Clima e ambiente nella Pac post 2020

Clima e ambiente nella Pac post 2020

Abstract

La lotta ai cambiamenti climatici continuerà a essere uno degli obiettivi strategici della Politica agricola comune anche nel post 2020, come emerge dalla proposta di riforma presentata dalla Commissione europea nel giugno 2018, e avrà un livello di ambizione maggiore anche in considerazione dei target e degli impegni assunti dall’Unione europea a livello internazionale sia con l’accordo di Parigi (Cop 21) sia nell’ambito della strategia 2030 per il clima e l’energia.

Introduzione

Dalla proposta di riforma della Politica agricola comune (Pac) post 2020, presentata dalla Commissione europea lo scorso 1° giugno, emerge che la lotta ai cambiamenti climatici nel prossimo settennio di programmazione non solo continuerà a essere uno degli obiettivi strategici della Pac, ma avrà un maggiore livello di ambizione anche in considerazione dei target e degli impegni assunti dall’Unione europea a livello internazionale. L’attenzione della politica agricola alle questioni climatiche cresce, dunque, nel momento in cui, per onorare gli impegni assunti con l’accordo di Parigi (Cop 21) e nell’ambito del quadro 2030 per il clima e l’energia, il Parlamento e il Consiglio europeo hanno disciplinato obblighi e modalità di contabilizzazione per la riduzione delle emissioni di gas climalteranti nel post 2020.
La corrispondenza tra i due periodi di programmazione, da un lato quelli relativi alla Pac e dall’altro quelli specificamente climatici, non è perfetta. La proposta di riforma della Pac riguarda il periodo 2021-2027 e i suoi contenuti, secondo gli intenti della Commissione, dovrebbero definirsi entro la primavera 2019. Gli obblighi di riduzione delle emissioni e le regole di contabilizzazione, già disciplinati in due regolamenti pubblicati a giugno1, coprono, invece, il periodo 2021-2030.
Premesso ciò, l’impianto della nuova Pac proposto dalla Commissione dovrà contribuire a integrare l’azione per il clima nella politica agricola dell’Unione, ed è su questa tematica che si vuole focalizzare l’attenzione.
Dell’obiettivo climatico-ambientale, che rappresenta uno dei tre obiettivi generali della nuova politica agricola, verrà dunque approfondita la parte più propriamente climatica, con specifico riferimento all’obiettivo di mitigazione, pur nella consapevolezza che l’adattamento ai cambiamenti climatici è stato e sarà comunque una componente importante delle azioni da mettere in atto all’interno della Pac.

Alcune questioni definitorie e metodologiche

Prima di entrare nel dettaglio dei contenuti della proposta di riforma, e delle sue possibili ricadute applicative, bisogna imparare un nuovo “lessico”.
Ai fini climatici, infatti, l’agricoltura non è considerato un unico settore, ma l’insieme di due componenti soggette a obiettivi di riduzione (target) e regole diverse: da un lato c’è il settore “Lulucf” (Land use, land use change and forestry), ovvero le attività forestali, la gestione delle terre agricole (cropland management) e la gestione dei pascoli o (grazing land management), dall’altro c’è il settore ”Agricoltura” (che insieme ad altri costituisce il non-Ets o Effort sharing), considerato nelle sue molteplici componenti emissive2, le più importanti delle quali legate alla gestione delle deiezioni degli animali e all’uso dei fertilizzanti.
Per quanto riguarda Lulucf e “Agricoltura”, i gas serra rilevanti ai fini dei conteggi (espressi in CO2 equivalente) sono l’anidride carbonica (CO2), il metano (CH4) e il protossido di azoto (N2O). Così come identificati dalla normativa vigente, il settore Lulucf in Italia determina un assorbimento netto di carbonio risultante dal saldo tra l’assorbimento generato dalle foreste e dalla gestione dei pascoli e le emissioni generate dalla gestione delle terre agricole, mentre il settore “Agricoltura” è strutturalmente emissivo con un contributo pari al 7,1% del totale delle emissioni nazionali (Ispra, 2018).
Vale la pena sottolineare inoltre che, in termini di contributo alla mitigazione dei cambiamenti climatici, ciò che conta non è il segno del saldo tra emissioni e assorbimenti (ovvero il fatto che un settore generi un assorbimento netto, anziché un’emissione netta), ma la variazione del suddetto saldo rispetto in generale a un periodo di riferimento. È dunque in questi termini che una politica può essere considerata virtuosa.

