Caratteristiche ed efficienza produttiva della filiera del Pecorino Romano

Caratteristiche ed efficienza produttiva della filiera del Pecorino Romano
a Università degli Studi di Sassari, Nucleo di Ricerca sulla Desertificazione

Introduzione

Il Pecorino Romano è, ancora oggi, uno dei formaggi italiani a pasta dura più importanti dell’intero panorama internazionale (Di Cagno e Gobbetti, 2011) e la Sardegna è il suo principale produttore (Ismea, 2014). Per spiegare, almeno in parte, le cause del successo di tale formaggio si è analizzata la relazione tra questo successo e il suo contesto produttivo.
Il primo passo, è stato quello di verificare l’efficienza produttiva dei caseifici produttori di Pecorino Romano. Tale analisi si inserisce in un quadro di ricerca più ampio che intende verificare l’esistenza di un effetto distretto riferibile al distretto agroalimentare del Pecorino Romano.
La necessità di riconoscere l’esistenza del distretto in agricoltura è relativamente recente. Solo a partire dagli anni 90 si sviluppa un corpus normativo con lo scopo di tutelare le aree interessate dalla sua presenza (L. 317/1991, Decreto Guarino 1993, L 59/1997, L.140/99, L. 57/2001, D.lgs. 228/2001). In base a quest’ultimo, la produzione di Pecorino Romano Dop mostra la contemporanea presenza di elementi ritenuti fondamentali per l’identificazione del distretto agroalimentare; la produzione è infatti caratterizzata da una inconfutabile vocazione naturale del territorio e da antiche origini; il Pecorino è stato riconosciuto prodotto locale e tipico dal 1953. Per quanto riguarda l’approccio metodologico all’individuazione di tale distretto, esso non è sistematico né univoco in letteratura (Istituto Guglielmo Tagliacarne, 2004). Tra i diversi approcci utilizzati, quelli che permettono di individuare l’esistenza dei distretti alimentari con una certa precisione (Istituto Guglielmo Tagliacarne, 2004), si basano su diversi indicatori di localizzazione, concentrazione e specializzazione (Brasili e Ricci Maccarini, 2000; 2001). Nell’approccio metodologico, tra gli aspetti quantitativi maggiormente approfonditi, si distingue quello legato all’efficienza delle imprese che appartengono al distretto. In questa sede non s’intende dimostrare l’esistenza del distretto né eventuali suoi effetti ma si riflette sull’aspetto legato all’efficienza produttiva delle imprese di trasformazione.
Per raggiungere questo obiettivo, si è indagato sull’efficienza produttiva di 15 caseifici sardi, la cui produzione principale è costituita dal Pecorino Romano, nel periodo compreso tra il 2005 e il 2011. L’efficienza è stata espressa in termini di importanza (significatività statistica) in riferimento a diversi fattori quali: la quantità di latte trasformata in formaggio, le ore di lavoro impiegate nel processo produttivo, il capitale investito dal singolo caseificio, il prezzo medio del latte ovino, il livello di diversificazione produttiva, la tipologia dell’impresa (cooperativa e non cooperativa).

Strumenti

Per verificare l’efficienza produttiva delle imprese, si è proceduto con la stima di una frontiera stocastica di produzione, secondo due modelli proposti da Battese e Coelli nel 1992 e 1995. Si tratta di modelli molto utilizzati nell’analisi della frontiera stocastica basata su dati empirici. Questi modelli permettono di verificare il livello di efficienza produttiva raggiunto dalle imprese analizzate e, contemporaneamente, forniscono indicazioni sull’utilizzo degli input impiegati. In particolare, consentono di individuare quali siano gli input responsabili del raggiungimento di specifici livelli di efficienza/inefficienza.
I due modelli usati presuppongono che la quantità di prodotto finito ottenuta non possa mai superare la quantità di prodotto finale ipotizzata dai modelli stessi; quest’ultima condizione si verifica quando da ciascun input si ottiene il massimo rendimento . In altri termini, se tutti gli input vengono combinati e utilizzati nella maniera più efficiente dalle aziende, la quantità effettivamente prodotta coinciderà con quella ipotizzata dal modello e avrà un valore pari ad 1. Al contrario, la distanza tra il risultato raggiunto e quello ipotetico rappresenterà un indicatore di inefficienza (Farrel, 1957).
La differenza tra il primo e il secondo modello consiste nella natura delle variabili oggetto della stima. Il primo modello (Battese e Coelli, 1992) considera esclusivamente variabili endogene, cioè quelle controllabili dalle singole imprese. Nel nostro caso, sono state ritenute di tale natura le seguenti variabili: quantità di latte utilizzato, ore di lavoro impiegate nella produzione, capitale investito dal singolo caseificio e prezzo medio del latte ovino. Quest’ultimo può essere ritenuto una variabile endogena perché dipende direttamente dalla negoziazione annuale tra caseifici e allevamenti relativamente alla materia prima. Il secondo modello (Battese e Coelli, 1995) oltre alle variabili endogene considera anche quelle esogene, cioè non direttamente controllabili dalle imprese ma comunque in grado di influenzare la loro performance. Nel nostro caso sono state ritenute variabili esogene: la diversificazione della produzione e il tipo di impresa (cooperativa/non cooperativa). Possono essere ritenute esogene perché il periodo di analisi considerato è, a nostro avviso, un arco di tempo non sufficiente affinché le imprese di produzione possano decidere e implementare un cambiamento relativo alla strategia di produzione o alla propria forma societaria. Tali aspetti sono stati pertanto considerati costanti e non direttamente imputabili alle scelte delle imprese trasformatrici.
Nella tabella 1 sono riportate le variabili stimate in ciascun modello.

