Con la definitiva approvazione dei Programmi di sviluppo rurale (Psr) è possibile disegnare una mappa delle scelte operate, delle strategie adottate e degli strumenti utilizzati per il raggiungimento degli obiettivi prefissati a livello comunitario. L’approvazione dei Psr va a completare il quadro dell’implementazione della Pac riformata nel 2013, facendo seguito alle tante scelte fatte dagli Stati membri in merito ai pagamenti diretti. Infatti, mentre per il secondo pilastro il principio di sussidiarietà è un elemento cardine in tutte le fasi della programmazione, il margine di flessibilità concesso ai paesi membri nell’ambito del primo pilastro risulta una novità senza precedenti, per numerosità delle deleghe e rilevanza delle stesse (Swinnen, 2015; Matthews, 2015).
L’articolo riporta i primi risultati di un lavoro di analisi teso a restituire un quadro conoscitivo completo delle strategie adottate dagli Stati membri nell’ambito della Pac per il periodo di programmazione 2014-2020, rispetto alle caratteristiche di partenza del settore e ai fabbisogni dichiarati nei documenti di programmazione. L’esercizio, ancora parziale, si focalizza sulle principali scelte di politica e sulla allocazione delle poste finanziarie tra componenti dei pagamenti diretti, da un lato, e tra le focus area e priorità, dall’altro. Questa chiave di lettura non esaurisce chiaramente tutti gli aspetti da analizzare nel contesto della Politica Agricola Comune (Pac). Il lavoro rappresenta, quindi, un tassello di una attività di ricerca più ampia, in corso di sviluppo nell’ambito delle attività proprie del Centro di Politiche e Bioeconomia del Crea (ex Inea) e delle attività delle Rete Rurale Nazionale 2014-2020.
Il primo pilastro della Pac: i pagamenti diretti
Le numerose opzioni delegate agli Stati membri, all’interno di un ampio ventaglio di alternative, hanno determinato una vasta eterogeneità di implementazione dei nuovi pagamenti diretti nell’UE per il prossimo quinquennio. Per approfondimenti sulle scelte notificate alla Commissione dagli Stati membri in tema di pagamenti diretti si rimanda ad uno studio realizzato recentemente per il Parlamento Europeo “Implementation of the first pillar of the Cap 2014 – 2020 in the EU Member States” (Henke, 2015).
In estrema sintesi, come schematizzato in tabella 1, il sostegno accoppiato facoltativo rappresenta la componente cui hanno fatto ricorso quasi tutti i paesi (27), con l'eccezione della Germania e di Inghilterra, Galles e Irlanda del Nord per il Regno Unito; il pagamento per i piccoli agricoltori è stato attivato da 15 Stati membri (Sm); mentre 10 Sm continueranno a mantenere il pagamento per superficie fino al 2020; 8 Sm hanno deciso di attivare il pagamento ridistributivo e di questi 6 Sm non applicheranno la degressività dei pagamenti; infine, un solo paese (Danimarca) ha scelto il pagamento per le zone soggette a vincoli naturali (Anc).
Tabella 1 – Pagamenti diretti: sintesi delle principali decisioni
Fonte: European Commission – DG Agri (2014), Direct payments. Decisions taken by Member States by 1 August 2014, 5th Meeting of the Expert Group on Monitoring and Evaluating the Cap -14.10.2014
Le risorse finanziarie totali per i pagamenti diretti nei 28 Sm ammontano per il periodo 2015-2019 a circa 210 miliardi di euro a prezzi correnti. A livello aggregato, le dotazioni più consistenti sono destinate ai pagamenti disaccoppiati, regime di pagamento di base o Saps (54%) e al pagamento per le pratiche benefiche per il clima e l’ambiente (greening con il 30%). Al pagamento ridistributivo è destinato il 4,5% della dotazione, mentre il pagamento per i giovani agricoltori riceve 1,5% del plafond. Le misure accoppiate ricevono il 10% dell’intera dotazione per i pagamenti diretti per un totale di oltre 4 miliardi di euro l’anno; si tratta di un incremento consistente per misure legate alla produzione, tenendo conto che nel 2013 le componenti accoppiate del sostegno specifico (art. 68 del Reg.(CE) n. 73/2009) ricevevano 1,2 miliardi di euro (Pupo D’Andrea, 2014).
