Una PAC per il futuro!?

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Una PAC per il futuro!?
Perché abbiamo bisogno di una Pac migliore per affrontare le sfide per il futuro
Groupe de Bruges

 

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Le maggiori sfide per il futuro

Le proposte della Commissione per riformare la politica agricola comune arriva in un periodo in cui la forza, la coesione e la leadership politica dell’Unione europea sono messe alla prova fino all’estremo.
Nello stesso momento abbiamo dato il benvenuto al settimo miliardesimo abitante di questo pianeta. Fino all’anno 2050 la popolazione mondiale proseguirà a crescere sino ad arrivare a 9 miliardi. L’aumento sarà concentrato in regioni che sono già tra le più povere del mondo e che già sono afflitte dai cambiamenti climatici e dai mercati “liberalizzati”. Regioni dove gli agricoltori, spesso più del 50% della popolazione, non possono essere sostenuti da sussidi pubblici. La crescita della popolazione mondiale, insieme alla continua crescita economica e alle modifiche degli stili di vita delle economie emergenti con un grande numero di abitanti, come Cina, India e Brasile, porterà un ulteriore e mai sperimentato stress sulle già limitate risorse naturali e potrebbe compromette seriamente la capacità di assicurare l’approvvigionamento alimentare e altri bisogni essenziali. Siamo giunti al punto in cui la “questione agricola” è presente in tutta la sua dimensione: dobbiamo impegnare il massimo sforzo nei prossimi decenni per mantenere e assicurare i bisogni più elementari: acqua pulita, suolo fertile e pulito, fonti sostenibili e rinnovabili di energia, cibo sufficiente e non dannoso, come base per la nostra sopravvivenza e come pre-condizione per una stabilità globale.
Questa sarà una delle sfide principali per l’agricoltura, per il settore alimentare e, in verità, per l’umanità: aumentare ed assicurare la produzione e l’accesso a cibo sufficiente, nutriente e di alta qualità per una popolazione mondiale crescente e al tempo stesso migliorare in modo massiccio la gestione e l’utilizzo della risorse naturali scarse.
Abbiamo bisogno di politiche che siano sviluppate e rese effettive fin dall’inizio. Niente di più ma sicuramente niente di meno.

Le nostre principali osservazioni sulle proposte PAC

Sulla base delle precedenti considerazioni il Groupe de Bruges ha quattro principali questioni sulle proposte di riforma della PAC come presentate il 12 Ottobre 2011 dalla Commissione.

Mancanza del senso di urgenza

L’Europa è nella sua crisi peggiore fin dai tempi della fondazione dell’Unione europea più di cinquanta anni fa. Ci sono numerose ed veramente urgenti problematiche che devono essere affrontate subito, per evitare catastrofici problemi nei prossimi dieci o venti anni, concernenti il cambio climatico, la sicurezza dell’approvvigionamento alimentare e la gestione delle risorse naturali. Le proposte della Commissione non riflettono in alcun modo questa urgenza.
Noi suggeriamo fortemente pertanto che la Commissione, le altre istituzioni europee e gli Stati membri non solo si accordino su un Piano B, per anticipare possibili sviluppi disastrosi dell’attuale crisi finanziaria, economica e politica, ma sviluppino anche un piano d’emergenza basato su uno stress test, concernente le maggiori sfide (modifiche climatiche, energia, sicurezza degli approvvigionamenti alimentari, energia, suolo, acqua e bio-diversità): quali misure devono essere prese se e quando ci dovessimo confrontare con un crisi acuta concernente le risorse alimentari e/o la sicurezza dell’approvvigionamento alimentare? La mancanza di senso dell’urgenza è anche riflessa nel fatto che nelle proposte della Commssione non vi è un’idea di priorità né alcuna gerarchia tra gli obiettivi. Tutte le proposte appaiono di eguale importanza.
Nel contesto delle sfide principali menzionate precedentemente una scelta per individuare le priorità della politica agricola comune è assolutamente necessaria.

