All’inizio del terzo millennio, l’umanità è ancora alle prese con il flagello della fame; c’è dunque, qualcosa che non funziona nella governance del pianeta, nelle politiche delle nazioni, nella distribuzione della risorse, nell’esercizio del potere.
L’insicurezza alimentare persiste, cresce persino, si presenta più concentrata, resta molto rurale, mentre la componente urbana e delle periferie urbane diventa sempre più rilevante.
Alle sue cause strutturali antiche ma non sconfitte, si aggiungono quelle della modernità: gli intrecci tra i mercati finanziari non governati e i mercati delle materie prime agricole; e, ultima novità, la compravendita su larga scala della risorsa terra da parte di grandi concentrazioni finanziarie e anche di Stati.
L’evoluzione di un concetto e le attuali priorità
Dalla Seconda guerra mondiale in poi, il concetto di insicurezza alimentare ha conosciuto un'evoluzione significativa, integrando nel corso del tempo varie dimensioni: macro e microeconomica, qualitativa e infine nutrizionale. Oggi questo concetto è divenuto polisemico e dinamico, collegato in una relazione complessa con il commercio internazionale, i regimi politici e le strutture sociali esistenti, ma anche con numerosi fattori soggettivi che occorre esaminare e valutare con attenzione.
Analogamente, anche il concetto di sicurezza alimentare si è modificato nel corso degli anni e, di recente, ha incluso anche l'aspetto nutrizionale. Le definizioni oggi più diffuse (a partire da quella proposta dalla Banca mondiale nel 1986, fino a quella molto sintetica di Maxwell e Frankenberger : "l'accesso sicuro e costante a cibo sufficiente per poter condurre una vita in buona salute" -1992) trovano un punto di condivisone nella definizione data dal World Food Summit (1996), secondo la quale essa è la condizione in cui: "tutte le persone, in ogni momento, hanno accesso fisico, economico e sociale a cibo sufficiente, sicuro e nutriente che soddisfi le proprie necessità e preferenze alimentari per poter esercitare una vita attiva e in salute".
La sicurezza alimentare si presenta, quindi, come una situazione nella quale si verifichi la contemporaneità di quattro aspetti: disponibilità quantitativa di cibo; accesso fisico, economico e sociale; utilizzo corretto; stabilità nel tempo della disponibilità, dell’accesso e dell’utilizzo.
La contraddizione dalla quale bisogna sempre ripartire, prima di impostare ogni discussione sulle politiche e le misure da intraprendere, è la seguente: in un mondo in cui la produzione alimentare basta a sfamare tutti gli individui, oltre un miliardo di persone non ha accesso ad una quantità di cibo sufficiente. Perché? Perché uno dei fattori chiave della sicurezza alimentare e nutrizionale è la povertà, come definito in sede ONU. L'insicurezza alimentare e la malnutrizione sono infatti nel contempo una causa e un effetto della povertà e del sottosviluppo: il benessere nutrizionale delle fasce povere di popolazione non è soltanto una conseguenza dello sviluppo, ma anche un suo presupposto. Una situazione di "povertà" implica anche una destrutturazione di economie, tradizioni alimentari e infrastrutture di mercato locali (causate, peraltro, anche da strategie internazionali a partire dagli anno '80). Questi contesti richiedono politiche complementari di riduzione della povertà e, quindi, di percorsi di formazione di un reddito che consenta l'accesso agli alimenti. E' solo in questo ambito che potranno avere successo anche le politiche agricole.
L’analisi degli elementi concreti che costituiscono l'insicurezza alimentare si può riassumere, molto sinteticamente nelle le seguenti caratteristiche di base:
- è in aumento e ad oggi, dopo le due crisi, il numero di persone colpite supera il miliardo;
- è sempre più concentrata (riguarda per l'89 % Asia, Pacifico e Africa subsahariana);
- rimane un fenomeno fortemente rurale (il 70 % degli individui in condizioni di insicurezza alimentare risiede nelle aree rurali), ma va acquistando sempre maggiore rilievo la componente urbana e periurbana (Fao, 2008; 2009).
La definizione del Piano di azione, con la scelta delle priorità sulle quali concentrarsi è, la prima sfida politico-strategica; ed è oggetto di confronti e di molte accese discussioni.
Ogni epoca dell’evoluzione dello sviluppo economico e sociale su scala globale deve assegnarsi priorità le più idonee in quel momento: sulla base delle caratteristiche specifiche della fase del sistema capitalistico e della evoluzione dei mercati, di beni fisici e finanziari, nella quale la sfida della lotta alla insicurezza alimentare torna a manifestarsi e ad imporsi alla sensibilità della società.
