Abstract
L’agricoltura sociale (AS) in Italia è una realtà in crescita, sia dal punto di vista numerico che di diversificazione delle attività e delle esperienze. La conoscenza di tale fenomeno è ancora limitata, anche perché non tutte le Regioni hanno legiferato in materia1 e solo alcune hanno istituito specifici albi per il riconoscimento degli operatori dell’agricoltura sociale. Un nuovo impulso, soprattutto relativamente alla possibilità di armonizzare il quadro di riferimento normativo delle singole Regioni, può essere impresso dalla legge nazionale141/2015 che tuttavia, a distanza di tre anni dalla sua approvazione, non è ancora operativa per l’assenza dei decreti attuativi. Il presente lavoro, tratto dal “Rapporto sull’agricoltura sociale in Italia”, edito dalla Rete Rurale, vuole essere una fotografia della situazione italiana e, nella consapevolezza della non completa rappresentatività statistica delle informazioni, fornisce un quadro di vari aspetti delle realtà: da quelli agricoli a quelli sociali, dalle reti di relazioni alla disamina dei destinatari.
Introduzione
In Italia l’agricoltura sociale (AS), intesa come l’insieme di tutte quelle pratiche agricole che hanno la capacità di generare benefici per le fasce più deboli della popolazione, è presente da molto tempo, ma negli ultimi dieci anni ha visto una notevole crescita, evidenziando una diversificazione sia di esperienze che di soggetti proponenti e di beneficiari. La conoscenza del fenomeno è tuttavia ancora parziale, nonostante le indagini realizzate da università e centri di ricerca e le ricognizioni effettuate da associazioni o amministrazioni pubbliche. Anche l’avvio delle procedure di riconoscimento degli operatori in diverse regioni, previste sia dalle leggi regionali che prevedono la costituzione di appositi registri o elenchi sia dalla legge 141/2015, non hanno colmato questo gap informativo.
Il Crea, Centro di ricerca Politiche e Bioeconomia, ha realizzato, nell’ambito della Rete rurale nazionale, unitamente all’Isfol, dal 2016 denominato Istituto Nazionale per l'Analisi delle Politiche Pubbliche (Inapp), un’indagine a livello nazionale con l’obiettivo di raccogliere informazioni sulle diverse caratteristiche delle pratiche di AS. Sono stati riuniti in un unico database le informazioni di circa 1.200 operatori avvalendosi dei dati contenuti in diverse fonti (elenchi regionali, repertori e indagini di associazioni, università ecc.), integrati attingendo agli elenchi forniti dal Forum nazionale agricoltura sociale e dalla Rete delle fattorie sociali ed è stato elaborato un questionario alla cui definizione, relativamente agli obiettivi, alle aree di approfondimento e all’articolazione, ha lavorato un gruppo di esperti a livello nazionale2. Ai soggetti censiti è stato somministrato il questionario con metodologia Cawi (Computer Assisted Web Interviewing), che è articolato in sei sezioni, e raccoglie, con domande a risposte chiuse, informazioni generali sui soggetti, sulla struttura aziendale, sulle attività agricole e sociali, e approfondisce aspetti legati alla sostenibilità economica e alle attività indirizzate a persone con disabilità, nonché raccoglie opinioni sugli effetti dell’AS e sulle criticità riscontrate dagli operatori.
L’analisi, raccolta nel volume “Rapporto sull’agricoltura sociale in Italia”, edito dalla Rete Rurale a cui si rimanda per approfondimenti, ha preso in esame i risultati delle 400 realtà che hanno risposto, su base volontaria, al questionario on line per fotografare l’AS in Italia, in particolare relativamente agli aspetti economici e sociali di questo mondo. Si tratta di un’indagine che, per l’ambito di studio e la mancanza di un’anagrafe specifica delle realtà da coinvolgere, non è statisticamente rappresentativa dell’universo, ma rappresenta comunque uno spaccato altamente significativo dell’AS in Italia.
