Introduzione
Le aree rurali rivestono tuttora grande rilevanza nell’Unione Europea (UE). Dopo gli allargamenti ad est della UE, la ruralità risulta molto eterogenea, a causa delle diverse caratteristiche geografiche, economiche e sociali così come dei modelli di intervento pubblico. Parimenti, l’interesse della UE verso le aree rurali è cresciuto nel corso del tempo, con l’istituzione nel 2005 di un fondo apposito dedicato alle aree rurali: il Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale (Fears). Tale interesse è in parte spiegato dal fatto che le aree rurali si caratterizzano, generalmente, per una più debole performance economica rispetto alle aree urbane (PIL pro-capite, tassi di occupazione femminile, qualità del capitale umano, ecc.); inoltre si ricollega anche all’aumento di interesse nei confronti dell’ambiente e della sostenibilità. Da numerosi studi, si evince come il binomio ruralità-arretratezza sia ormai spezzato (Oecd, 2006, Sotte et al., 2012). Un certo numero di regioni rurali è riuscito a trarre vantaggio dai miglioramenti nei sistemi di trasporto e nelle nuove tecnologie (ICT), dalla diffusione del turismo e dei sistemi di piccole e medie imprese sul territorio, dal consolidamento dei sistemi urbani di piccole e medie dimensioni (Espon, 2006). Di conseguenza, si è assistito ad un parziale fenomeno di contro urbanizzazione e di valorizzazione, anche economica, delle aree rurali. Il paper muove dall’idea, largamente condivisa, che non esista più un’unica tipologia di ruralità. Mediante l’utilizzo di un’analisi statistica multivariata (cluster analysis), il presente lavoro si propone di descrivere i diversi territori rurali europei. In particolare, sulla base della metodologia proposta da Oecd (e rivista dalla Commissione UE ed Eurostat), l’analisi si concentra sui territori Nuts-3 della UE-27 (in Italia corrispondenti alle province) classificati come prevalentemente rurali (PR) ed intermedi (IR) (Eurostat, 2010). Queste due tipologie raccolgono in totale 996 territori Nuts 3 su gli oltre 1300 della UE e rappresentano il 91% della superficie dell’UE-27, ospitando il 59% della popolazione comunitaria (Eurostat, 2011). Per l’analisi statistica e l’aggregazione dei Nuts 3 in cluster rurali differenziati, sono stati utilizzati alcuni indicatori significativi e al tempo stesso disponibili nel database Eurostat.
Variabili e metodologia
La selezione delle variabili da includere nella cluster analysis è legata alla disponibilità di dati ad un livello territoriale così disaggregato. Per i 996 territori NUTS-3 individuati, sono stati selezionati 15 indicatori macro-economici e strutturali (Tabella 1). La cluster analysis è stata condotta con metodo gerarchico di tipo agglomerativo (Agglomerative Nesting), che permette di non specificare ex ante il numero di cluster da estrarre (Kaufman e Rousseeuw, 1990)1.
Tabella 1 – Indicatori della analisi cluster
Fonte: ns. elaborazioni
I principali risultati ottenuti
L’analisi permette di individuare 10 distinti cluster, la cui distribuzione sul territorio della UE-27 è riportata in figura 1 e 2. La tabella 2 fornisce il profilo di ciascun cluster estratto. I cluster sono qui ordinati in termini di ricchezza pro capite, e per ogni indicatore è riportato il valore medio osservato.
Figura 1 – Distribuzione geografica dei 10 cluster individuati
Fonte: ns. elaborazione su dati Eurostat e Espon Database
Figura 2 – Distribuzione geografica dei cluster: zoom sulla parte centrale del continente e sull’Italia
Fonte: ns. elaborazione su dati Eurostat e Espon Database
Tabella 2 – Profilo dei cluster individuati
Fonte: ns. elaborazione su dati Eurostat e Espon Database
Sulla base delle informazioni riportate in tabella 2 e seguendo il medesimo ordine è possibile procedere alla descrizione dei cluster.
