Struttura e criticità della nuova OCM vino

Struttura e criticità della nuova OCM vino
a Università di Napoli "Federico II", Dipartimento di Economia e Politica Agraria
b CREA - Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, Centro di Politiche e Bioeconomia - Roma

Percorso e obiettivi della riforma

La Commissione Europea ha reagito ai numerosi stimoli derivanti dall’evoluzione del mercato con un documento di riflessione per la riforma dell’OCM vino (COM(2006) 319), compiendo finalmente uno dei passi mancanti nel processo di revisione della PAC avviato a partire dal 2003. Nel dare inizio al processo di riforma la Commissione ha individuato tre principali obiettivi da perseguire:

  • la conquista di nuove quote di mercato, sia all’interno che all’esterno dell’Unione;
  • un regime di regole semplici, chiare ed efficaci, in grado di mantenere l’equilibrio tra domanda e offerta;
  • un regime che, nel rispetto delle tradizioni vitivinicole europee, consolidi il ruolo socio-ambientale della viticoltura nelle zone rurali.

A questi, si sommava il forte richiamo a spendere le somme destinate al comparto in maniera più efficiente, rispetto al passato, sottolineando in tal modo l’incapacità dei meccanismi previsti dall’OCM in vigore di assicurare gli obiettivi di stabilità del mercato e di competitività della produzione europea che anche la precedente OCM si era posta.
Alla Comunicazione del giugno 2006 ha fatto seguito un intenso dibattito e l’avvio di una importante fase di consultazione con i paesi membri, oltre che con le rappresentanze degli operatori attivi ai vari livelli della complessa filiera vino. Una volta raccolte le diverse posizioni sulle riflessioni iniziali, la Commissione ha formalizzato la proposta di riforma sotto la veste di bozza di nuovo regolamento quadro, presentato ad oltre un anno di distanza dal primo documento di intenti (COM(2007) 372).
Dal luglio del 2007, con l’avvio della presidenza di turno portoghese, che si è fortemente impegnata sull’obiettivo di concludere la riforma nell’ambito del proprio semestre, l’attività di negoziazione si è fatta estremamente serrata, per consentire di giungere ad un compromesso finale in tempo utile per l’entrata in vigore della nuova OCM nella campagna 2008/2009.
Questo compromesso è stato raggiunto nel corso del Consiglio dello scorso 19 dicembre dopo quindi circa un anno e mezzo di trattative, ma al gennaio 2008 ancora non è stato tradotto in una bozza ufficiale di regolamento. L’accordo raggiunto, peraltro, contiene molti e importanti emendamenti rispetto alla prima versione della proposta formale, presentata nel luglio del 2007, e determina quindi numerose novità nella struttura finale della riforma (1).
L’iter della riforma, quindi, è ormai quasi giunto alla sua conclusione, dopo un percorso lungo e accidentato che ha visto la Commissione costretta a rinunciare a diversi degli elementi innovativi della sua proposta iniziale (2). Qui di seguito si descriverà il punto di arrivo di questo percorso e si esamineranno gli elementi critici che è possibile intravedere nella nuova OCM; infine, si proporrà una valutazione della coerenza della nuova struttura normativa con gli obiettivi inizialmente dichiarati.

La nuova OCM vino: il compromesso finale

La struttura della nuova OCM si presenta molto più snella della precedente e, nonostante i numerosi emendamenti alla proposta iniziale, si basa sull’articolazione originariamente prevista, che suddivide le disposizioni su quattro grandi aree di intervento (Grafico 1):

  • le misure di supporto, al cui interno ricadono due tipologie di interventi del tutto nuovi: i programmi nazionali di sostegno (envelope) e il trasferimento di risorse dalle misure di mercato (I° pilastro) a vantaggio di quelle dello sviluppo rurale (II° pilastro);
  • le misure cosiddette regolatorie, che contemplano le disposizioni in materia di pratiche enologiche, di designazione di origine e di indicazioni geografiche, di etichettatura, di costituzione e funzionamento delle organizzazioni dei produttori e di filiera;
  • le norme che regolano i rapporti commerciali con i paesi terzi;
  • le misure per la gestione del potenziale di produzione, al cui interno vengono riprese le misure relative alla regolarizzazione degli impianti illegittimi, viene regolato il regime transitorio dei diritti di impianto, in vista della loro abolizione fissata al 2015, vengono dettate misure innovative per la gestione del regime di sostegno all’espianto delle superfici vitate.