La fotografia dell’AS in Italia
L’agricoltura sociale, che si è diffusa enormemente in Italia negli ultimi dieci anni, ha acquisito un‘importante funzione inclusiva permettendo di inserire le fasce più deboli in un contesto lavorativo in grado di rispettarne le esigenze e i ritmi. A partire dal 2004, 13 Regioni hanno avvertito la necessità di legiferare in materia, facendo tesoro delle pratiche presenti sui territori, nate da iniziative spontanee e da forme di collaborazione tra gli operatori agricoli e quelli del sociale, con un approccio innovativo che vede l’agricoltura quale strumento in grado di cogliere i bisogni della società, soprattutto in ragione dei cambiamenti che interessano e interesseranno negli anni a venire il sistema del welfare.
Nel 2015, con la legge nazionale n° 141 "Disposizioni in materia di agricoltura sociale", l'Italia ha inteso promuovere l'AS "quale aspetto della multifunzionalità delle imprese agricole finalizzato allo sviluppo di interventi e di servizi sociali, socio-sanitari, educativi e di inserimento socio-lavorativo". La norma definisce sia gli ambiti di intervento, sia le figure che operano nell’ambito dell’AS: si tratta di imprenditori agricoli singoli o associati e delle cooperative sociali il cui fatturato derivante dalle attività agricole svolte sia superiore al 30% di quello complessivo. La scelta dell’agricoltura come ambito di supporto a percorsi terapeutico-riabilitativi, di inserimento lavorativo e di inclusione sociale è dettata dalla possibilità di offrire ai soggetti svantaggiati ruoli lavorativi diversificati rispettandone competenze, abilità e tempi di esecuzione. La partecipazione attiva alla realizzazione del prodotto o all‘erogazione del servizio, nel caso di attività connesse, ha altresì un valore positivo in termini di accrescimento del senso di responsabilità e di autostima dei soggetti fragili: prendersi cura delle piante e degli animali con un percorso lavorativo personalizzato e quindi con ritmi propri, avere la consapevolezza che il proprio lavoro è necessario all'intero processo produttivo sono sicuramente fattori positivi.
Le realtà indagate e presentate nel Rapporto della Rrn svolgono differenti attività di AS, così come definite all’art. 2 della L.141/2015 (Figura 1). Significativa è la percentuale di realtà (71%) che attuano l’inserimento socio lavorativo secondo differenti modalità: dalla borsa lavoro al socio lavoratore, dal dipendente al tirocinio; segue l’educazione ambientale (35%) spesso indirizzata agli studenti, le prestazioni e servizi terapeutici (32%) e i servizi alle comunità locali (31%).
Figura 1 – Attività svolte (% di casi)
n.b.: domanda a risposta multipla
Fonte: Crea-PB, Rapporto sull’agricoltura sociale in Italia, 2018
La ricerca ha coinvolto realtà presenti sull’intero territorio nazionale; la maggior parte delle quali si trova nel Nord Italia (44%), il 35% nel Sud – Isole comprese - ed il 21% nel Centro; nelle zone collinari e di pianura sono concentrate oltre l’80% delle realtà intervistate. Circa le forme giuridiche prevalgono le cooperative sociali (46%), seguite dalle aziende individuali (19%), dalle organizzazioni del terzo settore (12%) e, per la restante parte, da enti ed altre organizzazioni. Sempre con riferimento al campione intervistato la Sau media aziendale è di circa 25 ettari, valore significativamente più elevato del dato medio aziendale proveniente dal 6° Censimento generale dell’Agricoltura dell’Istat del 2010 (7,9 ha). L’affitto rappresenta la forma di conduzione della Sau più frequente nelle aziende intervistate (47%); interessante è la quota di Sau gestita in comodato gratuito (25%) (terreni pubblici, privati o confiscati dalle mafie); l’utilizzo di questi terreni, che spesso rimarrebbero incolti aumentando la quota di terreni improduttivi e l’avanzamento del bosco ha anche funzioni di tutela ambientale.
