Verso un nuovo approccio alla valutazione dello sviluppo rurale

Verso un nuovo approccio alla valutazione dello sviluppo rurale
a Università di Pisa, Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali

Introduzione - La valutazione della spesa pubblica per lo sviluppo rurale

Nel processo di programmazione e attuazione delle politiche comunitarie, l’attività di valutazione serve a “assicurare la produzione di un flusso informativo continuo sullo stato di avanzamento degli interventi, in modo da garantire la trasparenza della spesa pubblica e consentire l’individuazione e la soluzione di eventuali difficoltà nell’attuazione; tutto ciò al fine di supportare il processo decisionale e la programmazione attraverso l’analisi dei risultati e degli impatti ottenuti, individuandone i principali fattori di criticità e fornendo gli strumenti per ripensare all’intero processo in chiave critica” (Bolli et al., 2009).
La valutazione, dunque, come strumento di verifica complessiva, non solo di efficiency and effectiveness della spesa pubblica, ma anche delle scelte strategiche comunitarie. Dalla fine degli anni ‘90, in parallelo alla crescente conflittualità sul bilancio comunitario, il quadro concettuale e la strumentazione per la valutazione sono stati strutturati in un sistema unico, il Quadro Comune di Monitoraggio e Valutazione (Commissione Europea, 2006a), mentre i soggetti coinvolti nella ricerca e nelle elaborazioni a livello europeo sono organizzati in una rete (European Evaluation Network for Rural Development [link]) di prossima integrazione nella Rete Rurale Europea. La chiave della valutazione è la logica dell'intervento, che stabilisce un legame causale tra le risorse finanziarie disponibili, passando per il prodotto e i risultati delle misure e arriva agli impatti. Ciò consente la verifica continua del contributo di una misura al raggiungimento degli obiettivi, secondo una sequenza logico-gerarchica (Commissione Europea, 2006b) evidenziata nella figura sottostante.

Figura 1 - Logica dell’intervento e indicatori 


Fonte: Commissione Europea, 2006b

Tale metodologia si serve dell’indicatore, che presenta caratteristiche definite (deve essere “specifico, misurabile, attuabile, realistico e temporalmente definito - principio Smart)” (Commissione Europea, 2006b) ed è funzionale alla successiva operazione di aggregazione, che consente di quantificare/valutare il progresso dei programmi, sia a livello di regioni/Stati che dell’intera Comunità. Ciò nel presupposto che la sommatoria degli elementi puntuali risultati a conclusione delle azioni/interventi – es. partecipanti che hanno terminato con successo un intervento formativo o superfici gestite con pratiche sostenibili – definisca il grado di raggiungimento degli obiettivi delle politiche.
La constatazione empirica del perdurare, e in alcuni casi dell’aggravarsi, delle difficoltà strutturali ed economiche delle zone rurali, e l’incalzare di nuove crisi (quali la crisi economica del 2008, o i fenomeni migratori) impongono periodiche revisioni alle politiche e stimolano la ricerca ad adeguare la strumentazione.
Il presente lavoro intende, dunque, inserirsi nel dibattito che anima la comunità accademica e scientifica sul modo di conciliare un approccio allo sviluppo rurale sempre più multidisciplinare e complesso, con il supporto di strumenti di osservazione e verifica ispirati ai necessari criteri di qualità, correttezza, trasparenza, ma anche adeguati alle nuove sfide.