Figura 1 – Break down delle dotazioni finanziarie per componenti dei pagamenti diretti, media 2015-2019 (valori %)
*Il regime dei piccoli agricoltori non riceve una allocazione specifica da parte dello Stato membro. I pagamenti nell'ambito del regime per i piccoli agricoltori sostituiscono i pagamenti da concedere a norma delle altre componenti
** Include: Italia, Spagna, Grecia e Portogallo
*** Include: Croazia, Cipro e Malta
Fonte: nostre elaborazioni su dati DG Agri (2015), Henke (2015)
Rispetto alla media europea, si distinguono una pluralità di orientamenti. I Nuovi Stati Membri (UE12&HR) hanno optato in prevalenza per conservare sistemi amministrativamente semplificati nell’ambito delle componenti disaccoppiate dei pagamenti diretti, per poi sfruttare quanto più possibile le potenzialità dell’accoppiato per una strategia di sostegno a specifici settori: 10 paesi su 13 – con eccezione di Croazia, Slovenia e Malta – mantengono infatti il pagamento unico per superficie (Saps), ossia un pagamento ad ettaro uniforme in tutto il territorio nazionale. L’accoppiato rappresenta, quindi, uno strumento importante di orientamento e differenziazione del livello di intervento pubblico e gran parte dei nuovi Sm vi destina la dotazione massima, o quasi, a favore di tale sostegno (15% in Polonia, Ungheria, Rep. Ceca, Lettonia, Lituania, Bulgaria, Slovenia e Croazia); fanno eccezione, da un lato, Estonia e Cipro che allocano alla misura rispettivamente il 3,4% e l’8% e, dall’altro lato, Malta per la quale è prevista una deroga eccezionale (con il 57%).
Tra i vecchi Stati membri si osserva un ventaglio di scelte più eterogeneo, probabilmente determinato dall’ampia differenziazione del valore dei diritti all’aiuto ancora esistente all’interno di molti di essi. La dotazione per l'accoppiato è mediamente più contenuta (8,6%)1 a vantaggio di forme di pagamento disaccoppiato. In questo caso, tre paesi hanno beneficiato di speciali concessioni per l’articolo 52, potendo assegnare all’accoppiato ben oltre la percentuale massima prevista; si tratta di Belgio-Vallonia (21,3%), Portogallo (con un valore medio del 21%) e Finlandia (con un valore medio del 20%). La preferenza per il sostegno accoppiato è più evidente però nei paesi mediterranei rispetto a quelli dell’Europa Centro Settentrionale e, come vedremo di seguito nell’analisi dello sviluppo rurale, questo fattore è legato a un più esplicito orientamento a favore di interventi per la competitività dei sistemi agroalimentari.
Figura 2 – Breakdown per componente dei pagamenti diretti per Stato membro, anno di domanda 2015-2019 (%)
Fonte: nostre elaborazioni su dati DG Agri (2015), Henke (2015)
Il pagamento ridistributivo trova una applicazione trasversale, ricevendo, in termini percentuali, un plafond più consistente nei Nsm (5,4%) che nell’UE15 (4,2%). Questa componente disaccoppiata, che mira a garantire un pagamento ad ettaro uniforme per i primi ettari dell’azienda, è stata attivata in 8 paesi: Belgio-Vallonia (17%), Francia (con una dotazione crescente negli anni dal 5% al 20%), Lituania (15%), Croazia (10%), Polonia (8,3%), Bulgaria e Germania (7%) e Romania (5,7%). L’uso del pagamento ridistributivo trova diverse giustificazioni nelle scelte degli Stati membri; tuttavia, non va trascurato che la sua attivazione con una percentuale superiore al 5% del plafond del paese esonera lo stesso dell’obbligo della degressività dei pagamenti diretti, evitando così di trasferire risorse dal Feaga al Feasr per effetto di un taglio dei pagamenti più ingenti sopra i 150.000 euro. Degli 8 Sm che hanno attivato il pagamento ridistributivo, solo 2 paesi hanno deciso di applicare comunque la degressività: Bulgaria e Polonia, con quest’ultima che ha previsto un trasferimento di gran lunga maggiore dallo sviluppo rurale ai pagamenti diretti tramite la flessibilità (vedi figura 4). Lo schema di pagamento era stato introdotto, a negoziati molto avanzati, su richiesta della Francia, a quanto pare per evitare una eccessiva ridistribuzione dei pagamenti da aziende zootecniche ad aziende cerealicole, nel caso in cui fosse stato adottato un flat rate regionalizzato (Matthews, 2013), scelta che poi è stata adottata solo in Corsica.
