Approcci territoriali tra aree interne e aree rurali: il contributo dei Piani di Sviluppo Rurale

Approcci territoriali tra aree interne e aree rurali: il contributo dei Piani di Sviluppo Rurale

Introduzione

Molto spesso si è discusso sul Ruolo dei Fondi Strutturali (oggi Fondi Strutturali e di Investimento Europei – Sie) nel sostegno dello sviluppo territoriale delle aree rurali. Dopo Agenda 2000, che di fatto sancisce una separazione dei Fondi Strutturali in programmi ad hoc, scompare l’integrazione dei Fondi in aree rurali sub-regionali, come quello nelle aree obiettivo 5b. Il Fondo Europeo per lo Sviluppo regionale (Feasr) e il Fondo Sociale Europeo (Fse) intervengono “orizzontalmente” su tutto il territorio regionale e senza alcun obbligo di connettersi al Feoga-Orientamento (siamo nella programmazione 2000-2006) in aree specifiche. Nel 2009 uno studio commissionato dalla Direzione Generale Politiche Regionali (DG Regio) stimava che il Fesr destinasse alle aree rurali il 28% delle risorse nell’obiettivo 1 e il 24% nell’obiettivo 2, mentre nelle aree urbane e periurbane andava rispettivamente il 20% e il 33% (Metis, 2009). Questa stima riguardava un numero ristretto di paesi, ma comunque con rilevanti politiche regionali: Francia, Germania, Polonia, Spagna e Svezia. Il dato risultava ancora più significativo se le risorse spese erano calcolate per abitante, dato che nelle aree rurali la popolazione interessata era quantitativamente inferiore che in quelle urbane. Anche nella programmazione più recente (2007-2013) il Fesre il Fse hanno continuato ad operare indistintamente sull’intero territorio regionale, ma purtroppo non disponiamo di studi comparativi sulla spesa erogata nelle aree rurali europee.
Nella nuova programmazione 2014-20 i Fondi Sie continuano ad operare con programmi operativi separati, ma vi sono almeno due potenziali strumenti di integrazione su territori specifici: a) il nuovo approccio Community-Led Local Development (Clld), che vede la trasformazione del metodo Leader da mono-fondo a pluri-fondo; b) la Strategia Nazionale per le Aree Interne (Snai), che beneficia di una dotazione ad hoc esclusiva per l’Italia (500 milioni a carico del Fesr, che raddoppiano con il cofinanziamento nazionale), attuata con il concorso di tutti i Fondi Sie e delle risorse nazionali a carico del Fondo di Sviluppo e Coesione1. Entrambi gli strumenti riproducono, in piccolo, quella positiva impostazione precedente la riforma di Agenda 2000, dove la politica comunitaria richiedeva uno sforzo congiunto dei fondi europei su territori di dimensione sub-regionale, caratterizzati da una spiccata natura rurale. Questa impostazione territoriale e pluri-fondo continua a rappresentare uno degli aspetti più innovativi dei Fondi europei e crediamo lo sarà sempre di più in futuro, anche nella prospettiva di una riforma dei Fondi Sie. Sarà interessante, nei prossimi anni, comprenderne il funzionamento e gli impatti socio-economici nel contesto italiano.
Questo lavoro si propone di approfondire tre aspetti rilevanti:

  • in primo luogo, con quali forme di governance la politica di sviluppo rurale e la Snai si siano integrate, dato il contesto italiano, che è tradizionalmente caratterizzato da rilevanti differenze regionali;
  • in particolare, quali problematiche e quali potenzialità scaturiscono dal sovrapporsi sul territorio di due approcci integrati: il Leader (o Clld nella nuova definizione) e la strategia per le aree interne;
  • infine, quali implicazioni vi siano per gli altri approcci integrati di natura più settoriale in ambito Feasr: in particolare i Progetti Integrati di Filiera (Pif) altri metodi partenariali/cooperativi quali i gruppi operativi per l’innovazione (European Innnovation Partnerships), i progetti integrati territoriali, ecc.

Aree interne e sviluppo rurale nell’Accordo di partenariato

L’Accordo di Partenariato è il documento di programmazione quadro nazionale che fissa obiettivi e regole generali per tutti i programmi operativi 2014-20, inclusi i Piani di Sviluppo Rurale (Psr). Come tale, l’AdP presenta obiettivi e regole generali anche per la strategia nazionale per le aree interne. Prima di verificare come i Psr trattano l’argomento “aree interne” occorre quindi riassumere brevemente cosa l’AdP prevede per la Snai e quale ruolo assegni ai diversi Fondi, incluso il Feasr.