Le criticità del processo di valutazione: una breve rassegna della letteratura

La valutazione ha dunque la necessità di integrare i temi emergenti (povertà, coesione, ambiente, clima) e accogliere gli stimoli provenienti dalla ricerca, se non vuole rischiare di rimanere esercizio “costly, often low in scientific quality, unread and unnoticed by policymakers and the wider public” (Bergschmidt, 2009) ma supportare il processo cognitivo comune (Commissione Europea, 2011).
La letteratura fornisce svariati contributi a un dibattito praticamente ininterrotto, sia sugli aspetti concettuali sia su quelli più propriamente tecnici. I contributi accademici documentano principi ed elementi innovativi presenti per il nuovo corso (Bolli et al., 2009), e riguardano vari aspetti della valutazione. Una particolare riflessione si rivolge allo sviluppo rurale (Salvioni e Sciulli, 2011), perché qui il quadro valutativo mostra maggiori limiti o, come afferma Bergschmidt (2009), il suo costante rischio di impotenza rispetto alle finalità per cui è stato progettato.
Molti autori (Blandford et al., 2010) propendono per l’ampliamento della strumentazione, se si accetta che lo sviluppo in ambito rurale comprenda anche dinamiche e convenzioni sociali, aspettative personali, modalità di amministrare il territorio.
Anche la Commissione Europea, attraverso i suoi lavori tematici (EU Scar, 2012) ha affrontato la grande sfida dell’innovazione nelle aree rurali e la variabilità degli scenari che possono realizzare il cambiamento (programmi di innovazione sociale, piuttosto che multifunzionalità delle aziende agricole o sistemi innovativi di produzione e distribuzione del cibo).
La proposta di metodologie innovative, riguarda di conseguenza sia l’approccio (Franceschetti et al., 2011, Cagliero et al., 2011) che la batteria degli strumenti disponibili (Franceschetti et al., 2012).
L’inadeguatezza degli indicatori di natura economica verso alcune tipologie di impatto dei programmi (qualità della vita, per esempio) è ormai un concetto condiviso (Cagliero et al., 2011) tanto che anche i sistemi statistici nazionali (Istat - Cnel) hanno dato vita ad un vero e proprio progetto interattivo (www.misuredelbenessere.it) per arrivare a misurare il Benessere equo e sostenibile (Bes), assumendo un “punto di osservazione” al livello degli attori/protagonisti.

Le proposte per migliorare la valutazione: adeguamento degli strumenti esistenti

I contributi della letteratura e della ricerca al miglioramento dello strumento valutativo si muovono sostanzialmente lungo due direttrici parallele, dentro o fuori al quadro concettuale vigente.
Da una parte, si propongono strumenti di maggiore controllo della qualità che senza disconoscere l’impianto concettuale, suggeriscono aggiustamenti “interni” (una maggiore cura del linguaggio della reportistica e degli strumenti di diffusione dei risultati, con il supporto delle nuove tecnologie) che restituiscano allo strumento affidabilità scientifica, autorevolezza e fruibilità a favore dei policy maker.
Si propongono (Bergschmidt, 2009) espedienti tecnici quali il Fiche contradictoire, una modalità utilizzata in altri ambiti negoziali, che rappresenta simultaneamente, in colonne allineate, le raccomandazioni del Valutatore, gli impegni assunti dall’Autorità di Gestione in funzione correttiva e la verifica delle attività svolte, rendendo l’esercizio valutativo più agevole ed efficace.
Nella stessa direzione vanno le ricerche che hanno approcciato il problema dal punto di vista degli strumenti (set di indicatori e metodologia): tuttavia, spesso emergono, fra i ricercatori, afflitti dalla scarsa disponibilità di dati statistici sufficientemente ampi ed aggiornati, perplessità sulla qualità degli esiti, mentre, nel caso di metodologie qualitative (uso di questionari e interviste) determinante è la fase di selezione delle fonti di informazione.