In termini di settori produttivi, la zootecnia da carne è il principale beneficiario del sostegno accoppiato facoltativo, con il 41% della dotazione complessivamente assegnata nell’ambito dell’articolo 52; questo comparto è stato scelto da 23 paesi dei 27 che hanno attivato la misura. La preferenza per questo settore emerge in modo significativo nei vecchi Sm e, tra questi, nei paesi Centro Settentrionali dove la percentuale di allocazione raggiunge rispettivamente il 47% e il 59% (Figura 3). La zootecnia da latte beneficia mediamente del 23% del plafond, interessando 18 Sm, con valor percentuali che salgono al 39% nei nuovi Sm e in particolare in quelli del centro nord Europa. Il settore ovi-caprino riceve il 12%, distribuito in 20 paesi, ma con un marcato interesse da parte di tutti i paesi mediterranei. Le proteine vegetali sono destinatarie di un ammontare pari al 9,5% del plafond in 14 paesi, seguite da frutta e verdura (3,3%), i cereali (2,2%), lo zucchero di canna (2%) e l’olio d’oliva (1,8%).
Figura 3 – Sostegno accoppiato facoltativo per settore produttivo (%)
Fonte: nostre elaborazioni su dati DG Agri (2015), Henke (2015)
Oltre all'allocazione di risorse tra le diverse componenti dei pagamenti diretti, la scelta relativa alla regionalizzazione del pagamento di base risulta di particolare rilievo nella strategia di un paese. L’estensione territoriale della regione, che può coincidere anche con i confini di un paese (regione unica), va letta contestualmente al modello di convergenza dei pagamenti2. Queste due scelte, combinate tra loro, possono determinare effetti più o meno ridistributivi sui pagamenti. Le combinazioni tra le due tipologie di scelta sono variegate. Tra i 22 paesi che hanno scelto un’unica regione, solo 6 hanno optato per il flat rate, a partire da diversi anni di domanda: dal 2015 a Malta, dal 2019 in Austria, Danimarca, Germania e Olanda e dal 2020 in Svezia. A fronte di una regione unica, Italia, Portogallo e Slovenia hanno applicato un processo di convergenza parziale con l’implementazione del cosiddetto tunnel3, mantenendo quindi una differenziazione del valore dei pagamenti anche oltre il 2019; mentre Croazia, Lussemburgo e Irlanda hanno attivato un processo di convergenza parziale senza garantire un limite massimo alla riduzione del valore dei diritti di quegli agricoltori che finanziano il processo di convergenza. I restanti 10 paesi, che nella forma di regionalizzazione hanno optato per un’unica regione, mantengono il Saps. Una forma di regionalizzazione più frammentata rispetto al territorio nazionale è stata l’opzione attivata da 10 paesi; tra questi rientra il Regno Unito, che ha previsto tre sub-regioni sia in Inghilterra che in Galles e in Scozia, con eccezione invece dell'Irlanda del Nord identificata come unica regione; questa scelta è stata associata alla convergenza totale in tutti i contesti, raggiungendo però il flat rate in diversi anni di domanda (2015 in Inghilterra, 2019 in Galles e Scozia o 2021 in Irlanda del Nord). La convergenza verso un flat rate nel 2019 è stata scelta anche dalla Finlandia, che ha individuato due regioni distinte. La Francia, invece, ha optato per un diverso processo di convergenza nelle due regioni determinate: flat rate già dal 2015 in Corsica e convergenza parziale nell'Esagono, dove è stato attivato anche il pagamento ridistributivo. Infine, la convergenza parziale con il tunnel è stata scelta anche dalle due regioni belghe Fiandre e Vallonia, così come dalla Grecia che ha individuato tre regioni e dalla Spagna che ha identificato ben 50 regioni.
