Coltivare l'urbano: una lettura in chiave territoriale del fenomeno a Roma e Milano

Coltivare l'urbano: una lettura in chiave territoriale del fenomeno a Roma e Milano

Introduzione

Le potenzialità dell’agricoltura urbana (AU) sono state evidenziate da numerosi studi, che hanno messo in evidenza come essa rappresenti un valido strumento per contribuire a tessere legami sociali anche in situazioni di forte degrado o crisi; a preservare e migliorare la qualità della vita delle popolazioni urbane; ad assicurare alimenti sani e nutrienti, mezzi di sussistenza sostenibili, migliori condizioni di salute, soprattutto nelle aree più povere; a promuovere l’educazione ambientale ed il rapporto con l’alimentazione; a riqualificare gli spazi urbani, ecc. L’AU, in sintesi, risulta uno strumento strategico per favorire uno sviluppo sostenibile delle città e riequilibrare i rapporti tra il mondo rurale e quello urbano, con funzioni ecologiche, sociali, estetiche, produttive, ecc. (Barthel e Isendahl, 2013; Bendt et al., 2013; Eigenbrod e Gruda, 2015; Lachowycz e Jones, 2011).
I poli urbani presentano una varietà di aree adibite a orti coltivati, piccoli frutteti, vigneti, oliveti, ecc., che in alcuni casi sorgono in aree occupate abusivamente, marginali o degradate ed in altri in aree concesse dalle amministrazioni secondo regole specifiche. A volte tali esperienze, anche quando sorgono su suolo pubblico, sono prive di relazioni con il contesto circostante ed escludono dalla fruizione degli spazi la popolazione locale. In altri casi, invece, la gestione degli spazi e delle produzioni è tale da permettere uno scambio continuo con la comunità e il territorio circostante, con un arricchimento diffuso in termini di socialità e coesione.
Con l’aumento delle forme di AU, negli ultimi anni si è registrato anche un incremento dell’attività di analisi del fenomeno, tesa il più delle volte a studiare le caratteristiche e gli effetti di specifiche esperienze in contesti circoscritti, anche a causa della mancanza di fonti informative. In Italia, secondo i dati Istat (2013), la superficie media comunale dei capoluoghi di provincia utilizzata come superficie agricola (Sau) è pari al 45,5% del territorio, con la crescente diffusione nelle città di “orti urbani”, attivati in 44 amministrazioni per una superficie media pari allo 0,2% della Sau presente. L’impressione che si ha nell’analizzare i dati, tuttavia, è che il quadro presentato non renda conto della pluralità delle forme che la nostra agricoltura assume e che solitamente sfuggono alle statistiche. Si tratta, in particolare, di attività di dimensioni ridotte per superficie e reddito prodotto, capaci però di produrre effetti rilevanti di tipo economico, ambientale e sociale. Tali attività coinvolgono persone occupate in altri settori produttivi o uscite dal mercato del lavoro e sono orientate prevalentemente, sebbene non esclusivamente, all’autoconsumo. Si tratta di un’agricoltura orientata alla produzione di ortaggi, frutta, vite e olivo, e la loro trasformazione per uso domestico, ma anche, seppur in misura ridotta, finalizzata alla vendita diretta, lo scambio o il regalo.
Partendo da queste considerazioni il Crea (Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l'Analisi dell'Economia Agraria) ha realizzato una lettura dell’AU in chiave territoriale nelle città di Roma e Milano, della quale l’articolo riporta una sintesi.

Alcune esperienze di mappatura spaziale del fenomeno

Roma

Un primo tentativo di mappatura ufficiale dell’AU è stato il “Censimento degli orti spontanei nel territorio del Comune di Roma dentro il G.R.A.” nel periodo 2003-2006 da Roma Capitale. La rilevazione (Roma Capitale, 2011), purtroppo parziale ed incompleta, ha portato alla luce 67 siti con più di 2.300 orti informali per una superficie superiore ad 89 ha. Le aree coltivate, spesso ubicate in zone marginali, in prossimità di fiumi e all’interno di aree verdi, risultavano appartenenti per il 25% all’Amministrazione Capitolina e per la restante parte alla Provincia, Regione ed ad enti privati.
Nel 2010, StudioUap, studio di architettura e paesaggio, con il progetto “Zappata Romana”, recuperando informazioni sulle varie attività esistenti ha creato una mappa in Google Maps sugli orti e giardini condivisi. L’ultimo aggiornamento (novembre 2015) riporta 200 siti, suddivisi in 102 giardini, 67 orti e 31 “giardini spot”, ovvero aree verdi riqualificate mediante attività di guerriglia gardening.