Grafico 1 - Vecchia e nuova struttura dell’ OCM vino

All’interno dell’OCM riformata solo le misure di supporto e il regime di estirpo vengono dotati di una linea di spesa (Tabella 1). In particolare, nella fase di avvio il programma di estirpo assorbe una componente rilevante del budget a disposizione (36% nel primo anno); mentre, in progresso di tempo, viene potenziata la disponibilità per i programmi nazionali di sostegno (PNS), che a regime beneficeranno di oltre il 90% delle risorse; infine, il trasferimento per il potenziamento delle misure di sviluppo rurale (SR) a favore delle zone produttrici di vino si stabilizza poco al di sopra dei 121 milioni di euro (9%). In sostanza, le decisioni del dicembre 2007 hanno determinato anche una rilevante limitazione alla componente della dotazione finanziaria a disposizione per la gestione del funzionamento dell’OCM, che dipende, da un lato, dal forte peso che riveste il regime di estirpo nel primo periodo di operatività e, dall’altro, dal consistente trasferimento di risorse al II° pilastro.

Tabella 1 - Dotazione finanziaria per la nuova OCM (mln. di Euro)

Fonte: ns elaborazione su documenti CE

In merito ai contenuti della nuova OCM, le principali novità introdotte dall’accordo finale ricadono all’interno dei programmi nazionali di sostegno, con le misure del menù che passano dalle cinque originariamente previste ad un totale di undici, classificabili in due grandi gruppi:

  • le misure permanenti, composte dalle cinque proposte dalla Commissione, le azioni di promozione sui mercati terzi, il regime di ristrutturazione e riconversione dei vigneti, la vendemmia in verde, i fondi di mutualizzazione e i programmi di assicurazione per il raccolto, cui sono stati aggiunti i pagamenti disaccoppiati per i produttori di uve da vino, gli interventi per l’ammodernamento della catena di produzione e per l’innovazione e la distillazione dei sottoprodotti;
  • le misure transitorie, che recuperano in forma più contenuta tre misure di mercato operanti all’interno della vecchia OCM, ovvero la distillazione di crisi, la distillazione dell’alcole ad uso alimentare e l’aiuto all’impiego dei mosti nei processi di arricchimento.

L’inclusione di qualunque misura elencata nel menù all’interno del programma nazionale di sostegno è lasciata alla discrezionalità di ciascun paese membro, che viene chiamato ad effettuare delle scelte operative mediante l’elaborazione di un proprio programma nazionale. In particolare, le misure transitorie consentono ai paesi di adoperare una parte della propria dotazione finanziaria nazionale per assicurare il mantenimento, o almeno un adeguato processo di phasing out, di alcune misure che hanno rivestito un peso di rilievo nel precedente regime di sostegno.
In sostanza, il compromesso finale ha consentito che i paesi membri possano recuperare molte delle attuali misure a sostegno del mercato:

