Introduzione
In un recente intervento pubblicato sulla rivista Lipids (Nobili, 2011) si afferma che molti Stati membri, tramite i programmi di informazione per la cittadinanza in materia alimentare (cosiddette Linee guida nutrizionali o Food Based Dietary Guidelines), avrebbero iniziato a consigliare di sostituire grassi saturi con grassi monoinsaturi, e in minor misura polinsaturi. Questo, secondo l’opinione degli Autori, porterebbe al cosiddetto modello della dieta mediterranea (meno malattie cardiovascolari, obesità, e riduzione di marker infiammatori, tra gli effetti positivi comunemente accettati). In tal senso si ritiene che una più pronta diffusione di tali consigli da parte delle autorità nazionali deputate alla tutela e alla promozione della salute pubblica potrebbe essere appoggiata anche per veicolare campagne promozionali a scopo commerciale, incentivando i consumi dell’olio extravergine di oliva tramite la valorizzazione delle sue proprietà nutrizionali.
Scopo del presente contributo è verificare il ruolo riservato all’olio d’oliva entro le Linee guida nutrizionali degli Stati membri dell’UE. Prima, tuttavia, si ritiene opportuno mettere in evidenza sia le basi scientifiche per promuovere un maggiore consumo di olio extravergine di oliva (ad esempio, in sostituzione di altri grassi), sia le dinamiche commerciali del nostro extravergine nazionale, con particolare riferimento all’export e ai prezzi che vengono mediamente riconosciuti in Europa al prodotto.
Olio (extravergine di oliva): le evidenze utili in chiave di policy making
La salubrità e preferibilità dell’olio extravergine di oliva sono generalmente riconosciute non solo da medici e nutrizionisti, ma dalle stesse abitudini alimentari degli italiani, forti consumatori di tale prodotto e primo mercato mondiale. Recentemente la European Food Safety Authority (EFSA), il massimo organismo scientifico in materia di sicurezza alimentare in Europa, ha deliberato, a norma della procedura di valutazione del reg. (CE) 1924/2006 per indicazioni sulla salute riferite al mantenimento di un normale funzionamento/buono stato di salute di un organo/funzione corporea, che possano essere utilizzati i vanti nutrizionali per l’olio extravergine di oliva (EV) riportati nella tabella 1. Sapere che la EFSA ha bocciato oltre l’80% dei vanti nutrizionali e salutistici che le sono stati sottoposti restituisce una dimensione della serietà della stessa valutazione.
Tabella 1 - Aspetti salutistici legati al consumo di olio extravergine di oliva adottabili come vanti nutrizionali (etichettatura, pubblicità, promozione)
Un primissimo aspetto da considerare riguarda però la scarsa chiarezza del messaggio salutistico che EFSA ha approvato sui polifenoli, micronutrienti da tempo sospettati di proprietà antiossidanti e quindi benefici per la salute. Non è chiaro se il messaggio sull’idrossitirosolo, un polifenolo particolarmente caratterizzante le olive, possa essere riferito all’olio di oliva tout court o solo all’extravergine. Vi sono intanto difficoltà analitiche nello stabilire con certezza il contenuto fenolico dell’olio di oliva (Tripoli, 2005), ma nello stesso tempo un certo consenso sul fatto che l’olio di oliva raffinato non presenti significative quantità di fenoli e di idrossitirosolo. Nonostante il messaggio rassicurante di EFSA (“…5mg di idrossitirosolo e dei suoi derivati, assumibili nell’ambito di una dieta equilibrata….”, EFSA 2011), non è nota la quantità di olio EV che sarebbe necessario ingerire quotidianamente. EFSA, oltretutto, non parla di olio extravergine di oliva. Un altro problema è dato dalla banda di oscillazione del contenuto di idrossitirosolo, molto ampia, è che dipende tra le altre cose dal periodo di raccolta, dall’annata, dalla cultivar. In uno studio del 2002 (Garcia et al, 2002) sulla cultivar che copre più del 25% del consumo mondiale, la spagnola Picual, si passa da 38,9 mg/litro a 5,7 mg/litro del fenolo. In un altro studio (Romani, 2001) il range di variabilità dell’idrossitirosolo in diverse tipologie di extravergine è molto ampio e oscilla dai 5 mg/litro a 26 mg/litro. E’ questo un punto controverso, da chiarire prima possibile, per non ingannare consumatori e danneggiare i produttori dei migliori extravergini nazionali, che a differenza di altri oli risultano particolarmente ricchi di polifenoli. In seguito ad una richiesta, EFSA ha risposto che sta in ogni caso alla Commissione europea la possibilità di diramare i chiarimenti necessari (quantità da consumare per ottenere i benefici di salute, in base anche al contenuto fenolico; tipo di olio ammesso - se EV o no -, ecc.).