Milano

Un primo censimento del fenomeno è stato condotto con un progetto Prin nel 2008 realizzando alcune cartografie nate dall’integrazione di dati dedotti dalle immagini satellitari di Google Earth (2010) con il Censimento degli orti urbani del 1999 di Italia Nostra e del Centro Forestazione Urbana e con dati rilevati in campo (Cognetti et al., 2012). I risultati hanno evidenziato, al 2011, l’esistenza di 194 colonie ortive su un'area di circa 167 ha, con le aree più piccole equamente distribuite su tutta la superficie comunale (ad eccezione delle zone centrali dove sono quasi assenti) e quelle di maggiori dimensioni localizzate nelle aree orientali e meridionali. Il confronto tra i dati del 1999 e quelli del 2011 ha evidenziato un decremento di circa 10 ha, con una dinamica temporale di espansioni, contrazioni e mobilità spaziale.
Un’altra iniziativa ufficiale è quella pubblicata in formato open data dal Comune di Milano con informazioni sull'ubicazione e superficie di orti comunali e didattici. L'ultimo aggiornamento (2014) riporta 88 orti comunali ed una superficie complessiva di circa 3.75 ha. La concentrazione maggiore si riscontra nella parte meridionale (Parco Agricolo Sud Milano), mentre nell'area nord gli orti sono poco numerosi e sono praticamente assenti nel centro città.
Tra le iniziative non ufficiali si segnala "Orto diffuso wiki map Milano", il progetto di mappatura web nato nel 2009 dall’iniziativa "Orto diffuso" delle esperienze di orticoltura (orti comunali, giardini condivisi, orti privati e balconi). L’ultimo aggiornamento (2013) riporta 83 siti.

La mappatura spaziale dell'agricoltura urbana realizzata dal Crea

Nel 2014, nell'ambito del progetto “Promozione della cultura contadina” coordinato dal Crea, è stata sviluppata una metodologia per la mappatura spaziale dell’agricoltura urbana con l’obiettivo di colmare la lacuna, piuttosto comune nelle varie realtà metropolitane, di informazioni ufficiali complete ed aggiornate. Il progetto è stato condotto nelle città di Roma e Milano. Nel caso di Milano, l’ambito territoriale indagato coincide con i confini amministrativi (18.168 ha), diversamente per Roma, data l’enorme estensione della città, lo studio è stato limitato all’area delimitata dal Grande Raccordo Anulare (34.400 ha).
La metodologia è basata sull'utilizzo di Google Earth e sull’attività di fotointerpretazione a cura di esperti. Google Earth è uno strumento per la creazione di informazioni geografiche ed una archivio immagini telerilevate (acquisite da piattaforme satellitari e/o aviotrasportate) ad altissima risoluzione spaziale che consentono di riconoscere anche piccolissimi areali coltivati e di analizzare l’evoluzione del fenomeno (multitemporalità delle immagini). La fotointerpretazione è stata realizzata individuando due estremi temporali in relazione alla disponibilità di immagini di buona qualità e risoluzione: 2007 e 2013 per Roma e 2007 e 2014 per Milano.
Nello specifico, la metodologia è articolata in sette attività distinte come riportato di seguito.

  1. Riconoscimento dell’area coltivata in Google Earth nei due anni di riferimento.
  2. Verifica dell’area con altri strumenti di web-mapping (Google Maps, Microsoft Bing Maps e Google Street View) sfruttando differenti modalità di visualizzazione (es. immagini panoramiche).
  3. Digitalizzazione in Google Earth del poligono coltivato.
  4. Raccolta di informazioni integrative associabili all’area individuata dedotte da documenti Web, pubblicazioni scientifiche, cartografie ed altre fonti geospaziali, ecc..
  5. Definizione degli attributi dell’area mediante classificazione tipologica e riconoscimento dell’uso del suolo agricolo prevalente.
  6. Validazione delle aree con controlli in campo su un campione rappresentativo.
  7. Elaborazioni in ambiente Gis (Geographic Information System) e finalizzazione della banca dati geografica.

