Abstract
Questo lavoro riporta una sintesi dello studio "Human health implication of Organic food and Organic agriculture” del Parlamento europeo, che contiene un’ampia rassegna della recente letteratura scientifica sugli effetti diretti dei modelli di produzione e consumo di alimenti convenzionali e biologici sulla salute dell’uomo. Tale studio appare particolarmente significativo in quanto affronta un tema al centro del dibattito internazionale sullo sviluppo sostenibile e, in particolare, sull’individuazione di sistemi agroalimentari in grado di conciliare la fornitura di alimenti sicuri e di qualità con la tutela delle risorse naturali, della biodiversità e con il contenimento delle emissioni di gas serra.
Introduzione
Nel dicembre 2016, è stato pubblicato uno studio del Parlamento europeo (European Parliamentary Research Service – Eprs), dal titolo "Human health implication of Organic food and Organic agriculture” (European parliament, 2016). In tale studio, è stata condotta un’analisi della recente letteratura scientifica, al fine di valutare l’impatto dell’agricoltura e dell’alimentazione convenzionale e biologica su salute dell'uomo, benessere degli animali, sicurezza alimentare e qualità ambientale.
Il Documento affronta, in primo luogo, i temi principali dell’attuale dibattito scientifico sull’argomento (dalla definizione della procedura da seguire per gli studi epidemiologici, all’analisi delle diverse dimensioni della sostenibilità e dei diversi stili di vita dei consumatori di prodotti convenzionali e biologici, all’esame dell’effetto dei diversi sistemi di allevamento sulla salute del bestiame). Successivamente, vengono analizzati in maniera dettagliata i rischi legati all’uso delle sostanze chimiche di sintesi e discusse le opzioni politiche che l'Unione Europea (UE) potrebbe intraprendere nei prossimi decenni, per il sostegno della produzione e del consumo di prodotti biologici.
Il presente lavoro riporta una sintesi di tale studio, con l’obiettivo di fornire un contributo al dibattito sulla sostenibilità dei diversi modelli agricoli e alimentari e sulle politiche da implementare per il perseguimento degli obiettivi di sicurezza alimentare e di qualità ambientale. In particolare, l’attenzione sarà focalizzata sulle relazioni esistenti tra sistema produttivo e qualità dei prodotti vegetali e animali, sulle implicazioni, in termini di salute dell’uomo, dell’uso di pesticidi e antibiotici, e sulle azioni proposte per aumentare la sostenibilità dei sistemi agricoli e alimentari, nell’ambito dell’attuale quadro istituzionale europeo.
Sistema produttivo e qualità dei prodotti di origine vegetale
Nel corso degli anni, sono stati condotti molti studi comparativi sulle proprietà dei prodotti derivanti dal modello agricolo biologico e da quello convenzionale, evidenziando la presenza di alcune differenze nella loro composizione.
Le ricerche condotte sui prodotti vegetali si focalizzano solitamente sui livelli di azoto e fosforo, vitamine, sali minerali, composti fenolici e metalli tossici.
In particolare, la letteratura scientifica mette in luce che i prodotti biologici presentano un contenuto minore di azoto (-10%) e maggiore di fosforo (+8%) rispetto a quelli convenzionali, a causa dei diversi sistemi di fertilizzazione. Per quanto riguarda le vitamine, il focus è sempre sulla vitamina C, che risulta essere più elevata del 6% nei prodotti biologici. Situazione simile si osserva per il β-carotene e l'α-tocoferolo, precursori, rispettivamente, della vitamina A ed E (Brandt et al., 2011; Barański et al., 2014). Non ci sono, invece, differenze significative tra i sali minerali: la quantità di rame, zinco, calcio, ferro e magnesio, infatti, pare non essere influenzata dal metodo di produzione.
Il contenuto di composti fenolici, sostanze particolarmente importanti per le loro funzioni anti-ossidante, di protezione da radicali liberi e ossidazione cellulare e di prevenzione di patologie non trasmissibili (come il diabete e le malattie cardiovascolari), risulta essere superiore del 20% negli alimenti biologici rispetto a quelli convenzionali (Dangour et al., 2009; Brandt et al., 2011; Del Rio et al., 2012). Tuttavia il Documento dell’Eprs richiama alla prudenza nell’interpretazione di questi dati, che potranno essere accettati solo se saranno validati da studi ripetuti: la concentrazione dei polifenoli in un vegetale, infatti, può variare anche a causa di particolari condizioni climatiche e/o agronomiche, come evidenziato, ad esempio, in uno studio su oli extravergini di oliva convenzionali e biologici (Ninfali et al., 2008).
