Istituto Nazionale di Economia Agraria |
Si apre con questo articolo la Finestra sulla PAC, curata da Maria Rosaria Pupo D’Andrea, ricercatrice INEA presso la sede regionale della Calabria. Si tratta di una rubrica di aggiornamento e documentazione, rivolta a fare il punto sulle novità e a segnalare gli approfondimenti disponibili, specialmente on-line e possibilmente in italiano.
La spinta al cambiamento 1.
La politica agricola comunitaria (PAC) nel corso del 2003 è stata interessata da un profondo rinnovamento che è andato ben al di là del semplice aggiustamento congiunturale, comportando, invece, una radicale trasformazione degli strumenti utilizzati e della finalità del sostegno. Numerosi fattori hanno contribuito a questo cambiamento: perdita di reputazione della PAC e necessità di ricucire il consenso intorno ad essa; vincoli finanziari; sostenibilità ambientale; accettazione internazionale della politica.
Per oltre un trentennio la PAC ha garantito il sostegno all’agricoltura attraverso politiche differenziate per prodotto, decise dal Consiglio e gestite dalla Commissione Europea, applicate a livello nazionale in modo avulso dal contesto, finalizzate ad incentivare le quantità prodotte. Gli effetti più visibili del modello di sostegno accoppiato adottato è stato l’aumento della produzione, e successivamente degli stock detenuti all’intervento, e la crescita incontrollata delle spese di bilancio, destinate ai ritiri dal mercato e alle restituzioni alle esportazioni, queste ultime concesse per smaltire le scorte. Si può dunque dire che il successo di tali politiche di sostegno “accoppiate” e l’efficacia degli strumenti adottati siano stati la principale causa del loro progressivo smantellamento. Si è giunti così, nel 2003, ad una politica profondamente diversa da quella che l’ha preceduta, seriamente orientata al miglioramento della competitività dell’agricoltura europea, ad un maggiore orientamento al mercato, alla sostenibilità dell’attività agricola, al rafforzamento dello sviluppo rurale.
Regime di pagamento unico, modulazione e condizionalità sono i tre cardini attorno ai quali ruota la nuova PAC, rappresentata da un sostegno in larghissima parte disaccoppiato, destinato ai beneficiari storici, legato al possesso della terra e vincolato al rispetto dei criteri imposti dalla condizionalità.
Problemi aperti
Pur non mettendo in discussione la portata innovativa della PAC post-riforma, rimangono irrisolte almeno altre due questioni, e cioè la flessibilità accordata agli Stati membri e la semplificazione.
La flessibilità. Il Regolamento “orizzontale” (CE) n. 1782/2003 rappresenta un punto di svolta nella concezione del “primo pilastro” della PAC, non solo per l’approfondimento del processo di disaccoppiamento, ma anche per una nuova visione del ruolo assegnato agli Stati membri. Con la riforma Fischler, infatti, si ha una inversione di tendenza in direzione del superamento di una politica meccanicistica e unica per tutta l’Unione e in favore di un maggiore coinvolgimento degli Stati membri, chiamati ad operare una serie di scelte in merito all’applicazione della PAC, pur nell’ambito di una cornice di riferimento proposta dal Consiglio. La discrezionalità nell’interpretazione della PAC da parte dei 25 paesi dell’UE ha dato vita ad una miriade di concrete forme di applicazione del regolamento orizzontale che, di fatto, ha significato la trasformazione della PAC da politica differenziata per prodotto a politica differenziata per paese, grazie alla quale ciascuno Stato membro sceglie gli strumenti più appropriati al raggiungimento dei propri obiettivi e li modula in funzione delle proprie specifiche esigenze territoriali o settoriali.
