Introduzione*
Con la revisione della Politica Agricola Comune (Pac) del 2013 e con l’impianto ormai quasi esclusivamente regolatorio della nuova Ocm unica, il problema della tutela del potere contrattuale degli agricoltori nella filiera agro-alimentare si ripropone oggi con nuova forza e nuove implicazioni, soprattutto nei rapporti tra politiche agricole e regolamentazione della concorrenza.
Il problema di conciliare la Pac con la tutela della concorrenza nel mercato unico non è certamente nuovo ed i paesi fondatori se lo posero fin dalle origini del progetto di integrazione europea. Nella formulazione del Trattato di Roma, la condivisa necessità di sviluppare la produzione agricola e di assicurare approvvigionamenti alimentari sufficienti mediante una specifica politica comune, comportò una serie di eccezioni sul fronte della concorrenza. Non a caso, mentre gli obiettivi della Pac furono esplicitamente dichiarati nel Trattato, non altrimenti è stato fatto per quanto riguarda gli strumenti, forse proprio perché, come ha sostenuto di recente Carrau (2014), il legislatore era consapevole della difficoltà di renderli compatibili con la tutela della concorrenza sul mercato. Altri autori (Andries e Azcarate 2015) si spingono ben oltre sostenendo che gli obiettivi della Pac rispondessero a una chiara concezione del settore agricolo, basata su accordi e convenzioni che esulano dai canoni classici del libero mercato1. In ogni caso, l’agricoltura è stata soggetta, fin dalle origini della Pac, a un particolare sistema di deroghe alla concorrenza.
Il miglioramento del potere contrattuale degli agricoltori è condizione implicita per un corretto ed efficace funzionamento della filiera, per un’equilibrata distribuzione del reddito al suo interno e, quindi, per il perseguimento di alcuni fondamentali obiettivi della Pac. Originariamente, il principale strumento scelto fu la garanzia del prezzo attraverso un intervento pubblico diretto sul mercato nel quadro delle tradizionali Ocm. Negli ultimi 25 anni, tuttavia, la Pac è passata dal sostegno generalizzato delle quantità prodotte – attraverso prima i prezzi minimi garantiti e poi i sussidi per capo e per ettaro - a un sostegno “disaccoppiato”, orientato al produttore più che al prodotto, per sostenere i redditi e migliorare la competitività dell’agricoltura europea compatibilmente con i segnali del mercato. In questo quadro, la graduale ma completa eliminazione dell’intervento pubblico a sostegno dei mercati agricoli, insieme al forte consolidamento strutturale dell’agro-industria e della distribuzione, ha indebolito ulteriormente la posizione contrattuale dei produttori agricoli. Recenti studi (Russo, Goodhue e Sexton 2011) mostrano che, in mercati non concorrenziali, i benefici del disaccoppiamento, oltre a rivelarsi inferiori a quelli attesi, potrebbero essere assorbiti nelle rendite di fornitori ed acquirenti in condizione di esercitare maggiormente il loro potere del mercato. Ciò con il risultato di rendere molto più oneroso il costo sociale di sostenere il reddito degli agricoltori.
In ogni caso, in un contesto di disaccoppiamento e di maggiore esposizione degli agricoltori ai prezzi di mercato, assume particolare rilievo l’interdipendenza tra politiche agricole e politiche per la concorrenza e diventa ancor più necessaria la cooperazione tra le diverse autorità di gestione coinvolte. Esse si pongono in una prospettiva profondamente diversa dal passato e richiedono una sostanziale rivisitazione e adattamento di un sistema di deroghe alla concorrenza che è stato concepito nei lontani anni sessanta, contestualmente con i regolamenti istitutivi della Pac.
I profili concorrenziali nella nuova organizzazione dei mercati agricoli
La recente riforma della Pac, sviluppando ed estendendo un modello che è già stato in parte realizzato in alcuni settori (ortofrutta, olio d'oliva e luppolo), propone un radicale cambiamento nell’impianto che regola l'organizzazione dei mercati agricoli. L’uso degli strumenti tradizionali delle singole Ocm è fortemente limitato a fronteggiare situazioni di crisi, mentre la nuova Pac affida la normale regolazione del mercato a tre strumenti: Organizzazioni dei Produttori (OP), Organizzazioni interprofessionali (OI) e accordi contrattuali (Giacomini 2013).