Infine, per quanto riguarda i metalli tossici, la concentrazione di cadmio, elemento potenzialmente cancerogeno, che favorisce la demineralizzazione delle ossa, è molto più elevata (+30%) nei prodotti convenzionali rispetto a quelli biologici, a causa della sua elevata presenza nei fertilizzanti chimici di sintesi, peraltro non regolamentata dalle disposizioni legislative. Anche il contenuto di uranio risulta maggiore nei prodotti convenzionali - essendo un contaminante dei fertilizzanti azotati, si deposita nel terreno e viene poi assorbito dalla pianta (Schnug, Haneklaus, 2015) -, mentre per gli altri metalli tossici come piombo, mercurio e arsenico, si segnala l’assenza di differenze significative tra le due categorie di alimenti.
Riguardo alla possibile discrepanza tra risultati ottenuti dagli esperimenti effettuati in laboratorio e situazioni reali, in termini di benefici degli alimenti biologici sulla salute dell’uomo, il Documento riporta alcune precisazioni utili per l’interpretazione dei risultati scientifici. In molti studi, infatti, i prodotti sono analizzati singolarmente e non inseriti in una “dieta tipo”. Inoltre, non vengono considerati il metodo di preparazione degli alimenti, il tempo e le modalità di cottura, caratteristiche che possono alterare la qualità nutrizionale dei prodotti e anche l’eventuale presenza di metalli. Allo stesso tempo, l’analisi degli effetti reali delle differenze compositive dei prodotti sulla salute umana dovrebbe tener conto di una più vasta gamma di fattori, quali lo stile di vita, l’attività motoria, le condizioni ambientali e sociali, le fasce di età, le categorie di individui, distinguendo, ad esempio, i soggetti sani da quelli con vari deficit del sistema immunitario (bambini, anziani, donne in stato di gravidanza, malati) (Kesse-Guyot et al., 2013).
Sistema produttivo e qualità dei prodotti di origine animale
Da un confronto realizzato su ricerche condotte in diversi paesi e in diversi periodi dell'anno, si evince che il contenuto di acidi grassi Omega-3 è maggiore per carne (47%) e latte bio (56%) rispetto a quello dei prodotti provenienti da allevamenti intensivi (Średnicka-Tober et al., 2016a; 2016b). Risultati simili sono riportati anche per le uova (Mugnai et al., 2013). Questa differenza compositiva deriva dal fatto che gli animali allevati in regime biologico sono liberi di pascolare, assumendo così una maggiore quantità di foraggio ed erba fresca con un livello di Omega-3 superiore rispetto a quello dei mangimi o dei preparati alimentari utilizzati negli allevamenti convenzionali.
Tra gli acidi grassi, sono particolarmente importanti l’acido alfa-linolenico (Omega-3), che svolge attività antinfiammatoria e riduce il rischio di malattie cardiovascolari, e l’acido linoleico (Omega-6) che serve per la sintesi di ormoni e ha proprietà leggermente pro-infiammatorie. Entrambi non possono essere sintetizzati a livello cellulare, per cui vanno assunti mediante la dieta quotidiana che deve prevederne dosi adeguate ed equilibrate, anche perché essi sono indispensabili per la formazione di tutti gli altri acidi grassi.
Nonostante la maggior parte della popolazione europea assuma una quantità di Omega-3 superiore a quella necessaria, ci sono ancora aree geografiche in cui l’introduzione giornaliera non raggiunge la soglia minima sufficiente per il benessere e la salute dell’uomo (Efsa, 2010). Per rimediare a queste carenze nutrizionali, il Documento ipotizza che, sostituendo il latte e le uova convenzionali con i rispettivi prodotti biologici, l'apporto di acidi grassi essenziali aumenterebbe del 4% e se la sostituzione si allargasse anche alla carne biologica la percentuale salirebbe di un ulteriore 6%. Si tratta di un’ipotesi verosimile, avvalorata dallo studio di Jakobsen et al. (2009), nel quale si dimostra come modificando la dieta, ad esempio, incrementando il consumo di pesce o di olio di colza, il livello di Omega-3 migliori sensibilmente.
Per quanto riguarda il benessere degli animali, alcuni studi evidenziano che un’adeguata alimentazione biologica può determinare un aumento della fertilità e un incremento della resilienza del sistema immunitario (Średnicka-Tober et al., 2013). Si segnala, tuttavia, che i risultati derivano da analisi condotte su un numero ristretto di capi, di particolari specie e con specifiche abitudini giornaliere, per cui si rendono necessari studi più approfonditi.
