Consumatore e prodotti equo-solidali

Consumatore e prodotti equo-solidali
a Università di Roma Tre, Facoltà di Scienze politiche, Dipartimento di Istituzioni Pubbliche, Economia e Società
b Università degli Studi di Roma “La Sapienza ”

Considerazioni introduttive

Obiettivo di questo lavoro è esplorare i gusti dei consumatori riguardo a prodotti che possono essere commerciabili anche attraverso il canale equo e solidale. Le domande a cui cercare risposta sono:

  • esistono elementi di mercato che influiscono sulla scelta del prodotto equo e solidale da acquistare?
  • quale tipologia di consumatore è più propenso all’acquisto di prodotti equo e solidali?

La metodologia è la cosiddetta “analisi congiunta basata sulle scelte” (ACBS) che rientra nella categoria delle tecniche di indagine di tipo “preferenze dichiarate” (PD). Tale strumento permette, infatti, di catturare la struttura delle preferenze dei consumatori.
Tra i prodotti equo e solidali è stato selezionato il caffè, poiché prodotto di largo consumo (è al secondo posto tra le materie prime commercializzate a livello mondiale dopo il petrolio) i cui produttori sono soggetti a discriminazioni. La forte presenza di società multinazionali che hanno il potere di imporre il prezzo di mercato, infatti, ha causato l’impoverimento delle migliaia di piccoli produttori.
La diffusione e la crescita del mercato equo e solidale ha indotto molti studiosi ad approfondire e sviluppare la tematica. De Pelsmacker et al. (2005) hanno condotto uno studio sul comportamento economico e sull’attitudine dei consumatori nei confronti del caffè equo e solidale. Dai loro risultati si evince che i consumatori abituali di caffè equo e solidale (che rappresentano l’11% del totale degli intervistati) sono più idealisti, meno conformisti, di età compresa tra i 31 e i 44 anni e disposti a pagare il 10% in più di quello che attualmente spendono, pur di acquistare il caffè equo e solidale. Lyon (2006) propone una ricerca etnografica tra i sostenitori e gli oppositori del commercio equo e solidale negli Stati Uniti e tra i membri di una cooperativa di caffè in Guatemala. I risultati confermano i principi fondamentali del commercio equo e solidale: più è profonda la coscienza sociale e politica del consumatore, più esso predilige i prodotti di questo mercato; il mercato è reso più trasparente se si rivelano la provenienza e le modalità di produzione del caffè. Becchetti et al. (2006) presentano un lavoro a scopo prevalentemente divulgativo, sul modello di consumo tipico di chi acquista prodotti equo e solidali. L’indagine, condotta escludendo i consumatori di prodotti del mercato tradizionale, conferma l’ipotesi che chi acquista prodotti equo e solidali ricerca soprattutto responsabilità sociale nelle proprie scelte di acquisto.

Lo strumento di rilevazione

Le indagini PD fanno capo a quella famiglia di tecniche che prevedono interviste ad individui circa le loro preferenze riguardo un insieme di opzioni diverse, al fine di stimare le funzioni di utilità, quindi comprenderne la struttura di scelta. Le opzioni non sono altro che descrizioni di prodotti alternativi che si differenziano per le caratteristiche che li compongono. Si tratta, in buona sostanza, di situazioni ipotetiche costruite ad hoc dal ricercatore. L’ACBS è uno strumento di tipo decompositivo, secondo il quale la preferenza espressa per ciascuna opzione viene decomposta in tante preferenze parziali quanti sono gli attributi (o caratteristiche) considerati per la sua descrizione. Sebbene la tipologia di indagine proposta non sia comunemente utilizzata, è da sottolineare che l’esercizio di scelta per l’intervistato è il modo più realistico di esprimere la propria preferenza: in un contesto di acquisto di un prodotto sul mercato, il cliente, dopo aver valutato le possibili alternative, né le ordina, né assegna loro un voto, ma opera semplicemente una scelta.
La formazione di una preferenza e il processo decisionale sono però due aspetti molto delicati della teoria del comportamento umano. La forte complessità che deriva dalla loro analisi richiede, se si vogliono implementare modelli statistici, una serie di assunzioni semplificatrici. il fondamento teorico dell’ACBS è identificato nella teoria microeconomica della scelta e nella teoria dell’utilità casuale (Gatta, 2006). Secondo tale impostazione l’utilità è definita in termini di attributi caratterizzanti le alternative. Il decisore, dunque, deriva la propria utilità direttamente dagli attributi e quindi la preferenza verso un prodotto è solamente indiretta. La regola decisionale è la massimizzazione dell’utilità, ossia le scelte vengono effettuate al fine di garantirsi il più alto livello di utilità. Si ricorre dunque ad un approccio probabilistico che vede l’utilità come una variabile casuale. La modellizzazione dei dati è effettuata attraverso i modelli a scelta discreta ed in particolare tramite il modello logit multinomiale (Marcucci, 2005).