L’architettura verde della Pac 2014-2020

L’attenzione al clima non è nuova per la Politica agricola comunitaria ed è emersa con chiarezza nell’architettura dell’attuale Pac 2014-2020, attraverso tre strumenti strategici: gli impegni per il cosiddetto “pagamento verde” o greening; nel primo pilastro e, più in generale, gli impegni della condizionalità; l’inserimento nel secondo pilastro di una priorità climatica alla quale poter ricondurre un mix di misure dello sviluppo rurale, tra cui quella dei pagamenti agro-climatico-ambientali, di nuova introduzione.
Partendo dal secondo pilastro, dove la strategia programmatoria delle Autorità di gestione dei Programmi di sviluppo rurale prevede la concertazione delle misure dello sviluppo rurale per il raggiungimento sinergico di priorità predefinite dalla normativa comunitaria, il clima è entrato con evidenza attraverso la Priorità 5 “Incentivare l'uso efficiente delle risorse e il passaggio a un'economia a basse emissioni di carbonio e resiliente al clima nel settore agroalimentare e forestale”, e le relative Focus area 5D “Riduzione delle emissioni di gas a effetto serra e di ammoniaca prodotte dall'agricoltura” e 5E “Promozione della conservazione e il sequestro del carbonio nel settore agricolo e forestale”. Nella strategia, definita in base ai fabbisogni e alle specificità dei singoli territori, le Regioni hanno ricondotto a queste due focus area diverse misure, in particolare la formazione, la consulenza, la cooperazione, le misure agro-climatico-ambientali, l’agricoltura biologica, gli investimenti in aziende agricole, gli investimenti nello sviluppo delle aree forestali e nel miglioramento della redditività delle foreste, i servizi silvoambientali e climatici e salvaguardia delle foreste, nonché le indennità Natura 2000 e indennità connesse alla direttiva quadro sulle acque.
Nell’ambito dello sviluppo rurale, tuttavia, la mitigazione dei cambiamenti climatici può essere perseguita anche, indirettamente, attraverso le altre Focus area della Priorità 5 e le Focus area della Priorità 4 concernenti gli ecosistemi connessi all'agricoltura e alla silvicoltura (ad esempio attraverso l’uso efficiente e la gestione sostenibile delle risorse idriche, del suolo e dell’energia, nonché l’approvvigionamento e l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili). Non va poi trascurato il contributo alla mitigazione di misure inserite in priorità apparentemente estranee a tematiche climatico-ambientali, come la Priorità 2, volta a potenziare la redditività delle aziende agricole e la competitività dell'agricoltura e a promuovere tecnologie innovative, nell’ambito della quale possono essere finanziati anche investimenti nella gestione dell’allevamento che abbiano l’effetto di ridurre le emissioni di gas serra e ammoniaca. Per questo nel secondo pilastro, dato anche il sistema di monitoraggio dei Psr esistente, è difficile individuare la totalità degli interventi che concorrono alla lotta al cambiamento climatico.
Per quanto riguarda il greening, è stato introdotto per la prima volta nell’ambito del primo pilastro con la Pac 2014-2020, come pagamento aggiuntivo a quello di base per il rispetto di tre pratiche benefiche per il clima e l’ambiente: la diversificazione delle colture, il mantenimento dei pascoli permanenti e il mantenimento o la costituzione di aree di interesse ecologico (Efa). Tuttavia, a programmazione ancora in corso, già il greening ha evidenziato alcune criticità. Nella sua relazione speciale n. 21/2017 sul pagamento verde3, la Corte dei Conti europea sostiene infatti che il greening, come attualmente applicato, è improbabile che migliori in maniera significativa la performance della Pac in materia di ambiente e clima, principalmente a causa dell’esiguità degli obblighi previsti, che coincidono, in generale, con le normali pratiche agricole. Si stima infatti che, pur applicandosi sul 77% della superficie agricola della UE (nel 2016), abbia apportato cambiamenti alle pratiche agricole soltanto sul 5% di tutta la superficie in questione.
Passando allo strumento della condizionalità, per rafforzare l’efficacia ambientale del primo pilastro, già con la riforma Fishler della Pac del 2003, l’erogazione dei pagamenti diretti è stata legata all’osservanza di vincoli finalizzati alla tutela ambientale, alla sicurezza alimentare, al benessere animale e al mantenimento dei terreni in buone condizioni, alcuni dei quali con effetto sul clima.

