Introduzione
Nell’ambito del processo di transizione che attraversano oggi le aree rurali, le prospettive future di sviluppo sono imprescindibili dalla costruzione di un’interazione crescente con le realtà urbane e quindi di un maggior confronto tra produttori e consumatori. La creazione di reti, può costituire una “terza via” percorribile (Amin e Thrift, 1995), che consente di reinterpretare, riadattando, i tradizionali modelli di sviluppo rurale esogeno ed endogeno (Lowe et al., 1995; Murdoch, 2000). Le configurazioni che queste reti possono assumere sono essenzialmente due: verticali ed orizzontali. Le prime caratterizzano soprattutto le filiere della produzione agroalimentare su larga scala e richiamano per certi aspetti la configurazione del modello esogeno di sviluppo rurale in cui prevale una logica settoriale e il territorio rurale è un mero contenitore di risorse materiali e immateriali da orientare rispetto alle richieste provenienti dai centri urbani e dal mercato. Quelle orizzontali, che s’ispirano principalmente al modello di sviluppo rurale endogeno, si basano perlopiù sulla condivisione di risorse locali e più recentemente anche sui nuovi significati ad esse attribuiti e veicolati dai cambiamenti nella società, dai nuovi stili alimentari e dall’apporto di nuove tecnologie, tra cui quelle apportate dalla comunicazione digitale (Sotte, 2006). L’orizzontalità nelle relazioni tra produttori e consumatori è uno dei principi fondanti di iniziative quali i gruppi di acquisto solidale (Rossi e Brunori, 2011) e i farmers’ market (Aguglia, 2009).
Sia che si tratti di reti verticali ed orizzontali, il successo della rete dipende dalle interazioni degli attori presenti al suo interno, dal contenuto e dalla forma delle relazioni (Latour, 1986); tuttavia mentre nella prima tipologia i soggetti sono legati da relazioni di carattere specializzato e gerarchico, come indica l'aggettivo stesso "verticale", nella seconda, attori anche molti diversi tra loro, si pongono tendenzialmente su un piano paritario e cooperano in base a principi di reciprocità e di mutuo riconoscimento (Bordieu, 1980). In quest’ambito e soprattutto dove è stato possibile individuare ed instaurare una relazione basata sulla condivisione di conoscenza e innovazione a partire da contesti che presentavano un elevato grado di frammentazione e di diversità interna, hanno trovato spazio alcune proposte di sviluppo innovative ed alternative, che hanno favorito la creazione di relazioni ponte tra realtà rurali e urbane (Esparcia, 2014). Tra gli attori di questo sistema di rete troviamo ad esempio i produttori che applicano disciplinari biologici o comunque pratiche considerate alternative e/o sostenibili dal punto di vista ambientale e quei consumatori che, attraverso percorsi di citizen engagement, sono interessati ad approfondire la conoscenza delle pratiche e dei significati insiti all’interno di tali indirizzi di produzione agricola.
A partire dalle considerazioni relative a come il modello di rete orizzontale può divenire un potenziale catalizzatore di sviluppo rurale, l’articolo presenta il caso di Wwoof (World Wide Opportunities on Organic Farms) Italia, associazione che promuove la libera circolazione di volontari nelle realtà rurali di tutto il territorio nazionale.
Il fenomeno Wwoof in Italia
Wwoof rappresenta un esempio di rete orizzontale in cui lo sviluppo e la condivisione di processi di conoscenza, informazione ed innovazione creano un collegamento diretto tra campagna e città.
L’organizzazione nasce nel 1971 in Gran Bretagna, con lo scopo di favorire la comprensione e l’apprendimento in campo dei metodi di produzione alimentare e dell’approccio del diversificato mondo “organic” e dell’agricoltura “alternativa”, attraverso la creazione di occasioni di incontro e scambio di conoscenze tra piccoli agricoltori delle campagne inglesi e abitanti dei centri urbani circostanti. L’Associazione si è dapprima estesa ai paesi anglosassoni fino a contare oggi più di 70 Paesi aderenti in tutto il mondo con più di 50.000 volontari (Ravasi, 2010), che ricevono in cambio del lavoro prestato, ospitalità da oltre 11.000 realtà (dati Fowo aggiornati al 2010.
Nel 2013 è stata costituita una struttura ombrello di carattere internazionale a cui fanno riferimento la maggior parte1 delle associazioni esistenti a livello nazionale, la Federazione delle Associazioni Wwoof (Federation of Wwoof Organisation, Fowo), con il compito di svolgere un coordinamento e sostenere il movimento nel mondo.