L’approccio individualistico

Le riforme, una dopo l’altra, degli ultimi due decenni, hanno spostato il focus del 1° Pilastro della PAC dalla filiera agro-alimentare all’agricoltore nella sua individualità. Anche le misure del 2° Pilastro sono essenzialmente indirizzate al singolo agricoltore/proprietario terriero.
Questo è completamente l’opposto di ciò che sta accadendo nella realtà. È divenuto evidente lungo le scorse decadi che abbiamo bisogno di un approccio sistemico riguardante sia la concorrenza che la sostenibilità. Una grande varietà di differenti tipi di imprese agricole operano in ambienti fisici ampiamente differenti (asse della territorialità) così come in un sistema di filiere internazionali (asse della globalizzazione). Inoltre esse operano in sistemi legali, finanziari, d’informazione e amministrativi enormemente diversi.
Tutti questi sistemi messi insieme determinano le condizioni per far sì che le imprese agricole diventino contemporaneamente più competitive e più rispettose dell’ambiente. Il sostegno al reddito in questo contesto non è il fattore decisivo; piuttosto sono l’accesso ai mercati, i servizi, le informazioni così come la posizione degli agricoltori nella filiera agro-alimentare che determinano la capacità degli agricoltori a competere.

Competitività, sostenibilità, beni comuni

Le susseguenti riforme della Pac hanno assunto tra i loro principali obiettivi l’aumento contemporaneo della competitività e della sostenibilità della produzione agricola, così come della disponibilità di beni comuni. Competitività, sostenibilità e beni comuni sono concetti a molte facce e complessi, specialmente quando vengono applicati al settore agricolo.
E’ importante collocarsi in una prospettiva di lungo termine. L’impresa agricola familiare è stata fondata sulla continuità e sull’obiettivo di provvedere alla famiglia un reddito sufficiente piuttosto che sulla massimizzazione del profitto. Questo porta come conseguenza che nel lungo periodo competitività e sostenibilità (definite nei termini delle 3 P: Persone, Pianeta, Profitto) tendono a coincidere. La competitività e la sostenibilità (che nella nostra visione hanno un maggior significato del cosiddetto “greening”) non sono problematiche separate, ma devono essere trattate in modo olistico e integrato. Il Groupe de Bruges ha per questo coniato la frase “modernizzazione ecologica”, nel significato di migliorare la competitività dell’agricoltura attraverso un’incrementata sostenibilità della produzione congiunta con il rinnovamento istituzionale, introdurre approcci innovativi e multidisciplinari e riformare i concetti di agro-ecologia, educazione e ricerca. Questo nuovo approccio dovrebbe ovviamente richiedere un cambio di paradigma e una drastica modifica di mentalità e attitudine.
Nelle proposte della PAC questa prospettiva integrata è, sfortunatamente, mancante, riducendo il greening alle attuali misure della condizionalità e ad un numero molto limitato di ulteriori componenti, senza chiari obiettivi , senza idee e incentivi per gli agricoltori al fine di un continuo miglioramento della produttività.

Mancanza della dimensione internazionale

Fin dall’ultima grande riforma (Fischler) del 2003 ci sono stati enormi sviluppi nelle economie, nelle agricolture e nei comparti alimentari di altre parti del mondo. Come Groupe de Bruges abbiamo sempre auspicato l’emergere di un mondo multi-polare. Ora questo sta diventando una realtà e l’Europa e la Pac devono affrontare questi cambiamenti nel contesto internazionale. Una questione importante è la maggiore volatilità dei prezzi che è causata da una serie di fattori strutturali a lungo termine e da sviluppi a breve termine. La somma di questi fattori sta mettendo in pericolo la stabilità globale. Il problema della sostenibilità è anche imminente: ancora oggi molti costi di produzione e operativi (tutela del suolo, acqua, aria, manodopera ecc.) nelle filiere alimentari internazionali sono esternalizzati sull’ambiente, sugli agricoltori, sui lavoratori, sugli animali di fattoria o su altri Stati, al fine di migliorare la competitività. Le proposte sulla Pac, tuttavia, sembrano inadeguate mancando di una visione per affrontare questi problemi in modo nuovo e olistico.

Nessun orientamento per il futuro

Le proposte della Commissione certamente contengono un numero di nuovi elementi e tentativi di porre rimedio ad alcuni dei problemi dell’attuale Pac.
Nondimeno e in generale, le proposte mantengono essenzialmente la situazione attuale in particolare riguardo i beneficiari. Le proposte Pac sono un compromesso a priori, scritte e difese in un contesto politico estremamente complesso. Tuttavia, l’urgenza concernente la natura e l’impatto delle sfide attuali e future, la necessità di un approccio sistemico in un contesto internazionale ed europeo, sono cose che richiedono una politica molto più radicale e orientata al futuro.