Il clima nella Pac 2021-2027 in base alle proposte della Commissione

La riforma della Pac post 2020 si propone il raggiungimento di tre obiettivi generali: promuovere un settore agricolo intelligente, resiliente e diversificato che garantisca la sicurezza alimentare, rafforzare il tessuto socioeconomico delle aree rurali, ma anche rafforzare la tutela dell’ambiente e l’azione per il clima e contribuire al raggiungimento degli obiettivi in materia di ambiente e clima dell’Unione. A questi si integra l’obiettivo trasversale di ammodernamento del settore agricolo attraverso la promozione e la condivisione di conoscenze e innovazioni e processi di digitalizzazione nell’agricoltura e nelle aree rurali, incoraggiandone l’utilizzo.
Il conseguimento degli obiettivi generali è perseguito mediante nove obiettivi specifici, di cui tre riconducibili proprio all’obiettivo ambientale e climatico (Tabella 1).

Tabella 1 – Gli obiettivi specifici della Pac post 2020

Fonte: elaborazione su Commissione europea, 2018

Per raggiungere gli obiettivi specifici dell’Ue è stata introdotta un’importante novità: ciascuno Stato membro dovrà elaborare un’unica strategia di intervento attraverso un Piano strategico della Pac che riunirà gli strumenti di sostegno finanziati nel primo pilastro (nell’ambito del Feaga), compresi i programmi settoriali attualmente disciplinati dal regolamento Ocm, con le misure di sviluppo rurale finanziate nel secondo pilastro (nell’ambito del Feasr).
Il Piano strategico propone in tal modo un nuovo modello di attuazione più ambizioso e maggiormente orientato ai risultati, che permetterà agli Stati membri di raggiungere gli obiettivi specifici dell’UE - tra cui quello di tipo ambientale e climatico - mediante una combinazione di misure obbligatorie e volontarie del primo e del secondo pilastro, tenendo conto di analisi, obiettivi e target delle altre normative esistenti.
L’introduzione del Piano strategico è il segno tangibile di un cambiamento che segna il passaggio da una Pac, incentrata sull’applicazione di regole, controlli e sanzioni, a una Pac focalizzata sulla performance, che si propone di incentrare maggiormente il sostegno sui risultati. La liquidazione finanziaria annuale, più che all’ammissibilità della spesa, verrà infatti legata all’output attraverso gli indicatori corrispondenti (non ammissibile la spesa senza output), che collegherebbero ogni anno la spesa all’efficace attuazione della politica.
Posto ciò, anche gli strumenti sono stati rivisti, sulla base dell’esperienza dell’attuale programmazione.
In particolare, archiviato il greening, che non ha sortito gli effetti desiderati in termini di ambiente e clima, viene proposta una condizionalità “rafforzata” e, all’interno dei pagamenti diretti, vengono introdotti i regimi ecologici (Eco-schemes), mentre nel secondo pilastro continueranno ad essere finanziati gli interventi specifici per ambiente e clima. Ma entriamo nel dettaglio di questi strumenti.
I regimi ecologici hanno carattere di obbligatorietà per lo Stato membro e sono finalizzati a sostenere e incentivare gli agricoltori che si impegnano in pratiche benefiche per clima e ambiente, che vadano oltre gli impegni della condizionalità. L’adesione ai regimi ecologici da parte degli agricoltori è, quindi, facoltativa, mentre lo Stato membro è tenuto a sviluppare tali regimi all’interno del Piano strategico nazionale, decidendo condizioni e importi. I pagamenti corrispondenti possono essere addizionali al pagamento di base oppure compensativi per tutti o parte dei costi supplementari o della perdita di reddito derivanti dall’impegno e riguardano impegni annuali anziché pluriennali (a differenza del secondo pilastro) senza cofinanziamento nazionale. Gli Stati membri possono decidere di inserire tra i regimi ecologici pratiche agricole quali il miglioramento della gestione dei pascoli permanenti e degli elementi caratteristici del paesaggio e l’agricoltura biologica.