La classificazione delle aree coltivate è basata su chiavi interpretative per discriminare cinque tipologie (Tabella 1): orti residenziali, orti condivisi, aziende agricole, orti istituzionali ed orti informali. Ogni parcella è anche classificata in termini di uso del suolo agricolo distinguendo tra orticoltura, frutticoltura, coltivazioni miste, viticoltura e olivicoltura. La banca dati non comprende gli eventuali terreni aziendali a riposo che, in assenza di ulteriori informazioni, possono essere confusi con aree naturali e/o semi-naturali. Nel caso di Roma, le aziende agricole sono mappate in modo parziale mancando degli innumerevoli ed estesi terreni adibiti a seminativo/pascolo/riposo non considerati poiché la procedura risultava particolarmente onerosa. L’approccio proposto consente di inventariare il fenomeno in chiave esclusivamente territoriale, una modalità che ha dimostrato una buona efficacia anche in altri contesti urbani (Kremer e DeLiberty, 2011; Mendes et al. 2008; Orsini et al., 2014; Taylor, e Lovell, 2012). Tuttavia, tale modalità operativa può in alcuni casi non essere efficace nel processo di classificazione delle varie tipologie di AU. Infatti, alcuni dettagli specifici, seppur caratterizzanti, non sono considerati nella classificazione poiché impossibili da dedurre da remoto senza informazioni ausiliarie. Esempi specifici sono il tipo di attività svolte nelle parcelle, il titolo di possesso (pubblico/privato), la natura del soggetto promotore dell’iniziativa, ecc. Se si considera una data area coltivata che appare dalle immagini con una struttura spaziale che delinea una suddivisione in più lotti, in assenza di informazioni specifiche, l’area è classificata come orto condiviso. Tuttavia, il sito individuato potrebbe in realtà anche essere un insediamento non autorizzato di grandi dimensioni e suddiviso in singole parcelle coltivate, rientrando nella categoria degli orti informali. Si tratta di casi che possono essere frequenti per la città di Roma dove i siti informali, anche di grande estensione, sono storicamente presenti. Recentemente, molti di questi sono stati oggetto di un processo di riconoscimento ufficiale, pertanto, tutte queste superfici sono associabili alla categoria degli orti condivisi. Un ulteriore approfondimento merita la categoria degli orti informali, in cui la classificazione è principalmente basata sul parametro dimensionale (piccoli appezzamenti) e sull’ubicazione territoriale (confinati in aree marginali e generalmente nascoste). Esiste, tuttavia, la possibilità che, in assenza di informazioni aggiuntive, alcune superfici possano essere in realtà orti residenziali, anche se la frequenza di tali casi si ritiene trascurabile. Dal punto di vista fotointerpretativo è possibile sfruttare altri elementi che possono ridurre l’incertezza della classificazione per questa tipologia. Infatti, è frequente che gli orti informali abbiano un elevato dinamismo territoriale: i siti non sono statici né nella posizione né nella dimensione, come emerge dall’analisi multitemporale delle immagini (2007, 2011 e 2013 e 2014) disponibili per le aree indagate. Nel caso degli orti istituzionali, la classificazione utilizza come elementi caratterizzanti la prossimità dell’area coltivata a strutture o istituzioni di varia natura (es. scuole, carceri, parrocchie, monasteri, ecc.) oltre alle informazioni ausiliarie disponibili. Tuttavia, anche in questo caso permane un margine di indeterminazione, che si ritiene trascurabile, dovuto a tutti quei casi in cui le varie istituzioni abbiano proprietà coltivate ubicate non nelle immediate vicinanze.