Tabella 1 - Variabili studiate nei modelli Battese e Coelli (1992 e 1995)

Fonte: nostre elaborazioni

Poiché i caseifici considerati producono sia Pecorino Romano Dop che altri formaggi, si è reso necessario stimare la quantità di latte utilizzato esclusivamente per produrre il Pecorino. La stima della variabile è stata ottenuta dal rapporto tra la quantità di Pecorino Romano ufficialmente certificata dal Consorzio di Tutela (organo di certificazione del Pecorino Romano Dop) e la quantità media di formaggio ottenuta da un litro di latte.
Per la variabile “ore di lavoro impiegate nella produzione” sono state considerate il numero di ore di lavoro di ciascun caseificio per ciascuno anno di riferimento. Poiché si tratta di un’informazione non obbligatoria all’interno dei bilanci di esercizio, in alcuni casi il valore era riportato in maniera approssimativa, con dati che si riferivano o al numero di lavoratori a tempo determinato e indeterminato, o distinguendo tra operai e impiegati. A questo problema si aggiunga il fatto che il Pecorino Romano Dop non viene prodotto tutto l’anno ma solo 7 o 8 mesi, a seconda dei caseifici. Nei casi in cui l’informazione non era riscontrata con chiarezza, il numero di ore di lavoro utilizzate è stato calcolato sulla base dei contratti nazionali collettivi.
La terza variabile endogena è costituita dal valore del capitale investito che comprende le immobilizzazioni materiali e immateriali, cioè fornisce un’indicazione dei recenti investimenti in macchinari, impianti e strumenti di produzione.
L’ultima variabile endogena è il prezzo medio del latte ovino riferito a ciascuno dei 7 anni, scelta poiché si ritiene che si possa cogliere il complesso effetto delle aspettative dei produttori riguardo i livelli della domanda attesa di prodotto.
Per quanto riguarda le variabili esogene, si sono considerati “il livello di diversificazione produttiva” e “la tipologia di impresa”. In merito alla prima variabile, per ciascun caseificio è stata calcolata la percentuale di latte destinata alla produzione di Pecorino Romano Dop rispetto alla quantità di latte riservata alla produzione di altri prodotti. Questo al fine di verificare se una maggiore specializzazione produttiva determini anche una maggiore efficienza produttiva.
La seconda variabile esogena distingue i caseifici con forma sociale cooperativa da quelli che non lo sono.

Le informazioni aziendali

Secondo la letteratura sul distretto, le imprese che ne fanno parte presentano un livello di efficienza superiore rispetto a quelle che non vi appartengono. A questo proposito, si è reso necessario raccogliere le performance del maggior numero possibile di caseifici, in modo da ottenere una fotografia completa dell’intero comparto. Lo studio si è focalizzato su 15 caseifici sardi che, nel 2000, rappresentavano l’80% dell’intera produzione di Pecorino Romano Dop. Di queste 15 imprese, solo 5 non sono cooperative. Sono state analizzati i bilanci di tutti i caseifici coinvolti dal 2005 al 2011, per un totale di 105 documenti. Come è possibile verificare nella tabella 2 e dalle figure 1 e 2, le singole variabili endogene del campione presentano importanti variabilità. In particolare, la tabella 2 stima la media e la deviazione standard dei principali parametri considerati: quantità di Pecorino Romano prodotta, litri di latte utilizzati, ore di lavoro impiegate nella produzione e capitale investito dai singoli caseifici. Gli alti valori della deviazione standard indicano che i caseifici all’interno del campione presentano valori molto diversi rispetto ai parametri considerati. Le figure 1 e 2 che seguono evidenziano invece i valori massimi e minimi della quantità di latte e delle ore di lavoro utilizzate in corrispondenza di ciascun anno analizzato. È possibile notare che, per ogni anno considerato e per ciascuno dei due parametri studiati, i valori massimi e minimi sono molto distanti.