Con la riforma, dunque, saremmo tentati di dire che anche per il “primo pilastro” della PAC si configura un funzionamento della politica simile a quello ormai ben consolidato delle politiche per lo sviluppo rurale, dove il Consiglio mette a disposizione dei paesi un menù di opzioni nell’ambito del quale sono chiamati a scegliere. Tuttavia, occorre rilevare una differenza fondamentale nel funzionamento dei due pilastri della PAC. Nelle politiche per lo sviluppo rurale, i paesi sono chiamati ad elaborare un progetto di sviluppo strategico attraverso una programmazione pluriennale la cui attuazione annuale permette una rimodulazione finanziaria che consente di spostare risorse da misure scarsamente apprezzate a misure più richieste.
Nel primo pilastro, al contrario, i paesi scelgono la propria politica una volta per tutte, senza che sia loro consentito di apportare successive modifiche nel caso in cui l’esperienza dovesse dimostrare che i risultati ottenuti sono diversi da quelli attesi. A questo si aggiunge il fatto che la norma comunitaria assume un carattere punitivo fuori dal comune. Si stabilisce, infatti, che laddove un paese abbia deciso di accantonare risorse per l’attuazione dell’art. 692 o del parziale disaccoppiamento, le somme non spese annualmente ritornano al bilancio comunitario.
L’impossibilità di “aggiustare il tiro” delle politiche applicate assieme al rischio di perdere risorse ha determinato, in alcuni casi (vedi applicazione dell’art. 69 in Italia), delle condizioni di ammissibilità all’aiuto di basso profilo, cioè condizioni di accesso non troppo vincolanti che, nei fatti, hanno anato la portata innovativa delle politiche attuate. Ci si chiede a questo punto qual è la ragione di questa estrema rigidità. Certamente non lo sono le questioni finanziarie, giacché le risorse per paese e per settore sono “storiche” e qualunque modifica della strumentazione applicata avverrebbe in un contesto di risorse fisse.
Una possibile spiegazione potrebbe allora essere ricercata nella complicazione burocratica del ricalcolo dei titoli nell’eventualità di cambiamenti “in corsa”, ma, in questo caso, l’onere ricadrebbe interamente a carico dello Stato membro. A ciò si aggiunga che comunque fino al 2007 è necessario procedere ad un ricalcalo del valore dei titoli per tenere conto del progressivo aumento del tasso di modulazione obbligatoria (dal 3% del 2005 al 5% del 2007 e anni successivi). In Gran Bretagna, inoltre, la situazione è ancora più complicata avendo deciso di applicare una modulazione volontaria differenziata per regioni e progressiva negli anni. Infine, anche nei nuovi Stati membri il valore dei titoli viene annualmente rivisto per tenere conto del phasing in3 degli aiuti. La possibile spiegazione forse risiede da un’altra parte e cioè nella necessità che ha l’UE di offrire ai propri partner commerciali un quadro preciso e stabile della strumentazione della PAC per poter chiaramente definire gli impegni di riduzione nell’ambito degli accordi di liberalizzazione del commercio in corso di negoziato.
La semplificazione. Relativamente alla semplificazione, nonostante le enunciazioni di principio, la riforma Fischler del 2003 si configura come una politica tutt’altro che semplice. Alla complessità dell’architettura del Regolamento (CE) n. 1782/2003, che riflette l’articolazione della materia regolamentata, si aggiunge un’applicazione del regime di pagamento unico da parte dei paesi membri che ha dato vita ad un numero di varianti allo schema classico pari al numero stesso dei paesi4. Si può dunque affermare che la flessibilità accordata ai paesi, sicuramente un dato di fatto positivo, mal si concilia con l’obiettivo di semplificazione, laddove essa venga intesa come poche regole comuni a tutti.
Si spera che la “semplificazione tecnica” annunciata dalla Fischer Böel per gli interventi di mercato (Commissione delle Comunità Europee, 2005) non si realizzi in modo tanto complesso. Il rischio è elevato, perché se è vero che misure di intervento, magazzinaggio privato, regime degli scambi con i paesi terzi rispondono agli stessi criteri applicativi, è anche vero che esistono delle specificità di prodotto che, stando alle dichiarazioni della Commissione, non verranno intaccate e che, quindi, non si presteranno facilmente ad essere semplificate.