Un elemento particolarmente interessante nell'analisi congiunta dei due pilastri della Pac è la cosiddetta flessibilità tra pilastri, ossia un meccanismo volontario che consente - entro certi limiti - lo spostamento di risorse finanziarie tra pilastri. A livello comunitario, il meccanismo ha determinato uno spostamento netto di risorse a favore dello sviluppo rurale per un importo pari a 3.024 milioni di euro; questo effetto è determinato da uno trasferimento dal primo al secondo pilastro di 6.383 milioni di euro da parti di 11 paesi (Regno Unito, Francia, Germania, Grecia, Danimarca, Olanda, Romania, Repubblica Ceca, Lettonia, Estonia e Belgio) e un trasferimento in senso inverso per un ammontare pari a 3.358 milioni di euro da parte di 5 paesi (Polonia, Ungheria, Slovacchia, Croazia e Malta). In diversi Sm la scelta rientra nella tradizione del paese (Regno Unito, unico Stato membro ad aver attuato la modulazione volontaria), in altri casi è dettata dalla necessità di “neutralizzare” l’esito del negoziato sul Qfp 2014-2020 (Malta, Lettonia e Romania).
Figura 4 – Flessibilità tra pilastri (milioni di euro)
Fonte: nostre elaborazioni su dati Regolamento (UE) n. 1307/2013; Regolamento (UE) n. 1305/2013; Regolamento (UE) n. 1378/2014 e Regolamento di esecuzione (UE) n. 2015/141
Il secondo pilastro della Pac: lo sviluppo rurale
La politica di sviluppo rurale con la riforma presenta una struttura di programmazione nuova, incentrata su sei Priorità4 di intervento a loro volta suddivise in 18 focus area5. Le focus area sono il punto centrale della programmazione e ad esse fanno riferimento le misure, organizzate secondo le esigenze strategiche del policy-maker. Dall’analisi delle focus area, emerge la strategia adottata dai singoli programmi ed è possibile dedurne una mappa concettuale delle scelte operate dagli Stati rispetto agli obiettivi individuati.
Le risorse pubbliche destinate ai Piani di sviluppo rurale ammontano a 158 miliardi di euro (di cui 99,5 milioni di quota Feasr pari al 63% del budget complessivo) in 7 anni e sono state ripartite in 118 programmi. I Psr nazionali sono 206; 8 Stati membri (Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Italia, Portogallo, Regno Unito e Spagna) hanno optato per Psr regionali7. Francia, Italia e Spagna hanno adottato anche un Programma di sviluppo rurale nazionale (Psrn); mentre Francia, Italia e Germania hanno previso un programma Rete Rurale Nazionale (Rrn) per l’attuazione delle misure di assistenza tecnica.
Per quanto attiene alla strategia adottata, l’analisi dei Psr, da un lato, riconferma un tradizionale assetto programmatorio che vede strategie differenziate tra stati dell’Europa meridionale e quelli dell’Europa centrosettentrionale, tra vecchi e nuovi Stati membri; dall’altro lato, l’introduzione delle focus area tende a caratterizzare la programmazione, facendo emergere scelte programmatiche non del tutto scontate.
Nelle scelte effettuate dai singoli Stati membri prevale la priorità 4, legata ai temi dell’agro-ambiente e della salvaguardia delle risorse naturali, cui viene destinato il 45% delle risorse finanziarie dei 118 programmi; seguono la priorità 2 “Redditività e competitività delle imprese agricole” con il 20% delle risorse e la 6 “inclusione sociale” con il 15% delle risorse. Il 10% va alla priorità 3 “Competitività dei sistemi produttivi” e l’8% alla priorità 5 “Uso efficiente delle risorse, paesaggio ed economia a bassa emissione”8 (Figura 5).
