Un futuro per la Pac? Una Pac per il futuro! La prospettiva olandese

Un futuro per la Pac? Una Pac per il futuro! La prospettiva olandese
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Il modello agricolo olandese in crisi

In tutto il mondo, il modello agricolo olandese è considerato una storia di successo da emulare. E non senza ragione. Negli ultimi cinquant’anni, il sistema agro-alimentare olandese si è trasformato in un competitore a livello mondiale, concorrendo con la Francia per divenire il secondo esportatore al mondo di prodotti agricoli (dopo gli USA). Alcune industrie agro-alimentari e del commercio al dettaglio, rappresentate soprattutto da cooperative, sono tra le più grandi al mondo. Un risultato notevole, considerando che i Paesi Bassi sono un piccolo paese di 33.000 km2 (1,5 volte la dimensione dell’Emilia-Romagna), con 16 milioni di abitanti (quattro volte superiore a quello dell’Emilia-Romagna), 2 milioni di ettari di superficie agricola e, attualmente, meno di 80.000 aziende agricole.
Questo successo si spiega con tre motivi fondamentali. In primo luogo, i Paesi Bassi, essendo uno dei membri fondatori dell’Unione europea, hanno potuto beneficiare fin dall’inizio della PAC e di un mercato interno unificato e questo è stato possibile con tanta tenacia. Il famoso (o infame) piano Mansholt dei primi anni Sessanta fu il segnale di partenza di una profonda trasformazione dell'agricoltura olandese.
In secondo luogo, facendo leva anche sul sostegno della PAC, il governo olandese ha creato quello che è stato coniato con l’espressione “il triangolo d'oro”: formazione, ricerca e divulgazione agricola. Finanziato interamente da fondi pubblici nazionali, questo sistema, fondato estensivamente sulla conoscenza, ha operato all'unisono con gli agricoltori e i loro sindacati per promuovere e attuare un modello agricolo basato su una visione unidimensionale di modernizzazione e di aumento della produzione per ettaro o pro-capite e della produttività per unità di lavoro.
In ultimo, ma non per importanza, il governo olandese ha avviato un enorme programma di ristrutturazione del territorio per migliorare la struttura fondiaria e facilitare l'utilizzo di nuove tecnologie e macchinari. E si è spinto così lontano da creare nuovi terreni agricoli.
Questi tre motivi combinati, assieme e basati su una visione condivisa da governi, scienziati, ricercatori, insegnanti, formatori, sindacati agricoli e agricoltori, hanno determinato un aumento senza precedenti della produzione e dei livelli di produttività: tra il 1960 e il 1990 la produzione media per ettaro di grano, patate, ecc. è triplicata e la produzione media di latte per vacca è più che raddoppiata, passando da 4.000 a oltre 8.000 litri per capo. Contemporaneamente, il numero delle aziende è sceso da oltre 300.000 nel 1960 a meno di 80.000 nel 2009 (-74%) e continua a diminuire ad un tasso costante del 2-3% all'anno. Si prevede che nel 2020 le aziende agricole rimaste saranno 40.000, con una capacità produttiva ferma agli stessi livelli.
Il processo di modernizzazione ha anche mietuto delle “vittime”. La ristrutturazione della proprietà fondiaria e l'intensificazione della produzione hanno causato la perdita di biodiversità e la scomparsa di numerosi paesaggi ad alto valore ambientale. La grande bio-industria di suini e pollame, sorta alla fine degli anni Sessanta, ha esercitato una grande pressione sulla qualità di suoli, sulle falde acquifere e sulla qualità dell’aria. Solo quando gli effetti negativi di questo tipo di produzione si sono fatti evidenti e l'Unione Europea era soffocata da enormi surplus di latte, burro e carne, il governo olandese ha iniziato ad imporre alcune misure restrittive. La successiva riforma Mac Sharry del 1992 è stata anche il punto di partenza del progressivo smantellamento del triangolo d'oro: gli agricoltori hanno dovuto iniziare a pagare per ottenere consulenza e la ricerca scientifica si è allontanata dalla pratica agricola. Per compensare la scomparsa di paesaggio e la perdita di biodiversità, il governo nazionale ha avviato un programma a lungo termine per convertire 200 mila ettari, il 10% della superficie agricola totale, in paesaggi naturali.
Politiche nazionali di pianificazione territoriale e ambientale più rigorose, la lotta crescente riguardante il bisogno di ruralità tra agricoltori, ambientalisti, persone in cerca di svago e costruttori edili, il crescente controllo da parte della collettività nei confronti degli effetti negativi dell'agricoltura intensiva e l'apertura dei mercati mondiali a seguito degli accordi WTO in materia di agricoltura hanno messo il settore agricolo sulla difensiva.
Guardando al lato positivo, va detto che, a seguito delle riforme della PAC e in virtù delle mutate esigenze della collettività, un numero crescente di aziende si è impegnato in quella che viene chiamata agricoltura multifunzionale. Negli anni Novanta è emerso un nuovo fenomeno: lo sviluppo di cooperative di agricoltori locali, il cui scopo è quello di integrare la gestione del paesaggio e della biodiversità nelle proprie aziende con la produzione agricola. Queste cooperative cercano anche di stipulare contratti collettivi di lungo termine con i governi regionali e nazionali e si preparano ora a svolgere un ruolo importante nel dibattito sui beni pubblici su cui si sta indirizzando la discussione inerente al primo pilastro della PAC. Un approccio questo che ha incontrato il sostegno del governo olandese. Altri agricoltori hanno avviato nuove attività economiche nelle loro aziende, quali l’agriturismo, produzioni locali, produzione di energia rinnovabile o, più recentemente, agro-terapia e centri di benessere, cercando in questo modo di sviluppare altre fonti di reddito, attraverso mercati sia pubblici che privati.