Sebbene, poi, solo il vanto sui polifenoli sia esclusivo dell’olio (extravergine) di oliva, anche le altre due caratteristiche (presenza di vitamina E e grassi monoinsaturi) concorrono a determinare la salubrità e l’appetibilità del prodotto agli occhi dei consumatori e delle autorità sanitarie nazionali che volessero ad esso ispirarsi o appoggiarsi. Tutti e tre gli aspetti salutistici, inoltre, potrebbero essere utilizzati dalle autorità sanitarie nazionali come elemento comunicativo rispetto ai consigli pratici su quali e quanti grassi consumare, dando “spessore” e comprensibilità alle Linee guida nutrizionali così come oggi le conosciamo.
Le Linee guida nutrizionali
A differenza dei vanti nutrizionali e salutistici di EFSA, che sono utilizzabili in etichetta dai produttori privati, le Linee guida nutrizionali sono messaggi di facile comprensione, contestualizzati nella cultura di riferimento, orientati ad una praticità di uso per capire “come mangiare” bene. Sono messaggi, quindi, che tengono in conto non solo le basi scientifiche dei consigli alimentari distribuiti, ma anche le preferenze, le abitudini ed i gusti della popolazione più ampia cui si riferiscono.
Alcuni esempi di Linee guida nutrizionali sono:
- “mangia almeno 5 porzioni al giorno tra frutta e verdura”;
- “mangia almeno due porzioni di pesce alla settimana”;
- “bevi almeno un litro e mezzo di acqua al giorno”.
Spesso le Linee guida nutrizionali, oltre a suggerire comportamenti, indicano:
- target nutrizionali giornalieri o settimanali (quanto mangiare – come minimo o come massimo – di una categoria alimentare);
- le ragioni per cui è bene attenersi a questi target;
- come fare per raggiungerli entro una alimentazione culturalmente accettata.
Tali messaggi non coincidono con gli “health claims” di EFSA. Le Linee guida, infatti, hanno un’altra finalità ed approccio, in quanto sono “consigli” alimentari per la popolazione. Pur tuttavia possono integrarsi con gli stessi in un unicum coerente, dando luogo ad un rafforzamento reciproco. Sebbene, infatti, la finalità precipua delle Linee guida nutrizionali nazionali sia di salute pubblica, non è detto che non possano contribuire a valorizzare determinati alimenti commerciali, entro consigli più generali per i consumatori.
Tuttavia, un problema che scontano le Linee guida nutrizionali nasce dall’essere prodotte in condizioni di incertezza scientifica: laddove molti dubbi permangono sulle corrette quantità di consumo di alcuni alimenti/gruppi alimentari per evitare rischi di malattie (es., carne, latticini). In casi come questi, la comunità medica non è estranea pregiudizi che le provengono dal proprio vissuto materiale, dalle proprie consuetudini alimentari, e dai cibi che conosce da lungo tempo -e percepisce come familiari,“non rischiosi” e in qualche modo “sani”. Le controversie esistenti tra organi e istituzioni ai massimi livelli accentuano l’aspetto decisivo della sensibilità personale di medici e divulgatori nutrizionali. Un esempio, la carne rossa: autorità come il World Cancer Research Fund sconsigliano di consumarne più di 500 grammi a settimana (in ragione del rischio per cancro intestinale), ma recenti studi come lo European Perspective Invesitigation on Cancer (il più grande studio sul cancro degli ultimi 30 anni) non avrebbero trovato nessuna base scientifica per sostenere tale opinione. Quando si scontrano autorità così elevate, diventano importanti fattori di percezione culturale di uso diffuso degli alimenti. Ma sull’olio di oliva il consenso sembra essere ormai globale: non solo EFSA, ma negli stessi USA la Food and Drug Administration (FDA) ha consentito l’indicazione che “circa due cucchiai al giorno di olio d’oliva possono ridurre il rischio di malattie cardiovascolari”.
Il mercato dell’olio di oliva e i nuovi paesi consumatori
Passando ad analizzare le caratteristiche strutturali del comparto dell’olio d’oliva, si evidenzia che le dinamiche che lo caratterizzano stanno subendo un’evoluzione con cambiamenti importanti legati soprattutto alla dimensione internazionale dello stesso, con un livello di rivalità sicuramente in crescita (Figura 1).