Le nuove misure, mirate a promuovere un migliore coordinamento della filiera e a rafforzare la posizione negoziale degli agricoltori, configurano un vero e proprio cambiamento di paradigma che riguarda tre aspetti: la natura dell’intervento, la governance dell'Ocm e le caratteristiche degli attori coinvolti in tale processo. Le nuove disposizioni in materia di organizzazione del mercato consolidano e rafforzano il passaggio della Pac dalla tradizionale politica di spesa a un intervento prevalentemente regolatorio. L'Ocm tradizionale, caratterizzata da un coordinamento centralizzato a livello delle Istituzioni comunitarie e da interventi diretti delegati ad agenzie nazionali e/o regionali, lascia il posto a un modello di governance bottom-up in cui l'organizzazione del mercato è affidata all’azione congiunta e coordinata dei produttori e degli altri operatori della filiera. Il soggetto principale, nel nuovo contesto, non è più quindi l'istituzione pubblica, ma operatori privati, quali le OP e le OI che, anche attraverso rapporti contrattuali esplicitamente formalizzati, diventano gli agenti volti a concentrare l'offerta agricola, regolare i meccanismi di coordinamento della filiera e migliorare il potere contrattuale degli agricoltori (Sorrentino, Russo e Cacchiarelli 2016).
Lo spostamento della regia dell'Ocm dall’istituzione pubblica ai soggetti privati ripropone con forza - e in una prospettiva completamente differente - il problema della compatibilità tra politica agricola e tutela della concorrenza e del mercato. Infatti, nell’organizzazione di mercato gestita dal policy maker, la deroga alle regole di concorrenza (art.101 (1) Tfue) è per definizione giustificata dalla realizzazione degli obiettivi della Pac (Art.209 (1) del Reg. 1308/2013), mentre lo stesso non si può dire quando la stessa è affidata ad organizzazioni private. In questo secondo caso le politiche per i mercati agricoli e quelle per la tutela della concorrenza devono individuare congiuntamente nuove modalità di coordinamento e sistemi di deroga che, oltre a tener conto delle particolari caratteristiche strutturali della filiera agro-alimentare, siano coerenti con la nuova governance dell’organizzazione comune di mercato.
Allo stato attuale, i processi di concentrazione dell’offerta e di coordinamento verticale nella filiera hanno evidenziato una dinamica profondamente diversa tra stati membri e regioni della UE. La diffusione, la dimensione e le funzioni delle OP e delle OI sono molto diversificate per fenomeni storico-culturali e per le caratteristiche locali della domanda e dell’offerta di prodotti e servizi agro-alimentari. La produzione ortofrutticola organizzata, che in Italia è pari a circa il 50% di quella totale, supera il 70% in Belgio, Olanda e Irlanda mentre non raggiunge il 20% in Grecia, Portogallo e in gran parte dei nuovi stati membri. In alcuni paesi nord europei e laddove esiste una forte specializzazione per prodotto le OP sono particolarmente concentrate e possiedono quote rilevanti del mercato interno; nei paesi mediterranei e nei nuovi stati membri invece esse sono estremamente polverizzate e il grado di concentrazione dell’offerta che esercitano è molto limitato (Com 2014, Agrosynergie 2008). Assai meno diffuse sono le OI, attualmente presenti ed operanti solo in Francia e Spagna.
In un nuovo contesto così diversificato e in continua evoluzione, il coordinamento tra autorità e politiche in materia di agricoltura e concorrenza, oltre ad essere ancora più necessario per le ragioni sopra menzionate, deve essere sufficientemente flessibile ad accompagnare e garantire sotto il profilo legale ed economico modelli organizzativi e funzioni differenti.
La disciplina della concorrenza nella organizzazione dei mercati agricoli
L’originario obiettivo di riequilibrare il potere contrattuale dei produttori agricoli lungo la filiera attraverso aggregazioni di imprese trova come principale contraltare sul piano della concorrenza l’art. 101(1) del Tfue che vieta “tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri”. Il Trattato introduce tuttavia una deroga generale, applicabile in tutti i settori dell’economia, nel comma 3 dello stesso articolo ed una deroga generale applicabile all’agricoltura nel titolo relativo alla Pac all’art.42.
Nel primo caso, l’art. 101(3) del Tfue e il suo regolamento esecutivo (Reg.330/2010) ammettono la possibilità di disattendere il divieto di accordi tra imprese di cui all’art. 101(1) a condizione che: a) contribuiscano a migliorare l’efficienza produttiva e distributiva del settore; b) distribuiscano ai consumatori parte dei relativi benefici; c) siano indispensabili per conseguire quegli obiettivi; d) non eliminino la concorrenza per parte sostanziale dei prodotti oggetto dell’accordo2.