  • reintroducendo la distillazione dei sottoprodotti della vinificazione, sebbene in forma più contenuta rispetto al passato, e prevedendo un pagamento ai soli distillatori di un aiuto corrispondente ai costi di raccolta e di trasformazione in alcole, con l’obbligo di destinare il distillato ottenuto esclusivamente agli impieghi industriali o energetici;
  • prevedendo il mantenimento delle distillazioni di crisi, in forma sia volontaria che obbligatoria, finanziate con risorse corrispondenti a non oltre il 20% della dotazione dell’envelope nella campagna 2008/09, il 15% in quella 2009/10, il 10% nella 2010/11, il 5% nella 2011/12, e riservandosi la possibilità di riportare per tutto il periodo il budget ad un valore equivalente a quello del primo anno, mediante il ricorso a fondi nazionali. A partire dalla campagna 2012/13 i paesi membri potranno mantenere l’intervento utilizzando esclusivamente fondi nazionali, con una dotazione massima corrispondente al 15% della dimensione finanziaria della loro envelope, in accordo con la Commissione. In tutti i casi, il distillato ottenuto dall’applicazione di questa misura deve essere destinato a impieghi industriali o energetici;
  • erogando un aiuto accoppiato per i produttori di vino inviato alla distillazione per l’ottenimento di alcole ad uso alimentare, per un periodo massimo di quattro anni, oltre il quale il sostegno corrispondente dovrebbe essere trasformato in un sostegno totalmente disaccoppiato, sulla scorta di quanto disposto nell’ambito della riforma dell’OCM ortofrutta;
  • riconfermando un aiuto all’impiego dei mosti con le stesse modalità della precedente OCM, per un periodo massimo di quattro anni, trascorso il quale le somme corrispondenti potranno essere trasformate in un aiuto disaccoppiato per i produttori di vino.

