Capitale relazionale e business del vino: riflessioni teoriche e nuovi strumenti di gestione della forza di vendita

Capitale relazionale e business del vino: riflessioni teoriche e nuovi strumenti di gestione della forza di vendita
a Università Politecnica delle Marche (UNIVPM), Dipartimento di Management e Organizzazione Industriale

Introduzione

Le trasformazioni che stanno caratterizzando le imprese agro-alimentari ed i sistemi distributivi sono rilevanti (Gregori e Cardinali, 2006) e questi processi di cambiamento hanno coinvolto anche le imprese vinicole italiane, interessando le dinamiche competitive (Mattiacci et al, 2005), i rapporti di filiera (Vagnani e Volpe, 2009), le modalità di rapporto con il territorio (Fait e Iazzi, 2008), il comportamento di acquisto e di consumo (Orth et al, 2005).
Il settore del vino italiano presenta caratteristiche diverse da quelle di molti altri paesi produttori (Nosi, 2009); esaminando la struttura delle imprese si osserva che è parcellizzata, le aziende hanno una dimensione media molto contenuta ed i modelli di governance hanno spesso natura familiare (Zanni et al, 2009).
È stato tuttavia riscontrato che diverse piccole imprese sono presenti in vari mercati internazionali, effettuano scelte distributive multicanale ed adottano politiche di marca differenziate (Rouzet e Seguin, 2004), mostrando di possedere una certa complessità gestionale1. È pertanto interessante riflettere sull’importante ruolo che la gestione delle problematiche distributive e di marketing possono avere per i piccoli produttori, con particolare riferimento al capitale relazionale (Costabile, 2001).
L’ipotesi da verificare è che uno dei principali fattori critici di successo sia la presenza di competenze nella gestione delle relazioni con i vari operatori del canale distributivo ed in particolare nei confronti della rete di vendita.

Capitale relazionale e piccole imprese vitivinicole: alcune riflessioni teoriche

Differenti autori hanno evidenziato come gli elementi immateriali della gestione d’impresa abbiano un ruolo particolarmente rilevante nel business del vino; ciò sembra valere sia per le imprese di grande dimensione, sia per le piccole. Le risorse di conoscenza e di fiducia svolgono un ruolo rilevante in questo settore e gli elementi che compongono il capitale intellettuale (Capitale Umano, Organizzativo e Relazionale) possono interpretare questa nuova prospettiva (per approfondimenti si vedano fra gli altri Costabile, 2001 e Chiucchi, 2004).
Con specifico riferimento al capitale relazionale va comunque osservato che le piccole imprese vinicole sembrano avere caratteristiche analoghe a quelle di altri settori, evidenziando un numero limitato di relazioni commerciali, la presenza di poche e poco incisive strategie di comunicazione “autonome” rispetto a quelle collettive ed uno scarso controllo dei canali distributivi (Mattiacci et al, 2005).
Inoltre, va evidenziato l’importante contributo della forza di vendita diretta (alle dipendenze dell’impresa) o indiretta (agenti di vendita) nei rapporti con i clienti; si evidenzia un crescente interesse ad esaminare il personale di vendita come elemento costitutivo del capitale relazionale e la funzione del venditore si evolve secondo una prospettiva relationship selling (Guenzi, 2002).