Nel secondo caso, relativamente all’agricoltura, l’art. 42 del Tfue offre al Consiglio e al Parlamento la possibilità di stabilire, tenendo conto degli obiettivi della Pac (art.39 Tfue), la misura in cui le regole generali della concorrenza siano applicabili alla produzione e al commercio dei prodotti agricoli. Tale potenzialità di deroga per l’agricoltura è stata a più riprese interpretata, in diverse sentenze della Corte di Giustizia, come una preminenza degli obiettivi della Pac rispetto alla disciplina generale della concorrenza (Del Cont, Bodiguel e Jannarelli 2012, Benatti 2013, Edward e Lane 2013, Modrall 2016). A questo proposito, infatti, la sentenza della Corte Cge C-280/93 sostiene che “gli autori del Trattato erano consapevoli che il simultaneo perseguimento dei due obiettivi (Pac e concorrenza) potrebbe, alcune volte ed in determinate circostanze, rivelarsi difficile” ed individua nell’ art. 42 “la priorità della politica agricola sugli obiettivi del Trattato in materia di concorrenza”.
L’opportunità di deroga offerta al legislatore dall’art 42, già presente peraltro nell’art 36 del Trattato di Roma, viene declinata nei regolamenti istitutivi della Pac con il Reg. 26 del 1962 successivamente abrogato, ma la cui sostanza è stata integralmente ripresa in tutti i passaggi successivi (Reg. 1184/2006 e Reg. 1234/2007), fino all’attuale regolamento sull’Ocm unica (Reg.1308/2013). Ai sensi di tali regolamenti si configura una “deroga generale” per l’agricoltura al divieto di accordi restrittivi della concorrenza (Tabella 1), la cui caratteristica è che il ricorso ad essa “non necessita di alcuna decisione previa della Commissione, si applica autonomamente e sono i produttori a dover valutare se ne soddisfano le condizioni” (European Commission 2015). Vale dunque per la deroga generale il principio della “autovalutazione” che di fatto assegna l’onere della prova al soggetto che ne fa uso.
Tabella 1 – Deroga generale alla concorrenza per il settore agricolo
Fonte: Tfeu Art 101 e Art 42 e Regolamenti 1184/2007, 1234/2007, 330/2010, 1218/2010, 1308/2013
La prima eccezione di fatto ha avuto effetti solo transitori, dal momento che organizzazioni nazionali di mercato, quali erano quelle del patate in Francia e dei Milk Marketing Boards in Inghilterra, sono state riassorbite nell’Ocm. Molto più frequente è stato il ricorso alla seconda e terza eccezione. Tuttavia, l’eccezione di cui al punto 2, come da decisione della Commissione del 14/12/1998 “va interpretata secondo criteri restrittivi”; essa infatti “si applica unicamente se un accordo favorisce la realizzazione contestuale di tutti gli obiettivi della Pac” e se tale accordo “figura nel novero dei mezzi previsti dal regolamento Ocm”. Inoltre in piena coerenza con i principi base della disciplina della concorrenza, l’accordo deve configurarsi come l’unico mezzo che permetta di conseguire gli obiettivi della Pac.
E’ la terza eccezione quella che si rivela come la deroga più significativa alla disciplina della concorrenza, giacchè essa copre tutti gli accordi tra imprese agricole in forma singola o associata, consentendo la realizzazione congiunta di attività di produzione, commercializzazione (joint selling), trasformazione e stoccaggio di prodotti agricoli. La limitazione più rilevante, in questo caso, riguarda il divieto di obbligare i membri dell’accordo a praticare lo stesso prezzo di vendita del prodotto (price fixing). E’ verosimile che la riduzione del protezionismo agricolo e l’ormai completo smantellamento del sistema di prezzi minimi garantiti, nonché il ruolo sempre più rilevante assegnato dall’ultima riforma alle organizzazioni dei produttori nel governo delle Ocm, spinga il legislatore europeo ad allentare progressivamente il limite del price fixing. Così è puntualmente successo nel caso del pacchetto latte del 2012 (Reg. 261/2012), laddove l’uscita dal regime delle quote e i conseguenti squilibri del mercato hanno reso necessario consentire alle OP di negoziare collettivamente con l’acquirente i termini contrattuali, prezzo incluso.