Quindi, sono le misure permanenti la vera novità dell’OCM, in quanto al loro interno vengono inclusi strumenti precedentemente non previsti, fatta eccezione per il programma di ristrutturazione e riconversione dei vigneti, che a sua volta aveva rappresentato la principale novità della riforma del 1999. In particolare, il pacchetto di interventi per l’ammodernamento della catena di produzione e per l’innovazione ha trovato corpo proprio in sede di compromesso finale, rispondendo alla necessità da più parti sollevata di rendere più organico e completo l’intervento sull’intera filiera. Allo stesso modo, il compromesso finale ha stabilito che parte delle risorse del programma nazionale possano essere destinate ai produttori di uva da vino sotto forma di pagamento disaccoppiato; non viene però chiarito se le risorse corrispondenti debbano andare ad incrementare in via definitiva il corrispondente massimale previsto nell’ambito del reg. 1782/2003, o se invece possano essere gestite in forma autonoma all’interno dell’envelope, dal momento che tali pagamenti vengono elencati come una delle possibili misure del menù. Anche gli strumenti di gestione delle crisi (fondi di mutualizzazione e programmi di assicurazione) hanno preso corpo nella riforma del vino ancora prima che a livello generale, come indicato in base ai contenuti del documento sull’health check della PAC presentato solo il mese precedente al varo della riforma. Infine, un’ulteriore novità è rappresentata dalla vendemmia in verde, tramite la quale viene introdotta all’interno di questo comparto una misura di contenimento della produzione a carattere temporaneo, sulla scorta di quanto sperimento nel passato all’interno di altre OCM (ad es. set-aside). In merito agli strumenti di gestione delle crisi, si rileva come nel caso del comparto del vino queste misure restino collocate nell’ambito dell’OCM, mentre a livello di discussione generale sulla PAC vengono collocate nell’ambito del II° pilastro; analogamente, si sottolinea l’introduzione di una misura di controllo temporaneo dell’offerta, in un momento in cui si sta facendo largo l’idea di eliminare questa tipologia di intervento all’interno dei comparti che ne hanno sperimentato l’uso negli ultimi decenni. Nel complesso, quindi, sembrerebbe che le particolarità riconosciute al comparto del vino si siano tradotte in scelte di intervento in parziale controtendenza rispetto agli orientamenti che stanno prevalendo in seno alla più ampia discussione sul futuro della politica agraria dell’UE.
Il programma nazionale di sostegno, inoltre, si caratterizza non soltanto per l’innovatività degli interventi previsti, ma anche per le particolari modalità di programmazione delle stesse. Infatti, il programma si compone di una molteplicità di elementi precisamente individuati e prevede un iter di definizione basato su modalità tipiche delle politiche del II° Pilastro. Ancora una volta, quindi, la riforma del vino potrebbe rappresentare un importante banco di prova sulla via della maggiore contiguità tra le modalità di intervento del I° e del II° pilastro della PAC, che si sta rendendo progressivamente sempre più evidente, nell’ambito dei diversi processi di riforma varati dopo il 2003. Da questo punto di vista, la riforma del vino pone in essere una nuova concezione di OCM, al cui interno vengono contemplate misure ispirate ad approcci di intervento molto diversi. In proposito, ci si chiede se con questa riforma si sia voluto sperimentare il tentativo di rendere più sottile la distinzione tra I° e II° pilastro della PAC, con politiche composte da un mix delle due diverse tipologie di intervento, che formalmente rimangono sotto il cappello del braccio economicamente più forte, ma che adottano metodi e procedure di quello considerato più virtuoso.
Sempre nell’ambito delle misure di supporto, le decisioni del compromesso hanno confermato il previsto passaggio di risorse dall’OCM a vantaggio del potenziamento delle misure di sviluppo rurale da attuare all’interno delle aree vitivinicole. Ciò pone in evidenza il fatto che, al di là di come sia possibile classificare le diverse misure presenti all’interno dell’envelope nazionale, l’intero budget riservato al funzionamento della nuova OCM vino viene gestito attraverso i meccanismi tradizionalmente impiegati per l’attuazione delle misure di sviluppo rurale.
Venendo al gruppo delle misure regolatorie, che come tali non godono di un’assegnazione finanziaria, le principali novità introdotte dalla riforma riguardano le regole di etichettatura dei vini e il sistema di classificazione dei prodotti con denominazione di origine e indicazione geografica; mentre, sono stati pesantemente ridimensionati i contenuti delle proposte iniziali relativamente ai metodi e ai limiti per gli arricchimenti. Rispetto a questi ultimi, si può senza dubbio affermare che la nuova OCM ha perso l’occasione di dare attuazione all’elemento di maggiore innovazione della proposta originaria. Infatti, oltre a confermare il mantenimento del metodo di arricchimento mediante l’aggiunta di zucchero, senza obbligo di indicazione in etichetta, il compromesso finale si è limitato a ridurre di appena lo 0,5%, rispetto alla situazione attuale, i limiti di arricchimento di tutte le zone di produzione. Queste due decisioni, frutto della ferma posizione contraria assunta da parte dei paesi produttori collocati geograficamente nel Nord Europa, hanno compromesso la possibilità di lanciare una politica di perseguimento di maggiore qualità della produzione comunitaria di vino, basata sul vigneto, oltre che di raggiungere con un maggior ventaglio di strumenti il tanto auspicato miglioramento dell’equilibrio tra domanda e offerta. Infatti, l’autorizzazione all’uso di zucchero, anziché di prodotti della vite (mosti), da un lato, e il mantenimento di limiti di arricchimento non troppo stringenti, dall’altro, contribuiscono in maniera diretta a mantenere artificiosamente più elevata la produzione complessiva di vino.
Sul fronte della classificazione e dell’etichettatura dei vini, invece, la proposta originaria ha preso corpo senza sostanziali modifiche rispetto alla prima comunicazione della Commissione, prevedendo che i vini dell’Unione vengano suddivisi nelle due categorie dei vini con origine geografica e dei vini senza origine, scardinando il tradizionale paradigma della piramide della qualità e determinando una vera rivoluzione concettuale (Grafico 2). La nuova normativa tende anche ad armonizzare il sistema di classificazione dei vini con quello degli altri prodotti alimentari; infatti, per i vini con origine geografica varrà la suddivisione in due tipologie: vini con una denominazione di origine protetta (DOP) e i vini con un’indicazione geografica protetta (IGP) (3).
La nuova classificazione, tuttavia, non pregiudica i riconoscimenti attuati sulla base delle precedenti disposizioni nazionali, emanate nell’ambito della vecchia cornice normativa; inoltre, viene garantito il mantenimento della protezione anche alle menzioni tradizionali eventualmente adottate a livello di paese membro.