Le proposte per migliorare la valutazione: i nuovi approcci

Il nodo dell’organizzazione sociale o della qualità dell’interazione fra i soggetti (amministratori; imprenditori; rappresentanze sociali e istituzionali; collettività dei contribuenti e dei consumatori) è un elemento determinante nelle aree rurali, perché in grado di provocare il fallimento - in termini di crescita e sviluppo duraturo - delle politiche, anche quando, formalmente e finanziariamente, i programmi sembrano andati a buon fine: si impone dunque un cambiamento del punto di vista.
L’altra tipologia di approccio prova quindi ad ampliare il raggio d’azione della valutazione agli elementi “di sistema” (per esempio la “qualità” della governance) sperimentando metodi di analisi di natura qualitativa e tecniche partecipative.
Tale approccio sembra mettere in discussione, di fatto, il carattere di oggettività neutra della valutazione, restituendo uno spazio significativo agli attori dei processi (es: autovalutazione dei Gal) e alla loro competenza nella verifica della validità delle strategie.
Nel caso della governance, “un modello organizzativo e decisionale multiattoriale riguardante la gestione dei flussi di risorse - materiali ed immateriali, locali e non - disponibili in specifici ambiti geografici”, in cui “le idee e le pratiche si differenziano dai modelli gerarchici di decisione” e dove, tipicamente, “la rappresentazione di interessi pubblici e privati trova un’arena di mediazione e di regolazione” (Rete Rurale Nazionale, 2011), è evidente come l’osservazione comprenda, accanto ai progetti e ai prodotti, anche le modalità con cui quei prodotti sono stati ottenuti (soggetti coinvolti, competenze e dinamiche che hanno portato a determinate evoluzioni) o, viceversa, i fattori di insuccesso, fallimento, mancata conciliazione. Si introducono, infatti, accanto all’efficienza e all’efficacia, dimensioni quali la partecipazione, la trasparenza, la responsabilità, la capacità, che contribuiscono a qualificare la “buona governance” (Franceschetti et al., 2012).
Qualità dei decisori e intensità della compartecipazione delle comunità locali acquistano dunque una dimensione strategica per il successo delle politiche in ambito rurale: di conseguenza, queste dovrebbero dotarsi di un toolbox adeguato e concentrare le risorse sulle misure in grado di rafforzare tali componenti e di conciliare interessi spesso contrapposti a livello locale, evitando sia la coercizione/sopraffazione da parte del “più forte”, che la rinuncia o il disimpegno, tentazioni ugualmente distruttive L’interazione/cooperazione può manifestarsi in modi molto diversi, che dipendono dalle caratteristiche del territorio ma anche dal grado di consapevolezza diffuso nella comunità circa le proprie potenzialità, nonché dalla disponibilità/determinazione di ciascuno dei suoi membri a mettersi in gioco verso soluzioni di interesse comune.
Specularmente, in una situazione multiattoriale, può essere decisivo individuare precocemente, anche con l’ausilio della funzione valutativa, quali caratteri, elementi, fatti possono mettere a rischio la costruzione di relazioni di cooperazione “buone”, e su quali dinamiche far leva in funzione “correttiva”.
A rafforzare questo quadro teorico intervengono anche le indicazioni sul Partenariato Europeo per l’Innovazione (Pei) (European Commission, 2013) che delineano, accanto al sistema classico (lineare) e di pari dignità rispetto ad esso, l’interactive system innovation, in cui il processo partecipativo multiattoriale “(…) including farmers, advisory services, Ngos, researchers, etc. as actors in a bottom-up process (…)” è riconosciuto come elemento stimolante e facilitante la diffusione dell’innovazione in determinati contesti, e va affrontato con un quadro concettuale e strumenti specifici1. Peraltro, tale approccio è quello raccomandato per costruire e far funzionare i Pei.
Alla luce delle evidenze sopra riportate - un nuovo significato attribuibile all’innovazione che ne integri la componente sociale e relazionale; l’importanza di azioni per favorire la crescita di un tessuto sociale coeso, in quanto fattore essenziale per il superamento delle crisi e per il successo dei progetti (locali, territoriali) - appare tutta l’insufficienza di un sistema di valutazione che si limiti a decretare l’efficacia o meno dell’impegno finanziario messo in campo in un periodo e in un territorio, sulla base della quantificazione del suo risultato.
Può essere invece molto più significativo, in particolare per le ricadute sulla scelta degli strumenti di sostegno e delle strategie, rilevare le caratteristiche del processo che può condurre l’insieme dei soggetti (stakeholders), rappresentativi di una determinata realtà, a relazionarsi per costruire e percorrere una direzione comune. In tale processo, è determinante riuscire a valorizzare le risorse presenti e, al contempo, imparare a evitare/correggere i fattori capaci di provocare il fallimento, assumendo tale capacità di attivare relazioni positive come uno degli elementi del successo imprenditoriale. Nel paragrafo successivo viene presentata una proposta metodologica che adotta questi elementi come parte integrante del processo di verifica delle politiche di sviluppo. Tale proposta può riguardare tanto i partenariati formali che altre forme di cooperazione, formale e informale, potenzialmente generate dalle misure dei Psr.