Pesticidi
Le sostanze chimiche autorizzate dall’UE come pesticidi nell’agricoltura convenzionale presentano diversi livelli di tossicità per l’uomo (cfr. tabella 1). Di tali sostanze, in agricoltura biologica è ammesso solo l’uso di prodotti che non hanno azione tossica per la salute, che fanno parte della dieta quotidiana o che sono nutrienti dell'uomo (bicarbonato di potassio e olio di colza) oppure che vengono utilizzati in alcune trappole per insetti, senza entrare in contatto diretto con le piante e/o con il suolo (Icrofs, 2015).
Tabella 1 - Sostanze attive ammesse in agricoltura (convenzionale e biologica) nell’Unione Europea e loro caratteristiche tossicologiche
*Acceptable daily intake (Adi) Dose giornaliera accettabile (Dga)
Acute Reference Dose (Arfd) Dose acuta di riferimento (Dar)
Adverse Observed Effect Level (Aoel) Livello di esposizione ammissibile per gli operatori (Laeo)
°Persistent, Bioaccumulative and Toxic substance (Pbt) Sostanza persistente, bioaccumulativa e tossica (Pbt)
Fonte: Traduzione da European parliament (2016, p. 26)
I pesticidi rappresentano un serio pericolo per l'uomo e i cibi convenzionali costituiscono il principale mezzo di assunzione di queste sostanze; da diversi studi (come, ad esempio, quello di Lu et al., 2006) emerge, infatti, una riduzione della concentrazione di pesticidi nelle urine, a seguito di un aumento del consumo di alimenti biologici. Non è da trascurare, tuttavia, anche il rischio da esposizione professionale e residenziale per gli operatori agricoli e la popolazione rurale connesso con le pratiche di agricoltura convenzionale (Curwin et al., 2007; Babina et al., 2012).
Al fine di tutelare la salute dei consumatori, dei lavoratori e l'ambiente, l’UE, attraverso la Direttiva 2009/128/EC (European parliament and Council of the European union, 2009), ha fornito una serie di indicazioni per una difesa fitosanitaria a basso apporto di pesticidi, che include la lotta integrata e l’agricoltura biologica. È quest’ultima, tuttavia, che garantisce la massima riduzione dell'esposizione ai pesticidi, in quanto il divieto di utilizzo della maggior parte delle sostanze chimiche di sintesi e l’adozione di differenti tecniche di lotta portano a un sostanziale contenimento del rischio chimico (European commission, 2008; European commission, 2014).
Nonostante quanto stabilito dalla European food safety authority (Efsa), il Rapporto del 2013 sul contenuto di pesticidi negli alimenti (Efsa, 2015b) mostra che tali sostanze erano presenti nel 44,4% dei prodotti convenzionali analizzati (e nel 2,7% dei casi con valori superiori ai Limiti massimi residuali-Lmr), contro il 15,5% rilevato nei prodotti biologici (e solo nello 0,8% dei casi in quantità superiori ai valori massimi).
Gli input di sintesi chimica usati in agricoltura comprendono un'ampia gamma di sostanze bioattive, molte delle quali hanno azione neurotossica, interferiscono con i segnali endocrini, sono cancerogene o risultano tossiche per la popolazione. Inoltre, l'esposizione occupazionale è stata correlata con un maggiore rischio di insorgenza del Parkinson, del diabete di tipo 2 e di alcune tipologie di cancro (Non-hodgking lynphoma) (Starling et al., 2014).
Le conseguenze sono particolarmente preoccupanti per alcune categorie di soggetti, come, ad esempio, i neonati. L’esposizione ai pesticidi delle donne in stato di gravidanza, infatti, possono avere ripercussioni molto gravi per la crescita del bambino, provocando, ad esempio, deficit cognitivi e ritardi nello sviluppo neurologico e sessuale (Chen et al., 2015; Gonzalez-Alzaga et al., 2014).
A livello scientifico, esiste un dibattito molto acceso sui valori dei Lmr. Innanzitutto, i test per arrivare alla definizione della soglia di accettabilità sono effettuati sugli animali e, successivamente, i risultati vengono traslati all'uomo. Ora, è del tutto plausibile che una determinata sostanza possa avere effetti differenti su specie diverse, sia per la diversità del corredo genetico, sia per le condizioni in cui vengono realizzati gli esperimenti. Gli animali, infatti, vivono in ambiente asettico e su di loro viene testata un'unica sostanza, mentre gli uomini sono esposti a molteplici fattori, di varia origine (ambientale, professionale, residenziale, sociale e alimentare), che non vengono mai valutati complessivamente e contemporaneamente negli studi esaminati.