Wwoof Italia (WI) nasce nel 1999 in Provincia di Livorno, come organizzazione informale. Nel 2005 viene iscritta al registro delle Associazioni di Promozione Sociale. Il suo obiettivo, così come dichiarato nello statuto è quello di organizzare "la circolazione nazionale ed internazionale di volontari per promuovere lo sviluppo dell'agricoltura naturale come scelta di vita".
I nodi della rete, In Italia così come negli altri paesi sono costituiti da persone (host) che svolgono un'attività agricola a carattere familiare e/o professionale (aziende agricole di piccole-medie dimensioni, a gestione individuale o familiare, società cooperative agricole, luoghi abitativi ed eco-villaggi, le cui attività siano destinate all'autoproduzione alimentare e/o energetica, agriturismi o agricampeggi) in un luogo che è di vita e di lavoro e i volontari (wwoofers) che alloggiano presso le aziende per un periodo di tempo variabile partecipando ai lavori agricoli stagionali con alcune ore di manodopera. Si può entrare a far parte del movimento iscrivendosi sulla pagina web di Wwoof Italia, pagando una quota associativa annuale (che in Italia è di 35 euro) e registrandosi come soci ospitanti oppure come volontari.
Attualmente in qualità di host sono iscritte 654 realtà (dati WI, 2015)2, la cui presenza è maggiormente capillare in Toscana, Emilia Romagna e Piemonte (Figura 1). In base al numero di aziende ospitanti, il nostro Paese si colloca al sesto posto per dimensioni del fenomeno a livello mondiale, preceduto da Australia, Stati Uniti, Nuova Zelanda, Canada e Francia.
Figura 1 – Distribuzione degli host in Italia a livello regionale
Fonte: elaborazione degli autori su dati forniti da Wwoof Italia (2015)
Negli ultimi 10 anni si è registrato un aumento significativo rispetto al numero di volontari nazionali ed internazionali iscritti alla piattaforma italiana, che dai mille del 2004 superano dal 2013 le 5 mila unità (Figura 2).
Figura 2 – Numero di wwoofer iscritti alla piattaforma italiana
Fonte: elaborazione degli autori su dati forniti da Wwoof Italia, 2015
L’ampliamento del numero dei soci e dei wwoofers è da attribuirsi principalmente al passaparola e solo più recentemente all’utilizzo di internet.
Aspetti strutturali e funzionali della rete
A seconda della prossimità spaziale dei nodi della rete è possibile distinguere una rete orizzontale primaria caratterizzata da rapporti diretti e più frequenti, ed una rete secondaria più estesa, caratterizzata da rapporti meno assidui, ma ragione collante di tutto il movimento.
La rete primaria (Figura 3) che si crea è quella di stretta vicinanza, di contatto diretto, che nasce all'interno del Centro Educativo3 tra l'host e il/i wwoofer e consiste nella condivisione della quotidianità, durante la quale il volontario partecipa alla vita e ai lavori del luogo, grazie alla supervisione e agli insegnamenti dei soci ospitanti.
Figura 3 – Le relazioni della rete primaria
Fonte: Elaborazione degli autori
L'orizzontalità del rapporto emerge in maniera evidente dal regolamento interno dell'associazione in cui: "lo scambio di conoscenze ed esperienze sarà fondato sulla condivisione di un progetto di vita, senza alcuna forma di subordinazione o remunerazione, su basi paritarie e mutualistiche, con spirito di collaborazione e convivialità nel tempo libero come nei momenti di impegno quotidiano" (Statuto WI).
Il valore e il fondamento della relazione che si crea nell’esperienza di wwoofing, per tutte le parti coinvolte, è definibile con il termine di reciprocità gratuita (Bruni, 2006) e realizza il vantaggio per entrambi i soggetti coinvolti se le azioni che la caratterizzano trovano ragione d’essere in azioni virtuose. Per i wwoofer il contenuto dell’esperienza è soprattutto identificato in termini di avere la possibilità di entrare in contatto con una specifica realtà rurale locale, l’opportunità di imparare metodi di coltivazione sostenibile, valorizzare la propria persona nell’esperienza in campo, misurare la sincerità e la fiducia delle relazioni che si vanno a creare con l’host (McIntosh e Bonemann, 2006). Per l’host il woofing rappresenta un mezzo per adattare la propria azienda al cambiamento, mantenendo la propria identità al netto del costo della riorganizzazione interna necessaria per la gestione dei wwoofers, la possibilità di ottenere un aiuto collaborativo nel portare avanti il proprio progetto di vita/lavoro.
