Distretto biologico: aspetti agroambientali

Distretto biologico: aspetti agroambientali

Introduzione

I prodotti biologici hanno conquistato la fiducia dei consumatori come prodotti di qualità in virtù del loro implicito “contenuto” di sicurezza, salubrità, qualità e del loro valore etico e ambientale.
L’agricoltura biologica rappresenta ormai una realtà consolidata in Italia, paese leader in Europa con oltre 1 milione di ettari di biologico. Tuttavia la limitatezza del mercato e la frammentazione del tessuto produttivo non consentono di realizzare economie di scala e di praticare prezzi più competitivi e, in definitiva, limitano la possibilità di espandere il mercato. Anche la gestione della coesistenza è cruciale per le colture biologiche dal momento che anche la più recente normativa (Piano di azione europeo, azione 12) stabilisce che l’etichetta di prodotto biologico presuppone l’assenza di OGM.
In tale contesto la creazione/promozione di distretti territoriali attraverso cui sviluppare e tutelare l’agricoltura biologica potrebbe rappresentare una opportunità di crescita e sviluppo e di traino per l’intera economia locale. L’agricoltura biologica italiana dovrebbe, quindi, coniugare la specificità del suo processo di produzione con una qualità particolare o superiore derivante dal territorio originario di produzione caratterizzato da una forte valenza ambientale, oltre che dalla presenza dei caratteri economici e sociali tipici del distretto.
Scopo di questo lavoro è definire le modalità di individuazione delle aree vocate per l’identificazione del distretto biologico, con particolare riguardo ai requisiti ambientali e alla loro valutazione.
Definizione del distretto biologico: aspetti ambientali Il D.Lgs. 228 /2001 ha definito nel settore agricolo:

  • i distretti agroalimentari di qualità, sistemi produttivi locali, anche a carattere interregionale, caratterizzati da significativa presenza economica e da interrelazione e interdipendenza produttiva delle imprese agricole e agroalimentari e da una o più produzioni certificate, ai sensi della vigente normativa comunitaria e nazionale o da produzioni tradizionali e tipiche;
  • i distretti rurali, sistemi produttivi locali di cui all’art. 36 della legge 317/91 e successive modificazioni, caratterizzati da un’identità storica territoriale e omogenea derivante dall’integrazione fra attività agricole e altre attività locali e dalla produzione di beni e servizi di particolare specificità, coerenti con le tradizioni e le vocazioni naturali e territoriali.

Il distretto biologico possiede caratteristiche intermedie tra queste due tipologie di distretto e allo stesso tempo differenti e innovative.
Il distretto biologico è effettivamente caratterizzato da:

  • produzioni di qualità certificate (le produzioni biologiche sono certificate), come per i distretti agroalimentari di qualità;
  • produzioni caratterizzate da un forte legame con il territorio e con un elevato contenuto di tipicità e cultura locale, come previsto per il distretto rurale.

In aggiunta, a giudizio degli autori, il distretto biologico si dovrebbe caratterizzare per un’elevata qualità ambientale del territorio che consenta di perseguire più facilmente e convenientemente (cioè senza costi aggiuntivi per gli operatori) la tutela delle qualità intrinseche dei prodotti biologici, la contaminazione accidentale da OGM e gli obiettivi di conservazione della biodiversità e tutela del patrimonio naturalistico e paesaggistico, richiamati da tutte le normative in materia.
Tali peculiarità devono essere riconosciute, tutelate e valorizzate in un modello di distretto che non può essere solo la somma o l’interpolazione tra i due sistemi produttivi locali di cui all’art. 13 del D.Lgs. 228/2001.
La proposta si pone come un’integrazione rispetto alla definizione di distretto biologico offerta dall’ultimo disegno di legge (1) in materia di riordino del settore dell’agricoltura biologica.
A tal fine viene proposta una metodologia per valutare la vocazione ambientale di un territorio per l’istituzione di un Distretto Biologico.

Individuazione dei potenziali distretti biologici: aspetti ambientali

Per valutare la potenzialità ambientale di un territorio a divenire un distretto biologico, sono stati costruiti cinque indici ambientali, accorpando indicatori e variabili ritenuti significativi per le finalità dello studio.
L’inclusione o l’esclusione di indicatori e variabili nell’ambito di uno specifico aspetto ambientale dipende dalla prospettiva loco-specifica e dagli obiettivi da perseguire, e rappresenta uno degli elementi più critici dell’analisi. La validità di un insieme di indicatori ambientali è pertanto generalmente limitata nel tempo a causa della forte dipendenza dal grado di conoscenza del territorio e delle priorità politiche del contesto. Si è reso necessario, quindi, assicurare sufficienti margini di flessibilità alla lista di indicatori e variabili proposta, così da consentire le opportune variazioni nella valutazione della potenzialità ambientale territoriale in casi diversi.
Gli approcci più innovativi, infatti, tendono non a definire liste di indicatori e variabili valide per tutte le situazioni territoriali, ma ad adottare un quadro di riferimento concettuale e criteri di selezione degli stessi indicatori il più possibile oggettivi e condivisi.
Gli indici ambientali proposti sono stati costruiti con un approccio dinamico, in cui la costruzione e il calcolo di ciascuno potrà variare a seconda della realtà e delle caratteristiche del territorio e in funzione della disponibilità dei dati.
Gli indici ambientali elaborati sono:

  • Indice di Pregio ambientale: è costruito da variabili e indicatori che riportano informazioni sulla presenza di aree ad elevato pregio naturalistico e paesistico; Indice di Fragilità ambientale: è popolato da variabili e indicatori che descrivono fonti e pressioni reali e potenziali di inquinamento legate alle matrici ambientali (acque, suolo, aria) e la fragilità intrinseca di specifici ecosistemi;
  • Indice di Biodiversità agricola: valuta lo status della biodiversità legata specificamente all’attività agricola. Le variabili che costruiscono l’indice forniscono, infatti, informazioni specifiche sia sulla varietà di piante e animali legata all’agricoltura sia sulla presenza di specie selvatiche dipendenti dalla stessa;
  • Indice di Categorie d’Uso del Suolo non idonee: l’obiettivo dell’indice è quello di individuare le aree ad elevato grado di antropizzazione e, quindi, poco idonee per l’istituzione del distretto biologico. Le variabili che lo popolano sono variabili di “esclusione territoriale”;
  • Indice di Pressioni Antropiche puntuali: l’indice è costruito da dati puntuali di pressioni antropiche con potenziale impatto ambientale presenti sul territorio. E’ un indice di presenza/assenza calcolato su superfici espresse in km2.

Nella tabella 1 si riporta un estratto, non esaustivo, della lista degli indicatori e variabili presi in considerazione per la costruzione di ciascun indice ambientale.

 

Tabella 1 - Variabili ed indicatori ambientali

Risultati

La metodologia proposta per la valutazione della potenzialità ambientale di un territorio è stata applicata al territorio della Regione Lazio, al fine di testarne la validità.
L’applicazione ha previsto le seguenti fasi:

  • Costruzione del Sistema Informativo relativo alle singole unità territoriali (comuni) in esame, attraverso la raccolta, la validazione e la strutturazione delle informazioni e dei dati relativi agli indicatori/variabili ambientali scelti;
  • Gestione delle informazioni raccolte e dei dati ambientali disponibili per i singoli comuni, con il supporto del Geographic Information System (GIS), utilizzato per l’analisi dei risultati, ma anche l’estrazione di talune informazioni ambientali, altrimenti non reperibili;
  • Costruzione degli Indici ambientali derivanti dall’aggregazione di indicatori e variabili con impatti simili;
  • Creazione della Mappa di Vocazione Ambientale mediante la sovrapposizione cartografica dei cinque indici. La metodologia per calcolare la distanza dalla condizione di idealità ambientale (su base regionale) è analoga a quella seguita per l’analisi socio-economica (vedi Franco e Pancino su questo numero). In base a tale distanza è stata individuata la potenzialità ambientale del comune rispetto alla condizione ideale di appartenenza ad un distretto biologico.

Il risultato è rappresentato nella figura 1.

Figura 1 - Rappresentazione grafica della metodologia di valutazione della vocazionalità ambientale ai comuni della Regione Lazio

Conclusioni

La valutazione ambientale del territorio, realizzata secondo la metodologia descritta nel presente articolo, consente di valutare lo status ambientale di una determinata area. Nonostante, infatti, nei più recenti orientamenti legislativi il valore ambientale del territorio non sia esplicitamente inserito nei requisiti per l’individuazione del distretto biologico, essi appaiono imprescindibili. Infatti, chi comprerebbe prodotti biologici provenienti da un territorio con gravi emergenze ambientali? Chi andrebbe a visitare un distretto biologico posto in prossimità di una discarica? Pertanto l’attivazione dei distretti biologici dovrebbe portare alla creazione di oasi di produzione con un’elevata qualità ambientale, il cui valore aggiunto è dato proprio dal legame tra produzione, territorio e ambiente.
La metodologia proposta rappresenta un utile strumento di analisi per qualsiasi studio ambientale territoriale di contesto agro-sostenibile, consentendo di:

  • leggere e definire lo stato quali - quantitativo del territorio analizzato;
  • individuare e interpretare i carichi e le pressioni sulle risorse naturali;
  • verificare le compatibilità tra le caratteristiche ambientali del territorio e le politiche agroambientali ;
  • strutturare la lettura del crossing-over tra elementi del contesto agricolo e suscettività ambientali presenti e future.

Note

(1) Nuovo testo unificato predisposto dal comitato ristretto e adottato come testo base (approvato in data 29 novembre 2007 dalla Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati).

Riferimenti bibliografici

  • ANPA, 2002 - Manuale di indici ed indicatori per le acque, CTN AIM/2002
  • ANPA, 2000 - Selezione di indicatori ambientali per i temi relativi alla biosfera, RTI CTN_CON 1/2000
  • ANPA, 2000 – Sviluppo di indicatori per il suolo e i siti contaminati, RTI CTN_SSC 1/2000
  • APAT, 2006 - Annuario dei dati ambientali
  • EEA, Report No 6/2005 - Agriculture and environment in EU-15 — The IRENA Indicator Report
  • INEA, 2004 - Misurare la sostenibilità - indicatori per l’agricoltura italiana a cura di Antonella Trisorio
  • OECD, 2001 - Environmental Indicators for Agriculture. Volume 3 - Methods and results, Paris, France
  • Commissione Europea, Direzione Generale dell’agricoltura e dello sviluppo rurale, Direzione G. Istituto Economico G. Tagliacarne, Unioncamere(2004). I distretti agroalimentari di qualità in Italia
  • Brasili, C., Fanfani, R. (2004). Agri-Food Districts: Theory and Evidence. Atti del convegno “Sustainable Development and Globalisation of Agri-Food Markets”, Laval University, Quebec, Canada
  • Iacoponi L. (2001); “Impresa agraria e ipotesi distrettuale: dai sistemi produttivi agroalimentari ai sistemi territoriali”, Conferenza nazionale, Istituzioni e regole per l’imprenditore e l’agricoltura nel mercato, Confederazione Italiana Agricoltori (CIA), Roma, 4 dicembre [link]

 

 

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