Tabella 2 - Media e varianza dei principali parametri dal 2005-2011

Fonte: nostre elaborazioni

Figura 1 - Quantità di latte utilizzato dal 2005 al 2011

Fonte: nostre elaborazioni

Figura 2 - Ore di lavoro utilizzate dal 2005 al 2011

Fonte: nostre elaborazioni

Risultati

La stima dei modelli di Battese e Coelli (1992 e 1995) prevedeva l’inserimento di ipotesi di lavoro. A questo proposito sono stati considerati due scenari: il primo relativo all’utilizzo di una tecnologia che non subisce modifiche di nessuna natura, il secondo riguardante una qualsiasi variazione di tecnologia; in entrambi i casi tra il 2005 e il 2011. Indipendentemente dalle ipotesi di lavoro verificate in ciascun modello, i risultati ottenuti sono stati simili.
Dal primo modello, che considerava unicamente le variabili endogene, è emerso che l’input “litri di latte utilizzato” mostra una significatività positiva, cioè un’importanza superiore rispetto a tutte le altre variabili considerate. Questo risultato, seppur prevedibile, suggerisce che l’efficienza dei caseifici in termini di quantità di Pecorino Romano Dop ottenute dipenda, prima di tutto, dalla quantità di latte utilizzato; questo fa supporre che gli impianti di produzione possano essere ben dimensionati al latte lavorato e di conseguenza che ottengano da esso il rendimento massimale.
Anche l’altra variabile, “prezzo medio del latte ovino”, ha evidenziato significatività statistica. Tale risultato conferma l’importanza di quest’ultima variabile rispetto alle altre. Si tratta di una variabile fortemente connessa all’andamento atteso della filiera, in quanto dipendente dalle aspettative delle aziende trasformatrici relativamente alla domanda di Pecorino Romano. In altri termini, se i caseifici aspettano un aumento della domanda di Pecorino per la stagione successiva tenderanno a pagare maggiormente la materia prima, nel caso contrario negozieranno con i produttori un prezzo medio più basso. Le ore di lavoro impiegate e il capitale investito non sembrano avere effetto sull’efficienza produttiva dei caseifici. Nella figura 3, si riportano i valori delle efficienze produttive dei caseifici considerati negli anni 2005-2011.

Figura 3 -  Andamento efficienza produttiva dei 15 caseifici dal 2005 al 2011 (Battese e Coelli, 1992)

Fonte: nostre elaborazioni

Dalla figura 3 emergono principalmente tre risultati:

  • ciascun caseificio mostra un livello di efficienza produttiva buono o quasi ottimale, in quest’ultimo caso vicino ad 1. Più specificatamente, il livello di efficienza medio si colloca in un range che va da 0.91 and 0.93;
  • un gruppo, costituito da due sole imprese, presenta dei livelli di efficienza produttiva più bassi tra 0.83 e 0.75;
  • dal 2005 al 2011 l’efficienza produttiva di tutti i caseifici diminuisce.

É ipotizzabile, ma non verificato in questo studio, che nel periodo di tempo considerato, i caseifici abbiano dovuto affrontare la difficile crisi economica degli ultimi anni e abbiano reagito di conseguenza, diminuendo l’utilizzo degli input a disposizione, in particolare la quantità di latte impiegato. In altri termini, si ipotizza che gli impianti, prima ben dimensionati rispetto alle quantità di latte lavorato, successivamente siano stati sottoutilizzati. Ciò spiegherebbe, in buona parte, la riduzione di efficienza produttiva osservata.
Il secondo modello, Battese e Coelli (1995), conferma i risultati del primo (Battese e Coelli, 1992). Infatti, la “quantità di latte” è la variabile più significativa, così come “il prezzo medio del latte ovino”.
La significatività delle variabili esogene (“livello di diversificazione” e “tipologia di impresa”) e di conseguenza la loro importanza, mostra una certa rilevanza. In particolare, dallo studio emerge che quanto più i caseifici sono specializzati nella produzione di Pecorino Romano Dop tanto più sono efficienti da un punto di vista produttivo. Per quanto riguarda la variabile esogena “tipologia di impresa”, la più significativa risulta l’impresa cooperativa. Il risultato può essere giustificato dalle seguenti condizioni:

  • le cooperative possono contare su un bacino di approvvigionamento stabile;
  • le cooperative avranno a disposizione quantità di latte costanti nel tempo, pertanto non saranno soggette a repentini momenti di deficit di materia prima;
  • le cooperative potrebbero acquistare il latte a prezzi più stabili rispetto a quelli delle non cooperative che dovranno farsi concorrenza fra loro.