Con la nuova Pac tutti i pagamenti saranno inoltre subordinati al rispetto di requisiti ambientali e climatici più rigorosi, secondo le prescrizioni di una condizionalità "rafforzata", che basandosi sul sistema attuato fino al 2020, aumenta il numero di norme da rispettare, portando da 20 (13 Cgo e 7 Bcaa) a 26 i requisiti/standard (16 Cgo e 10 Bcaa). In particolare, per il clima e l’ambiente sono 14 le pratiche basate su criteri minimi europei, che hanno come temi principali i cambiamenti climatici, acqua, suolo, biodiversità e paesaggio, caratterizzate da 10 Bcaa (Buone condizioni agronomiche ambientali) e 4 Cgo (Criteri di gestione obbligatori). Di fatto rispetto all’attuale programmazione verrebbero aggiunti 3 nuovi Cgo, 2 dei quali finalizzati all’obiettivo climatico ambientale (la Direttiva Quadro Acque (Cgo1)4 la Direttiva sull’Uso Sostenibile dei Pesticidi (Cgo13)5 e 2 Bcaa, oltre all’inserimento degli standard provenienti dal greening.
Le due nuove Bcaa riguardano la protezione dei suoli ricchi di carbonio mediante la tutela delle zone umide e delle torbiere (Bcaa 2), ed uno strumento obbligatorio di gestione dei nutrienti per migliorare la qualità dell'acqua, ridurre i livelli di ammoniaca e protossido di azoto (Bcaa5). Invece gli impegni derivanti dal greening sono la rotazione colturale (Bcaa 8), il mantenimento dei prati permanenti sulla base di una percentuale di prati permanenti in relazione alla superficie agricola (Bcaa 1), il divieto di conversione o aratura dei prati permanenti nei siti di Natura 2000 (Bcaa 10) e il rispetto di una percentuale minima della superficie agricola, destinata a elementi o zone non produttive, inserita insieme al mantenimento degli elementi caratteristici del paesaggio (Bcaa9).
La condizionalità sarà caratterizzata da una maggiore flessibilità, poiché ogni Stato Membro potrà sviluppare un maggior numero di standard in base alle esigenze territoriali all’interno del Piano Strategico, e rientrerà nel monitoraggio della performance della Pac.
Intanto il secondo pilastro nella proposta di riforma abbandona l’attuale strutturazione in misure, sottomisure e azioni e si semplifica secondo un’articolazione basata su otto tipi di interventi6 (al posto delle attuali circa 70 misure e sottomisure), da definire nei contenuti ed adattare da parte degli Stati membri. In particolare, come nella passata programmazione, si potranno finanziare azioni con effetti sul clima attraverso pagamenti basati sulle superfici, investimenti, trasferimenti di conoscenza e cooperazione, ma sarà compito dello Stato membro definirne i contenuti includendo tali interventi nei Piani strategici.
A completare il quadro, tra i programmi finanziati con l’Ocm (da integrare anche essi nei Piani strategici), quello relativo all’ortofrutta, pur conservando l’impianto attuale, dovrebbe prevedere un sostegno rinforzato per le azioni ambientali e legate al clima, con una spesa minima del 20%.
Posta la nuova strutturazione della politica agricola, la Commissione propone che il 40% del bilancio complessivo della Pac (Feaga e Feasr) sia rilevante per i cambiamenti climatici e che gli Stati membri spendano almeno il 30% delle dotazioni del Feasr per interventi direttamente focalizzati sull’ambiente e sui cambiamenti climatici (escludendo i pagamenti per i vincoli naturali). Oltre alla possibilità di trasferire il 15% delle dotazioni tra i pilastri, gli Stati membri avranno anche la possibilità di trasferire un ulteriore 15% dal primo al secondo pilastro per le spese relative alle misure climatiche e ambientali (senza cofinanziamento nazionale).