Le nostre principali raccomandazioni per una PAC migliore

Avendo discusso e analizzato criticamente le proposte della Commissione, vogliamo concludere raggruppando in quattro paragrafi i nostri principali suggerimenti per migliorare le proposte Pac.

Ciò che è buono ma necessita miglioramenti

Ettari ammissibili: è una buona idea abolire (gradualmente) lo storico sistema di riferimento e collegare i pagamenti diretti alla superficie agricola, poiché il terreno è la base per fornire i beni comuni. Le scelte in merito alla regionalizzazione adottate dagli Stati membri dovrebbero riflettere le sostanziali differenze sub-regionali nei territori e nei sistemi agricoli e non essere basate meramente su confini amministrativi.
Ridistribuzione: è necessaria una buona e più giusta distribuzione dei pagamenti diretti tra gli Stati membri e le proposte Pac introducono una scelta concreta per raggiungerla. Tuttavia, la misura proposta significa che saranno necessari almeno due decenni per colmare sufficientemente il divario, dando ai vecchi Stati membri un vantaggio per un periodo di tempo troppo lungo.
Greening: l’introduzione della componente ambientale nel sistema di pagamenti diretti è una politica innovativa e una rottura chiara e positiva con il passato. Le misure di greening, tuttavia, sembrano casuali, rigide, male indirizzate e mancano gli incentivi per gli agricoltori per mantenere le performance “verdi” nel tempo. Un miglior sistema potrebbe essere l’introduzione, a livello europeo, di un “menu” di opzioni di greening sulla cui base gli Stati membri e gli agricoltori possano scegliere. Questo sistema potrebbe essere applicato sia alla componente ambientale dei pagamenti diretti sia alle misure agro-ambientali del secondo Pilastro (v. l’Allegato I per ulteriori spiegazioni).
Il limite ai pagamenti diretti: nel modo proposto dalla Commissione ha un senso al fine di una più giusta distribuzione del reddito tra le differenti categorie di agricoltori. L’opportunità di alzare il limite ai pagamenti quando nell’impresa agricola aumenta la manodopera è una buona proposta, ma porterà a maggiori costi burocratici. Il limite ai pagamenti non dovrebbe ridurre gli incentivi all’offerta di beni comuni, per questo si propone il nostro approccio a “menu”. Il secondo pilastro: il nuovo Regolamento sullo sviluppo rurale deve essere considerato un importante passo avanti rispetto all’attuale. Le misure sono adeguate ai target, basate su (migliori) accordi multi-annuali. Alcune delle nuove misure, a prima vista, sembrano promettenti ma dovrebbero essere chiarite meglio prima dell’applicazione nel contesto del Quadro Strategico Comunitario. In particolare l’introduzione dei Contratti di partenariato che coprono tutto il sostegno dei fondi strutturali comunitari implicati è un’innovativa iniziativa, che vuole raggiungere, a livello regionale, una migliore integrazione di un certo numero di interventi della politica comunitaria. Permette, in teoria, di raggiungere meglio l’obiettivo di uno sviluppo territoriale integrato e potrebbe colmare l’attuale divario tra le politiche agricole e le altre politiche economiche. Tuttavia dovrebbe essere garantito che la programmazione conduca ad una reale integrazione di interventi a livello territoriale, avvantaggiando iniziative che partano dalla base, così come per i Gruppi di azione locale (Gal). Inoltre, l’integrazione di queste politiche dovrebe condurre ad una integrazione nazionale e internazionale dei lavoratori immigrati.
Le organizzazioni dei produttori: dovrebbero essere viste come uno degli strumenti per rafforzare la posizione degli agricoltori nella filiera alimentare, a fronte di un minore numero di trasformatori, commercianti, grossisti e dettaglianti. Deve essere notato tuttavia che la cooperazione è una nozione positiva e ben accettata nella maggior parte dei vecchi Stati membri, ma essa ha ancora una connotazione negativa in molti dei nuovi Stati membri. Un approccio integrato è necessario per accompagnare questa misura e per aiutare, attraverso la formazione e il tutoraggio, le nuove generazioni di agricoltori dei nuovi Stati membri a superare questa percezione, giustificata storicamente.
Gli schemi di gestione del rischio: sono benvenuti ma dovrebbero far parte del nuovo Regolamento sulla Organizzazione Comune di Mercato invece che del Regolamento sullo sviluppo rurale, avendo diritto ad un completo sovvenzionamento comunitario.
Il Quadro Strategico Comunitario per l’innovazione e la ricerca in agricoltura: la sua introduzione e la creazione di Partenariati Europei per l’Innovazione sono , in linea di principio, un’eccellente proposta. Tuttavia, il previsto budget è minimo comparato al budget per i pagamenti diretti (solo un 1,1% del totale del budget della Pac, mentre i pagamenti diretti assorbono ancora un massiccio 72%). Un budget di almeno il 3%, eguale alla percentuale che gli Stati membri dovrebbero spendere in generale per l’innovazione, sembra ragionevole, giustificabile e necessario. Riguardo all’applicazione, bisognerebbe assicurare che tutti i partenariati coinvolgano più attori, con esperti e agricoltori che possano avere pieno accesso ad essi e la ricerca deve nascere da questa collaborazione.

