Istituto Nazionale di Economia Agraria |
Approccio strategico e linee guida per la quantificazione degli impatti
Benché gli interventi della politica di sviluppo rurale siano su scala relativamente ridotta – avendo come beneficiario principale l’azienda agricola singola o associata – le linee d’azione garantiscono che essi siano collegati alle principali priorità dell’Unione. In quest’ottica vanno letti e interpretati gli impatti socio-economici e ambientali che i Programmi di sviluppo rurale (Psr) sono chiamati a conseguire nell’arco dell’intero periodo di programmazione 2007-2013, all’interno del cosiddetto “approccio strategico”.
Quest’ultimo ha accresciuto notevolmente l’esigenza di creare un sistema di monitoraggio e valutazione basato su principi e procedure comuni, che soddisfi i fabbisogni conoscitivi relativi agli effetti della politica di sviluppo rurale (INEA, 2005; Mantino, 2008). A tal fine, la Commissione Europea, insieme agli Stati membri, ha presentato il Quadro comune per il monitoraggio e la valutazione (Qcmv).
In termini di valutazione, come espresso nel Qcmv, la gerarchia degli obiettivi dei Psr è accompagnata da una gerarchia di indicatori che riflette i vari elementi della logica di intervento (CE, 2006; Borsotto et al., 2007; Perosino, Nardacchione, 2008): indicatori di risorsa, di baseline, di prodotto, di risultato, e di impatto. Come noto, questi ultimi guardano ai benefici del programma al di là degli effetti immediati sui diretti beneficiari, stimando anche quelli nella zona interessata. La sfida principale è la determinazione dell’impatto, ovvero del cambiamento rispetto alla situazione di partenza. Al riguardo, le linee guida comunitarie suggeriscono prioritariamente, ma in modo non vincolante, due approcci: da una parte, il ricorso ad una prospettiva dal basso verso l’alto, in modo additivo, a partire dagli effetti diretti; dall’altro, l’utilizzo di coefficienti di stima desunti da progetti simili e da precedenti valutazioni. In entrambi i casi, le indicazioni dovrebbero venire raffrontate con la situazione contro-fattuale e con le tendenze contestuali, osservate anche grazie agli indicatori di baseline nell’area del programma.
Il passaggio finale dovrebbe stimare l’impatto sulla tendenza generale a livello di territorio, laddove fattibile o statisticamente significativo; se ciò non fosse possibile, si dovrebbe indicare al valutatore di procedere a una valutazione qualitativa in termini generali.
Per la quantificazione degli indicatori in sede ex ante, ogni Autorità di gestione (Adg) ha intrapreso un percorso specifico, ottenendo risultati che non sempre consentono la confrontabilità e la possibilità di comporre un disegno uniforme. In questo quadro, e nell’ambito del più ampio supporto svolto dalla Rete rurale nazionale, una consistente parte del lavoro svolto dalla task force di valutazione si è focalizzato sull’analisi degli indicatori socio-economici, anche al fine di offrire un quadro nazionale complessivo. In particolare, l’analisi empirica qui presentata si concentra sulla stima degli impatti in termini occupazionali che le valutazioni ex ante hanno attribuito ai Psr; si tratta di effetti che rappresentano, senza dubbio, un tema importante nell’agenda nazionale e comunitaria, considerato che l’occupazione e la crescita sono le principali priorità sancite dalla Strategia di Lisbona.
In questo senso, l’obiettivo del presente lavoro è di proporre una lettura trasversale – a livello di Adg – offrendo un quadro di confronto degli effetti potenziali stimati, a febbraio 2009, nelle valutazioni ex ante dei PSR.
La quantificazione dell’impatto in termini occupazionali nei Psr italiani
La politica di sviluppo rurale, nel tenere conto degli obiettivi generali di coesione economica e sociale stabiliti dal Trattato e nel concorrere alla loro realizzazione, deve anche incorporare le priorità di crescita e occupazione (Strategia di Lisbona) e di sviluppo sostenibile (Strategia di Göteborg). Il periodo di programmazione 2007-2013 è un’opportunità per rifocalizzare sull’occupazione, oltre che sulla competitività e sulla sostenibilità, il sostegno erogato dal Feasr, in coerenza con il nuovo programma d’azione di Lisbona, che intende destinare le risorse a migliorare l’attrattiva dell’Europa come luogo in cui investire e lavorare, a stimolare la conoscenza e l’innovazione al servizio della crescita e a creare nuovi e migliori posti di lavoro (Decisione del Consiglio, 2006/144/CE).