Perché l’agricoltura olandese continua ad avere bisogno di una politica comune

In ogni caso, gran parte dell'agricoltura olandese rimarrà fortemente dipendente da una politica comune. Il costo di produzione nel contesto olandese è relativamente alto a causa degli elevati prezzi dei terreni (a causa della pressione sul fattore terra), alti costi del lavoro ed uno dei più severi regimi fiscali al mondo.
Tipicamente un produttore medio di latte con 70 vacche o un agricoltore specializzato in seminativi di 80 ettari riceve tra 14 mila e 32 mila euro all'anno di pagamenti diretti (400 per ettaro), che rappresentano tra il 40 per cento e (talvolta fino) l’80 per cento del proprio reddito netto. Un improvviso smantellamento dello schema di pagamento unico aziendale provocherebbe pertanto gravi danni agli agricoltori.
Inoltre, la forte dipendenza delle esportazioni rende il settore più vulnerabile alla volatilità dei mercati internazionali e alla speculazione. Attualmente, circa il 70 per cento di tutta la produzione di materie prime agricole viene esportata, soprattutto verso i paesi dell'Unione Europea, ma anche verso i paesi al di fuori dell'UE. Il mercato interno rimane quindi fondamentale per il futuro del sistema agro-alimentare olandese. Su questo incidono anche gli accordi commerciali bilaterali e multilaterali.
Un’Unione allargata e destinata a un ulteriore allargamento offre inedite possibilità di trovare nuovi mercati. Allo stesso tempo, un più ampio mercato interno potrebbe anche creare maggiore concorrenza proveniente dai nuovi Stati membri, i quali, nel caso riescano a modernizzare il loro settore agricolo, saranno probabilmente in grado di surclassare gli agricoltori olandesi in termini di costi di produzione. Ciò spiega perché l’Olanda, che è il maggiore contributore netto verso l'Unione Europea, stia sollecitando lo sviluppo di un piano normativo paritario in materia di sicurezza alimentare, criteri ambientali e condizioni di lavoro.

Che tipo di politica comune: la posizione olandese

A seguito delle recenti elezioni nazionali e della conseguente formazione di un nuovo governo, il ministero olandese dell'agricoltura non mostra ancora di possedere una posizione definitiva riguardo alla futura PAC. Nei suoi orientamenti preliminari ha proposto una nuova transizione che si basa semplicisticamente su tre punti di partenza.
(a) Migliorare la competitività attraverso la ricerca e l'innovazione.
(b) Migliorare la sostenibilità sostituendo il sistema del pagamento unico aziendale con un sistema di compensazioni per la fornitura di beni pubblici chiaramente definiti (benessere degli animali, biodiversità, gestione del paesaggio, energie rinnovabili, ecc.) che vanno oltre gli attuali criteri di eco-condizionalità. Alcuni di questi beni pubblici, in particolare la gestione del paesaggio e la tutela della biodiversità, si prestano ad un approccio territoriale collettivo e potrebbero essere forniti dalle cooperative di agricoltori locali sopra menzionate, unitamente ad altri proprietari terrieri, nella forma di contratti territoriali collettivi.
(c) Le attività non connesse all’agricoltura finalizzate al miglioramento della vitalità socio-economica delle zone rurali (asse 3 e 4 del programma di sviluppo rurale) non dovrebbero più essere parte della PAC, bensì essere integrate nelle politiche di coesione e applicate solo a favore delle regioni più povere (reddito pro-capite uguale o inferiore al 75% della media europea).
Una tale transizione agli occhi del Ministero è necessaria per mantenere o, meglio, ritrovare la pubblica legittimità del sostegno pubblico a favore del settore agricolo. In questa visione, sparisce la distinzione tra primo e secondo pilastro e rimane aperta la possibilità di cofinanziamento nazionale di questo nuovo sistema di pagamento. Il Ministero sottolinea inoltre la necessità di creare misure di emergenza in caso di fallimenti del mercato, per contrastare gli effetti avversi dei cambiamenti climatici o di altri disastri naturali.
Interessante notare come il Ministero abbia recentemente sottolineato un quarto punto focale: quello di un consumo alimentare sostenibile. Allarmato, da un lato, dall'aumento di problemi legati alle diete alimentari (obesità, diabete, ecc.), con il conseguente aumento dei costi della sanità pubblica e, dall'altro, dal livello degli sprechi lungo la filiera alimentare, il Ministero, in collaborazione con altri Ministeri (salute, ambiente, ma anche istruzione), ora incoraggia attivamente tutte quelle iniziative che mirano a diffondere tra i cittadini modelli di consumo alimentare sostenibili e più salutari.