La quasi totalità della produzione mondiale si concentra nell’area del Mediterraneo con il 72% localizzato nella Unione europea ed il 25% nei paesi del nord Africa e del Medio Oriente; la restante quota, di circa il 3%, è realizzata nelle aree di nuova olivicoltura, in maniera particolare Australia, Cile e Argentina.
Per gli operatori del settore le sfide stanno aumentando ed essere presenti sul mercato spesso significa fare delle scelte di segmentazione verso l’alto e decidere di produrre qualità, anche per andare incontro alle esigenze sempre più articolate ed evolute dei consumatori.
Sebbene il mercato dell’olio di oliva possa essere considerato maturo e stabile a livello europeo -poco sotto i 2 milioni di tonnellate annue negli ultimi 5 anni - si rilevano alcune tendenze importanti circa l’aumento dei consumi, sia su scala mondiale, sia con riferimento ai paesi non produttori di olio di oliva.
Figura 1 - Trend di produzione e consumi a livello mondiale (dati in .000 t)
Fonte: elaborazioni Unaprol su dati COI ( per il dato 2010-2011 stime preliminari Coi aggiornate a novembre 2010)
I dati Coi-Unaprol evidenziano che, negli ultimi 20 anni, i consumi e la produzione di olio di oliva sono aumentati di pari passo, arrivando di fatto a raddoppiare in termini di volumi. Nello stesso tempo, vi è stato l’ingresso di nuovi paesi consumatori che ha portato a diminuire il peso dei primi 4 consumatori globali dal 71% al 52% (Tabella 2).
Tabella 2 - Paesi produttori e paesi consumatori di olio di oliva: l’evoluzione
Fonte: elaborazioni UNAPROL su dati COI
Facendo una analisi del consumo medio procapite a livello europeo, si evidenzia che questo passa dai circa 15,9 kg della Grecia ai 14 kg dell’Italia,fino ai 12 kg della Spagna e scende sensibilmente nei paesi privi di un “vissuto” consolidato del prodotto,fino ad arrivare ad 1 kg procapite all’anno per Austria e ancora meno per i paesi nordici (dati FAO 2007).
Le potenzialità di sostituzione dell’olio di oliva rispetto ad altri grassi sono quindi alquanto interessanti, se si considera che generalmente i paesi che consumano meno olio di oliva hanno però consumi più elevati di grassi animali, burro e altri oli vegetali. La quota degli altri paesi, tradizionalmente “non consumatori”, mostra una tendenza di lieve crescita. Tale contesto crea un ambiente recettivo e con opportunità da cogliere per gli operatori del settore.
Linee guida nutrizionali e olio (extravergine) di oliva
Una ricognizione del 2003dell’OMS (WHO, Europe, 2003) ha verificato l’esistenza di Linee guida nutrizionali negli Stati dell’Europa. Su 48 Paesi analizzati, 25 avevano Linee guida approvate dal governo, mentre 8 dichiaravano che erano in preparazione (Eufic, 2011). Con la presente ricerca, sono state recuperate le Linee guida nutrizionali di alcuni Paesi europei:alcune erano reperibili on-line ed in lingua inglese o in documenti traducibili (sono stati pertanto inclusi 17 paesi1).Gli USA sono stati aggiunti, sia in ragione del ruolo pionieristico che hanno avuto nello sviluppare per primi le Linee guida nutrizionali negli anni ’50 del secolo scorso, sia in ragione dell’apertura al consumo di olio di oliva negli ultimi anni.
Questo esercizio può essere valutato come misura della immediata accessibilità da parte di un cittadino ben informato e volenteroso di acquisire conoscenze in merito.
Oltre a dare uno sguardo più generale alla quantità di grasso consigliato nell’ambito di tali Linee guida, l’attenzione è stata rivolta all’obiettivo nutrizionale più generale da raggiungere (spesso indicato come una transizione rispetto alla dieta da modificare nell’ambito della popolazione di riferimento). Inoltre è stata valutata l’enfasi posta sui grassi monoinsaturi e da qui, sull’olio di oliva e se del caso, sull’olio extravergine di oliva. I risultati favoriscono alcune importanti riflessioni.