Dove sta andando la PAC?
Molto si discute sulla reale portata innovativa di questa PAC e su quanto essa sia in grado di soddisfare le esigenze di consumatori, contribuenti e della società in generale (Giacomini, 2005 [link all'articolo], Sotte, 2005a [link all'articolo]). In altre parole, essa è veramente in grado di indirizzare le risorse a disposizione verso un’agricoltura sostenibile, orientata al mercato, che abbia a cuore la qualità degli alimenti, la loro salubrità, la cura del paesaggio, la tutela del territorio, il benessere degli animali?
Alcuni strumenti, quali condizionalità e art. 69, vanno esplicitamente in questa direzione. Tuttavia, come abbiamo visto sopra, molto dipende da quanto stringenti siano i vincoli posti alla loro applicazione. Il primo anno di attuazione della riforma ha purtroppo evidenziato come in alcuni paesi, tra i quali l’Italia, la scelta degli strumenti e dei criteri applicativi della PAC sia stata dettata dalla volontà di non modificare lo status quo, sia in termini di distribuzione del sostegno che di vincoli posti all’attività produttiva (Picchi, 2005 [link all'articolo]), con effetti paradossalmente opposti. Un’applicazione blanda o poco stringente dei due strumenti, infatti, se avvantaggia gli agricoltori nell’immediato (perché non li assoggetta ad ulteriori vincoli rispetto al passato), nel medio periodo potrebbe ritorcersi contro di essi se non dovesse chiaramente emergere il beneficio ricavato dalla collettività, in termini di tutela del territorio, qualità alimentare, ecc., in cambio di questo sostegno.
In altre parole, è evidente che il disaccoppiamento ha trasformato il “vecchio” sostegno alla produzione in una rendita pura, almeno per la parte non legata all’attività produttiva (Sotte, 2005b [link all'articolo] e 2005c). Affinché il sostegno finanziario venga mantenuto nel tempo occorre che esso sia legittimato attraverso il suo condizionamento ad obiettivi di valorizzazione dell’effettivo ruolo multifunzionale dell’agricoltura. Occorre, cioè, che sia chiaramente percepito che il sostegno viene fornito agli agricoltori non in quanto percettori storici di aiuti (che potrebbe essere un criterio, non forse il migliore, per selezionare i beneficiari) ma a fronte di comportamenti virtuosi per i quali la società è disposta a pagare.
Sul futuro della PAC, dunque, inciderà la sua capacità di coagulare un forte consenso attorno a sé, a cui potrà legittimamente aspirare solo se il sostegno elargito sarà giustificato. D’altra parte, la minaccia di una drastica riduzione delle risorse finanziarie non è lo spettro agitato dai “soliti allarmisti”, ma è una concreta possibilità alla luce del recente accordo sulle prospettive finanziarie 2007-2013, in base al quale si invita la Commissione a intraprendere una piena e ampia revisione di tutte le spese comunitarie, compresa la PAC, entro il 2008/09.
Di per sé, revisione non vuol automaticamente dire ulteriore riforma ma, tenuto conto di vari fattori quali le motivazioni originarie che hanno poi dato vita alla riforma Fischler (partita, come si ricorderà, come una semplice revisione di mezzo termine), l’andamento del negoziato sulle prospettive finanziarie, arenatosi anche sull’entità delle spese PAC, e, non ultimo, l’accordo dell’ultima ora sul proseguimento dei negoziati multilaterali in seno all’OMC, che ha stabilito di eliminare le esportazioni sussidiate entro il 2013, sono in pochi a dubitare del fatto che la PAC sarà assoggettata ad un’ulteriore riforma dopo tale data, con relativa riduzione delle risorse finanziarie.