Dall'analisi dei questionari emerge una correlazione tra pratica dell’agricoltura sociale e adozione dei metodi dell’agricoltura a basso impatto ambientale, tecniche colturali adottate dal 68% delle aziende, a conferma di quanto emerso anche in indagini precedenti (Ciaperoni A. 2008, Maie 2011, O’Connor et al. 2010). La salvaguardia e valorizzazione delle risorse, nel rispetto per l’ambiente, nel benessere degli animali e dei consumatori sono, infatti, i presupposti per uno sviluppo sostenibile quale modello e stile di vita, in grado di divenire punto di riferimento non solo per chi in questo settore opera, ma anche per i cittadini e i fruitori.
Il rapporto fornisce, inoltre, un quadro dettagliato del legame tra agricoltura sociale e attività multifunzionali che l’azienda può svolgere: già altri studi (Lanfranchi et al. 2015) hanno sottolineato come la multifunzionalità includa tutte le funzioni ascrivibili all'agricoltura sociale da quelle socio-culturali alla preservazione dell'ambiente, dai trasporti (accesso alle aree rurali, aree interne) ai servizi educativi e culturali. Le attività prevalenti nelle realtà intervistate sono la presenza di punti vendita, le fattorie didattiche e l’ospitalità turistica; l’analisi per forma giuridica evidenzia che i primi sono maggiormente presenti nelle cooperative sociali, fenomeno correlato all'alta percentuale di attività di inclusione lavorativa svolta dalle cooperative stesse mentre l’ospitalità agrituristiche trovano maggior diffusione nelle aziende agricole che hanno un’esperienza più consolidata con questo tipo di attività.
L’esitazione dei prodotti frutto di pratiche di AS privilegia i canali di commercializzazione senza intermediari che consentono un rapporto diretto con i consumatori (il 60% dei casi vende direttamente in azienda, il 35% tramite Gas e il 32% nei mercatini contadini e rionali); la vendita dei prodotti può avere anche una valenza di cura di grande importanza in quanto sancisce il riconoscimento da parte dei consumatori del valore etico e sociale della produzione. Questo può avere un impatto decisivo sui processi di costruzione o ricostruzione della percezione di sé e dell’autostima (Senni S., 2005), soprattutto nei casi in cui la commercializzazione avvenga sotto forma di vendita diretta dei prodotti e vi sia, quindi, un contatto diretto con il consumatore finale. La vendita dei prodotti, inoltre, rappresenta un‘occasione di allargamento e rafforzamento della rete di relazioni, soprattutto a livello locale, nella quale l’azienda è immersa e della quale si alimenta. Sono presenti anche forme innovative, quali l’e-commerce (11%) e il conferimento a mense (10%). I destinatari dell’AS sono coinvolti comunque nell’intero processo produttivo, dalle lavorazioni del terreno alle cure colturali fio alla raccolta e vendita.
I soggetti destinatari delle attività di AS sono molteplici (Figura 2): la categoria di beneficiari maggiormente coinvolta è quella delle persone con disabilità (54%); seguita dai disoccupati (31%), percentuale correlata anche al ben noto incremento della disoccupazione verificatosi dal 2008 in poi a seguito della crisi economica; dagli studenti (30%), anche per effetto dell’introduzione dell’alternanza scuola lavoro ed i minori (27%).