In definitiva, un’attenta lettura della deroga generale per l’agricoltura porta a ritenere che il legislatore comunitario abbia fatto un uso molto cauto e moderato degli ampi margini concessi dall’art. 42 del Tfue. Da notare, infatti, che l’art.42 parte dall’assunto che “le regole della concorrenza sono applicabili alla produzione ed al commercio dei prodotti agricoli…….soltanto nella misura determinata dal Parlamento e dal Consiglio……avuto riguardo degli obiettivi enunciati nell’art. 39”. In questo quadro, le decisioni del legislatore e le interpretazioni dell’esecutivo si rivelano particolarmente riduttive dal momento che, anziché produrre una disciplina specifica per l’agricoltura in materia di concorrenza, si muovono esclusivamente all’interno di un paradigma “principio-eccezione”: in esso, l’impianto derogatorio per il settore agricolo va inteso come eccezione a un principio di carattere generale di tutela indifferenziata della concorrenza in tutti i mercati, indipendentemente dalle loro specificità (Del Cont, Bodiguel e Jannarelli 2012). Pertanto, benché il Trattato ammetta una preminenza degli obiettivi della Pac rispetto a quelli concorrenza, il combinato dei regolamenti comunitari e delle decisioni della Commissione in merito esprime la scelta di non sovvertire il principio generale che le regole della concorrenza restino applicabili alla produzione e commercio dei prodotti agricoli con poche eccezioni la cui interpretazione si è generalmente rivelata assai restrittiva.
In certi casi ben definiti il legislatore ha ritenuto necessario tener conto di particolari caratteristiche di taluni settori agricoli attraverso deroghe specifiche che autorizzano gli agricoltori o le loro associazioni a intraprendere delle attività congiunte che vanno di là da ciò che è consentito dalle regole concorrenza per i mercati agricoli (contenute nell'Ocm unica o Regolamento 1308/2013). Si tratta di deroghe che sono in atto sin dagli anni settanta, come per esempio quelle che regolano la commercializzazione della produzione da parte delle organizzazioni di produttori nel settore ortofrutticolo oppure regolano i rapporti interprofessionali tra agricoltori e produttori di zucchero. Altre disposizioni sono state introdotte più recentemente, come quelle compresse nel "pacchetto latte" del 2012 (Reg. 261/2012) che consentono l'utilizzo di contratti scritti con indicazione dei prezzi di compravendita. Infine, con l'ultima riforma la possibilità di organizzare la produzione (compresa la commercializzazione) è stata estesa agli altri settori agricoli.
Ciascuna di queste deroghe specifiche presenta caratteristiche e condizioni per la loro applicazione molto differenti.
Nel settore ortofrutticolo le OP e le Associazioni di OP svolgono un ruolo rilevante nell'organizzazione della filiera, per cui è concesso loro un aiuto finanziario comunitario per la costituzione dei loro programmi operativi. Al fine di garantire la loro efficienza, le OP sono tenute a commercializzare l'intera produzione dei loro membri (con alcune eccezioni, ad esempio per la vendita in azienda). La Corte Europea di Giustizia ha considerato nella sua decisione T-432/2007 che tale obbligo richiede all'OP di essere in condizioni di controllare anche la fissazione del prezzo di vendita., che diventa così quindi un requisito derivante dall’obbligo legale dell'OP di vendere la produzione dei suoi membri. A nostro avviso, e probabilmente anche per la Corte, questa attività è implicitamente esente da regole di concorrenza (Velazquez e Buffaria 2015). Detto questo, una possibile debolezza sistemica del regime è che - a differenza delle possibilità di negoziazione collettiva previste per i lattiero-caseari, i seminativi, l'olio d'oliva e le carni bovine - non esiste una quota di mercato massima da applicare alle OP o Associazioni di OP che intendono impegnarsi nelle operazioni di commercializzazione.
Nel settore dello zucchero sono attualmente previste regole per i rapporti interprofessionali - la negoziazione collettiva. Tuttavia, il sistema delle quote per lo zucchero si applicherà fino alla fine della campagna di commercializzazione 2016/2017 (articolo 124 del regolamento Ocm) e dopo tale data non ci sarà più un prezzo garantito per la barbabietola da zucchero. Si pone la questione se i produttori saranno in grado di continuare a negoziare collettivamente i prezzi dopo la fine del regime delle quote. A differenza degli altri settori, in questo caso non vi è alcuna disposizione esplicita riguardo alla contrattazione collettiva da parte dei coltivatori di barbabietola da zucchero nell'Ocm unica, giacchè le regole nel settore dello zucchero non prevedono la negoziazione di accordi interprofessionali tra associazioni di bieticoltori e produttori di zucchero.