In questo momento storico le priorità politico-strategiche sulle quali concentrarsi, sono (nell’ordine): la riforma del funzionamento dei mercati agricoli globali, prioritaria in quanto conditio sine qua non affinché le altre politiche e misure possano risultare efficaci; le politiche di sviluppo delle agricolture e dei mercati a livello locale; l'esigenza di garantire, a livello globale,una stringente coerenza tra le diverse politiche; il ruolo delle riserve alimentari, regionali e globali; la sicurezza alimentare in quanto diritto (comprensivo della regolamentazione dell’accesso alla terra); la governance globale degli strumenti utilizzati per garantire la sicurezza alimentare. Ci si limiterà qui ad alcune considerazioni sulle prime due priorità.
La sicurezza alimentare e il funzionamento dei mercati agricoli
Fino ad ora, nell'opinione della maggioranza degli esperti e dei responsabili politici internazionali, la volatilità dei prezzi agricoli era ritenuta un fenomeno puramente congiunturale (e “naturale”); si riteneva anche che la liberalizzazione degli scambi agricoli avrebbe avuto una funzione stabilizzatrice e sarebbe servita ad orientare l'andamento tendenziale dei prezzi verso l'alto. Questo ragionamento si basa sulla fiducia nella capacità di autoregolamentazione dei mercati agricoli.
La crisi finanziaria e quella alimentare, esplose quasi contemporaneamente, hanno dimostrato chiaramente che i mercati agricoli in realtà non sono in grado di autoregolamentarsi: di conseguenza, la politica di totale affidamento alle forze del mercato – in questa materia - non è la soluzione adatta, né sul piano economico né dal punto di vista strategico.
La crisi alimentare che ha colpito anche i paesi poveri nel 2008 è stata caratterizzata da prezzi di mercato:
- spesso inferiori ai costi di produzione effettivi;
- scollegati dalle basi fisiche dell'offerta e della domanda ( il che ha favorito l'aumento di manovre speculative, incentivate anche dalla progressiva deregolamentazione e dall'abolizione graduale dei meccanismi di intervento);
- eccessivamente volatili.
Diversi elementi entrano in gioco per spiegare questa volatilità: il rinnovato interesse degli speculatori sui mercati agricoli, le tensioni accresciute tra l'offerta e la domanda (anche per la destinazione di crescenti quantità di cereali a fini energetici), la riduzione dei livelli delle scorte e i rischi climatici. È, però, difficile valutare con precisione in che misura ciascuno di questi fattori abbia contribuito all'instabilità dei prezzi, a causa della scarsità di dati disponibili soprattutto sui mercati finanziari, che rimangono prevalentemente opachi.
La finanziarizzazione dei mercati agricoli e la riforma dei mercati agricoli e finanziari
Per finanziarizzazione s'intende l'utilizzo di prodotti fisici (in questo caso, agricoli) in quanto attività sottostanti alle transazioni finanziarie (scambio di rischi). La speculazione sulle materie prime (in particolare quelle agricole), nelle enormi dimensioni che ha raggiunto, è un fenomeno recente, ma molto dinamico . La speculazione riguarda i prodotti agricoli per circa un terzo, mentre per il resto si concentra soprattutto sulle materie prime energetiche come petrolio e gas. Si possono citare quattro ordini di motivi della finanziarizzazione:
- i mercati dei futures di prodotti agricoli sono generalmente ristretti;
- i mercati agricoli sono per loro natura attraenti dato che la volatilità dei prezzi è una loro caratteristica strutturale (fonte di profitti);
- i mercati dei futures di prodotti agricoli sono scarsamente regolamentati;
- la progressiva liberalizzazione dei mercati agricoli in un contesto di crescente interconnessione dei mercati è accompagnata da un afflusso di investitori a breve termine.
Secondo numerosi esperti, la crescente finanziarizzazione dei mercati agricoli e il conseguente diffondersi dei fenomeni speculativi hanno indubbiamente inciso sul rialzo dei livelli dei prezzi, in particolare dei cereali, e soprattutto sull'aumento della loro volatilità (CNUCED, 2011). Il problema dell'insicurezza alimentare nel mondo potrà essere seriamente “governato” solo affrontandolo alla radice; ed oggi una delle più consistenti radici sta nella grande questione politica di una diversa organizzazione dei mercati agricoli e finanziari.
In primo luogo, è necessario che tutte le transazioni e le posizioni degli operatori siano registrate, sia nei mercati regolamentati che nei mercati OTC (over-the-counter, cioè fuori borsa).
Parallelamente, è indispensabile una maggiore trasparenza dei mercati fisici, soprattutto per quanto riguarda i livelli di risorse e di scorte, nonché dell'offerta e della domanda a breve e medio termine.