Figura 5 – Le risorse dei Psr per priorità
Fonte: nostre elaborazioni su dati DG Agri - [link]
La programmazione tende a polarizzarsi essenzialmente lungo due direttrici: gli Stati che indirizzano le risorse alle tematiche ambientali e quelli che sembrano privilegiare l’intervento a favore della competitività del sistema agricolo (Figura 6).
Figura 6 – Peso degli interventi per la competitività (P2 e P3) e per l’ambiente (P4) per Paese membro UE (% su spesa pubblica totale)
Fonte: nostre elaborazioni su dati DG Agri - [link]
L’Europa centrosettentrionale privilegia la priorità ambientale (P4) a cui è destinato il 56% delle risorse, mentre gli Stati meridionali tendono, seppur in maniera relativa (parliamo di circa il 26% delle risorse), a incentivare gli interventi per la redditività e la competitività (priorità 2 e 3). Il polarismo geografico caratterizza anche la programmazione dei nuovi Stati membri: quelli dell’Europa centrale (Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia) privilegiano la strategia ambientale, di contro quelli più orientali puntano su strategia a favore della competitività settoriale. Tra i due poli si inseriscono alcuni Paesi che fanno scelte diverse. Germania, Bulgaria e Romania cedono una importante parte del budget alla priorità 6 destinata agli interventi per lo l’inclusione sociale e lo sviluppo delle aree rurali.
L’approfondimento per focus area aiuta a chiarire la situazione. In linea di massima le focus area legate alle priorità 2, 4 e 6 trovano tutte ampia attuazione. In particolare, le tre focus area della priorità 4 assorbono in media il 44% delle risorse dei programmi, le risorse rimanenti vanno a favore e della focus area 2.A per l’”ammodernamento delle strutture agroalimentari” che assorbe mediamente il 16% delle risorse dei programmi, seguita dalla 6.B per lo “sviluppo delle aree rurali” (essenzialmente il vecchio Leader) che assorbe invece l’11%. Tutte le altre focus area, fatta eccezione per la 3.A tesa al miglioramento delle filiere agroalimentari con il 7% del budget, risultano essere residuali.
L’analisi della dotazione finanziaria per focus area ci porta a proporre una classificazione delle tipologie di strategia dei Psr in quattro gruppi:
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l’Europa centrosettentrionale, come da tradizione ha incentrato i Psr sulla tematiche agroambientali, privilegiando l’aiuto diretto all’agricoltore piuttosto che il sostegno all’investimento. Questa scelta in parte è determinata dalla struttura socio-economica del settore agricolo, in parte dal sistema di politica settoriale adottato in questi Stati che tende a demandare gli interventi strutturali a politiche nazionali (Mantino, 2011). Tra questi Paesi si inserisce la Grecia che, viste le recenti questioni politico-economiche, probabilmente ha scelto di utilizzare misure più semplici che potessero sostenere il reddito degli agricoltori in questo periodo di crisi;
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il secondo gruppo raccoglie i Psr che hanno privilegiano gli interventi strutturali a favore delle imprese agricole e forestali puntando sulla Fa 2.A. Si tratta dei programmi di Polonia, delle repubbliche Baltiche, di Portogallo, Belgio, Olanda, diversi Psr francesi (quelli dei territori di oltremare) e la gran parte di quelli italiani. Questo gruppo di Paesi privilegia una strategia più tradizionale dell’intervento legata alle misure strutturali per le imprese agricole e forestali. La collocazione geografica e la storia dell’agricoltura dei Paesi che rientrano in questo gruppo è distante, ma nello stesso tempo risultano accomunati dall’importanza che il settore ha nelle economie regionali o nazionali;
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un ristrettissimo gruppo di Paesi ha privilegiato gli interventi di sistema sull’agroalimentare a valere sulla focus area 3.A. Fanno parte di questo gruppo Slovacchia, Ungheria, Malta e i Psr di Emilia Romagna e Sardegna, buona parte di quelli spagnoli. In questo caso la strategia punta ad interventi sistemici tesi allo sviluppo del sistema agroalimentare. Rientrano in questo gruppo i Programmi di sviluppo rurale nazionale di Francia, Italia e Spagna nel tentativo di gestire in maniera unitaria alcuni degli obiettivi strategici della politica di sviluppo rurale;
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nell’ultimo gruppo rientrano i Paesi la cui strategia si è concentrata sugli interventi per lo sviluppo locale nelle zone rurali (Fa 6.B): Romania, Bulgaria, i programmi tedeschi, Cipro, alcune Regioni francesi. La scelta di Bulgaria e Romania fa pensare ad una strategia per lo sviluppo delle aree rurali incentrata sugli interventi tesi a superare i ritardi di sviluppo e le enormi problematiche occupazionali che incontrano le aree rurali di questi paesi. I Psr tedeschi puntano sul miglioramento generale delle condizioni di vita e di lavoro nelle aree rurali. Mentre le Regioni francesi che danno più spazio allo sviluppo rurale in senso stretto sono aree più urbanizzate i territori d’oltremare. In queste Regioni, così come a Cipro, l’adeguamento dei territori rurali si mette a servizio anche di altri settori caratterizzanti l’economia, primo tra tutti il turismo.