L’analisi empirica presentata è parte del più ampio lavoro svolto dalla Rete rurale nazionale che ha portato alla stesura – in accordo con le Regioni – di indicazioni nelle procedure di stima degli indicatori. Nello specifico, in coerenza con il Qcmv, l’impatto sull’occupazione (Tabella 1) è stimato alla luce della capacità dei Programmi di creare posti di lavoro, espressi in equivalenti a tempo pieno (Etp); il Qcmv propone di imputare un apporto specifico in termini di occupazione solo per le misure dell’Asse I e Asse III, anche se probabilmente sarebbe più appropriato considerare l’impatto del Psr nel suo complesso. In quest’ottica, nel presente lavoro si prende in considerazione la dotazione complessiva dei Programmi.
Tabella 1 - Descrizione dell’indicatore di impatto sull’occupazione
Fonte: Qcmv, Nota di orientamento J – Impact indicators; Decisione del Consiglio 2006/144/CE del 20 febbraio 2006
In linea generale, risulta piuttosto utilizzato l’approccio metodologico legato al sistema logico obiettivo-indicatore. Seppure con peculiarità proprie, in tredici casi è stato possibile ricondurre le tecniche di quantificazione utilizzate a tale approccio additivo bottom up. Una interessante frequenza si osserva anche nell’approccio orientato all’applicazione di tecniche di stima attraverso coefficienti di ”attivazione” di occupazione applicabili alla spesa (Friuli, Marche, Abruzzo e Campania); tali coefficienti derivano, nella maggioranza dei casi, da valutazioni realizzate nei precedenti periodi di programmazione. Casi particolari si sono osservati in Liguria, che utilizza moltiplicatori input output, in Basilicata, dove si fa riferimento a una specifica matrice di tipo Sam (Social Accounting Matrix). Specifici modelli sono stati, infine, applicati in Toscana (un modello di analisi dell’economia toscana messo a punto dall’IRPET, chiamato Remi) e in Sicilia (Cagliero, Pierangeli, 2009).
La lettura delle stime contenute nelle valutazioni ex ante dei PSR mostra una marcata variabilità (Tabella 2). Ad esempio, in Basilicata si stima la creazione di 19.500 nuove unità di lavoro (delle quali circa 4.700 in agricoltura e le restanti in altri settori); di diverso peso risultano invece gli impatti stimati a Trento e a Bolzano, dove si stima in sede ex ante l’incremento di circa una cinquantina di unità. Oltre alle due Province autonome, cinque Regioni quantificano l’incremento sotto le 1.000 unità, sei Regioni si dispongono tra circa 1.500 e 2.000, cinque tra 2.000 e 3.000, due attorno ai 7.000.
Un approccio più di dettaglio, che permetta la predisposizione di un confronto, prevede la contestualizzazione delle informazioni in relazione sia alla dotazione dei Programmi, che a un indicatore sul contesto dell’occupazione regionale complessiva. In questo senso, si è provveduto a rapportare l’indicatore di impatto alla spesa totale prevista (pubblica e privata) dei Psr e con le unità di lavoro, riportate dall’Istat nei Conti economici regionali per l’anno 2006.
Per quanto – chiaramente – i Psr non puntino esclusivamente a obiettivi occupazionali, si può indicare una dotazione media nazionale per ogni nuovo posto di lavoro pari a circa 400 mila euro. Ben al di sopra di tale valore sono i rapporti osservabili per alcune situazioni, come le province di Trento e Bolzano, la Liguria e la Lombardia; in questi casi, il rapporto tra spesa totale del Psr e i nuovi Etp creati supera i 2 milioni di euro. Sempre elevati, vale a dire superori ad un milione di euro, risultano i valori stimati per Molise, Sardegna, Friuli Venezia Giulia, Campania e Puglia.
Diversamente, risulta molto contenuto, almeno in relazione al dato nazionale, il valore dell’indice nei casi di Basilicata (43.000 euro), Abruzzo (82.000) e Marche (circa 100.000).
Confrontando gli incrementi di occupazione rispetto al dato sulle unità di lavoro stimato dall’Istat per il 2006 emerge un valore nazionale pari a circa lo 0,24%. In alcune Regioni, a parte il caso della Basilicata considerabile come outlier, l’incidenza dei nuovi posti di lavoro è particolarmente marcata (Abruzzo, Marche, Valle d’Aosta e Umbria); diversamente l’incremento di nuovi occupati sembra meno sensibile, a fronte del numero di unità di lavoro già attive, in Lombardia, Liguria, Trento e Bolzano.
Chiaramente le marcate differenze osservate possono trovare spiegazioni nelle condizioni di partenza dei territori, nelle strutture delle aree rurali o agricole interessate, nelle dotazioni finanziarie dei diversi Psr, nonché nel più ampio quadro del sostegno pubblico attivo sul territorio. Si deve tenere conto di molteplici fattori che possono influenzare l’indicatore, come ad esempio il peso dell’agricoltura e della trasformazione sull’economia regionale, oppure un tessuto primario molto concorrenziale e ad elevata produttività. Un differente peso della componente primaria e agro-industriale sul territorio induce, infatti, forti modificazioni nei rapporti. Tali aspetti possono essere ancora più marcati confrontando aree con un livello di ruralità molto disomogeneo e con dinamiche occupazionali di lungo periodo diverse. Inoltre, sull’occupazione potrebbe anche agire un trade off rilevante in termini di ricerca di competitività, tra creazione di occupazione e crescita della produttività del lavoro.