Occorre inoltre adottare una regolamentazione "uniforme" a livello internazionale dei mercati finanziari, per evitare la concorrenza tra le piazze finanziarie e le possibilità di elusione delle regole dovute alla mancanza di normative internazionali. E’una sfida immane. E' la sfida di questa fase.
Il Piano di azione sulla volatilità dei prezzi alimentari e sull’agricoltura (Parigi 22-23 giugno 2011) che ha concluso la riunione dei Ministri dell’agricoltura del G20, ha soltanto iniziato a mettere mano a questa strategica riforma: tra reticenze e contraddizioni. La mobilitazione della società civile europea deve premere affinché il Summit dei capi di stato del prossimo novembre possa andare più a fondo.
Lo sviluppo delle agricolture e dei mercati agricolo-alimentari a livello locale
Chi nutrirà il mondo? La risposta è: solo il mondo potrà nutrire il mondo. Lo sviluppo dell’agricoltura nelle aree di insicurezza alimentare è assolutamente strategico. La situazione non è per niente soddisfacente e l’illusione di sostituirsi con la produttività e con l’aumento della produzione nelle aree dello sviluppo (ad esempio: il mantra di “un’Europa forte con una PAC forte”) non solo una non-risposta, è anche incompatibile con la sostenibilità.
Nei paesi ACP, ad esempio, benché l'agricoltura rappresenti il principale settore di attività, tanto le politiche dei governi nazionali quanto quelle delle istituzioni internazionali non hanno riservato, negli ultimi decenni, al settore agricolo l'attenzione che meritava; si sono fatti passi indietro. Una esplicita manifestazione della non adeguata e strategica attenzione all’agricoltura la rileviamo nell’uso del 9° FES (Fondo Europeo di Sviluppo): solo 4 paesi ACP su 78 hanno dato priorità all'agricoltura e per quanto riguarda la finalizzazione degli stanziamenti del Fondo, solo il 7 % è stato destinato allo sviluppo rurale e l'1,1 % è espressamente assegnato alle attività connesse all'agricoltura.
Inoltre, dal 1975 la quota delle importazioni dell'Unione europea dai paesi ACP è scesa dal 7 % al 3 %. Malgrado ciò, gli scambi commerciali con l'UE rimangono importanti per questi paesi. Tuttavia, occorre interrogarsi sui motivi per i quali quasi il 30 % del commercio degli ACP viene realizzato con l'UE, mentre gli scambi intra-regionali ACP non superano il 10 %. Qui si può ben individuare uno spazio importante per lo sviluppo della integrazione dei mercati regionali.
Un altro dato significativo è rilevabile sul versante degli investimenti esteri diretti (IED). Nei paesi in via di sviluppo, dal 1990 ad oggi, essi sono quintuplicati, ma pressoché a è andato a beneficio dei paesi ACP, che rappresentano appena il 3 % degli IED europei. Si deve osservare inoltre che più del 50 % delle entrate in valuta estera degli ACP proviene dalle esportazioni di prodotti di base.
E’ necessario, pertanto, assegnare la priorità alla realizzazione di politiche agricole dirette allo sviluppo delle agricolture locali e alla integrazione dei mercati locali e regionali e incentrate sulla situazione socio-economica delle popolazioni rurali presenti sul territorio.
Nell’ambito di questa prioritaria scelta politica, i governi dovranno associare stabilmente le organizzazioni degli agricoltori nella programmazione dello sviluppo agricolo e rafforzare tutte le forme di organizzazione della produzione create dagli agricoltori, come pure quelle promosse dai lavoratori e dai consumatori. Questa crescita democratica e della democrazia economica è elemento decisivo. Nei paesi dell’insicurezza alimentare, peraltro, un'attenzione particolare va riservata al ruolo delle donne, già ora fondamentale nell'intero processo della produzione agricola. La funzione che le donne svolgono nelle comunità rurali è tanto più importante in quanto i gravi danni causati dal diffondersi dell'Aids, che ha ridotto la manodopera disponibile, mettono seriamente a rischio il conseguimento di una sicurezza alimentare sostenibile. Si affermava sopra che l'insicurezza alimentare e la malnutrizione sono nel contempo una causa e un effetto della povertà e del sottosviluppo. Anche l’esperienza sul campo conferma questa acquisizione analitica.
Sul terreno, infatti, dove la dinamica dei soggetti si sviluppa, si può rilevare inequivocabilmente che l’insicurezza alimentare si combatte agendo simultaneamente e in via prioritaria su tre leve: salute, istruzione e agricoltura. Cure sanitarie, educazione e nutrizione sono infatti i tre pilastri dello sviluppo economico di qualsiasi regione del mondo.