Grafico 2 - Nuova classificazione dei vini dell’UE

In diretta conseguenza del nuovo sistema di classificazione, le nuove norme di etichettatura prevedono la possibilità, anche per i vini senza origine o indicazione geografica, di indicare vitigno e annata di produzione. Su questo punto, però, l’accordo finale ha disposto che i singoli paesi membri possano introdurre norme e regolamenti finalizzati ad assicurare certificazioni e controlli sulla veridicità delle informazioni riportate, consentendo quindi su base nazionale forti limitazioni a questa possibilità di integrazione delle informazioni commerciali per i vini da tavola. Anche il pacchetto di interventi relativi alla gestione del potenziale di produzione ha subito una rilevante ridefinizione dei contenuti rispetto alla proposta iniziale. Infatti, il compromesso finale ha spostato di due anni in avanti il termine per il funzionamento del sistema di diritti all’impianto, che quindi scadrà solo nel 2015, potendo a discrezione dei paesi membri essere mantenuto in vigore fino al 2018. Si tratta di date che pongono l’ottica temporale del controllo sul potenziale ben al di là delle scadenze sulle quali si è soliti ragionare nell’ambito della più generale discussione sul futuro della PAC. In tal modo, quindi, si assicura al comparto del vino il sostanziale mantenimento dello status quo, rispetto all’idea iniziale, che avrebbe portato verso una liberalizzazione degli impianti nell’arco di un quinquennio. Anche in questo caso, giova ricordare che il vino rimane uno dei pochi comparti ad essere regolato da un sistema di controllo, sebbene indiretto, della produzione. Tali meccanismi, peraltro, sono ormai posti in pesante discussione all’interno della PAC, come testimoniato dal loro progressivo smantellamento in altri comparti, oltre che dalle proposte di eliminazione anche nel caso del latte.
Con le decisioni del dicembre 2007, anche il regime di abbandono definitivo della produzione (espianto) è uscito pesantemente ridimensionato, rispetto alle intenzioni iniziali, sia in termini di impegno finanziario, che in relazione ai tempi di attuazione. Il compromesso, infatti, ha ribassato la dotazione finanziaria riservata a questo intervento, portata complessivamente a 1.074 milioni di euro, da impiegare in misura degressiva nell’arco di sole tre campagne, che dovrebbe consentire di estirpare circa 180.000 ettari di vigneti. Allo stesso tempo, le previste quote nazionali di possibile esenzione per ragioni di carattere ambientale sono state elevate al 3% della superficie totale, mentre la possibilità di sospendere l’applicazione del regime da parte di un singolo paese è stata posta al raggiungimento di una soglia corrispondente all’8% della superficie vitata nazionale, ovvero al 10% di quella di una determinata regione; analogamente, la Commissione può sospendere l’intervento a favore di un paese, qualora l’estirpo cumulato abbia raggiunto la soglia del 15% della superficie nazionale, o il 6% in un singolo anno di applicazione. Inoltre, va ricordato che alle superfici estirpate viene riconosciuto il diritto a ricevere un aiuto disaccoppiato, nell’ambito del regime di pagamento unico, di importo non superiore ai 350 euro/ha. Infine, sulle superfici che entrano a far parte del RPU è fatto obbligo del rispetto dei requisiti della condizionalità, per un periodo di tre anni dopo il ricevimento del premio di abbandono.
L’insieme di queste decisioni ha accolto molte delle obiezioni sollevate sulla proposta della Commissione, che attribuiva un grande peso ad un intervento giudicato a carattere distruttivo, che se pienamente applicato avrebbe portato ad una pesante riduzione del patrimonio viticolo europeo. Ciò nonostante, restano forti le perplessità sull’opportunità di questa misura, dal momento che altri interventi, tra i quali l’abolizione dello zuccheraggio e un più consistente tasso di riduzione ai limiti di arricchimento, che non hanno trovato spazio nel compromesso finale, avrebbero potuto contribuire in maniera più elastica al raggiungimento di un migliore equilibrio tra domanda e offerta.
Infine, sempre in relazione alla gestione del potenziale, la nuova OCM detta norme più stringenti e onerose per i processi di regolarizzazione dei vigneti abusivi.
In conclusione, il risultato del compromesso finale ha di molto smorzato la carica innovativa della proposta originaria, secondo lo schema che già aveva caratterizzato la precedente revisione del 1999. La nuova OCM vino, infatti, vede coesistere al suo interno vecchi elementi che, seppure a fianco di importanti novità, non permettono di qualificarla come un momento di completa rottura rispetto al passato. Da questo punto di vista, un forte condizionamento all’impianto della nuova OCM è stato determinato dall’impossibilità di raggiungere una maggioranza sulla proposta di abolizione dello zuccheraggio nei processi di arricchimento del vino. Questo aspetto, come più volte è stato rimarcato, ha pesato enormemente su tutto il restante sistema di scelte da operare, poiché, rinunciando al divieto di zuccheraggio, occorreva necessariamente rimettere in gioco anche altri interventi, in primo luogo la reintroduzione dell’aiuto all’impiego dei mosti. Ciò ha creato una breccia a favore della ricostituzione di un’azione a sostegno del mercato, a cui la Commissione aveva scelto di rinunciare, proprio nell’ottica di offrire una politica innovativa per lo sviluppo della competitività del comparto. All’opposto, sul fronte delle più rilevanti novità (creazione di envelope nazionali e trasferimento di risorse alle misure di sviluppo rurale) si rileva come queste nel loro insieme costituiscano proprio l’approfondimento dell’esperienza inaugurata in occasione della revisione scaturita da Agenda 2000, all’interno della quale fu sperimentato il tentativo di integrare nell’ambito del I° pilastro della PAC modalità di intervento e misure tradizionalmente collocate all’interno degli interventi del II° pilastro.