In alcuni contesti, accanto a questa rete primaria si sviluppa una rete inter-aziendale che nasce dalle interazioni e collaborazioni che avvengono fra gli host appartenenti al medesimo contesto territoriale/regionale.
La rete primaria è poi compresa in un'altra rete più ampia, quella secondaria di tipo informale che coinvolge e mette in collegamento tutte le aziende aderenti al movimento nazionale e tutti i soci volontari iscritti al movimento WI. A supporto esplicativo, la figura 4 rappresenta in modo semplificato le relazioni presenti all’interno della rete secondaria informale.
Figura 4 – La rete secondaria informale
Fonte: Elaborazione degli autori
A questa si sovrappone un’ulteriore rete secondaria formale costituita dall’intreccio di relazioni che l’associazione WI intrattiene con la società civile e le altre associazioni del territorio e nazionali (ad es. la Rete Semi Rurali, Banca Etica, il Movimento per la decrescita felice) per la divulgazione, sensibilizzazione ed educazione ai temi relativi all’agricoltura sostenibile ed alternativa. La figura 5 esemplifica e viene proposta come schema delle le relazioni presenti all’interno della rete secondaria informale.
Figura 5 – La rete secondaria formale
Fonte: Elaborazione degli autori
Un valore aggiunto soprattutto in contesti di “marginalità” rurale
In un territorio come quello italiano, estremamente diversificato e prevalentemente montuoso o collinare, la tutela e la valorizzazione delle aree rurali è di fondamentale importanza per la sopravvivenza delle stesse. Queste aree sono spesso caratterizzate da “marginalità” ovvero da una complessa condizione di svantaggio che, oltre all’essere riconducibile alle caratteristiche avverse del territorio di natura fisica, oggi ne ricomprende anche gli aspetti socio-economici e relazionali, secondo l’evoluzione delle definizioni fornite negli ultimi due decenni dai principali enti ed istituzioni che si occupano del tema a livello nazionale ed internazionale (Figura 6).
Il movimento Wwoof nella sua ricerca da parte dei wwoofers di uno stile di vita alimentare e di uno stile di vita/vacanza alternativo e maggiormente consapevole permette la condivisione e la valorizzazione di risorse, che le condizioni al contorno di natura demografica, di reddito, di ricchezza, di dotazione di servizi, non riuscirebbero altrimenti ad attivare. In tal senso il movimento rappresenta una spinta esogena che offre un’occasione per uscire da una condizione di isolamento e di ottenere dei benefici sia interni, che esterni all’area rurale presa in considerazione.
Figura 6 – Classificazione della marginalità per le diverse istituzioni ed enti di ricerca
Fonte: Gasparetto, 2014
Considerazioni conclusive
Tra le diverse opportunità nel fare parte di questa rete, la diffusione di conoscenze intese come informazioni con valore educativo per i volontari e l’aumento della resilienza e visibilità aziendale per gli host, sono tra i vantaggi principali. Il carattere educativo dell’esperienza costituisce un aspetto interessante in termini di consapevolezza per le scelte future da parte dei consumatori. Nelle attività quotidiane l'agricoltore fornendo delle conoscenze al volontario offre implicitamente degli strumenti per trasformare un sapere teorico in azione pratica; il volontario applicando ciò che ha imparato e contribuendo al funzionamento della “fattoria” contemporaneamente acquisisce e si appropria di informazioni che difficilmente dimenticherà. Si può parlare quindi di citizen engagement nella misura in cui è proprio la partecipazione attiva della cittadinanza, che in questo caso si trova ad essere per un periodo di tempo produttrice del suo stesso cibo, a costituire una forma di apprendimento di nuove conoscenze. Abitando in un luogo e facendone parte attraverso il lavoro e la condivisione, i volontari acquisiscono una diversa consapevolezza delle loro azioni sostenendo il pensiero di DeLind (2002) per cui "è nell'abitazione di un luogo fisico e condiviso, nella confluenza di natura e cultura, che si configurano la sensibilità e la sostenibilità ambientale." In questo senso, il wwoofing può essere quindi inteso come una forma di agricoltura civica: acquisendo un sapere più pratico ed esperienziale, le conoscenze si radicano, entrano a far parte della consapevolezza dei consumatori e contribuiscono alla costruzione di una razionalità basata su valori condivisi (Di Iacovo et al., 2014).