Aree urbane, molto ricche e centrali, caratterizzate da immigrazione netta (58 osservazioni)
Il cluster è composto da aree prevalentemente urbane (1.113 ab/kmq e 36% della superficie territoriale coperta da aree artificiali), ubicate nelle zone più centrali del continente. Il ruolo dell’agricoltura è dunque ridotto (< 1% del totale), mentre risulta elevato il PIL pro-capite (>35.000€). Elevato è però anche il tasso di disoccupazione (10% circa). Il cluster comprende molti territori in Germania, Paese il cui ordinamento amministrativo distingue tra un’area urbana centrale e un’area rurale circostante: i territori inclusi in questo cluster, in particolare, sono piccole aree urbane al centro di una distinta area rurale .
Aree a densità intermedia, manifatturiere, con agricoltura ricca e diversificata, ma afflitte da emigrazione (115 osservazioni)
Il cluster (localizzato prevalentemente in Germania) è caratterizzato da PIL pro-capite elevato (oltre 25.000€) e disoccupazione contenuta (circa 5%). I NUTS-3 in questione presentano una bassa vocazione agricola (il valore aggiunto del settore primario è appena l’1,5%) e una spiccata vocazione manifatturiera (valore aggiunto prossimo al 30%). La densità (superiore ai 160 ab/kmq) indica una situazione intermedia in cui gli elementi di ruralità sfumano nella dimensione urbana. La stessa attività agricola è diversificata: la percentuale di agricoltori con altre attività di guadagno supera il 53%. Anche la formazione degli imprenditori agricoli è elevata. Elemento in controtendenza rispetto a questo quadro positivo è una migrazione netta negativa.
Aree rurali a vocazione turistica e a forte immigrazione (83 osservazioni)
Le 83 aree Nuts-3 del cluster presentano una forte vocazione turistica (oltre 385 posti letto per abitante): ne consegue un settore terziario molto sviluppato, a scapito di agricoltura e manifattura. Proprio il valore aggiunto del settore manifatturiero è il più basso tra quello dei 10 cluster individuati. Il PIL di queste regioni è sopra la media europea, nonostante un tasso di disoccupazione superiore all’8%. Il saldo migratorio è molto positivo (+6,20). Tra le aree turistiche incluse in questo cluster vi sono: i) I territori alpini di Italia, Austria e Francia; II) aree mediterranee (Baleari, Corsica, la provincia di Olbia, alcune isole greche);III) il Midi Francese; IV) l’Algarve (Portogallo); V) il Galles e l’Irlanda del Nord.
Aree rurali periferiche boschive, con forte presenza agricola e diversificazione turistica (52 osservazioni)
Geograficamente, il cluster comprende la quasi totalità di Svezia e Finlandia e alcune aree in Slovenia e Austria. Esso si caratterizza per bassa densità abitativa (42 ab/kmq), ridotta accessibilità e vasta presenza di foreste (60% della superficie totale). Risulta di converso ridotta la presenza di terreni agricoli (18% del totale), benché il ruolo dell’agricoltura appaia significativo (valore aggiunto prossimo al 7% del totale). Il PIL pro-capite medio è elevato (oltre 22.500 €), benché il tasso di disoccupazione sia pari al 7,8%. Nel paragone con gli altri cluster, poi, la percentuale di agricoltori con altre attività di guadagno è la più elevata (58,6%): spicca soprattutto la vocazione turistica di queste aree (81,8 posti letto turistici per abitante).
Aree a densità intermedia, centrali, con presenza manifatturiera e caratterizzate da immigrazione netta (245 osservazioni)
Il cluster più numeroso (245 territori Nuts-3) copre molte aree tra Francia, UK, Belgio, Germania e Italia del Nord. Altri territori sono poi ubicati in Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria, nelle vicinanze delle rispettive capitali. Tali aree mostrano un buon livello di PIL pro-capite ed un basso tasso di disoccupazione (6,3%). La presenza del settore manifatturiero è significativa (di poco inferiore al 20% sul totale dell’attività economica). Più contenuto è il ruolo dell’agricoltura, benché i territori a destinazione agricola ricoprano i due terzi dell’intera superficie di queste aree. Più della metà degli imprenditori agricoli è formata in materie agricole. Unico elemento di debolezza per l’agricoltura di questi territori sembra essere il basso grado di diversificazione che la caratterizza. Il cluster si caratterizza per valori medi non troppo distanti da quelli medi del complesso delle aree rurali europee.