Cosa non va (particolarmente) bene e dovrebbe essere modificato

  • Il sistema dei pagamenti diretti: i pagamenti diretti erano considerati una misura temporanea e transitoria. Ora essi diventano, in una forma solo lievemente modificata, uno strumento strutturale. I pagamenti diretti non sono ancora realmente accoppiati alla fornitura di beni comuni: sono poveramente indirizzati, non sono fatti a misura degli agricoltori e non sono contrattualizzati. Questo significa che essi si configurano piuttosto come rendita che come un effettivo incentivo al miglioramento.

  • L’agricoltore attivo: la definizione nelle proposte è un’occasione perduta per escludere gli speculatori fondiari e i cosiddetti “agricoltori da salotto” dai pagamenti diretti. Più in particolare, il proposto limite di 5.000 euro di pagamenti diretti, sotto il quale gli agricoltori sono considerati automaticamente agricoltori attivi, è contrario alla necessità di rendere legittimi gli esborsi della Pac. Una larga porzione dei beneficiari potrà ricevere sino a 5.000 euro annualmente senza alcun impegno. Considerata la grande diversità di tipi di aziende agricole e agricoltori, sarebbe meglio che siano i singoli Stati a definire (in modo chiaro) chi sia un agricoltore attivo, in modo da assicurare che, da una lato, i “free riders” siano esclusi e, dall’altro, l’agricoltore attivo rispetti l’ambiente e le risorse naturali.

  • Piccoli agricoltori: le misure proposte nel primo pilastro non possono essere considerate una politica a favore dei piccoli agricoltori, ma meramente un tentativo di semplificare la Pac. Inoltre, un piccolo agricoltore non può essere definito soltanto dal numero di ettari. Un’impresa con due ettari di ortaggi è piuttosto differente da imprese con due ettari di pascolo o di seminativo. Nelle attuali proposte alcuni tipi di piccole aziende con attività intensive sono escluse dai pagamenti diretti, pur essendo importanti per la sicurezza alimentare. Sarebbe meglio introdurre un’altra misura per distinguere tra classi di agricoltori. Questa dovrebbe anche aiutare a formare aggregazioni, così da consentire che un gruppo di piccoli agricoltori possa essere ammissibile per pagamenti diretti.

  • Il budget: la decisione di lasciare invariata la proporzione tra il budget del primo e quello del secondo pilastro è chiaramente una opportunità mancata, alla luce della nostra valutazione positiva sul nuovo Regolamento sullo sviluppo rurale. Al tempo stesso, riconosciamo che un aumento della proporzione del budget a favore del secondo pilastro implicherebbe un maggior co-finaziamento dagli Stati membri, che sono attualmente in difficili condizioni economiche. Benché si debba ricordare che il co-finanziamento nelle politiche comuni è una regola piuttosto che un’eccezione e che il secondo pilastro darà maggiori margini di libertà per ritagliare l’allocazione del budget a specifici bisogni in certe aree, si consiglia alla Commissione di prendere in considerazione l’attuale situazione economica e finanziaria e permettere in casi specifici minori apporti di co-finanziamento o perfino una deroga completa al co-finanziamento.