Per le aziende il wwoofing rappresenta la possibilità di mantenere la propria resilienza nei confronti dell’agroecosistema di riferimento, adattandosi al cambiamento, ma mantenendo al contempo le proprie funzioni essenziali. Il Woofing rappresenta inoltre la possibilità di aumentare la propria visibilità e di allargare il raggio di vendita anche raggiungendo Paesi stranieri e di offrire un biglietto da visita che svolge una funzione per certi versi assimilabile a quella di una certificazione4. Viene infatti offerta ai cittadini una conoscenza più diretta delle pratiche biologiche e delle loro varie declinazioni, fornendo in questo modo gli strumenti per una maggiore capacità di comprensione. Così la scelta di prodotti biologici ad esempio, non sarà solo più legata ad un marchio e ad una certificazione, ma potrà anche vertere su canali di acquisto più informali e diretti, in cui il consumatore ha veramente la conferma che il cibo acquistato sia stato prodotto con metodi sostenibili. In tal senso il movimento di wwoofing rappresenta un’opportunità per mantenere vitali le zone rurali e di apertura verso l’esterno, ancor di più per chi è in una condizione di marginalità. In coerenza con l’emergere di nuova geografia dei flussi tra città e campagna, diventa un esempio di come attraverso la creazioni di reti orizzontali, la dimensione rurale possa essere (nuovamente ma diversamente) configurata da forze provenienti dai centri urbani. Esempio che riteniamo varrebbe la pena approfondire con ulteriori attività di ricerca.
Riferimenti bibliografici
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Amin A. e Thrift N. (1995), Institutional issues for the European regions. Economy and society, n. 24, p. 121-143
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Bourdieu P. (1980), The social capital. The Research on Sciences Socials, n. 31, p. 2-3
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Bruni L. (2006), Reciprocità. Dinamiche di cooperazione, economia e società civile. Bruno Mondadori
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Delind L.B. (2002), Place, work, and civic agriculture: Common fields for cultivation. Agriculture and Human Values, n. 19, p. 217-224
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Di Iacovo F., Fonte M. e Galasso A. (2014), Agricoltura civica e filiera corta. Nuove pratiche, forme d’impresa e relazioni tra produttori e consumatori, Working paper 22, Gruppo 2013, [pdf]
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Esparcia J. (2014), Innovation and networks in rural areas. An analysis from European innovative projects. Journal of Rural Studies, n. 34, p. 1–14
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Gasparetto E . (2014), Aree agricole marginali: quali mezzi e tecnologie per le nuove forme di agricoltura su piccola scala? Tesi di laurea magistrale. Università degli Studi di Torino, p. 1-136
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Latour B. (1986), “The powers of association”, in Law J. (eds.) Power, action, belief, Routledge and Kegan Paul, London
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Lowe P., Murdoch J., Ward N., (1995), “Networks in rural development: beyond endogenous and exogenous approaches”, in Van der Ploeg J.D., Van Dijk G. ( eds.) Beyond modernisation: The Impact of Endogeneous Rural Development. Van Gorrum, Assen, The Netherlands
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McIntosh A.J., Bonemann S. M. (2006), Willing Workers on Organic Farms (Wwoof): The alternative farm stay experience? Journal of Sustainable Tourism, n. 14(1), p. 82-99
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Murdoch J. (2000), Networks - A new paradigm of rural development? Journal of Rural Studies, n. 16 (4), p. 407-419
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Ravasi F. (2010), Wwoof (opportunità in “fattorie biologiche” nel mondo): Le potenzialità offerte da un’organizzazione che apre una finestra sul mondo agricolo attraverso uno scambio “umano”. Tesi di laurea triennale, Università di Pisa, pp. 1-108
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Sotte F. (2006), “Sviluppo rurale e implicazioni di politica settoriale e territoriale. Un approccio evoluzionistico”, in Cavazzani A. et al., (eds.), Politiche, governance e innovazione per le aree rurali, Inea, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli
Siti di riferimento
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Fowo: www.wwoof.net/fowo/
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Wwoof Italia: www.wwoof.it
- 1. Iwa.
- 2. I dati relativi a Wwoof Italia sono stati gentilmente forniti da Claudio Pozzi, Presidente di Wwoof Italia nel corso di un’intervista telefonica effettuata nel mese di Marzo 2016.
- 3. Così viene definita dallo statuto la struttura in cui avviene lo scambio.
- 4. Secondo i dati in possesso da Wwoof Italia solo il 10% delle aziende agricole aderenti possiede la certificazione biologica, mentre una percentuale che supera l’80% dichiara di praticare un’agricoltura secondo i metodi biologici.