Una proposta per l’integrazione dell’approccio valutativo: strumenti per la valutazione delle reti

La proposta di Regolamento per la futura politica di sviluppo rurale prevede la costituzione dei Pei che, attraverso i Gruppi Operativi, assumono un ruolo centrale nell’attribuzione dei fondi comunitari, introducendo al contempo una nuova concezione delle progettualità e delle attività in ambito agricolo e rurale, fondata sugli aspetti di rete e di cooperazione.
Le sua base concettuale risiede nell’esperienza Leader, divenuto il modello dell’approccio partecipato allo sviluppo rurale2definito tenendo conto dei bisogni e delle potenzialità locali, e comprende elementi innovativi nel contesto locale…” (Commissione Europea, 2011), modello che contiene la partecipazione e l’innovazione come elementi fondanti.
Nelle proposte di regolamento in corso di approvazione, sono centrali gli aspetti di networking e di collaborazione fra diversi operatori delle aree rurali (art. 36), quindi non solo agricoltori, allevatori e trasformatori ma anche altri soggetti, la cui collaborazione attiva rappresenta lo strumento determinante per affrontare le sfide della sostenibilità. Non è ancora definita la scala - locale, regionale, nazionale - a cui risponderanno i nuovi partenariati e i Gruppi Operativi né gli aspetti specifici della loro forma. E tuttavia le forme di compartecipazione e co-progettazione delineate dalle nuove proposte regolamentari in svariati ambiti (filiere agroalimentari e ambientali; gestione collettiva di progetti e investimenti; scambi di esperienze e competenze) aprono scenari di intensa applicazione per tutte le azioni funzionali ad accompagnare l’aggregazione e la cooperazione di portatori di interessi intorno a progetti/obiettivi comuni.
In tal senso, il presente contributo intende proporre un approccio metodologico, non ancora “testato” attraverso casi di studio, che permette di “valutare” il funzionamento di network in modo qualitativo, attraverso l’analisi dei processi che caratterizzano il percorso di rete: modalità di gestione dei contatti, della comunicazione (interna/esterna), identificazione di ruoli chiave nei processi decisionali, ecc.
La letteratura scientifica relativa all’analisi qualitativa dei network fornisce contributi utili alla valutazione di partenariati e forme di cooperazione: in particolare, la actor network theory (Cook e Whitmeer, 1992; Benson, 1975; Kash e Rycroft, 2002; Pittaway et al., 2004), ritiene che le reti (o network) possano essere considerate “modelli relazionali che consentono flussi di risorse”, sia materiali che immateriali. Secondo tale logica, “l’efficienza ed efficacia del network si misura in termini di capacità di produrre, scambiare e mantenere risorse come la conoscenza, la tecnologia, le materie prime, il finanziamento e il sostegno politico”. In tale logica, si ritengono funzionali al contesto valutativo delle politiche di sviluppo alcuni elementi analitici sviluppati nell’ambito del Progetto Europeo di ricerca Solinsa (Agricultural Knowledge Systems in Transition: Towards a more effective and efficient support of Learning and Innovation Networks for Sustainable Agriculture FP7-Kbbe-2010-4). Il Progetto, finanziato nel 7° Programma Quadro per la ricerca europea, è iniziato a febbraio del 2011 e si concluderà a febbraio 2014: esso coinvolge 11 istituti di ricerca in 8 paesi europei (Svizzera, Italia, Francia, Germania, Inghilterra, Lettonia, Ungheria, Olanda) ed è coordinato dall’Istituto federale svizzero per la ricerca in agricoltura biologica (Fibl). Per l’Italia partecipa il Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro –ambientali dell’Università di Pisa.
L’obiettivo generale del Progetto è quello di identificare approcci efficaci ed efficienti per supportare network multi – attori, detti Linsa, come strumenti di transizione verso la creazione di un Sistema di Innovazione per l’Agricoltura, a supporto dell’agricoltura sostenibile e dello sviluppo rurale.
Con il termine Linsa (Learning and Innovation Network for Sustainable Agriculture) si intendono network di agricoltori, consumatori, Associazioni ed Organizzazioni, amministrazioni locali ed altri attori che sperimentano strade alternative al sistema “ufficiale” di produzione/consumo/conoscenza per produrre, consumare, innovare, basate sulla comunicazione e sullo scambio di risorse (non solo materiali ma anche immateriali, come la conoscenza). Le regole fondanti di questo tipo di approcci sono: dare priorità alle risorse endogene, sperimentare nuove pratiche, intensificare l’interazione e la cooperazione con altri attori, anche se all’esterno del network.
Alcuni elementi analitici impiegati per l’analisi dei Linsa si ritengono applicabili allo studio di altre reti multi – attoriali, e implementabili in ambito valutativo.
In termini operativi si tratta di valutare una rete (nel nostro caso partenariati e Gruppi Operativi) in quanto sistema di conoscenza, sin dalla fase della sua costituzione, analizzandone le modalità di costruzione delle relazioni, il funzionamento, le modalità di gestione della comunicazione e i ruoli/oggetti chiave che possono facilitare l’entrata in contatto fra mondi differenti.