L'esigenza di garantire la coerenza tra le diverse politiche
Si è affermato, sopra, che la sicurezza alimentare si presenta come un problema complesso. Solo una strategia coordinata di azioni diverse può, quindi, risultare risolutiva. Un complesso di azioni e di politiche, quali: riduzione della povertà e crescita del reddito; politiche di welfare e di previdenza; politiche agricole e di sviluppo rurale; ricerca e sviluppo; commercio e sviluppo integrato regionale; aiuto alimentare; politiche demografiche; lotta alla corruzione.
Decisiva risulta, inoltre, la coerenza tra le fondamentali politiche che normalmente vengono evocate e spesso malamente praticate.
Tra queste la politica commerciale ha certamente un ruolo importante da svolgere nel far fronte alle crisi alimentari ma non ne rappresenta il fattore principale: può, se ben usata, ridurre il problema ma al tempo stesso può, se usata impropriamente, peggiorare la situazione. L'importanza di mercati internaziona i aerti e regolati, è fuori discussione, anche per migliorare l'efficienza della produzione agricola mondiale; nello stesso tempo va rilevato l'ostacolo rappresentato dal ricorso generalizzato a misure protezionistiche per la sicurezza alimentare globale, poiché una tale strategia non garantisce la necessaria flessibilità e impedisce, specialmente in Africa, qualsiasi forma di integrazione regionale concreta. Ugualmente va sottolineata l'accresciuta vulnerabilità dei paesi che, specializzandosi, divengono sempre più dipendenti dai mercati internazionali e cadono facilmente nella insicurezza alimentare in conseguenza dell'andamento dei prezzi delle esportazioni e delle importazioni di derrate alimentari, caratterizzati negli ultimi anni da una particolare volatilità. Infine, va assolutamente riconosciuta l'esigenza che un commercio regolamentato integri nel proprio processo decisionale e nelle proprie misure di attuazione i principi del diritto all'alimentazione, in forza dei quali anche gli Stati si astengano dal contrarre obblighi internazionali in contrasto con tali principi. E’ in questo contesto che va affrontato anche il fenomeno, in crescita, dell’accaparramento delle terre.
Un altro settore in cui risulta strategica la coerenza è quello agro-energetico. Molto discusso è, infatti, l’uso di crescenti quantità di cereali per uso energetico. La produzione di biocarburanti di prima generazione presenta molte controindicazioni.
Essi, infatti, hanno un costo elevato di produzione, un costo elevato ambientale, sottraggono cereali all'alimentazione umana ed animale, accelerano la riduzione delle risorse idriche, già drammatica soprattutto in alcune regioni, e contribuiscono alla volatilità dei prezzi dei cereali sui mercati mondiali. Fatte salve queste preoccupazioni, che potrebbero diminuire se fossero adottate misure di monitoraggio e di certificazione dei metodi di produzione dei biocarburanti, eventualmente attraverso sistemi di tracciabilità dei prodotti, nel Comitato Economico e Sociale Europeo si sostiene l’esigenza di incrementare la ricerca e lo sviluppo dei biocarburanti di seconda e anche di terza generazione; e nel contempo di evitare politiche e misure di incentivazioni pubbliche incoerenti e distorsive di una corretta allocazione delle risorse naturali.
La promozione e il sostegno all'agricoltura sostenibile al livello globale (i cui parametri e caratteristiche sono orami riconosciuti e accettati in ambito europeo e internazionale) costituiscono una fondamentale strategia di appoggio alla sicurezza alimentare globale. Già nel presente, ma soprattutto nel futuro, i disastri meteorologici sono e saranno tra le cause maggiori della volatilità dei prezzi mondiali. L'agricoltura, come è noto, è – ad un tempo – vittima e responsabile del cambiamento e del peggioramento del clima (tecniche produttive, monoculture e pratiche di deforestazione). Bisogna, pertanto, incoraggiare e sostenere pratiche diffuse di agro-ecologia. Non escludendo che tali processi trovino spazio anche nei negoziati OMC. L’agenda del prossimo appuntamento di RIO+20 risulta, pertanto, strettamente intrecciata con l’agenda della sicurezza alimentare globale; e il “sistema ONU”, sempre di più, deve intrecciarsi e interfacciarsi con il “sistema OMC”: non è ammissibile che i due sistemi procedano come due parallele che non si incontrano mai.
Riferimenti bibliografici
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FAO, "Quadro globale dell'insicurezza alimentare nel mondo", Rapporti 2008 e 2009
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CNUCED, “Rapporto sulla formazione dei prezzi sui mercato finanziari delle materie prime”, giugno 2011
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CESE, “La posizione della società civile dell'Unione europea in materia di sicurezza alimentare e nutrizionale, globale” - Quarta tavola rotonda della società civile UE-Brasile; (REX/336)- Relatore: Mario Campli, [link]
-
CESE, “Commercio e Sicurezza alimentare” (REX/273) - Relatore: Mario Campli, [link]