Le reti di vendita indirette nella distribuzione del vino

Nel settore vitivinicolo è diffusa la presenza di reti di vendita indirette mediante il ricorso ad agenti (in molti casi plurimandatari ovvero che hanno ricevuto un mandato di vendita da più di un’azienda vinicola), tuttavia il ruolo di questi operatori sembra essere sottovalutato dalla letteratura di marketing; non sono infatti stati rilevati contributi teorici che abbiano trattato ampiamente questo tema.
Tuttavia i volumi di vendite sviluppati mediante questa tipologia di operatori è consistente; infatti, in una recente indagine esplorativa condotta presso un campione di piccole imprese vitivinicole (Cardinali, 2009), emerge che il 22% del fatturato estero e 34,5% del fatturato domestico è sviluppato tramite agenti.
Sempre nella medesima indagine si rileva che gli agenti vengono percepiti dai produttori più come un elemento di criticità che come un importante veicolo di approccio al mercato; inoltre, non sono frequentemente adottati strumenti manageriali come il budget quali-quantitativo per agente o i sistemi di incentivazione e prevale una gestione omogenea di questi intermediari.
Emerge, come prevedibile, una certa distanza dal mercato dovuta alla scelta di un canale distributivo indiretto lungo; al contrario alcune imprese di maggiore dimensione sono orientate ad un incremento del controllo del canale mediante la vendita diretta alla grande distribuzione o con la costituzione di reti di vendita dirette.
Va inoltre aggiunto che nel contesto dei produttori di vino che non possiedono un marchio conosciuto, gli agenti rappresentano un importante strumento di comunicazione nei confronti dei clienti; in vari casi sono proprio gli agenti ad organizzare eventi e degustazioni a favore dei clienti anche al fine di stimolarli ad un acquisto di tipo esperienziale.
Pertanto, la funzione dell’agente non può essere limitata a quella del “venditore” acquisendo una valenza strategia nella prospettiva della gestione dei rapporti con i loro clienti; va infatti osservato che il legame agente-cliente (distributore, enoteca, ristorante, ecc) è in molti casi più forte del legame agente-azienda e questo pone delle problematiche di gestione del “parco relazioni”. Tali affermazioni sembrano trovare riscontro anche nella letteratura di marketing, infatti, secondo Weitz e Bradford (1999) “il venditore svolge un ruolo essenziale nella formazione di relazioni di lungo periodo fra buyer e seller2.
In questa prospettiva assume quindi una certa rilevanza per l’impresa vinicola identificare correttamente le caratteristiche del rapporto con i propri agenti ed instaurare una politica di gestione della forza di vendita coerente con tali caratteristiche.
Un importante contributo allo sviluppo dei modelli di gestione delle reti di vendita è dovuto all’apporto delle nuove tecnologie, che permettono una sistematizzazione delle informazioni relative al mercato, alla clientela e agli agenti; si fa in particolare riferimento all’utilizzo del geomarketing3 come strumento di analisi e di controllo, nonché all’ARM (Agent Relationship Management) quale approccio sistematico all’analisi ed alla gestione “personalizzata” delle informazioni sull’agente.
L’ARM è un innovativo approccio al monitoraggio della relazione con la “forza di vendita” i cui principi ed i metodi applicati sono ispirati al CRM (Customer Relationship Management)4, ma al centro dell’attenzione si pone l’agente. L’idea di fondo è che lo scambio reciproco, continuo e “formalizzato” di informazioni, possa consentire di generare conoscenze utili al fine di migliorare la propria operatività passando da una gestione uniforme ad una strategia commerciale per ogni singolo agente.
Inoltre, i programmi di geomarketing possono essere applicati nelle analisi di mercato (micro-mercato) e della situazione competitiva o utilizzati nel definire nuove modalità di gestione ed incentivazione degli agenti. Non può pertanto sfuggire che risulta coerente valutare l’agente non solo sulla base dei risultati conseguiti, ma mettendoli in rapporto ai risultati “territorialmente conseguibili” nella loro area territoriale (si pensi al numero di clienti - attuali o prospettici - ed ai relativi fatturati potenziali).

Osservazioni conclusive

I cambiamenti che hanno interessato il mercato vitivinicolo mondiale e italiano hanno fatto emergere nuove esigenze relazionali; per quanto concerne la forza di vendita si osserva che il legame con gli agenti viene spesso vissuto più come un “problema” che come un’opportunità. Peraltro questo approccio rileva come l’orientamento al prodotto sia ancora molto presente evidenziandosi una certa discrasia nell’approccio alla gestione degli intangibles commerciali da parte delle piccole imprese italiane rispetto ai grandi operatori internazionali. Questi ultimi dedicano notevoli risorse allo sviluppo del capitale relazionale quando molti dei nostri produttori sono concentrati su gli intangibles di prodotto (valore intrinseco) e sull’apporto difensivo dei disciplinari.
A fronte di un necessario potenziamento dell’orientamento commerciale, andrebbero approfondite le modalità di sviluppo delle competenze necessarie per generare valore in termini di capitale relazionale. In tal senso, si rileva la necessità di diffondere una nuova cultura di gestione che consideri lo sviluppo della relazione tra impresa mandante e agente una condizione vantaggiosa per entrambe le parti avvalendosi anche di strumenti innovativi.

Riferimenti bibliografici

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  • Costabile M., (2001), Il capitale relazionale, McGraw-Hill, 2001
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  • 1. Il termine di “piccolo produttore” non è considerato univocamente dai differenti autori e dalle diverse discipline evidenziandosi una certa relatività nella definizione stessa. Una possibilità per individuare le soglie dimensionali della piccola impresa è quella di identificare un limite massimo pari a 500.000 bottiglie annue (5.000 ettolitri - Sorbini e Agosta, 2005) ed un limite minimo pari alle 10.000 bottiglie al di sotto del quale la realtà economica può essere considerata azienda non-impresa (Sotte, 2006).
  • 2. Per approfondimenti su questo tema si veda, fra gli altri anche (Guenzi, 2000; Avlonitis Epamagopoulos, 2005).
  • 3. Il Geomarketing è un approccio di marketing focalizzato sullo studio delle opportunità di business fortemente legate al territorio (Mauri, 2000); è una tecnica di analisi che permette di trattare informazioni di mercato riferendole alla loro localizzazione sul territorio.
  • 4. Il CRM può essere inteso come “una strategia volta alla massimizzazione del valore potenziale dei clienti, attraverso la gestione di una relazione di lungo periodo per essi” (Farinet e Ploncher, 2002); altri autori definiscono il CRM come “un processo di gestione che usa dati individuali del cliente per offrire una proposta di valore su misura”. Dalle più piccole alle più grandi organizzazioni il CRM si avvale di strumenti informatici per integrare dati provenienti da più fonti (Clark et al, 2004).
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