Cosa manca e dovrebbe essere aggiunto

  • Strumenti fiscali: l’attuale crisi economica e finanziaria spingerà l’Europa verso un sistema più federale. Sarebbe ragionevole in questa situazione, e come parte del nostro proposto Piano B, iniziare a discutere su nuovi strumenti fiscali a livello Europeo, tra i migliori modi per promuovere una produzione agricola rispettosa dell’ambiente e una dieta salutare. L’efficacia delle imposte o di altri sistemi di prelievo in agricoltura (e in altri settori) si è dimostrata reale, con bassi costi di transazione comparativamente ad altre soluzioni.

  • I criteri: non ci sono criteri chiari per valutare e classificare la sostenibilità dell’agricoltura. Il punto di partenza dovrebbe essere indubitabilmente una rigorosa applicazione del principio “chi inquina paga”. Si dovrebbero interrompere i pagamenti per gli agricoltori o altri beneficiari che non rispettano i Regolamenti comunitari riguardanti la protezione dell’acqua, dell’ambiente, del suolo e della natura.

  • Aggregazioni: dovrebbe esserci un forte ruolo per raggruppamenti territoriali di agricoltori concernenti misure ambientali, anche come parte del sistema di pagamenti diretti.

  • La filiera alimentare: negli ultimi anni è aumentata l’attenzione politica sul crescente potere di alcuni operatori nella filiera alimentare, in particolare della grande distribuzione organizzata ma anche delle imprese di trasformazione e di trading. Con la conseguenza del peggioramento della posizione degli agricoltori per quanto riguarda la distribuzione del valore aggiunto. Un attento e permanente scrutinio Europeo a livello politico e amministrativo dovrebbe essere assicurato per accertarsi che gli agricoltori ricevano una giusta quota del valore aggiunto e che altri protagonisti della filiera non usino in modo non corretto la loro posizione di potere.

  • I consumatori: la mancanza di integrazione con altre politiche ha anche come conseguenza che non ci sia spazio per misure per promuovere modelli di consumo più sostenibili e salutari.

  • L’innovazione: va precisato che l’innovazione non riguarda soltanto le tecnologie. Fattori organizzativi e sociali devono essere presi in considerazione . Il capitale sociale è una chiave per il successo dell’innovazione. Abbiamo anche bisogno dell’innovazione per uno sviluppo complessivo, a livello territoriale, delle filiere alimentari e, a livello delle politiche, dell’amministrazione, dell’informazione e della formazione.

  • Educazione: ci sono importanti sviluppi a livello mondiale nelle biotecnologie (inclusi gli OGM) e nelle nanotecnologie che avranno un grande impatto nel modo in cui produciamo, trasformiamo e consumiamo prodotti agricoli grezzi. Questo toccherà in modo notevole sia i produttori che i consumatori e porrà questioni a livello etico, medico, sociale, economico e politico. La Commissione al momento manca del coraggio e della visione per sviluppare una necessaria integrazione, strategie e politiche adeguate per affrontare questi sviluppi. Una cosa è tuttavia chiara: lasciare queste decisioni a livello degli Stati membri è la soluzione peggiore.

  • Integrazione del primo pilastro con le altre politiche: per il secondo pilastro sono state proposte misure concrete e innovative per arrivare ad una migliore integrazione tra politiche. Nessun tentativo è stato fatto tuttavia per integrare le misure del primo pilastro con le altre politiche (ambiente, consumatori e salute, ricerca e consumatori, energia e risorse naturali).

  • Sprechi alimentari: al momento fino al 30% di tutto il cibo prodotto e ancora commestibile è sprecato lungo la filiera alimentare. Azioni collettive, dal produttore al consumatore e a tutti i livelli amministrativi, sono urgentemente necessarie per affrontare questa questione. La Commissione e gli Stati membri dovrebbero raggiungere un accordo con tutti gli stakeholder coinvolti per ridurre questi sprechi alimentari del 50% entro il 2020. Incentivi dovrebbero essere introdotti in tutte le politiche rilevanti, tra cui la Pac, per incoraggiare e se necessario forzare gli stakeholder ad assumersi le proprie responsabilità.