Criticità della nuova OCM

Il compromesso del dicembre 2007 ha certamente definito la sostanza dell’impianto della nuova OCM, ma molti dettagli di applicazione devono ancora essere chiaramente definiti. Ciò nonostante è possibile giudicare quanto emerge dal compromesso finale come un risultato fortemente ambivalente. Su un piano generale, può essere valutato favorevolmente l’avere raggiunto un punto di incontro tra un gruppo numericamente minoritario di paesi produttori, collocati nel bacino mediterraneo, ma caratterizzati da sistemi e tradizioni produttive molto diverse e tra i quali sono prevalsi gli antagonismi anziché le alleanze, uno molto più numeroso, composto dai paesi produttori continentali, portatore di tradizioni e interessi di natura economica molto distanti dai primi, e, infine, i paesi solo consumatori che comunque hanno partecipato attivamente alle discussioni. Sempre su un piano generale si può osservare che, se la coesistenza di misure riconducibili al I° e al II° pilastro rende la nuova OCM molto innovativa, la presenza contemporanea di misure nuove e vecchie, seppure in forma transitoria e facoltativa per i singoli paesi membri, rende il risultato finale anche piuttosto ambiguo.
Più in dettaglio, l’esame dell’impianto della nuova OCM fa emergere aspetti positivi, occasioni mancate e numerosi elementi di criticità.
Gli aspetti positivi sono essenzialmente riconducibili: all’envelope come strumento di coordinamento e di gestione di molte misure tra loro connesse nell’ambito di un unico piano nazionale di sostegno; alla più severa disciplina della sanatoria, in quanto la certezza della regolarità dei vigneti è un requisito di credibilità importante per tutto il sistema della nuova OCM; allo smantellamento sostanziale delle misure di mercato; all’introduzione del sostegno a tutta la filiera, oltre che alla promozione.
Le occasioni mancate, come già ricordato, risiedono principalmente nella mancata abolizione della pratica dello zuccheraggio, nella molto modesta riduzione dei limiti all’arricchimento e nel prolungamento del sistema dei diritti d’impianto.
Le criticità sono, come già detto, piuttosto numerose e riconducibili a quattro categorie: criticità sulle scelte fatte, criticità operative, criticità di coordinamento e negoziazione e, infine, criticità concettuali.
Circa le criticità delle scelte fatte, sembrerebbe che la Commissione, costretta dalle posizioni negoziali in campo a rinunciare ai due più importanti elementi di rottura con il passato, l’abolizione dello zuccheraggio e del sistema dei diritti di impianto, abbia deciso di lasciare agli Stati membri mano libera nel procedere ad una sorta di rinazionalizzazione delle scelte, limitandosi a fornire un quadro comune solo riguardo agli aspetti di natura regolamentare dell’OCM (etichettatura, sistema delle denominazioni e indicazioni, pratiche enologiche).
Certamente si è determinato il forte rischio che l’agire indipendente dei singoli Stati membri faccia fallire il tentativo di indurre un profondo rinnovamento nella filiera vitivinicola. Rispetto alla distillazione per l’ottenimento di alcole ad uso alimentare ed al regime di aiuti all’impiego dei mosti che dovevano essere soppressi (nella proposta della Commissione) ma che poi sono stati reintrodotti nella parte finale della trattativa, si profila ora la possibilità di una loro trasformazione, alla fine del periodo transitorio, in una componente del sistema di pagamento unico (4). In tal modo, le scelte nazionali potrebbero finire con il determinare l’avvio di un percorso di disaccoppiamento del sostegno anche all’interno del comparto del vino; questa opzione era stata fortemente contrastata dalla stessa Commissione al momento dell’avvio del percorso di riforma, perché etichettata come una scelta non in grado di fornire gli stimoli necessari al raggiungimento dell’obiettivo di miglioramento della competitività, così fortemente enunciato.