Le strategia adottata non si discosta molto da quella dei precedenti periodi di programmazione. In generale gli Stati membri anche in termini di Politica di sviluppo rurale tendono a confermare una certa path-dependency nella definizione delle politiche. I cambiamenti più evidenti si registrano rispetto agli strumenti adottati (le misure). La possibilità di utilizzare nei Psr le misure con una certa flessibilità ha determinato, se non in tutti i programmi, in una buona parte di essi il rinnovamento delle scelte operate. Tant’è che, analizzando quali sono le misure che fanno capo alle singole focus area, emerge più chiaramente su quali interventi e tipologie di beneficiari si punti realmente.
La strategia per la competitività utilizza in maniera preponderante le misure per l’innovazione. È consueto, nella politica di sviluppo rurale, il legame tra misure a sostegno del capitale umano e misure strutturali a favore dell’impresa ma è altrettanto evidente che questo legame si è rafforzato in vista dell’attuazione della strategia per l’innovazione su cui alcuni programmi sembrano puntare più di altri. Originale il caso scozzese che finalizza alla competitività le misure a superfice, con l’idea che migliori pratiche agricole aumentino la qualità del prodotto e quindi la loro competitività sui mercati.
In numerosi Psr gli obiettivi di sostenibilità ambientale ricorrono ad interventi di natura strutturale. In questo caso si utilizza soprattutto la misura 4 “Investimenti in immobilizzi materiali”, con i Paesi dell’Europa meridionale che ricorrono alla misura soprattutto per interventi in relazione all’infrastrutturazione idrica. Un piccolo gruppo di Psr finalizza le misure per la formazione, la consulenza aziendale e l’innovazione (misure 1, 2 e 16) ai temi ambientali, con l’idea che la salvaguardia e il miglioramento della biodiversità necessiti anche di interventi capaci di rinnovare i processi, i prodotti e le pratiche agricole e forestali. Interessante l’utilizzo che fanno, soprattutto, alcuni Psr tedeschi di misure generalmente finalizzate allo sviluppo dei territori rurali a fini ambientali. In questo caso si ricorre principalmente alla misura 7 “Servizi di base e rinnovamento dei villaggi nelle zone rurali” con una strategia che indirizza interventi collettivi, infrastrutturali o gestionali alla tutela del patrimonio agroambientale.
La strategia per le aree rurali (Priorità 6) utilizza le misure per gli interventi strutturali in tutti i Psrdei nuovi Stati membri e in buona parte di quelli francesi e spagnoli, in questi casi i Psr puntano sulla diversificazione delle attività agricole o sulla nascita di attività extra-agricole (interventi previsti dalle misure 4 e 6) e sul sistema della conoscenza (misure 1 e 2). Da segnalare il caso del Psr del Portogallo continentale che attiva nella focus area 6.B la misura 13 “indennità zone svantaggiate”, una misura evidentemente indirizzata a garantire un reddito fisso ad aziende a rischio mortalità in aree remote o marginali del Paese.