  • Il suolo: la fertilità del suolo è la base per una agricoltura sostenibile e uno dei maggiori capitali per il futuro della nostra fornitura di alimenti così come per la capacità di sequestro dell’ossido di carbonio. Negli ultimi decenni la fertilità del suolo in Europa è decresciuta e questo accade ancor di più in altre parti del mondo. Le modifiche climatiche avranno ulteriori conseguenze negative sulla fertilità del suolo. Sappiamo anche che il miglioramento della fertilità ha bisogno di un approccio di lungo periodo. Un’azione urgente è perciò necessaria per incoraggiare gli agricoltori e i proprietari terrieri a migliorare i propri terreni. Noi proponiamo, come parte del menu greening, che il miglioramento della fertilità del suolo sia uno dei suoi maggiori obiettivi. Il punto di partenza, obiettivo a livello Europeo, dovrebbe essere che complessivamente la fertilità del suolo non si deteriori ulteriormente.
    Inoltre si dovrebbero controllare in modo critico le importazioni di prodotti grezzi, come le proteine per i mangimi animali e gli oli vegetali per le bio-energie, dal punto di vista della perdita della fertilità del suolo nei Paesi d’origine.

  • La Biodiversità: ciò che manca è l’individuazione del ruolo di altri stakeholder, oltre agli agricoltori, nel fornire e conservare i beni comuni. Specialmente i cacciatori (più di 7 milioni in Europa) hanno un ruolo importante nella gestione degli animali selvatici e dei loro habitat. Essi dovrebbero essere considerati , nel loro insieme, ammissibili alle misure del 2° pilastro della Pac.

Cosa non è chiaro e cosa dovrebbe essere chiarito

  • I pagamenti diretti: la relazione tra il pagamento base e la componente greening non sembra chiara. Se un agricoltore non rispetta una delle proposte misure greening perderà solo gli aiuti greening o anche il pagamento base?

  • Aree a focalizzazione ecologica: questa nuova nozione sembra ideata male. Mentre è chiaro che essa ridurrà la capacità produttiva, non è chiaro quali beni comuni saranno assicurati e in quale ampiezza.

  • Costi burocratici: non è chiaro se le proposte misure porteranno ad una riduzione dei pesi burocratici. La somma di tutte le proposte e la sovrapposizione tra certe misure nel 1° e nel 2° pilastro suggerirebbero che non ci sarà semplificazione. E’ necessaria una valutazione ex ante delle misure proposte per dare un giudizio e se e dove necessario formulare alternative per ridurre i carichi burocratici. Detto questo, vogliamo sottolineare che la riduzione dei carichi burocratici non dovrebbe essere un obiettivo in sé o una priorità su altre, più importanti, questioni. In alcuni casi gli agricoltori e noi come società dobbiamo accettare una migliore assegnazione di fondi pubblici basata su indicatori chiari, con necessari costi amministrativi per le imprese.

Allegato 1 - Spiegazione del sistema di menu verde

Il sistema di menu verde è basato su un approccio con incentivi a migliorare continuamente le performance per beni comuni e ambientali come un’alternativa alle proposte misure di greening e agli schemi agro-ambientali. E’ basato su un sistema che opera nel Regno Unito dal 2005. Il sistema di menu verde potrebbe essere diviso in numerosi ambiti (gestione dell’acqua, tutela del suolo, riduzione del biossido di carbonio, gestione delle risorse minerarie, salvaguardia della biodiversità, utilizzo di pesticidi, ecc.). Per ogni ambito gli agricoltori possono raggiungere un massimo di cento punti. Tutti gli agricoltori, in ogni ambito, devono rispettare un livello minimo. Questo punto di partenza può essere ampliato gradualmente dopo un sufficiente periodo, dando agli agricoltori l’opportunità di adeguare le loro pratiche agricole a questi nuovi livelli.
Inoltre gli agricoltori, sulla base delle loro specifiche situazioni, attitudini, competenze e della tecnologia disponibile, possono scegliere di andare oltre ai requisiti minimi per specifici ambiti, ricevendo così un pagamento ulteriore come premio corrispondente all’aumento dei punti di risultato. Premi possono anche dati agli agricoltori che applichino queste misure per un periodo di tempo più lungo nella stessa area e agli agricoltori che lavorano insieme in forme cooperative territoriali.
Questo menu e l’approccio per incentivi dovrebbero essere accompagnati da appropriate azioni e programmi di ricerca per sostenere gli agricoltori affinché sviluppino pratiche agro-ambientali migliori e per migliorare continuamente le loro performance agro-ecologiche.

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