L’attivazione della nuova OCM vino determinerà poi numerose criticità operative. Molte delle misure previste nei piani nazionali di sostegno, vendemmia verde, erogazione fondi per rafforzamento della fase di trasformazione, distribuzione e promozione nei paesi terzi, fondi mutualistici e assicurazioni, sono del tutto nuove e di complessa applicazione; il rischio dunque di un loro funzionamento inefficace e inefficiente è molto elevato e la neutralizzazione di questo rischio richiederà uno sforzo progettuale e organizzativo molto elevato. Anche la pianificazione della gestione degli espianti presenta notevoli complessità; dovranno essere, infatti, individuate le aree dove questi saranno ammissibili e quelle dove invece, per motivi ambientali, non dovranno essere permessi e dovranno essere specificate le regole di erogazione degli aiuti. Infine, la mancata liberalizzazione dei diritti d’impianto ripropone il problema della mobilizzazione dei diritti d’impianto in portafoglio, evitando la formazione di rendite, di scarsità artificiose e, quindi, di ostacoli alla crescita dimensionale delle imprese meglio collegate con il mercato.
Le criticità di coordinamento e negoziazione derivano dalla complessità dell’impianto dell’OCM e dalla libertà lasciata agli Stati membri nella stesura del piano nazionale di sostegno. La pianificazione e l’attuazione delle azioni nell’ambito del programma nazionale richiederanno, infatti, un forte coordinamento tra tutti gli attori della filiera: imprese, organizzazioni professionali, amministrazioni, tra i quali si dovrà svolgere una negoziazione molto serrata. Più in particolare, emergono dei problemi di coordinamento della gestione dei fondi OCM con quelli delle politiche di sviluppo rurale e con quelli degli aiuti di stato che concorreranno al finanziamento delle misure per il rafforzamento strutturale delle attività di trasformazione e distribuzione. Infine dovrà essere deciso il ruolo da assegnare alle organizzazioni dei produttori e agli organismi di filiera, che pure potrebbero avere dei compiti importanti, soprattutto nella regolazione dell’offerta.
Infine, si deve osservare che la nuova OCM fa emergere delle criticità concettuali relative alle nuove norme regolatorie in materia di classificazione dei vini. L’allineamento delle norme sui vini con origine geografica alle norme generali sui prodotti alimentari non è priva di problemi. Se, infatti, esiste una corrispondenza tra vini a denominazione d’origine (DOC in Italia) e altri prodotti a denominazione (DOP in Italia), non esiste la stessa corrispondenza tra vini da tavola con indicazione geografica (IGT in Italia) e prodotti IGP. Nella normativa francese sulla valorizzazione dei prodotti agroalimentari, infatti, l’indicazione geografica sui vini da tavola (Vin de Pays) è considerata una menzione valorizzante mentre l’IGP è considerata un segno di identificazione della qualità e dell’origine, come la denominazione d’origine (AOC – Appellation d'Origine Controlée) (5). Il vino perde quindi una categoria che in Europa ha funzionato bene, per acquisirne una che si sovrappone con le già esistenti denominazioni, oltre che con quella del vino varietale, che pure dovrà trovare una sua collocazione logica nel panorama dell’offerta europea.