Aree urbane densamente popolate, caratterizzate da ridotta ricchezza pro-capite (2 osservazioni)
Questo cluster è in realtà residuale e poco significativo (2 territori NUTS-3, ubicati nel Regno Unito). La densità molto elevata e la pressoché totale presenza di aree urbanizzate (78% sul totale) è tipica di territori urbani. Di conseguenza il ruolo dell’agricoltura è marginale, così come pure l’attività turistica. A differenza del cluster 8, questo cluster si caratterizza per un PIL pro-capite non particolarmente elevato (inferiore ai 20.000€) e per una disoccupazione elevata (11,6%).
Aree a densità intermedia, a forte emigrazione in transizione economica (98 osservazioni)
Il cluster include territori localizzati nella ex Germania Est e in Francia Settentrionale. Tali aree si caratterizzano per una certa difficoltà economica di lungo periodo: il PIL pro-capite è inferiore ai 19.000€ e il tasso di disoccupazione è superiore all’11%. Altra caratteristica è la forte emigrazione netta: in Germania, il dato può essere spiegato con l’esodo ancora in corso verso i Länder ad Ovest. L’economia di queste aree è caratterizzata da processi di deindustrializzazione con l’occupazione e il valore aggiunto del settore secondario ancora elevati (20% circa). Nonostante ciò, l’agricoltura appare relativamente moderna: la percentuale di imprenditori agricoli che diversificano la propria attività è elevata (40,6%) così come la percentuale di coloro che hanno una formazione specializzata in materie legate all’agricoltura (71,2%).
Aree rurali periferiche ad indirizzo agricolo, in ritardo economico, a forte migrazione (152 osservazioni)
Il cluster include alcuni territori dei Paesi Mediterranei e di Irlanda e Scozia. Il PIL pro-capite non raggiunge i 19.000€ per persona, mentre il tasso di disoccupazione è il più alto tra quelli considerati (12,1%). La vocazione agricola di queste aree è netta (15,2% di occupati agricoli; valore aggiunto lordo del settore primario pari al 4,7%), e si accompagna ad un basso livello di formazione degli agricoltori e ad una ridotta diversificazione delle fonti di guadagno. Elevata è però la presenza di infrastrutture turistiche: proprio nelle attività legate al turismo, si giustifica il saldo migratorio netto molto positivo.
Aree rurali povere, ad indirizzo agricolo con manifattura in declino, soggette ad emigrazione (146 osservazioni)
Questo cluster è composto da aree localizzate nei Paesi dell’Est Europa e nell’area mediterranea (Grecia, Portogallo e una provincia in Italia). Queste regioni sono periferiche (indice di accessibilità inferiore a 60), con un PIL pro-capite molto inferiore alla media europea (11.501 € per abitante) e disoccupazione elevata. Risulta molto elevata sia l’occupazione nel settore primario (15,8% sul totale), sia quella nel settore secondario (superiore al 25%). In queste aree, dunque, la presenza di una manifattura ormai in declino si accompagna alla vocazione agricola. La presenza di altre attività connesse con l’agricoltura risulta limitata e le strutture turistiche poco diffuse. Si segnala infine un saldo negativo per quanto riguarda la migrazione netta.
Aree rurali molto povere, periferiche a prevalente indirizzo agricolo (45 osservazioni)
Questo cluster si caratterizza per i più bassi livelli di PIL pro-capite (8.960€) e di accessibilità media (37.9) tra i cluster considerati. Esso include le aree rurali più povere e periferiche d’Europa, al confine Orientale della UE-27 e in alcune aree interne di Grecia e Portogallo. L’attività prevalente di queste aree è quella agricola (42% degli occupati), ma nonostante ciò è ridotto il grado di diversificazione agricola. Solo il 10,5% degli imprenditori agricoli risulta specializzato in materie connesse all’agricoltura. Anche la presenza di infrastrutture turistiche è ridotta (appena 18,3 posti letto per abitante). La conferma del basso livello di sviluppo delle aree si ha anche osservando l’andamento della popolazione: l’emigrazione da queste aree risulta molto sostenuta.