Nel settore del latte: la possibilità di vendita congiunta di latte crudo da parte delle OP è stata introdotta con il cosiddetto 'pacchetto latte'. La caratteristica principale delle deroghe in questo comparto è che il prezzo di vendita alla consegna può essere impostato in un cosiddetto modello di "contratto scritto". Inoltre, a differenza delle disposizioni in materia di olio d'oliva, carne bovina e di seminativi, la possibilità di OP latte per vendere congiuntamente (e fissare i prezzi) per il latte crudo dei loro membri è limitata solo da alcune (generose) soglie quantitative (fino al 33% della produzione nazionale per OP).
Le regole per i rapporti contrattuali nei settori dei seminativi, olio d'oliva e carne bovina sono una novità introdotta con Reg. 1308/2013. Le deroghe, contenute negli articoli 169-171, hanno lo scopo di garantire le possibilità di cooperazione rafforzata per le OP, in aggiunta a ciò che è già ammesso dalle esenzioni generali alle regole di concorrenza. Lo scopo di questi articoli è quello di rafforzare il potere contrattuale dei produttori, allo stesso tempo evitando la creazione potere di mercato. Per agevolare l'implementazione delle regole e contribuire al raggiungimento di questo obiettivo, le disposizioni contengono garanzie e soglie quantitative per consentire parità di condizioni a tutti gli operatori.
Al fine di aiutare sia gli agricoltori sia le autorità nazionali garanti della concorrenza a interpretare e applicare queste disposizioni, la Commissione europea ha presentato un documento contenente linee guida per l'attuazione degli articoli 169-171 dell'Ocm unica. Le linee guida mirano anche a garantire la coerenza giuridica in tutti gli Stati membri dell'UE e definiscono le condizioni che OP devono soddisfare per beneficiare delle deroghe. In particolare, sono definite le condizioni per il riconoscimento delle OP e delle associazioni di OP, gli obiettivi specifici che devono essere perseguiti, la necessità di dimostrare che le OP generano una gestione più efficiente rispetto agli operatori singoli, i rapporti tra le OP e i suoi membri, e i massimali su quantitativi soggetti a notifiche e obblighi contrattuali. Queste linee guida sono sicuramente un punto di riferimento per un'univoca interpretazione delle regole.
Riflessioni conclusive
Le riforme della Pac che si sono succedute negli ultimi venti anni hanno profondamente modificato il quadro dell’organizzazione e della regolamentazione dei mercati agricoli nell’UE. La nuova Ocm unica, che ha preso forma nella riforma del 2003 e in quella più recente del 2013, configura un modello di governance dei mercati radicalmente diverso dal passato nella natura dell’intervento e nei soggetti responsabili. In questo quadro il difficile equilibrio tra obiettivi della Pac e norme per la tutela della concorrenza assume nuove connotazioni. Il sostanziale smantellamento di interventi protezionistici a favore del settore agricolo che peraltro mantiene le sue prerogative di “eccezionalità”, insieme al ruolo centrale che la nuova Ocm unica assegna alle strategie di coordinamento orizzontale e verticale, enfatizza la difficoltà di conciliare gli obiettivi di politica agraria con quelli di tutela della concorrenza e richiederebbe un complessivo ripensamento del sistema di deroghe alla concorrenza accordato all’agricoltura.
Con il regolamento 1308 del 2013, il paradigma “principio-eccezione”, che ha governato il complesso sistema di deroghe alla concorrenza per i mercati agricoli fin dalle origini della Pac, ha integralmente mantenuto la sua connotazione (Del Cont, Bodiguel e Jannarelli 2012). Le diverse interpretazioni della “deroga generale” che si sono succedute nel tempo, insieme all’estensione di deroghe specifiche ai diversi settori, alle OP, alle OI e alle relazioni contrattuali, ha portato alla costruzione di un complicatissimo e difficilmente interpretabile sistema di deroghe. In esso, ogni eccezione alla concorrenza, per poter essere utilizzata, richiede il rispetto di una serie di condizioni, differenziate a seconda delle circostanze, che configurano un articolato “castello di eccezioni all’eccezione” e che rendono l’utilizzo della disciplina complicato e rischioso anche per operatori particolarmente esperti. Ciò potrebbe inibire gli effetti economici della deroga, laddove determinati accordi tra imprese e pratiche commerciali non richiedono una preventiva autorizzazione della Commissione, ma sono affidate all’autovalutazione degli operatori.