Nell’AdP il contributo del Feasralla strategia per le aree interne è basata sui seguenti punti:

  • gli interventi del Feasr sono concentrati esclusivamente nelle aree C e D della zonizzazione rurale2;
  • i Psr devono quantificare l’apporto del Feasr alla Snai, al riguardo l’indicazione è quella di raggiungere quantomeno l’1% della dotazione di spesa pubblica totale del piano ( comprensiva di quota UE e nazionale);
  • le regioni possono intervenire nelle aree interne attraverso due diverse modalità operative: a) misure specifiche e/o combinazioni di misure; b) utilizzo dell’approccio Leader (sia nella forma mono-fondo sia pluri-fondo) oppure di progetti pilota così come previsto dall’art. 35 del Regolamento sullo sviluppo rurale.

L’AdP indica altresì la necessità di stabilire una riserva finanziaria per le aree interne in ogni Psr. La Snai è per sua natura una politica pluri-fondo, perché per contrastare lo spopolamento occorrono strumenti diversi e l’impegno finanziario certo in diversi campi (fornitura di servizi essenziali nel settore di sanità, scuola e trasporti locali, nonché interventi nello sviluppo economico). La quantificazione di risorse certe è anche un pre-requisito dell’Accordo di Programma Quadro (Apq)3, uno strumento della programmazione negoziata, che formalizza l’approvazione della strategia locale e tutti gli impegni assunti dalle amministrazioni nazionali, regionali e locali per attuare gli interventi nella singola area-progetto.

La strategia per le aree interne: il contributo dei Psr

Gli orientamenti dell’AdP sono stati recepiti in modo molto differenziato dai Psr regionali. Da una analisi dei Psr emergono sostanzialmente tre approcci diversi:

  • regioni che intervengono nelle aree interne con misure specifiche e/o combinazioni di misure;
  • regioni che utilizzano esclusivamente l’approccio Leader;
  • regioni che adottano entrambi gli approcci.

La classificazione delle regioni in base a questi tre diversi orientamenti è illustrata in tabella 1. In questo paragrafo approfondiamo il primo tipo di scelta e nel paragrafo successivo l’approccio Leader, certamente più complesso.

Tabella 1 – Regioni e province autonome italiane in base alle modalità di intervento Feasr in aree interne

Fonte: nostre elaborazioni su analisi Psr 2014-20

In realtà l’approccio per misure è più articolato di quanto possa apparire a prima vista (Figura 1). Vi troviamo tre possibili modalità:

  • il Psr non specifica alcuna misura, ma lascia questa scelta ad una fase successiva alla definizione delle strategie locali. Tutte le misure del Psr sono quindi potenzialmente eleggibili per le aree interne. Sarà poi l’Apq a individuare quali siano le misure più coerenti con la strategia scelta dagli stakeholders durante la fase progettuale;
  • il Psr individua specifiche misure da applicare nelle aree interne. È la scelta che fanno diverse regioni, sulla base di una diagnosi e dei fabbisogni manifestati nella fase preparatoria del Psr dagli stakeholders regionali. Tra le misure più ricorrenti: lo sviluppo della banda larga, le infrastrutture e i servizi di base (tutta la misura 7), gli investimenti aziendali e agro-industriali (misura 4), la diversificazione delle attività agricole (misura 6). Si tratta degli interventi che fanno parte della tipica domanda di sostegno in aree deboli, più sul versante strutturale che su quello degli aiuti a superficie (es. agro-ambiente)4;
  • infine, vi sono regioni in cui il Psr adotta approcci integrati di natura settoriale, che presuppongono la costruzione di partenariati locali e una combinazione di misure diverse. Tipici esempi di tali approcci sono: il Pif, i progetti integrati di natura territoriale e altre forme di cooperazione tematica basate sull’art 35 del regolamento sullo sviluppo rurale. Quest’ultima modalità evidenzia un aspetto rilevante: la sovrapposizione della Snai con forme di progettazione integrata tipiche della politica di sviluppo rurale, che vanno anche oltre la progettazione Leader. Riprenderemo più avanti questo tema.

