti contributori allo sviluppo rurale in relazione al taglio operato sul primo pilastro.
Nello sviluppo rurale l’apprezzamento per la presenza dei sottoprogrammi tematici e del superamento della precedente rigida struttura in Assi è anato dalle difficoltà di integrare il Fondo europeo per lo sviluppo rurale con i Fondi strutturali, con il rischio di ridurre l’autonomia dei programmi di sviluppo rurale; e dalla complessità dell’architettura del sistema proposto, che tende ad appesantire i procedimenti e ad accrescere gli oneri amministrativi. Italia, Svezia, Portogallo, Romania, Bulgaria, Regno Unito, Slovenia, Paesi Bassi, Grecia, Polonia, in particolare, manifestano l’esigenza di assicurare un’alta flessibilità del sistema e una forte semplificazione complessiva. Critiche specifiche, inoltre, sono state formulate in ordine alla condizionalità ex-ante (condizioni minime obbligatorie necessarie per la presentazione dei programmi) e alla cosiddetta riserva di performance. Nell’attesa di conoscere la dotazione finanziaria per lo sviluppo rurale con l’auspicio che possa compensare o almeno attenuare le perdite del primo pilastro, gli Sm che appaiono particolarmente penalizzati ( n prticolare Malta, Austria, Portogallo, Slovenia, Lussemburgo e Italia) contestano la scelta dei criteri ritenendoli non sufficientemente coerenti con le finalità della politica del secondo pilastro.

Conclusioni

La Presidenza danese che dirige i lavori in questo primo semestre del 2012 è chiamata a guidare gli Sm verso un primo “dipanamento” dell’articolata matassa relativa alla distribuzione delle risorse del budget europeo tra le politiche comunitarie. Appare già evidente, viste le difficoltà del negoziato in corso, che la decisione sul quadro finanziario poliennale non potrà essere assunta prima del dicembre 2012 sotto Presidenza cipriota, facendo, pertanto slittare anche l’accordo sul pacchetto agricolo. La discussione sul budget ripropone posizioni già note, con gli Sm liberisti che invocano una riduzione del bilancio destinato alla PAC a favore di altre politiche ed il ridimensionamento dei pagamenti diretti verso lo sviluppo rurale e Sm caratterizzati da agricolture importanti che definiscono l’attuale livello finanziario quale il limite sotto il quale non sarà possibile scendere. Con particolare riguardo a temi agricoli, la Presidenza dovrà favorire il dibattito per adattare le proposte di regolamento alle esigenze degli Sm favorendo un compromesso che si auspica possa essere raggiunto all’inizio del 2013, sotto Presidenza irlandese. Il negoziato appare, pertanto, molto lungo e, al termine dello stesso, la proposta di riforma potrebbe risultare sensibilmente modificata, non nella sua struttura ma negli aspetti applicativi, nel tentativo di introdurre elementi di flessibilità che possano incontrare il favore degli Sm. La definizione di “agricoltore attivo”, ampiamente criticata, potrebbe rappresentare uno degli elementi di cambiamento più probabile, per lasciare agli Sm la possibilità di intervenire in maniera autonoma. Dalle discussioni in corso, sia in Parlamento che in Consiglio, appare evidente che, malgrado le critiche intervenute, la Commissione non potrà rinunciare al greening che risponde alle richieste dell’opinione pubblica di un’agricoltura più rispettosa dell’ambiente e fornisce una giustificazione al mantenimento del budget destinato alla PAC. Ampio spazio nel negoziato troveranno però le modalità di attuazione dello stesso, nell’auspicio di una semplificazione e, forse, anche la relativa dotazione finanziaria. Flessibilità sembra manifestare la Commissione anche per l’applicazione del regime a favore dei piccoli agricoltori e per la definizione di misure volte al rafforzamento delle associazioni dei produttori.

Riferimenti bibliografici

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