- Non sembra esserci un consenso assoluto sulla quantità di grassi ideale da assumere quotidianamente come percentuale delle calorie totali. Si oscilla di poco, è vero (generalmente, dal 30% al 35%), ma permane una ragionevole divergenza a livello di singoli Stati analizzati. L’Austria, la Danimarca, la Svizzera raccomandano di non superare il 30% dell’energia da grassi, mentre il Belgio il 35%; altri paesi (Svezia, Norvegia e Finlandia, per contro, suggeriscono un intervallo di consumo (dal 25% al 35% dell’energia da grassi). Ciò può essere dovuto ai diversi modelli alimentari dei vari paesi, poichè non ha senso fissare target di consumo di grassi troppo bassi rispetto ai consumi reali, al fine di non dare comunicazioni percepite come irrealistiche dai cittadini;
- In molti paesi l’attenzione precipua è sulla riduzione complessiva della quantità di grassi (Germania, Danimarca, Svizzera, Belgio, Ungheria), mentre la qualità dei grassi stessi sembra passare in secondo piano. In altri paesi per contro l’attenzione è sulla qualità (Italia: “punta sulla qualità e non sulla quantità dei grassi”) o addirittura su qualità e quantità (in Grecia si consiglia “L'olio di oliva deve essere utilizzato quando possibile, sia in insalate e fritti o cibi cotti, e “chi non è sovrappeso non deve ridurre il consumo di olio di oliva”, e“Soprattutto per l’olio, la riduzione non è raccomandato dove conduce a ridurre l'assunzione di verdure e legumi, che sono spesso cucinati con olio d'oliva”);
- Inoltre, in molti paesi il focus prioritario è piuttosto sulla riduzione del consumo di grassi saturi (Regno Unito, Olanda, Danimarca), notoriamente riconosciuti come dannosi per la salute cardiovascolare. Talvolta si indica con quali grassi sostituire quelli saturi. Ad esempio, la Germania consiglia di sostituire la margarina al burro, in quanto sarebbe più ricca di grassi polinsaturi. Talvolta non si distingue tra insaturi (polinsaturi e monoinsaturi), come nel Regno Unito o in Olanda (“tutti i tipi di olio sono sani”) e Danimarca (“La Food Administration non consiglia un olio piuttosto che un altro”);
- Nell’ambito di tali Linee guida, l’olio di oliva è quasi sempre presente e viene precipuamente considerato come uno tra i tanti oli vegetali, oppure in ragione del suo contenuto di grassi monoinsaturi. I grassi monoinsaturi a loro volta sarebbero diversamente connotati a seconda degli Stati (in alcuni casi i monoinsaturi avrebbero un ruolo “neutro” su colesterolo; in altri un ruolo protettivo; in altri casi ancora ne viene sottolineata la positiva funzione tecnologica di resistere alle temperature di cottura/frittura meglio dei polinsaturi, ecc.). Il “principe dei monoinsaturi”, per uno strano caso, in Germania è l’olio di Argan, presentato come “oro liquido”, mentre in Belgio è l’olio di arachidi. In Finlandia, si consiglia di preferire l’olio di colza all’olio di oliva in ragione di un presunto migliore bilanciamento tra gli acidi grassi. In molti casi l’olio di oliva è considerato come una commodity al pari dell’olio di colza/canola, nonostante le controversie esistenti sullo stesso olio di colza (sarebbe ricco di acido erucico, altamente tossico a livello epatico) e canola (Canadian Oil, invenzione genetica che già dal sito chiarisce la natura “grossolana” e industriale del prodotto2);
- Per contro in Francia, pur sottolineandone la salubrità, si afferma “che l’olio di oliva va consumato con circospezione, dal momento che contiene materia grassa al 100% (diversamente dai meno salubri grassi solidi, come burro o margarina).Se consideriamo che alcuni medici consigliano la “integrazione dietetica” di olio extravergine di oliva (lo stesso dr Nobili sull’articolo di Lipids citato in apertura) anche per la cura di malattie o sindromi (sindrome metabolica e fegato grasso da non bevitore), ne ricaviamo un quadro sufficientemente “complicato” e con diversi pareri della comunità scientifica;
- L’olio extravergine di oliva, al contrario, non è quasi mai nemmeno presentato accennato entro le Linee Guida. Se presentato, come in Germania, non ne viene poi adeguatamente sottolineato il ruolo positivo. In alcuni casi (Francia e Danimarca) la scarsa diffusione dell’olio (extravergine) di oliva porta le autorità sanitarie a presentarlo ai cittadini con circospezione (Francia: “attenzione, si tratta di grassi al 100%”, o Danimarca “l’olio di oliva ha un sapore forte di oliva” …e “congela nel frigorifero…”), lasciando intuire una estraneità culturale dell’uso quotidiano dello stesso. In modo del tutto interessante, i polifenoli ed i micronutrienti come la vitamina E, pure autorizzati da EFSA, non sono presenti quando si parla di olio extravergine di oliva, nemmeno nelle Linee guida dei paesi mediterranei (Grecia, Italia, Spagna). Sembra insomma che l’attenzione sia più che altro rivolta alla tipologia di grassi (macronutrienti) e al bilanciamento tra gli stessi.