Figura 1 - Identificazione delle misure per le aree interne nei Psr: tre diversi orientamenti

Fonte: nostre elaborazioni su analisi Psr 2014-20

L’utilizzo di misure singole oppure di combinazioni integrate di esse per le aree interne pone una serie di quesiti: come verrà gestita la riserva per le aree interne nei piani? Quali modalità di accesso vi saranno per queste aree all’interno dei bandi selettivi delle singole misure? Quali criteri di priorità assicureranno le risorse per i progetti proposti dalle aree interne in casi di bandi generalisti?
Le regole di funzionamento del Feasr, che mettono al centro l’accesso paritario a tutti i potenziali beneficiari, vanno coniugate con un’altra esigenza: quella di adottare criteri di selezione trasparenti ma nel contempo capaci di tener conto di una domanda più debole, meno organizzata e competitiva proprio nelle aree interne. In un contesto nazionale caratterizzato da forte disuguaglianza territoriale, uno dei compiti delle politiche pubbliche è quello di consentire l’espressione di quelle «capacità», secondo l’accezione di Sen e Nussbaum (Sen, 2000; Nussbaum, 2012), dove capacità significa opportunità di scelta. Nelle aree interne le persone non hanno le stesse opportunità di scelta esistenti in altre contesti territoriali, quindi le politiche pubbliche dovrebbero avere la preoccupazione di colmare questo divario di capacità.
In termini operativi, per le politiche di sviluppo rurale ciò dovrebbe comportare: a) criteri di selezione premiali per i progetti provenienti dalle aree interne; b) bandi con riserve finanziarie a favore delle aree interne; c) bandi ad hoc limitati ai progetti provenienti dalle aree interne selezionate. Passando dall’opzione a) alla c) si ottiene una discriminazione positiva sempre maggiore a favore dei beneficiari delle aree interne. In realtà, dall’esame dei Psr, solo un numero limitato di regioni hanno optato per le soluzioni b) o c).

Il metodo Clld-Leader nelle aree interne

Quali problematiche e quali potenzialità scaturiscono dal sovrapporsi sul territorio di due approcci integrati: Leader e Snai? E, più precisamente, come si possono coordinare tra loro?
Come si è visto prima, il Psr presenta diversi approcci integrati che possono contribuire all’efficacia della Snai, siano essi di tipo Leader sia di tipo più settoriale. Certamente il Leader domina per due motivi: a) è oramai consolidato sui territori da oltre 20 anni e può beneficiare di risorse finanziarie dedicate, oltre che aggiuntive quando opera nelle aree interne di diverse regioni; b) in secondo luogo, è diffuso soprattutto nei territori di tipo C e D, che rientrano in gran parte delle aree interne così come definite dal Dps.
Una risposta alla domanda su problematiche e potenzialità va cercata nella novità pluri-fondo del Clld. Come appare in figura 2, solo due regioni (Sicilia e Puglia) hanno optato per la soluzione pluri-fondo, dove in realtà non sono coinvolti tutti i Fondi: in Sicilia Fesr e Feasr, in Puglia Feasr e Feamp (Fondo Europeo per gli Affari Marittimi e la Pesca). In questi casi si richiede un maggiore sforzo nella governance dell’integrazione tra Clld e Snai, assicurato da un Comitato tecnico regionale misto con tutti i rappresentanti dei Fondi. Nelle altre regioni, invece, dove il Clld è finanziato solo dal Feasr, è sufficiente un Comitato regionale di selezione composto prevalentemente da funzionari tecnici dell’agricoltura.

Figura 2 - Approccio Leader o Clld per le aree interne

Fonte: nostre elaborazioni su analisi Psr 2014-20

Come si è visto in precedenza, un folto gruppo di regioni ha scelto di partecipare alla Snai attraverso il coinvolgimento dei Gruppi di Azione Locale (Gal). In una parte di regioni, inoltre, l’intervento dei Gal si affianca a quello regionale attraverso misure specifiche. Questo approccio combinato (Leader + misure specifiche) ha una sua logica ed è giustificato da alcuni motivi: alcuni interventi di infrastrutturazione del territorio non sono adatti ai Gal (si pensi ad es. alla banda larga); inoltre, in quelle aree interne non coperte dal Leader si potrebbe creare un vuoto di intervento (Feasr); infine, i bandi delle singole misure possono partire prima della selezione dei Gal, che in genere impiega più tempo, e dare così una risposta a quelle aree che arrivano prima alla definizione delle strategie locali e alla fase operativa dell’Apq.
D’altra parte, intervenire nelle aree interne attraverso i Gal può significare una migliore calibratura ai bisogni degli operatori locali. Ciò avviene quando i Gal conoscono bene i territori nei quali operano, le potenzialità e i limiti alle innovazioni, sanno usare le leve dell’animazione per sollecitare le potenzialità nascoste, ecc. laddove queste condizioni si verificano (non sempre in verità) la scelta dello strumento Gal, dunque, potrebbe rivelarsi più appropriata per garantire il successo delle azioni Feasr nelle aree interne. Sotto questo profilo la dotazione finanziaria dei Gal può rivelarsi una leva ulteriore. Su quale dotazione finanziaria possono contare i Gal? La figura 3 ci dice che in metà delle regioni che adottano l’approccio Leader per le aree interne, i Gal devono utilizzare parte del loro budget ordinario. In un’altra metà delle regioni, invece, i Gal possono disporre di risorse aggiuntive, giustificate dal coinvolgimento del Gal nella Snai. In questo secondo caso, tale coinvolgimento viene considerato come un compito aggiuntivo rispetto alle finalità generali del Gal.