In conclusione: la valutazione della posizione olandese

L'ultimo punto, connesso alla modifica del comportamento dei consumatori, tocca un argomento caro anche al Groupe de Bruges: l’agricoltura e la produzione alimentare devono essere più in linea con le esigenze e i desideri della società, ma, allo stesso tempo, la società deve svolgere un ruolo fondamentale nel rivedere criticamente i propri bisogni e desideri, allineandoli ai concetti di sostenibilità, salute, benessere degli animali e prezzi più equi per gli agricoltori. È  la prima volta che il Ministero dell'agricoltura si occupa in modo così esplicito della “borsa della spesa” e del modello di consumo dei cittadini.
Anche se i Paesi Bassi rappresentano un caso eccezionale in Europa e hanno un limitato potere politico per via delle ridotte dimensioni, la necessità richiamata dal governo olandese di integrare la questione alimentare nell’ambito di una politica comune, che potrebbe essere rinominata come politica agricola e alimentare comune, è un argomento che vale la pena discutere a livello europeo, non solo con il commissario agricolo, ma anche con i suoi colleghi delle altre direzioni generali.
Per quanto riguarda il sistema di pagamento unico aziendale, la sua abolizione probabilmente non incontrerà grande resistenza nei Paesi Bassi. Il sindacato nazionale degli agricoltori ha già più o meno accettato l’idea che i pagamenti diretti accoppiati alla fornitura di beni pubblici rimpiazzino nel lungo periodo l'attuale sistema di pagamento unico aziendale, chiedendo in cambio però un “atterraggio morbido”, adeguate misure di stabilizzazione del mercato e un aumento delle misure previste nella scatola verde del WTO.
Anche altre parti interessate hanno reagito positivamente, ma avvertono che deve essere ancora fornita una chiara definizione di cosa si intenda per beni pubblici e dei criteri di gestione della fornitura di questi beni e del conseguente sistema di pagamento. Queste aggiungono che deve essere definito anche un sistema di monitoraggio efficace ed efficiente e chiarito se e in che misura i beni pubblici richiedano il cofinanziamento nazionale. È questa una questione importante per un’efficace attuazione del nuovo sistema di pagamenti, anche se in generale sembra esserci un consenso diffuso riguardante gli indirizzi generali del Ministero a favore di un sostegno diretto.
Se questo orientamento politico riguardi anche lo sviluppo rurale non è ancora chiaro. Tuttavia, le somme attualmente stanziate per gli Assi 3 e 4 del secondo pilastro sono relativamente scarse - 28 milioni di euro rispetto agli 840 milioni a favore dei pagamenti diretti e degli Assi 1 e 2 - ai quali i Paesi Bassi, uno dei membri più ricchi dell'Unione, dovranno presumibilmente rinunciare nell’ambito del finanziamento europeo per lo sviluppo rurale come compromesso per il sostegno di altri obiettivi.
Tuttavia, quella che sarà la posizione olandese finale dipenderà in larga misura dalla - prevedibilmente difficile - formazione di un nuovo Governo. Le crescenti tendenze nazionalistiche e a volte anti-europee, che emergono in più paesi europei, e la necessità di un regime finanziario più rigoroso per porre rimedio agli effetti della crisi economica e finanziaria, potrebbero suggerire ai Paesi Bassi, il più grande contributore netto pro capite nell'UE, di esprimersi per una diminuzione del contributo nazionale al bilancio dell’UE e quindi a contrastare sia la il conservazione, che (a maggior ragione) l’aumento del budget europeo in generale e di quello per l'agricoltura in particolare.

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