La nostra indagine

A seguito di un’indagine preliminare si è deciso di considerare come attributi rilevanti nella scelta dell’acquisto del caffè: il prezzo (costo per una confezione di caffè da 250gr), la tipologia (equo o non equo) e la qualità. Per quanto riguarda i livelli degli attributi, si sono individuate cinque fasce di prezzo (da 2€ a 4€) e tre categorie di qualità (bassa, media e alta). Il questionario che è stato predisposto, consta di due sezioni: nella prima parte si richiedono informazioni di carattere socio-economico, nonché le abitudini di acquisto del caffè; la seconda parte è dedicata agli esercizi di scelta (10 per ciascun questionario) nei quali vengono presentate tre alternative di prodotto, due ipotetiche e una rappresentante il prodotto attualmente acquistato dall’intervistato (Figura 1). In totale sono state effettuate 150 interviste secondo un campionamento casuale in tre supermercati diversi della città di Roma. La strategia di campionamento da realizzare è una fase importante nel processo di strutturazione dell’indagine: in pratica si tratta di determinare chi intervistare, quante persone e dove realizzare le interviste. Se l’obiettivo dello studio è quello di ottenere risultati che possano essere estesi all’intera popolazione di riferimento, occorre estrarre il campione in modo casuale. All’aumentare della numerosità del campione, la stima campionaria converge verso i valori medi della popolazione obiettivo. Nel nostro caso il campione è abbastanza ristretto ma è risultato sufficiente per lo scopo della ricerca, la quale in prima istanza doveva rappresentare uno studio pilota per dimostrare l’efficacia dell’approccio proposto.

Figura 1 - Esempio di esercizio di scelta

I risultati

Dall’analisi dei dati è possibile tracciare il profilo medio del consumatore di caffè, secondo il campione intervistato: ha 37 anni (il più giovane ha 13 anni, mentre il più anziano ne ha 75); predilige una confezione da 349g (più spesso viene acquistata la confezione singola da 250gr o la doppia piuttosto che quella da 1kg); spende 3.22€ (il valore minimo di spesa registrato è stato di 0.9€ mentre il massimo è risultato pari a 8€). Mediamente, il consumatore che acquista caffè equo è leggermente più giovane (33 anni rispetto a 39) e sceglie confezioni più piccole (anche perché il caffè equo è in vendita solo in confezioni singole). La spesa media per una confezione da 250g è di 2,6€, mentre è di 2,5€ nel caso del consumatore di caffè tradizionale.
Ulteriori considerazioni possono essere fatte circa le differenze tra il “consumatore equo“ e il “consumatore non equo”. Per quanto riguarda il sesso (Figura 2), non sono le donne ad essere più vicine al commercio equo e solidale, come invece si pensa comunemente.

Figura 2 – La caratteristica “sesso” secondo la tipologia di consumatore

Non ci sono differenze significative per ciò che concerne il titolo di studio (Figura 3): il diploma superiore è la categoria più numerosa in entrambi i casi. Non c’è una correlazione positiva tra un titolo di studio più alto e il consumo di caffè equo.

Figura 3 – La caratteristica “titolo di studio” secondo la tipologia di consumatore

Verifichiamo ora un altro luogo comune: sono i più abbienti a scegliere il commercio equo e solidale? La risposta è negativa, come si può vedere dal grafico in Figura 4: è la classe media la più predisposta al consumo del caffè del commercio equo e solidale.

Figura 4 – La caratteristica “reddito” secondo la tipologia di consumatore

È stato chiesto all’intervistato di dichiarare il proprio orientamento politico (Figura 5): i risultati confermano che chi è tendenzialmente di destra è meno vicino all'acquisto di caffè del mercato equo e solidale.

Figura 5 – La caratteristica “orientamento politico” secondo la tipologia di consumatore

Se si considera la caratteristica del motivo di acquisto (Figura 6) si evince che il consumatore di caffè equo risulta essere un consumatore occasionale, meno fedele al suo prodotto rispetto a chi consuma caffè non equo.

Figura 6 – La caratteristica “motivo di acquisto” secondo la tipologia di consumatore

Un’ultima considerazione riguarda l’interessamento alla problematica dello sfruttamento del lavoro (Figura 7): tra i consumatori di caffè equo una buona parte si dichiara abbastanza condizionato dal problema in questione al momento dell’acquisto, e di quelli che sono completamente condizionati non tutti acquistano il caffè equo.