La nuova architettura dei Psr ha permesso, almeno in sede di programmazione, di sperimentare strategie d’intervento nuove di cui sarà interessante analizzare in futuro gli impatti. Quello che emerge è un timido tentativo di innovare le politiche utilizzando in maniera efficace gli strumenti offerti dal nuovo regolamento.
Prime considerazioni conclusive
Da quanto sin qui analizzato, emerge un quadro fortemente eterogeneo delle scelte strategiche degli Stati membri nell’ambito della Pac. Si tratta di un effetto determinato, da un lato, dalla marcata diversità del contesto di implementazione, ossia dalla presenza di molteplici modelli di agricoltura in un’Unione allargata a 28 paesi. Dall’altro lato, l’effetto è dovuto all’aumento della strumentazione a disposizione degli Stati membri e alla crescente flessibilità di utilizzo della stessa, che consente di definire e articolare maggiormente la strategia di sviluppo.
Ne deriva una marcata complessità a tracciare un quadro di sintesi dei due pilastri, sia con riferimento agli obiettivi perseguiti che agli strumenti attivati. L’orientamento delle strategie nazionali verso uno o più obiettivi non è un fattore direttamente palese. Il primo pilastro manca di una esplicita logica di intervento che colleghi gli strumenti alle priorità, agli obiettivi della politica e alle sfide dell’UE; quella della logica di intervento è, invece, una caratteristica tipica dello sviluppo rurale, il cui sistema di governance impone scelte programmatiche precise a fronte di ben individuati fabbisogni di sviluppo, oltre a un legame diretto con i fondi strutturali nell’ambito dell’Accordo di Partenariato. In relazione agli strumenti, il primo pilastro della Pac si trasforma sostanzialmente da una politica con governance di tipo top-down a una di shared management, sulla base di deleghe importanti demandate agli Stati membri. Questo mutamento consente ai Paesi di allontanarsi dalla regolamentazione principale dove essa risultasse poco adatta al contesto nazionale (Henke, 2015); tale condizione consentirebbe – se adeguatamente sfruttata – di definire meglio una strategia nazionale in fase di programmazione dei due pilastri della politica agricola. Dall’altro lato, tuttavia, il rischio è di risentire maggiormente di un potere di bargaining a livello nazionale (Sotte, 2007).
Un ulteriore elemento di complessità è dato poi dal diverso livello territoriale di programmazione tra i due pilastri con 32 centri decisionali nei pagamenti diretti a fronte di 118 nello sviluppo rurale.
Il menù di strumenti nelle mani dei policy maker spesso non risulta adeguatamente sfruttato, venendo preferita, in molti casi, una frammentazione delle risorse e una limitata integrazione tra primo e secondo pilastro. Ad ogni modo, si possono evidenziare alcuni timidi tentativi che tengono conto della strumentazione a disposizione nei due pilastri. L’adozione del pagamento unico per superficie trova corrispondenza con scelte programmatiche volte a favorire l'integrazione sociale, la riduzione della povertà e lo sviluppo economico nelle zone rurali (priorità 6), come in Bulgaria, Romania e Ungheria, e secondariamente a favore della promozione dell’organizzazione della filiera alimentare (priorità 3). Al contrario, i vecchi SM dell’Europa Centrosettentrionale sono più orientati alle misure a finalità ambientale di preservazione e valorizzazione degli ecosistemi (priorità 4 dei Psr). Diverso è il caso della Germania che predilige interventi redistributivi e di diversificazione a sostegno di politiche di sviluppo territoriale. Tra i paesi mediterranei si evidenzia invece un orientamento al sostegno accoppiato nel primo pilastro legato agli strumenti a favore della competitività nel secondo pilastro.
L’esercizio, basandosi essenzialmente sulle principali scelte e sulla allocazione delle poste finanziarie, offre una visione parziale delle strategie nazionali in tema di Pac, non esaurendo tutti gli aspetti da analizzare nell’implementazione della politica. Ad ogni modo, il lavoro evidenzia a nostro avviso suggestioni interessanti (solo in alcuni casi già note in letteratura) e si sforza di analizzare contestualmente due facce della stessa medaglia. Sarebbe prematuro, allo stato attuale, avanzare giudizi sugli approcci più o meno strategici dei singoli paesi; è comunque vero che occorrerà riflettere sempre più sulle strategie messe in campo a fronte di una prossima riforma che tenterà, ancora una volta, di integrare e riorganizzare i due pilastri della Pac.