Figura 1 – La “nuova architettura verde” della Pac post 2020

Fonte: Commissione Europea, 2018

Considerazioni conclusive

La necessità di realizzare una più coerente progettazione delle azioni tra il primo e il secondo pilastro attraverso lo strumento di un Piano strategico della Pac con valenza nazionale, pone la necessità di definire con chiarezza, gli interventi che più impattano sulla mitigazione dei cambiamenti climatici, ovvero, considerando le metodologie internazionali applicate nei conteggi, che più concorrono a ridurre le emissioni/aumentare gli assorbimenti, date le caratteristiche dell’agricoltura nazionale.
Inoltre, in una Pac che incentrerà maggiormente il sostegno sulla performance, da valutare in termini di output e di risultati, il sistema di monitoraggio potrà essere definito di conseguenza, e attraverso gli indicatori potrà fornire la base per una valutazione efficace dell’impatto delle politiche agricole sul clima.
La materia è già stata oggetto di studio nell’attuale programmazione.
Nell’ambito “Inventario Nazionale delle emissioni in atmosfera”, della cui realizzazione è responsabile Ispra e con cui vengono stimate annualmente le emissioni di tutti i settori, esiste un “Registro nazionale dei serbatoi di carbonio agroforestali” che fornisce il bilancio netto dei gas effetto serra derivanti dalle superfici rispetto alle attività Lulucf. Ismea, che di questo Registro ha il coordinamento tecnico per la Sezione Gestione terre agricole e pascoli, ha già individuato nell’ambito della Pac alcune pratiche di gestione delle terre agricole e dei pascoli ritenute virtuose, ovvero in grado di dare un apporto particolarmente positivo in termini di assorbimento/riduzione delle emissioni. Con il vincolo rappresentato dalla effettiva possibilità di monitorarne annualmente le superfici attraverso le Relazioni annuali di esecuzione (Rae) dei Psr, sono state pertanto identificate nell’ambito della gestione delle terre agricole (seminativi e arboree) le categorie di gestione: agricoltura biologica; pratiche conservative volte a preservare il suolo; sistemi di gestione “sostenibili” che includono tecniche di lavorazione e di gestione del suolo solitamente inserite fra gli impegni della produzione integrata; superfici lasciate a riposo con obbligo di copertura vegetale.
Nella gestione dei pascoli sono state invece identificate le categorie: grazing land gestito, che comprende prati permanenti e pascoli; grazing land migliorato, che comprende superfice di prati pascoli e pascoli magri gestita secondo il metodo di produzione biologica.
Tra queste pratiche, per le quali sono state già raccolte le serie storiche pluriennali delle superfici corrispondenti e definiti i coefficienti emissivi, quella rappresentata dal grazing land migliorato, ovvero dalla gestione dei prati pascoli e pascoli magri secondo il metodo di produzione biologica, è già entrata nei conteggi dell’Inventario nazionale dei gas serra, con apporti ovviamente più significativi in termini di assorbimento rispetto ai pascoli in generale.
Iniziando un nuovo periodo programmatorio, e con una mutata normativa di riferimento, nuovi azioni potrebbero essere individuate, non solo nell’ambito del settore Lulucf, ma anche all’interno del settore “Agricoltura”, di cui monitorare costantemente l’attuazione attraverso gli indicatori, per consentirne la contabilizzazione ai fini del raggiungimento dei target previsti per la riduzione delle emissioni dagli accordi internazionali.
La consapevolezza dello sforzo che gli Stati dovranno fare per adeguarsi alla nuova disciplina influenza anche la tempistica prevista per il processo di riforma. Dopo la presentazione, lo scorso giugno, delle proposte legislative della Commissione, si apre il dibattito in Parlamento e Consiglio europeo per l’approvazione dei Regolamenti (regolamento sui piani strategici della Pac, regolamento orizzontale e regolamento di modifica dell’Ocm e dei regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari) e della legislazione secondaria, che dovrebbe concludersi nella primavera del 2019, prima delle elezioni del Parlamento europeo. Se questa tempistica venisse rispettata, per consentire l’approvazione dei Piani strategici nazionali e in generale l’adeguamento alla nuova disciplina, l’entrata in vigore della nuova Pac si potrebbe avere nel 2021.