Figura 7 – L’interessamento al tema dello sfruttamento del lavoro secondo la tipologia di consumatore

I dati di PD raccolti sono stati analizzati mediante il modello logit multinomiale che permette di stimare dapprima i coefficienti associati alle variabili considerate così da ottenere una misura del loro impatto sull’utilità e successivamente di calcolare elasticità e valori monetari degli attributi.
Dai risultati del modello (Tabella 1) si evince che il prezzo ha un coefficiente negativo, ossia è correlato negativamente con l’utilità: come è lecito attendersi infatti, all’aumentare del prezzo diminuisce la probabilità di scelta del prodotto. Il discorso inverso riguarda la qualità: i coefficienti relativi alla qualità media e alta sono entrambi positivi, a dimostrazione del fatto che all’aumentare della qualità cresce la probabilità di scegliere il prodotto. Le variabili inserite nel modello sono tutte significative tranne il tipo. Ciò significa che la caratteristica di essere un caffè equo piuttosto che tradizionale non è un fattore determinante quando si sceglie di acquistare il prodotto.

Tabella 1 – Risultati del modello logit multinomiale

La Tabella 2 riporta i valori dell’elasticità e del valore monetario degli attributi. La prima serve ad individuare l’influenza relativa dei diversi attributi; il secondo permette di esplicitare la disponibilità a pagare dei consumatori. L’elasticità misura la variazione percentuale della probabilità di scelta del prodotto dovuta alla variazione percentuale di un attributo. Come si vede il prezzo (-0,72) è la caratteristica più importante, poi viene la qualità alta, la qualità media ed infine con un valore quasi nullo (0,005) la variabile tipo, a conferma dello scarso peso che gli viene assegnato nella scelta del prodotto. La stessa cosa si riflette sui valori monetari: mentre il consumatore è praticamente indifferente rispetto alla tipologia di caffè, sarebbe disposto a pagare 1,71 euro in più per consumare un caffè di qualità media rispetto a un caffè di qualità bassa e 3,04 euro per consumarne uno di qualità alta.

Tabella 2 – Elasticità e valore monetario degli attributi

Conclusioni

Con questo lavoro si è data dimostrazione dell’efficacia della metodologia esplorativa proposta e, nonostante il campione ridotto, si sono individuate delle sostanziali differenze tra il consumatore disposto all’acquisto di caffè equo e solidale e il consumatore affezionato al caffè tradizionale. Inoltre è stato possibile specificare gli elementi determinanti e quelli meno determinanti nella scelta del caffè da acquistare.
Sugli elementi condizionanti la scelta dei consumatori, inoltre, c’è da sottolineare che il caffè del commercio equo e solidale non era posizionato nello stesso scomparto del caffè tradizionale ma in un apposito settore insieme ad altri prodotti del commercio equo, distante da quello del caffè. In questo modo, al cliente viene proibito il confronto diretto tra le due tipologie di caffè e soprattutto si penalizza il prodotto equo. È risultato, infatti, che 2 clienti su 3 non erano a conoscenza dell’esistenza di questo scomparto, sebbene si dichiarassero frequentatori abituali del supermercato. Un approfondimento e un affinamento della ricerca potrebbe risiedere nell’ampliamento del campione intervistato e nell’aumento del numero di variabili da includere nel modello.

Riferimenti bibliografici 

  • De Pelsmacker P., Driesen L. e Rayp J., (2005), “Do Consumers Care about Ethics? Willingness to Pay for Fair-Trade Coffee”, Journal of Consumer Affairs, 39(2), p. 363.
  • Becchetti L. e Costantini M., (2006), Il commercio equo e solidale alla prova dei fatti: dai consumatori del Nord ai produttori del Sud del mondo, Mondadori.
  • Gatta V., (2006), “Valutare la qualità dei servizi. Un nuovo approccio basato sulle indagini stated preferences”, Tesi di Dottorato non pubblicata, Dipartimento di Contabilità Nazionale ed Analisi dei Processi Sociali, Scienze Statistiche, Università La Sapienza, Roma.
  • Lyon S., (2006), “Evaluating fair trade consumption: politics, defetishization and producer participation”, International Journal of Consumer Studies, 30(5), pp. 452-464.
  • Marcucci E., (2005), “I modelli a scelta discreta per l’analisi dei trasporti. Teoria, metodi e applicazioni”, (a cura di), Carocci Editore, Roma.
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