Conclusioni
L’analisi evidenzia la presenza, in Europa, di contesti rurali tra loro molto diversi. Tali diversità sono evidenti sia tra paesi (centro vs. periferia; Nord vs. Sud) sia all’interno di ciascuno di essi. A mutare sono ora il livello di ricchezza pro-capite, ora il ruolo e la modernizzazione del settore agricolo, ora le caratteristiche ambientali e del territorio. Tale varietà è da considerarsi la prova di una ruralità che evolve nel tempo e nello spazio e in cui la definizione di ruralità non è più semplicemente sinonimo di agricoltura (Sotte et al., 2012). Tali differenze richiedono di continuare e rafforzare il sentiero di differenziazione delle politiche di sviluppo rurale, sì da adattarle ad esigenze difformi, data l’eterogeneità dei contesti rurali. Rispetto al dibattito sulla ruralità, l’analisi dei 10 cluster evidenzia il mantenimento di una significativa differenziazione tra aree rurali dove lo sviluppo economico è ancora debole (cluster 3, 4, 7, 9) ed aree rurali a sviluppo intenso (cluster 1, 2, 5, 6); inoltre vi è una certa presenza anche di territori classificati da Eurostat e Oecd come a ruralità intermedia, che presentano caratteristiche più simili a quelle delle aree urbane e che possono essere considerati aree semi-urbane (cluster 8, 10). Può essere interessante esaminare il peso delle aree più deboli e delle altre realtà rurali: in proposito, in tabella 3 è riportata l’incidenza relativa di ciascun gruppo di cluster sulla popolazione (ca. 295 milioni di abitanti) e sulla superficie totale (ca. 4 milioni di kmq) dei territori PR e IR.
Tabella 3 – Incidenza dei gruppi di cluster su popolazione e superficie totale
Fonte: ns. elaborazioni
Dalla tabella è possibile vedere che le aree rurali a sviluppo debole pesano ancora per più della metà sul totale delle aree rurali: proprio in queste aree devono essere affrontati più attivamente temi quali la povertà rurale e i divari con le aree urbane. Al tempo stesso, però, in linea con quanto sostenuto dalla letteratura, alcune aree rurali a sviluppo intenso hanno acquisito una nuova centralità, essendo in grado di diversificare la propria economia. Tali differenze – e soprattutto le varie declinazioni di natura territoriale – dovrebbero essere tenute in considerazione ogni qualvolta si vogliano analizzare gli stanziamenti finanziari previsti dal secondo pilastro della PAC. Lo sviluppo rurale, infatti, non può essere declinato indistintamente nelle diverse aree rurali dell’Unione. Al contrario, le differenze ancora esistenti dovrebbero orientare in maniera più attiva gli assi d’intervento della politica di sviluppo rurale, al fine di aumentarne efficacia ed efficienza. Più in generale, la difformità dei sentieri evolutivi seguiti dallo sviluppo territoriale delle regioni europee conferma l’importanza di rafforzare politiche di intervento differenziate che pongano il territorio al centro della propria osservazione ed azione. Sotto questo profilo è importante che politica di coesione e politica di sviluppo rurale dialoghino al fine di concertare azioni anche sinergiche di promozione dello sviluppo territoriale.
Riferimenti bibliografici
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Espon (2005), Project 1.1.1 The role, specific situation and potentials of urban areas as nodes in a polycentric development. Final Report [link]
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Espon (2006), Territory matters for competitiveness and cohesion, Facets of regional diversity and potentials in Europe, Synthesis Report III
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Espon Database (2006). [link] European Commission (2010), Eurostat regional yearbook 2010, Publications Office of the European Union, Luxembourg
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Kaufman L., Rousseeuw P. J. (1990), Finding Groups in Data. An Introduction to Cluster Analysis, Wiley & Sons, New York
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Oecd (2006). The new rural paradigm: policies and governance, Paris: Oecd Publications
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Sotte F., Esposti R., Giachini D. (2012), The evolution of rurality in the experience of the “Third Italy”, paper presentato al workshop “European governance and the problems of peripheral countries”, Vienna, 12-13 Luglio 2012 (Progetto WWWforEurope)
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Ward J. H. (1963), “Hierarchical Grouping to Optimize an Objective Function”, Journal of American Statistical Association, 58, pp. 236-244
- 1. La matrice di dissimilarità di partenza è stata ottenuta dalle variabili iniziali standardizzate. La dissimilarità tra osservazioni è stata calcolata tramite distanza euclidea mentre il metodo di Ward è stato usato per determinare l’albero delle partizioni e le distanze tra cluster (Ward, 1963) Si ricorda che le principali aree urbane risultano escluse dall’analisi. Essa si sofferma sui soli territori classificati come intermedi oppure prevalentemente rurali.