Un altro elemento di criticità riguarda la non considerazione, nel momento della definizione dei Lmr, delle categorie maggiormente a rischio (bambini, anziani, donne in stato di gravidanza e malati) che, avendo sistemi immunitari in fase di sviluppo o compromessi, a parità di esposizione, avranno ripercussioni sulla loro salute molto più gravi rispetto ai soggetti sani.
In generale, se l’attuale conoscenza scientifica non supporta eventuali “effetti curativi” dell’agricoltura biologica sulla salute dell’uomo (Dangour et al., 2010), a questo metodo produttivo è riconosciuta la capacità di ridurre i danni derivanti dall’uso di pesticidi, sia per l’uomo sia per l’ambiente.
Antibiotici
La somministrazione di elevate quantità di antibiotici negli allevamenti intensivi è un’altra questione che sta assumendo proporzioni sempre più allarmanti. Basti pensare che, nel 2012, in Europa ne sono stati destinati 8 milioni di kilogrammi alla cura delle malattie degli animali e 3,4 milioni di Kg a quelle dell’uomo (Efsa, 2015a). L'abuso di queste sostanze è particolarmente preoccupante, in quanto vi è il rischio che, per le diverse specie di animali allevati, si possano sviluppare batteri resistenti alle sostanze antibiotiche, che poi vengono trasmessi all’uomo tramite l’alimentazione, riducendo drasticamente l'efficacia delle cure mediche di diverse patologie. Questo rischio si riduce con il metodo biologico, il quale previene la diffusione di malattie adottando misure precauzionali, come, ad esempio, la diminuzione della densità del bestiame nelle stalle, l’accesso alle aree esterne, l’allungamento del periodo di allattamento. Nel medio-lungo periodo, questo metodo di allevamento consente, quindi, di ottenere rilevanti effetti positivi a livello sanitario (Who, 2016). Non va trascurato, inoltre, che il sistema di etichettatura di questi prodotti ne garantisce la piena tracciabilità (European Commission, 2008).
Le opzioni politiche
Il Documento "Human health implications of organic food and organic agriculture" si conclude con l’analisi di una serie di strategie che potrebbero essere adottate, a livello di UE, tenendo conto dell’attuale quadro istituzionale e delle diverse proposte all’esame della Commissione europea e del Parlamento europeo. Oltre alla scelta del “non intervento” (peraltro, ritenuta inconciliabile con l’obiettivo di tutela della salute pubblica), le altre possibilità sono quelle di: intensificare le politiche europee per la sicurezza alimentare; supportare l'agricoltura biologica con investimenti in attività di ricerca, sviluppo, innovazione e implementazione; migliorare il contesto imprenditoriale dell'agricoltura biologica attraverso misure fiscali; supportare modelli di consumo alimentare sostenibile.
Al momento, nonostante siano già state adottate alcune misure per ridurre l’uso dei pesticidi, i risultati non paiono essere particolarmente positivi. D’altra parte, il fenomeno dell'antibiotico-resistenza è sempre più diffuso, così come l’aumento della concentrazione dei metalli tossici negli alimenti, con gravi ripercussioni sulla salute dell'uomo. In questo contesto, il sostegno alla produzione e al consumo dei prodotti biologici è da considerarsi anche come un rafforzamento delle politiche di sicurezza alimentare.
Per lo sviluppo dell’agricoltura biologica è indispensabile un forte incremento dell’attività di R&S, ad esempio, per individuare le specie animali e le varietà vegetali più adatte a questo metodo produttivo. Ciò richiede un investimento economico estremamente elevato, che, tuttavia, potrebbe contribuire allo sviluppo di soluzioni idonee ad aumentare anche la sostenibilità dell’agricoltura convenzionale.
Un’altra opzione interessante è quella di utilizzare gli strumenti fiscali per internalizzare nei costi di produzione aziendali le esternalità negative, costituite dagli effetti sulla salute dell’esposizione ai pesticidi, del contenuto di cadmio nei prodotti o dell’antibiotico resistenza. Tali strumenti consentirebbero di migliorare la competitività dell'agricoltura biologica, sostenendo questo modello produttivo e/o disincentivando quello convenzionale.