Un ulteriore aspetto da sottolineare è la differenziazione delle eccezioni alla concorrenza riservate ai diversi settori e alle diverse forme di accordo e/o associazione tra imprese; differenziazione che solo occasionalmente è giustificata da particolari caratteristiche tecniche e organizzative. Le deroghe riservate al settore lattiero e a quello ortofrutticolo sono infatti meno severe e condizionate rispetto a quelle introdotte dall’ultimo regolamento Ocm a favore dei settori dell’olio d’oliva, delle carni bovine e di gran parte dei seminativi. Difformità di trattamento sembrerebbero rivelarsi anche tra le OP e le cooperative rispetto alla possibilità di commercializzare congiuntamente il prodotto3 (Buffaria e Velazquez 2015). C’è l’oggettivo rischio che nel medio periodo, tali disparità di trattamento possano riflettersi in una distorsione dei segnali di mercato e delle scelte produttive degli agricoltori. In questo caso le policy distortions, uscite dalla porta nelle ultime riforme della Pac, potrebbero rientrare dalla finestra nella forma di deroghe alla concorrenza differenziate per settore. Ciò vanificherebbe almeno in parte il difficile percorso di riorientamento al mercato dell’agricoltura europea intrapreso negli ultimi venti anni (Sorrentino, Russo e Cacchiarelli 2016).
Sulla base di queste riflessioni, peraltro limitate agli accordi tra imprese di cui all’art. 101 del Tfue, ci sembra di poter affermare che l’attuale assetto della Pac e la logica che oggi ispira l’Ocm unica pongono la regolamentazione della concorrenza nei mercati agricoli di fronte ad una nuova sfida. Se per un verso, le nuove funzioni di organizzazione del mercato assegnate a soggetti privati, quali le OP e le OI, richiedono una particolare attenzione a limitare un loro potenziale esercizio di pratiche restrittive della concorrenza; per un altro verso, il venire meno dell’intervento pubblico a tutela della produzione agricola sul mercato richiede nuovi ed efficaci strumenti volti a riequilibrare il potere contrattuale dei produttori agricoli nella filiera agro-alimentare. Conciliare le due spinte è difficile, soprattutto se si rimane in un sistema di deroghe che risponde ad una Pac profondamente differente da quella attuale e che oggi richiede un insieme di “eccezioni ad eccezioni”, eccessivamente complicato e talvolta anche contraddittorio.
Una possibilità di conciliare gli obiettivi delle due politiche nel nuovo contesto è quella di ripensare completamente il tradizionale paradigma principio-eccezione, formulando un quadro organico di regole per la concorrenza specifico per gli accordi tra imprese in agricoltura. Si tratta di una possibilità concreta dal momento che l’art. 42 del Tfue, seppure fino ad oggi interpretato in maniera restrittiva, offre al legislatore comunitario la possibilità di formulare una disciplina specifica per la concorrenza in agricoltura con il solo vincolo del rispetto degli obiettivi della Pac (Del Cont, Bodiguel e Jannarelli 2012, Carrau 2012). I principi attorno ai quali riteniamo debba ruotare una specifica disciplina per la concorrenza nei mercati agricoli sono essenzialmente due: rendere efficaci e flessibili gli strumenti previsti dall’attuale Ocm per riequilibrare il potere contrattuale nella filiera agro-alimentare; far convergere l’attuale sistema di deroghe alla concorrenza in un quadro unico, semplificato e omogeneo per tutti i comparti del settore.
Riferimenti bibliografici
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*Il contributo di Beatriz Velazquez riflette il punto di vista dell'autrice e non dovrebbe in alcun modo essere associato a quello della Commissione Europea.
- 1. Inoltre, tale visione del settore agricolo sarebbe stata concepita prima ancora degli strumenti della futura Pac.
- 2. Del Cont, Bodiguel e Jannarelli (2012) individuano tale deroga come potenzialmente più ampia di quella applicabile all’agricoltura.
- 3. Le attività delle cooperative sarebbero esenti se esse soddisfano le condizioni generali di adempimento alle regole di Concorrenza, vale a dire di creazione di efficienza, vantaggi per i consumatori, nessuna limitazione sproporzionata della concorrenza.