Tabella 1 - Elementi di descrizione di una rete come sistema di conoscenza


Fonte: Brunori et al., 2011

L’analisi della comunicazione (modelli, strutture, accesso e validazione delle informazioni) interna ed esterna al network costituisce lo strumento descrittivo della tipologia di relazione esistente fra i nodi del network stesso, e degli eventi che si verificano all'interno di una rete. Essa ne definisce, inoltre, i confini, secondo caratteristiche di intensità differente fra l’ interno, dove la comunicazione è solitamente più intensa, e segue regole diverse, rispetto alla comunicazione con l'esterno. Tuttavia, in una rete, la distinzione tra dentro e fuori è oggetto di continua negoziazione e adattamento.
L’implementazione, la traduzione operativa di questo strumento analitico dipende dai contesti in cui si andranno ad applicare; particolare attenzione dovrà essere posta alle modalità di “raccolta” delle informazioni (tramite questionari, focus group, incontri mirati) nonché alla successiva elaborazione, in funzione del tipo di output che si vuole ottenere.
Questo modello di analisi, infatti, si presta a diversi obiettivi: può essere un utile strumento per caratterizzare (descrivere) una rete, consentendo di evidenziare i punti di debolezza e gli elementi che costituiscono un “ostacolo” al funzionamento, su cui operare interventi mirati, sia da parte degli attori protagonisti (ad esempio, acquisire consapevolezza delle criticità di alcuni aspetti della gestione), che da quello del decisore pubblico, con forme di supporto volte a “risolvere” tali criticità.
Nella logica dello sviluppo rurale, inoltre, questo tipo di analisi può supportare il percorso attuativo e valutativo di tutte le misure potenzialmente generatrici di capitale sociale, poiché la gestione e l’organizzazione della comunicazione rappresentano una componente essenziale nella capacità di attivare e mantenere le relazioni instaurate o potenzialmente instaurabili ai diversi livelli.

Considerazioni conclusive

Da quanto esposto finora, si possono trarre alcune considerazioni. L'obiettivo della valutazione è il miglioramento dei processi di programmazione; nelle aree rurali, tuttavia, le particolari fragilità economiche e sociali pongono alla politica particolari sfide, in cui assumono un ruolo rilevante gli elementi relazionali.
Le forme di cooperazione, i partenariati, le reti, in tali contesti sono individuati come “luoghi” di aggregazione di energie e saperi, mediazione di interessi, condivisione di strategie in funzione di obiettivi condivisi, e la normativa europea in via di approvazione ne sancisce il ruolo strategico per lo sviluppo delle aree rurali.
Gli strumenti valutativi disponibili, impostati su un concetto di “misurabilità” quantitativa, appaiono insufficienti a supportare un percorso di tale complessità, in cui sono fondamentali, per la riuscita del lavoro cooperativo, la competenza “relazionale” dei soggetti coinvolti, la capacità di mediazione, la volontà di valorizzazione reciproca.
Il quadro analitico del Progetto di ricerca Solinsa assume come oggetto di osservazione la rete, cioè l’insieme dei soggetti collegati da relazioni diverse e variamente caratterizzate, e l’insieme di quelle stesse relazioni, nella qualità di “soggetto” protagonista di progresso.
L’analisi delle dinamiche che caratterizzano i processi di costituzione e funzionamento delle reti, può fornire al sistema di sostegno pubblico informazioni utili ad adeguare gli strumenti per migliorare le performance ed accrescere il “valore aggiunto” dei partenariati.

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