Occorre dunque che l’agricoltura europea, soprattutto quella finora qualificata come agricoltura assistita, approfitti del tempo e del denaro ancora a disposizione per imprimere un cambiamento di rotta verso un’attività produttiva realmente competitiva ed efficiente che giustifichi il sostegno a cui ha ancora diritto come una contropartita per il suo impegno in termini di qualità e salubrità degli alimenti, e rispetto e tutela dell’ambiente. Per le aziende per le quali le caratteristiche fisiche del territorio sul quale sono localizzate, le condizioni strutturali o la presenza di altre strozzature rappresentano un freno al loro sviluppo economico dovrebbe essere assicurato un adeguato accesso ai fondi per lo sviluppo rurale, laddove la loro permanenza sia cruciale per il mantenimento e lo sviluppo delle zone rurali nelle quali sono insite.
Riferimenti bibliografici
- Commissione delle Comunità Europee (2005), Semplificazione e Migliore Regolamentazione per la Politica Agricola Comune, Comunicazione della Commissione, COM(2005) 509 definitivo, Bruxelles, 19.10.2005.
- Frascarelli A. (2005), “Valutazione ed effetti delle scelte nazionali della riforma Fischler della PAC”, XLII Convegno annuale Sidea, Pisa, 22-24 settembre 2005.
- Giacomini C. (2005), “L’agricoltura che vorremmo dopo la riforma della PAC”, AGRIREGIONIEUROPA, n. 1, pp. 7.
- Picchi A. (2005), “La nuova PAC: dall’Italia norme di attuazione riduttive”, AGRIREGIONIEUROPA, n. 1, pp. 10-11.
- Sotte F., (2005a), “Affinché riprenda la riflessione strategica sul futuro della PAC. Analisi SWOT della riforma Fischler nella attesa di una nuova politica di sviluppo rurale”, AGRIREGIONIEUROPA, n. 0, pp. 1-7.
- Sotte F. (2005b), “La natura economica del PUA”, AGRIREGIONIEUROPA, n. 3, pp. 15-18 Sotte F. (2005c), “Pagamento unico aziendale, un “aiuto al passato”, Agricoltura, Regione Emilia-Romagna, dicembre.
- 1. Alcune parti dell'articolo anticipano il contenuto dei capitoli 8 e 9 del volume INEA “Le politiche agricole dell'Unione Europea. Rapporto 2004-2005” in corso di pubblicazione
- 2. L’art. 69 del Regolamento (CE) n. 1782/2003 permette agli Stati membri di trattenere fino al 10% delle risorse storicamente maturate da ciascun settore per erogare un pagamento supplementare annuale in favore degli agricoltori dei settori interessati dalla trattenuta le cui produzioni rispondono a dei criteri di ammissibilità definiti dagli stessi Stati membri. L’obiettivo è di favorire specifiche tipologie di agricoltura ritenute importanti per tutelare o valorizzare l’ambiente o per migliorare la qualità e la commercializzazione dei prodotti agricoli.
- 3. Nei nuovi Stati membri i pagamenti diretti sono progressivamente introdotti fino a giungere nel 2013 allo stesso livello dei pagamenti erogati nei paesi dell’UE-15.
- 4. Per un esame puntale delle diverse applicazioni nazionali del regime di pagamento unico si rimanda a Frascarelli, 2005.
Commenti
Utente non regi... (non verificato)
Gio, 01/01/1970 - 01:00
Collegamento permanente
Il punto sulla Pac
Nonostante siano trascorsi un paio d'anni, l'articolo in oggetto non ne dimostra l'età, e presentandoci le problematiche della Politica Agraria Comune.
In modo particolare la preoccupazione che il Pagamento Unico Aziendale possa essere confuso con una rendita; seppur con tutte le riserve su come si è giunti ad individuare l'importo azendale, quest'ultimo risulta determinante nei bilanci per coprire i costi di produzione, in quanto i soli ricavi derivanti dalla vendita dei prodotti, da soli, in molte colture non sono sufficenti.
Grazie, Franco M.
Commento originariamente inviato da 'Franco Michelini' in data 02/05/2008.