Figura 2 – Destinatari delle attività di AS (%)
(1) Dsa: Disturbi Specifici dell'Apprendimento; Bes: Bisogni Educativi Speciali
n.b.: domanda a risposta multipla
Fonte: Rapporto sull’agricoltura sociale in Italia, 2018
Considerazioni conclusive
Negli ultimi anni si è registrato un incremento significativo delle realtà che praticano agricoltura sociale, che hanno dato una risposta, sicuramente parziale e non definitiva, alla riduzione del welfare, che si è ripercossa particolarmente sulle fasce di popolazione più fragili come quelle che beneficiano di tali pratiche. L'agricoltura sociale in molti casi rappresenta un esempio virtuoso di welfare innovativo, impegnato nel dare risposte da una parte a esigenze di inclusione sociale e lavorativa e dall’altra alla necessità di fornire servizi. Le aziende agricole e le cooperative sociali, che costituiscono l’ossatura principale dell’AS in Italia, appaiono come luoghi in cui le persone possono prendere parte al processo produttivo con un ruolo attivo, derivante dalla capacitazione delle abilità attraverso percorsi di formazione e inclusione, e con ricadute positive sul proprio benessere.
L’indagine ha messo in evidenza come l'AS sia in grado non solo di offrire servizi innovativi alle popolazioni urbane e rurali e di costituire un’opportunità per la competitività delle aziende, ma anche di creare coesione sociale e sviluppo economico. Le realtà esaminate presentano, infatti, le caratteristiche tipiche del welfare generativo (Fondazione Zancan, 2014, 2018), sia in termini di aggregazione e collaborazione tra attori provenienti da diversi settori economici, sia in termini di proposte progettuali. Questo sembra, dal punto di vista del settore agricolo e dello sviluppo rurale, uno degli aspetti più interessanti dell’AS: l’obiettivo non è “soltanto” la crescita delle competenze sociali e della professionalità di persone che vivono situazioni di particolare fragilità, ma è anche e soprattutto la crescita di comunità coese, intelligenti e competitive, che riescono a dare risposte significative e competenti alla popolazione e al tessuto produttivo, consentendo la permanenza sul territorio e l’attrazione di nuovi abitanti. Si tratta di “contesti includenti” e non discriminanti, che non si trovano come dati ma che possono essere costruiti attraverso un complesso sistema di azioni e di relazioni volte a connettere la dimensione interna dell'inclusione, relativa alle singole persone coinvolte, con quella esterna, relativa, appunto, agli altri attori del contesto. Lavorare per un contesto includente vuol dire innanzitutto mobilitare le risorse del territorio, attivando e sollecitando i diversi attori economici e sociali e la società civile ad essere proattivi, mettendo in atto in maniera consapevole strategie di riorganizzazione della comunità mediante un lavoro di riadattamento e adeguamento continuo, a promuovere dinamiche partecipative e una cultura della cittadinanza.
I risultati dell'indagine mostrano come l’AS possa rappresentare un’opportunità importante per lo sviluppo delle aree rurali non solo in termini di supporto alla popolazione ma anche come volano per lo sviluppo economico. Come ampliamente dimostrato, infatti, le performance dell’economia dipendono da fattori e valori non direttamente economici, che entrano a far parte dello stile dell’imprenditore o caratterizzano le geografie dei contesti territoriali. Investire su innovazioni di questo tipo, quindi, può consentire a quanti gestiscono le politiche e amministrano gli enti locali di raggiungere risultati migliori e più duraturi.
Riferimenti bibliografici
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- 1. Crea Centro Politiche e Bioeconomia “L’agricoltura sociale nella normativa regionale italiana” Rete Rurale Nazionale 2014 – 2020, Aprile 2016; alle 12 Regioni che avevano normato in materia di AS esaminate nel documento, si sono aggiunte nel 2017 la Ragione Sicilia e nel 2018 la Regione Puglia. Inoltre nel 2017 la Regione Lombardia e nel 2018 la Regione Friuli Venezia Giulia hanno modificato le norme già emanate in materia.
- 2. Oltre ai ricercatori Crea PB, del gruppo di lavoro hanno fatto parte F. Cirulli (Iss), F. Di Iacovo (Università di Pisa) D. Pavoncello (Isfol/Inapp), S. Senni (Università della Tuscia), B.M. Torquati (Università di Perugia).