Riferimenti bibliografici

Siti di riferimento

  • 1. Regolamento (UE) 2018/841 del Parlamento europeo e del Consiglio del 30 maggio 2018 relativo all’inclusione delle emissioni e degli assorbimenti di gas a effetto serra risultanti dall’uso del suolo, dal cambiamento di uso del suolo e dalla silvicoltura nel quadro 2030 per il clima e l’energia, e recante modifica del regolamento (UE) n. 525/2013 e della decisione n. 529/2013/UE (Gazzetta ufficiale dell’Unione europea L156 del 19/6/2018). Regolamento (UE) 2018/842 del Parlamento europeo e del Consiglio del 30 maggio 2018 relativo alle riduzioni annuali vincolanti delle emissioni di gas serra a carico degli Stati membri nel periodo 2021-2030 come contributo all’azione per il clima per onorare gli impegni assunti a norma dell’accordo di Parigi e recante modifica del regolamento (UE) n. 525/2013 (Gazzetta ufficiale dell’Unione europea L156 del 19/6/2018).
  • 2. Le componenti del settore “Agricoltura” sono: Fermentazione enterica dei ruminanti, Gestione deiezioni animali (reflui/effluenti zootecnici), Coltivazione del riso, Suoli agricoli (emissioni dirette, ad esempio da uso di fertilizzanti di sintesi e di deiezioni animali, o indirette, ad esempio da deposizione atmosferica di azoto, lisciviazione), Combustione volontaria di stoppie/residui agricoli, Calcinazione e Applicazione di urea.
  • 3. Corte dei conti europea (2017) Relazione speciale n. 21/2017 “L’inverdimento: un regime di sostegno al reddito più complesso, non ancora efficace sul piano ambientale”.
  • 4. Direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque: art. 11, paragrafo 3, lettere e) h), per quanto riguarda i requisiti obbligatori per controllare le fonti diffuse di inquinamento da fosfati.
  • 5. Direttiva 2009/128/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria ai fini dell’utilizzo sostenibile dei pesticidi, in relazione alle restrizioni all’uso dei pesticidi in zone protette definite sulla base della direttiva quadro sulle acque e della legislazione relativa a Natura 2000; ed alla manipolazione e lo stoccaggio dei pesticidi e lo smaltimento dei residui. Tali obblighi sono attualmente già presenti nei requisiti che devono rispettare i beneficiari dei pagamenti agro-climatico-ambientali del biologico. Il terzo Cgo aggiuntivo è il Regolamento (UE) 2016/429 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016 relativo alle malattie animali trasmissibili, in particolare (art. 18 par.1) all’obbligo di notifica di tre malattie zootecniche (afta epizootica, malattia vescicolare dei suini e febbre catarrale (“blue tongue”).
  • 6. Gli interventi sono: gli impegni ambientali, climatici e altri impegni in materia di gestione; i vincoli naturali o altri vincoli territoriali specifici; gli svantaggi territoriali specifici derivanti da determinati requisiti obbligatori; gli investimenti; l’insediamento dei giovani agricoltori e l’avvio di nuove imprese rurali; gli strumenti per la gestione del rischio; la cooperazione; lo scambio di conoscenze e l’informazione.
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