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- 1. Escludendo i massimali di Germania e Regno Unito (in Inghilterra, Galles e Irlanda del Nord), dove la misura risulta assente, la percentuale della dotazione destinata all’accoppiato sale dall’8,6% all’11,2%.
- 2. Gli Stati membri hanno potuto selezionare il processo di convergenza, scegliendo tra: (i) convergenza totale nel 2015, con applicazione del flat rate (ossia di un pagamento ad ettaro uguale per tutti); (ii) convergenza totale nel 2019; oppure (iii) convergenza parziale con un progressivo e limitato avvicinamento del valore dei diritti alla media nazionale.
- 3. Il processo di convergenza parziale prevede tre step, di cui i primi due sono obbligatori mentre il terzo è facoltativo: (i) al più tardi entro il 2019 va garantito l’aumento del valore unitario dei diritti di almeno 1/3 della differenza tra il valore unitario iniziale e il 90% della media nazionale (o regionale), noto come “Modello irlandese”; (ii) al più tardi entro il 2019 nessun diritto all'aiuto deve avere un valore unitario ad ettaro inferiore al 60% della media nazionale (o regionale); (iii) nessun diritto deve subire una diminuzione maggiore del 30% del proprio valore per effetto della convergenza, noto come stop loss. Il “tunnel” descrive quindi il soddisfacimento della condizione prevista nello step (ii) contestualmente al rispetto della condizione dello stop loss (iii).
- 4. Le priorità della politica di sviluppo sono le seguenti: 1. Promuovere il trasferimento di conoscenza e innovazione; 2. Potenziare la redditività delle aziende agricole e la competitività dell’agricoltura; 3. Promuovere l’organizzazione della filiera alimentare; 4. Preservare, ripristinare e valorizzare gli ecosistemi connessi all’agricoltura e alla silvicoltura; 5. Incentivare l’uso efficiente delle risorse e del paesaggio per una economia a basse emissioni; 6. Adoperarsi per l’inclusione sociale, la riduzione della povertà e lo sviluppo economico delle zone rurali.
- 5. Le focus area sono le seguenti: 1.A) Stimolare l’innovazione, 1.B) Rinsaldare i nessi tra agroalimentare e ricerca e innovazione, 1.C) Incoraggiare l’apprendimento e la formazione professionale; 2.A) Migliorare le prestazioni economiche delle imprese, 2.B) Favorire il ricambio generazionale; 3.A) Migliorare la competitività dei produttori primari attraverso l’integrazione nella filiera agroalimentare, 3.B) Prevenzione e gestione rischi aziendali; 4.A) miglioramento biodiversità, 4.B) gestione risorse idriche; 4.C) prevenzione erosione suoli; 5.A) efficienza gestione idrica, 5.B) efficiente uso risorse energetiche; 5.C) approvvigionamento e utilizzo di fonti di energia rinnovabile, 5.D) riduzione emissioni gas serra, 5.E) promuovere la conservazione e il sequestro di carbonio nel settore agricolo e forestale; 6.A) diversificazione sviluppo piccole imprese e occupazione, 6.B) stimolare lo sviluppo nelle zone rurali; 6.C) promuovere l’accessibilità, l’uso e la qualità dell’Itc nelle zone rurali.
- 6. Austria, Bulgaria, Cipro, Croazia, Danimarca, Estonia, Grecia, Irlanda, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Svezia, Ungheria.
- 7. 2 Psr rispettivamente per Belgio e Finlandia, 4 rispettivamente per Portogallo e Regno Unito, 27 in Francia, 21 in Italia, 15 in Germania e 17 in Spagna.
- 8. La priorità 1 non prevede una posta finanziaria specifica, poiché ritenuta priorità trasversale cui devono contribuire tutte le altre priorità.