Nella figura 4, si osserva secondo il modello Battese e Coelli 1995, l’andamento di efficienza dei 15 caseifici nel corso degli anni. Il gruppo di caseifici con il livello di efficienza più alto è costituito esclusivamente da cooperative, quelle con le performance migliori sono altamente specializzate nella produzione di Pecorino Romano Dop.

Figura 4 - Andamento efficienza produttiva dei 15 caseifici dal 2005 al 2011 (Battese e Coelli, 1995)

Fonte: nostre elaborazioni

Conclusioni

L’obiettivo del lavoro è stato analizzare 15 caseifici sardi, che producono prevalentemente Pecorino Romano, per verificare la loro efficienza produttiva.
Per l’analisi sono stati utilizzati i modelli di frontiera di efficienza stocastica, sviluppati da Battese e Coelli (1992 e 1995). Nel primo si sono considerate esclusivamente le variabili endogene, nel secondo anche quelle esogene.
Dal lavoro emerge che l’andamento dei livelli di efficienza produttiva dei caseifici sono simili durante tutto il periodo di tempo considerato. Tale risultato è dovuto al fatto che gli impianti sono, con probabilità, ben dimensionati rispetto agli input utilizzati e di conseguenza il rendimento degli input è massimizzato. Nel raggiungimento del livello di efficienza osservato, un importante contributo è dato dall’“effetto cooperativa”. Le cooperative presentano un livello di efficienza migliore delle imprese non cooperative e sembrano essere un fattore determinante per garantire alti livelli di efficienza produttiva. Questo risultato può essere spiegato dal fatto che le cooperative contano su un bacino di approvvigionamento regolare, una quantità di materia prima costante ogni anno e dei prezzi di acquisto più stabili rispetto alle imprese non cooperative. La forma cooperativa delle imprese di trasformazione si rivela pertanto un punto di forza della filiera che andrebbe valorizzato ulteriormente.
Un altro elemento rilevante, per spiegare l’efficienza produttiva dei caseifici, è legato alla specializzazione produttiva. Le imprese di trasformazione più specializzate presentano livelli di efficienza produttiva superiori alle imprese che diversificano la produzione. Questo risultato incoraggerebbe un aumento del numero di caseifici specializzati nella trasformazione di Pecorino Romano. Il principale rischio connesso a questa strategia è quello di abbandonare la produzione di prodotti caseari diversi dal Pecorino Romano, che potrebbero aver conquistato nuovi accessi anche al mercato globale. Questi accessi, una volta abbandonati, saranno riconquistabili con maggiori difficoltà.
Inoltre, qualora il comparto scegliesse la strada della specializzazione, sarebbe fondamentale investire in una strategia di valorizzazione del Pecorino. Quest’ultimo dovrà essere presentato ai consumatori come un formaggio raffinato e di nicchia e non, come accade oggi, come un prodotto facilmente sostituibile.
Infine, i risultati dell’efficienza produttiva delle aziende di trasformazione inducono a riflettere sulla possibile esistenza di un distretto agroalimentare del Pecorino Romano, questione che andrebbe approfondita in futuro.

Riferimenti bibliografici

  • Battese G. E., Coelli T. J. (1992), Frontier production functions, tecnica efficiency and panel data: with applications to paddy farmers in India. Journal of productivity analysis, n.3, pp. 153-169

  • Battese G. E., Coelli T. J. (1995), A model for technical inefficiency effects in a stochastic frontier production function for panel data. Empirical economics, n. 20(2), pp.325-3

  • Brasili C., Ricci Maccarini E. (2000), “I distretti agroindustriali: un’analisi economica, strutturale e dell’efficienza delle imprese alimentari”, Quaderni di Dipartimento, n.1, Bologna

  • Brasili C., Ricci Maccarini E., (2001), “Sistemi locali dell’industria alimentare: un’analisi economica, strutturale e dell’efficienza delle imprese”, Sviluppo Locale, n. 17

  • Di Cagno R, Gobbetti M. (2011), Encyclopedia of Dairy Sciences, Elsevier

  • Farrell M. (1957), The Measurement of Productive Efficiency, Journal of the Royal Statistical Society A, General, 120

  • Ismea (2014), [link]

  • Istituto Guglielmo Tagliacarne (2004), I distretti rurali ed agroalimentari di qualità in Italia, Roma 

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