Figura 3 – L’allocazione finanziaria nell’approccio Leader o Clld per le aree interne

Fonte: nostre elaborazioni su analisi Psr 2014-20

Ma come viene garantita questa connessione tra la strategia territoriale del Gal e quella della Snai? Per rispondere a questa domanda dobbiamo andare a guardare come vengono selezionati i Gal operanti in aree interne, in particolare in quelle regioni dove il Gal ha il compito di partecipare alla Snai. In queste regioni i Gal, proprio per tale motivo, definiscono una strategia che deve comprendere anche quella dell’associazione/unione dei comuni che coordina la Snai. Poiché la coerenza con la Snai è un punto qualificante della strategia del Gal, questa deve essere esplicitata nel piano del Gal e viene valutata (al momento della selezione dei Gal) da parte della regione5. Tuttavia nei bandi regionali si intravede un ruolo del Gal, per così dire, «passivo» rispetto ai comuni, come se il compito del Galfosse quello di recepire la Snai e di rendere coerenti ad essa gli interventi proposti, invece di contribuire a formarla e gestirla con le proprie competenze ed esperienze su tutto o parte del territorio.
Pur considerando che la sovrapposizione territoriale possa favorire una integrazione tra Snai e Leader e/o altri strumenti integrati (Pit, Pif, progetti innovazione europea, ecc.), il nodo cruciale resta quello della collaborazione/cooperazione tra soggetti responsabili degli interventi a livello locale: da un lato i Gal o altre forme di partenariato settoriale (i gruppi operativi per l’innovazione, le filiere agro-alimentari, ecc.) e dall’altro le associazioni/unioni di comuni per la Snai. Se questi soggetti tendono a mantenere e/o rafforzare le relazioni di fiducia e di reciproco riconoscimento dei ruoli, e riescono a realizzare una divisione dei compiti sul territorio che contemperi bene visione politica dei comuni e progettazione tecnica delle agenzie locali, allora l’integrazione degli interventi può avere successo. In caso contrario, si avranno sovrapposizioni di interventi e conflitti tra politiche, con scarsi o nulli risultati sull’esito delle strategie locali.

Una valutazione di sintesi e alcune conclusioni

Le relazioni tra politica di sviluppo rurale e Snai possono essere significative e contribuire in modo positivo all’evoluzione delle aree interne. La Snai apporta una forte innovazione perché per la prima volta nella storia dello sviluppo locale combina politiche nazionali e regionali sui servizi e promozione di progetti innovativi nello sviluppo. La politica di sviluppo rurale, dal canto suo, contribuisce con risorse certe e con approcci consolidati e una forte conoscenza del territorio rurale, tipiche ad esempio delle agenzie tipo Gal. Quindi risorse finanziarie, risorse umane ed esperienze acquisite, capacità di animazione territoriale, ecc. possono essere ingredienti rilevanti del contributo dei Psr alla Snai.
Come si è cercato di evidenziare nell’analisi dei Psr, tuttavia, queste potenzialità dipendono molto da come l’integrazione con la Snai è stata disegnata nei Psr. Vi è una forte differenziazione tra regioni, sia nelle modalità di attuazione sia nella capacità/volontà di considerare la aree interne come target privilegiato. Per le modalità le regioni adottano soluzioni differenziate a seconda che usino misure del Psr oppure l’approccio Leader o infine una combinazione di singole misure e Leader. Per la capacità di considerare le aree interne come target privilegiato ciò che conta è quanto specifica e vincolata sia l’allocazione finanziaria per queste aree. Incrociando le due dimensioni possiamo classificare le regioni in diversi gruppi (Tabella 2). Un primo gruppo di regioni è quello collocato sulla prima riga della tabella: utilizza solo il Leader come modalità di intervento nelle aree interne, ma con intensità diverse perché un sottogruppo (Trento, Friuli e Molise) assegna al Gal risorse aggiuntive. Nella prima colonna sono collocate quelle regioni che usano misure e/o combinazioni di misure: vi è una prevalenza di criteri di priorità premiali per progetti in aree interne. Meno diffuso è il ricorso, più impegnativo in termini di target, a riserve finanziarie su bandi o addirittura a bandi ad hoc per le aree interne. Un terzo gruppo è quello che combina misure specifiche e Leader e comprende quattro sottogruppi di regioni, con intensità molto differenziate di target: sia va dalla val d’Aosta, che usa il punteggio premiale per le misure e una dotazione ordinaria per i Gal, con un impegno quindi del tutto ordinario, al sottogruppo di Liguria, Umbria, Basilicata, tutte regioni che fanno uno sforzo rilevante in termini di target, perché assegnano dotazioni aggiuntive ai Gal operanti in aree interne e adottano riserve finanziarie sui bandi per le stesse aree.