Considerazioni di sintesi

Concludendo, ci si deve domandare se l’impianto di nuova OCM vino che esce dal compromesso del dicembre 2007 consentirà di raggiungere gli obiettivi che la Commissione aveva indicato e che erano stati condivisi dalla grande maggioranza del mondo produttivo.
Rispondere ora a questa domanda non è facile. Sotto il profilo della spesa la nuova struttura non incentiva produzioni fuori mercato e, in generale, il nuovo sistema responsabilizza in modo forte gli Stati membri e gli operatori, imponendo uno sforzo di programmazione che richiede una visione strategica di filiera. Da questo punto di vista, un envelope suddivisa in 11 particolari misure rischia di essere dispersiva, assegnando a ciascuna misura risorse troppo limitate.
Certamente, quindi, il successo della riforma dipenderà in larga misura da come, nei diversi Stati membri, le diverse componenti del sistema vitivinicolo sapranno reagire al nuovo quadro normativo.
Un elemento cruciale sarà la gestione delle misure per la promozione sui paesi terzi e per il rafforzamento strutturale della filiera. Per il successo della riforma sarà necessario destinare a queste attività adeguate risorse e mettere in atto meccanismi per utilizzare le risorse disponibili in modo efficiente e su progetti altamente innovativi che possano diventare punti di riferimento per lo sviluppo del comparto. Ciò sarà possibile solo accrescendo il patrimonio di conoscenza a disposizione, e quindi la variabile strategica chiave sarà l’impegno nella ricerca sui mercati, sui modelli organizzativi nella produzione, distribuzione e promozione, sugli aspetti normativi e organizzativi delle forme di organizzazione dei produttori, sulle tecniche di produzione in vigna e in cantina.
La difficoltà di conciliare i vari interessi in campo ha portato a un compromesso politico che ha realmente ridotto la sostanziale coerenza interna della proposta iniziale della Commissione. Rimane il merito di aver introdotto un nuovo modo di organizzare l’intervento in un comparto complesso e strategico per il sistema agricolo europeo, in grado di cogliere gli elementi migliori dell’esperienza maturata all’interno dei due pilastri della PAC. Quanto questo si trasformerà in risultati concreti dipenderà fortemente, questa volta, dalle scelte nazionali che i paesi membri sono chiamati ad effettuare al loro interno e che richiederanno, probabilmente, ancora più coraggio di quello che sarebbe stato necessario per approvare la riforma nella sua veste originaria.

Note

(1) Il testo del compromesso del dicembre 2007 si presenta estremamente sintetico. Inoltre, le bozze di regolamento che i servizi della Commissione stanno predisponendo non sembrano riprendere integralmente i contenuti delle decisioni del Consiglio. In questa sede, si fa riferimento ai contenuti del compromesso, in quanto il regolamento sulla nuova OCM dovrà comunque essere varato dal Consiglio.
(2) In questa sede si è tralasciato di descrivere i contenuti della proposta della Commissione, sia per ragioni di sintesi, sia in quanto su tali contenuti gli Autori hanno prodotto in precedenza un ampio contributo pubblicato sul n. 1 del 2007 della Rivista di Politica Agricola Internazionale (Politica a sostegno del comparto del vino: spunti di riflessione in vista della prossima revisione dell’OCM).
(3) Scompaiono, quindi, i vini da tavola con indicazione geografica che in Italia prendono il nome di vini IGT.
(4) Questo dovrebbe avvenire tramite il trasferimento delle somme corrispondenti all’interno del regime previsto dal regolamento orizzontale.
(5) Ordonnance n° 2006-1547 du 7 décembre 2006 relative à la valorisation des produits agricoles, forestiers ou alimentaires et des produits de la mer. In Francia il termine AOC si usa sia per i vini sia per altri prodotti non vinicoli.

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