Gli attuali modelli alimentari medi europei sono caratterizzati da un elevato consumo di carne e da un basso consumo di cereali integrali, frutta e verdura, rispetto ai livelli ritenuti adeguati per la tutela della salute e dell’ambiente. Tuttavia, indirizzare le abitudini alimentari di intere popolazioni verso l’adozione di diete più sostenibili solo mediante la fornitura di informazioni non è affatto semplice. A questo proposito, l’intervento nella ristorazione pubblica (ad esempio, attraverso la definizione di norme specifiche sugli appalti delle mense scolastiche o di quelle ospedaliere) rappresenta uno strumento più efficace. In particolare, l’introduzione di alimenti biologici nei menu rappresenta un elemento basilare in una strategia generale di promozione di corrette abitudini alimentari (Bioforsk Organic Food and Farming, 2010) e non solo da un punto di vista salutistico. I prezzi più elevati di questi alimenti, infatti, portano a privilegiare l’utilizzo di prodotti vegetali, con ulteriori implicazioni positive, anche in termini di sostenibilità ambientale.
A prescindere dalle scelte politiche che l’UE deciderà di adottare per tutelare la salute dei cittadini, l’impegno delle istituzioni europee nelle negoziazioni internazionali è ritenuto un positivo segnale di cambiamento, considerando le differenze esistenti nei diversi sistemi normativi nazionali e l’aumento dell'importazione di prodotti biologici da Paesi extra-UE. Ad esempio, nel confronto con gli Usa alcune questioni ancora aperte sono proprio quelle relative ai pesticidi ammessi e all'uso degli antibiotici.
Considerazioni conclusive
Il Documento del Parlamento europeo esaminato nel presente lavoro evidenzia molteplici aspetti positivi del modello produttivo biologico, accanto alla necessità di effettuare ulteriori ricerche anche per valutare gli effetti diretti degli alimenti bio sulla salute dell'uomo. Da alcuni studi emerge, infatti, che il loro consumo riduce il rischio di alcune malattie quali, ad esempio, l'obesità (Kesse-Guyot et al., 2013) e le allergie (Stenius et al., 2011), ma queste affermazioni non possono essere considerate conclusive poiché è molto difficile separare i benefici apportati dagli alimenti, da quelli dei diversi fattori associati a un determinato stile di vita. L’acquisto di prodotti sicuri e ottenuti con processi più rispettosi dell’ambiente, del lavoro e del benessere animale rappresenta, infatti, un elemento qualificante di uno stile di vita sostenibile e, per questo motivo, alcuni consumatori sono disposti a pagare un prezzo più elevato per gli alimenti biologici (Pino et al., 2012; Viganò et al., 2015). In particolare, i consumatori di prodotti bio hanno un atteggiamento "pro attivo", sono attenti e informati su ciò che mangiano, acquistano quantità significativamente più elevate di frutta, verdura, cereali integrali o fibre alimentari, legumi e dosi minori di prodotti carnei rispetto ai consumatori “convenzionali” (Kesse-Guyot et al., 2013; Eisinger-Watzl et al., 2015). In altri termini, essi adottano comportamenti più in linea con le indicazioni alimentari proposte a livello internazionale (Fao, 2012) o di singoli Paesi, come, ad esempio, l’Italia (Sinu, 2014).
Un altro aspetto importante da considerare è che la promozione di sistemi agroalimentari sostenibili (in termini di sicurezza alimentare, tutela delle risorse naturali, maggiore resilienza ai cambiamenti climatici), anche mediante la proposta di politiche mirate a ridefinire la competitività dell’agricoltura biologica e di quella convenzionale, richiede l’individuazione di un “sistema di valutazione comune”, in grado di comparare e stimare la qualità dei prodotti e le esternalità collegate ai diversi modelli produttivi.
L’adozione di un’ottica qualitativa sostenibile passa, in ogni caso, attraverso un cambiamento di visione da parte degli operatori del sistema agroalimentare, che dovrebbe essere orientata a un miglioramento dell’efficienza, alla definizione di strategie di ottimizzazione, piuttosto che di massimizzazione, e all’adozione di innovazioni. Da questo punto di vista, l’agricoltura biologica, oltre a ridurre l’impatto ambientale e tutelare la salute umana, rappresenta anche una sorta di laboratorio per l’implementazione di pratiche agricole sostenibili. Tutto ciò sarebbe sicuramente agevolato dalla definizione di politiche più incisive a favore dell’agricoltura biologica e da una maggiore conoscenza di questi temi da parte dei cittadini e, a questo proposito, il Documento del Parlamento europeo rappresenta senza dubbio un interessante contributo.
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