Tabella 2 - Confronto tra le stime degli indicatori di impatto dei Psr 20007-13 delle Regioni italiane e alcuni parametri di riferimento (febbraio 2009)
Fonte: nostre elaborazioni su dati dei Psr 2007-2013 e su dati Istat
* L'unità Ept rappresenta la quantità di lavoro equivalente prestato nell'anno da un occupato a tempo pieno.
Alcune considerazioni finali
Il quadro tracciato dal lavoro permette di porre in luce alcune sintetiche osservazioni conclusive. Lo studio, che deriva da un sforzo specifico di rendere confrontabili e anche aggregabili gli impatti dei diversi Psr a livello nazionale, ha utilizzato sistemi di osservazione volutamente semplici, ma che permettessero una immediata lettura. In futuro, sarà necessario procedere a un maggiore approfondimento metodologico e a una più dettagliata rilettura dei risultati.
Pur con tali limiti, alcune indicazioni in termini di quantificazione degli impatti possono essere desunte.
Si conferma in primo luogo la necessità di utilizzare gli indicatori come “spie” attraverso cui sollecitare i processi di valutazione a ricercare in profondità le cause e i nessi dei fenomeni. Un processo, infatti, che si accontenti solo di quantificare gli indicatori, come a volte succede sulla base di una lettura riduttiva delle indicazioni comunitarie, si trasforma in una mera rendicontazione, perdendo gran parte dei contenuti conoscitivi.
Il set di indicatori proposto dalle linee guida comunitarie non è sufficiente in un processo di valutazione a livello regionale. La quantificazione di tali indicatori è adeguata allo scopo di riaggregare le informazioni a livello comunitario e di Psn, ma non è sufficiente a fornire conoscenza a livello locale. Occorre integrare e completare le informazioni comuni minime con una accurata individuazione a livello regionale di esigenze conoscitive e valutative, direttamente legate alle peculiarità di ogni territorio e di ogni Psr.
È presente, comunque, una necessità di rendere più omogenee le quantificazioni, per assolvere alle richieste regolamentari di aggregazione a livello nazionale e comunitario. Particolare attenzione dovrebbe essere rivolta alla definizione condivisa degli indicatori e alla ricerca di fonti di dati comuni. La scelta dell’approccio metodologico appare invece di competenza specifica del valutatore, in condivisione tuttavia con l’Autorità di gestione.
Riferimenti bibliografici
- Cagliero R., Pierangeli F. (2009), “Una valutazione in termini socio-economici dello sviluppo rurale. Un quadro sinottico degli approcci dei Programmi di sviluppo rurale nelle regioni italiane”, paper presentato al XII Congresso Associazione Italiana Valutazione, “La Valutazione per una Pubblica Amministrazione responsabile e trasparente”, 26-28 marzo 2009, Cagliari.
- Commissione Europea (2006), Manuale del Quadro Comune per il Monitoraggio e la Valutazione.
- Consiglio dell’Unione Europea (2005), Regolamento n. 1698/2005 del Consiglio del 20 settembre 2005 sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR).
- Consiglio dell’Unione Europea (2006), Decisione del Consiglio 2006/144/CE, del 20 febbraio 2006, relativa agli orientamenti strategici comunitari per lo sviluppo rurale (periodo di programmazione 2007-2013).
- INEA (2005), La riforma dello sviluppo rurale: novità e opportunità, Quaderno n. 1, Monteleone A. (a cura di).
- Borsotto, R. Cagliero, S. Trione (a cura di) (2007), Il percorso del Programma di Sviluppo Rurale 2007-2013 della Valle d'Aosta, INEA.
- Mantino F. (2008), Lo sviluppo rurale in Europa. Politiche, istituzioni e attori locali dagli anni’70 ad oggi, Edagricole – Il Sole24ORE, Milano.
- Mario Perosino, Filomena Nardacchione (2008), Il modello degli indicatori dello sviluppo rurale e il datawarehouse dello sviluppo rurale, Centro Incontri della Regione Piemonte, 18 dicembre Torino.
- Programmi di Sviluppo Rurale 2007-2013.
Siti
- Associazione Nazionale di Valutazione - [link]
- Commssione Europea - [link]
- ISTAT - [link]
- INEA-Osservatorio Politiche Stutturali (OPS) - [link]
- Rete Rurale Nazionale - [link]
- Mipaaf - [link]