Conclusioni
L’olio di oliva e l’olio extravergine di oliva sono - entro le Linee guida nutrizionali- spesso considerati come tanti altri oli vegetali, quando il ricorso ai grassi monoinsaturi al posto dei polinsaturi darebbe evidenti giovamenti nella riduzione del rischio di aterosclerosi (Tripoli 2005). Una prima conclusione di questa breve ricerca riguarda il fatto che l’olio extravergine di oliva non viene promosso adeguatamente nell’ambito delle Linee guida nutrizionali, alla luce degli ultimi riconoscimenti di salute pubblicati da EFSA. Polifenoli, idrossitirosolo, ma anche vitamina E sono spesso assenti dai messaggi sulle Linee guida nutrizionali; e gli stessi grassi monoinsaturi non sono sempre considerati prioritari nella comunicazione ai cittadini, nonostante il ruolo positivo.
Un altro risultato di questo contributo consiste nel dimostrare il cortocircuito che esiste in certi casi tra cultura nazionale dominante (“uso dei grassi” più diffuso) e percezione della salubrità. Se è vero che le Linee guida devono tenere in considerazione la cultura nazionale, in modo da dare messaggi comprensibili e ben contestualizzabili, troppo spesso ciò porta a non dare con la sufficiente forza indicazioni “migliorative” circa i grassi più apprezzabili da un punto di vista qualitativo. Da questo punto di vista, l’olio di oliva e ancora di più l’olio extravergine di oliva ne escono penalizzati e non pienamente riconosciuti ad un livello basilare di “evidence based policy making”.
In tal senso, un approfondimento interessante sarebbe quello di “portare alla luce” la percezione dell’olio di oliva in culture non latine, per capire se prevale l’aspetto positivo (“monoinsaturi e polifenoli”) o negativo (“tanto grasso”), e in quali segmenti della popolazione. Una più adeguata comprensione di tali meccanismi porterebbe ad una migliore opera di informazione e di targetizzazione dei messaggi, ora che anche EFSA ha optato per promuoverne in tutta Europa il consumo sulla base dell’evidenza scientifica.
Si ricorda infine che un approccio nutrizionale focalizzato solo sui “macronutrienti” è stato per lungo tempo uno dei principi ispiratori delle Linee guida nutrizionali in tutto il mondo. Il semplice bilanciamento tra le “giuste” dosi di proteine, carboidrati e grassi (e tra questi, eventualmente delle rispettive tipologie), è stato considerato l’unico criterio per dare consigli alimentari alla popolazione e così raggiungere una dieta salubre. Il ruolo emergente per la salute riconosciuto ai “micronutrienti” ha definitivamente reso obsoleto tale precedente approccio, e la possibilità comunicative aperte nella regione europea in tal senso da EFSA sono quindi enormi e andranno debitamente colte.
Considerando anche i recenti progressi fatti nella conoscenza delle sue proprietà salutistiche, si possono pensare campagne promozionali mirate ai paesi europei e ai paesi terzi che sembrano più ricettivi al suo consumo, o che hanno visto negli ultimi anni aumentarne maggiormente le importazioni ed i consumi.
Tali campagne potrebbero avere un interessante partenariato pubblico-privato, in ragione delle sinergie che si verrebbero a creare e della più generale situazione win-win tra produttori, consumatori e attori sanitari nazionali (che potrebbero ridurre patologie e costi sanitari tramite una maggiore diffusione dei grassi monoinsaturi e più in generale dell’olio extravergine di oliva).
L’Unione Europea a tal proposito potrebbe fare molto, nel senso che in tutte le campagne promozionale future, gli aspetti nutrizionali degli oli extravergini di oliva dovrebbero essere elementi principali da inserire nei programmi, affinché il consumatore possa scegliere tale prodotto, non solo per le sue reali caratteristiche ma anche per gli effetti positivi di alcuni elementi tipo vitamina E, grassi monoinsaturi/polinsaturi, polifenoli.
Nell’obiettivo di una sempre migliore trasparenza verso il consumatore e per permettere di effettuare acquisti sempre più consapevoli circa il rapporto qualità/prezzo, la promozione intesa come formazione è condizione determinante per far conoscere questo prodotto. Gli attori nazionali deputati alla diffusione delle Linee Guida agirebbero allora come centri nodali di smistamento informativo, o mediatori (“Gatekeepers”, secondo il social marketing nutrizionale, Wansink 2006), rendendo i messaggi adatti, comprensibili e “azionabili” da parte dei pubblici finali di riferimento, ma senza snaturare la validità scientifica di dati ormai acquisiti sulla reale salubrità dell’olio EV.
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