Tabella 2 - Psr 2014-20: combinazione di strumenti e modalità di utilizzazione per le aree interne

Fonte: nostre elaborazioni su analisi Psr 2014-20

Anche le dotazioni finanziarie assicurate dal Feasr per ciascuna area pilota sono piuttosto variabili da regione a regione. Si va da un minimo di 1-1,5 milioni di € (Abruzzo e Molise) ad un massimo di 6 milioni di € nel caso della Basilicata. Nel caso dell’approccio Leader una stima finanziaria ex-ante è del tutto azzardata in quanto occorrerebbe avere informazioni sull’importo del finanziamento ai Gal e sul peso delle aree interne nel loro territorio, entrambe al momento non disponibili in modo sistematico per gran parte delle regioni. In ogni caso, considerando che ciascuna delle aree-pilota dovrebbe beneficiare di un finanziamento complessivo (Fondi Sie + fondo nazionale di sviluppo e coesione) di circa 7,5 milioni di € e che il contributo medio del Feasr potrebbe attestarsi in misura approssimativa sui 2-2,5 milioni di €, si può affermare che il ruolo dei Psr è potenzialmente molto significativo.
In conclusione, il contributo della politica di sviluppo rurale alla Snai dipenderà prevalentemente da fattori di governance. Più in particolare dipenderà da: a) le modalità e l’intensità con cui i Psr hanno disegnato i target territoriali (quali aree, con quali strumenti e con quante risorse dedicate); b) il tipo di relazioni che si stabiliranno a livello locale tra associazioni/unioni dei comuni e le agenzie/partenariati locali che attuano interventi Feasr; c) le capacità delle istituzioni centrali di monitorare e intervenire in corso d’opera per correggere il tiro, superare i conflitti, favorire la cooperazione multi-livello, ecc.

Riferimenti bibliografici

  • Dipartimento Politiche Sviluppo e Coesione (2014). Accordo di partenariato 2014-2020. Italia. Roma, [link]

  • Mantino F. (2016), Da Rossi-Doria ad oggi: come e perché cambiano le politiche per le aree interne, in Meloni B. (a cura), Aree Interne e Progetti d’area, Rosemberg & Sellier, Torino

  • Mantino F., De Fano G. (2016), Sviluppo rurale, innovazione sociale e politiche per le aree interne, Territorio, pp. 91-96

  • Metis (2009). Ex post evaluation of Cohesion policy programmes 2000-2006 co-financed by the European Fund for Regional Development (Objective 1 and 2). Work Package 9: Rural Development, Vienna, may

  • Nussbaum M. C. (2012), Creare capacità, Il Mulino, Bologna

  • Sen A. (2001), Lo sviluppo è libertà. Perché non c’è crescita senza democrazia, Mondadori, Milano

 

  • 1. Il Fondo in questione è uno strumento messo a punto dal Governo per contribuire alla politica di coesione nazionale.
  • 2. Le aree C e D della zonizzazione rurale sono rispettivamente le rurali intermedie e le rurali con problemi di sviluppo.
  • 3. L’ApqQ, secondo la Delibera Cipe del 28/01/2015, è lo strumento attuativo con cui si formalizza il contributo di tutte le parti in causa (nazionali, regionali e locali) e deve contenere “….per ciascuna area progetto, l’indicazione specifica degli interventi da attuare, le fonti finanziarie poste a copertura, i crono-programmi di realizzazione, i risultati attesi e relativi indicatori, le sanzioni per il mancato rispetto dei crono-programmi e, in allegato, la strategia dell’area progetto”.
  • 4. Ciò non vuol dire che le aree interne non abbiano necessità anche su questo versante. In realtà, trattandosi molto spesso di aree svantaggiate e/o con siti natura 2000, parchi, riserve naturali, ecc. esse beneficieranno anche di molte risorse degli aiuti a superficie.
  • 5. Questo elemento di valutazione è solitamente compreso sotto la voce “coerenza con le altre politiche” nella griglia di valutazione regionale e può variare tra il 2% (Piemonte) al 4% (Trento).
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