Tabella 1 - Categorie definite per la classificazione tipologica dei siti di AU e relativa descrizione

Fonte: ns elaborazione

Risultati e discussioni

La figura 1 mostra la distribuzione delle varie tipologie di siti cartografati nell’area delimitata dal Grande Raccordo Anulare di Roma, in cui appare evidente la concentrazione nelle aree periferiche e la rarefazione nelle aree centrali densamente urbanizzate. Gli orti residenziali si addensano nelle aree periferiche dove la struttura urbanistica, le forme insediative disperse e le aree libere sono fattori predisponenti. Le aziende agricole, con i loro terreni di ampie dimensioni, si localizzano nelle aree lasciate libere dall’urbanizzazione, così come generalmente avviene per tutte le categorie. Gli orti istituzionali si posizionano nelle vicinanze delle strutture di afferenza (es. cortili scolastici, spazi degli istituti di pena, terreni dei monasteri, ecc.). Complessivamente, i siti mappati sono 2.844 nel 2007 e 3.200 nel 2013 (Figura 3), con un incremento di 357 unità (+12.6%). In termini di superficie, le aree coltivate coprono 214 ha nel 2007 e 215 ha e nel 2013, con un lieve incremento pari allo 0.5% (Figura 3).
Gli orti residenziali, in termini di numero di parcelle nei due anni di osservazione, rappresentano la categoria più numerosa. Nel 2013 costituiscono l’85% dei poligoni ed il 48% della superficie totale dell’AU mappata, con 102 ha di superficie. Tra il 2007 ed il 2013 il numero di poligoni aumenta di 320 unità (+13.4%) e la superficie cresce di 2 ha (+2%). L’incremento potrebbe essere collegato sia a motivi economici (esiste una sovrapposizione tra il periodo della crisi economica e quello di osservazione) sia a un rinnovato interesse verso l’AU.
Gli orti condivisi e gli istituzionali si collocano al secondo posto in termini di superficie, coprendo, in entrambi i casi, in media la metà della superficie dei residenziali. Entrambi evidenziano un incremento del numero di poligoni nel periodo di riferimento: +10% i condivisi e +9.2% gli istituzionali. Questi ultimi mostrano anche un leggero incremento della superficie (+2.5%). I risultati potrebbero sembrare anomali e in controtendenza con l’evoluzione del fenomeno che recentemente ha avuto grande diffusione con l’autorizzazione di numerosi orti condivisi da parte dell’amministrazione cittadina. In realtà, la maggior parte dei nuovi areali autorizzati ricade al di fuori del Gra pertanto sfugge nell’analisi effettuata.
Gli orti informali sono i meno diffusi sia in termini numerici che di superficie costituendo il 2% del totale dei poligoni sia nel 2007 sia nel 2013 ed occupando il 3% nel 2007 ed il 2% nel 2013. Nel periodo 2007-2013, se da un lato si ha un leggero aumento del numero di parcelle (+2.5%), in assoluto si ha una forte contrazione della superficie coltivata (-30%). Quest’ultimo dato appare interessante e può essere spiegato, con una certa probabilità, sia con la diffusione degli orti condivisi sia con il processo di regolarizzazione di numerose aree.
Per la città di Milano, la banca dati geografica consente una lettura completa del fenomeno grazie alla mappatura dell’intera superficie amministrativa (18.167 ha) in un'ottica multitemporale per il periodo 2007-2014. La distribuzione spaziale delle varie tipologie (Figura 2) mostra una concentrazione dei siti nei quadranti orientali e meridionali e conferma il pattern spaziale osservato in altri progetti di mappatura: tali aree sono sia meno urbanizzate sia sede di numerose aziende agricole, tutte condizioni che favoriscono lo sviluppo dell’AU. Come osservato nel caso di Roma, le aree centrali, densamente urbanizzate, non lasciano spazio alle attività di coltivazione. Complessivamente, i siti ammontano a 1.047 nel 2007 e 945 nel 2014 (Figura 5), con un leggero decremento nell’intervallo di riferimento (-10 %). In termini di superficie, l’AU occupa 92 ha nel 2007 e 80 ha nel 2014 (-14%). In assoluto, gli orti residenziali sono i più diffusi in termini di parcelle coltivate in entrambi gli anni di osservazione, caratteristica condivisa anche con la città di Roma. Diversamente, in termini evolutivi, la categoria è in controtendenza a Milano dove si registra una contrazione sia in termini di parcelle (-11%) che di area coltivata (-10%) nel periodo 2007-2014.
Gli orti condivisi sono la categoria più estesa (68 ha nel 2007 e 57 ha, nel 2014). In termini di evoluzione temporale, nei sette anni la superficie complessiva subisce un decremento del 17% e la stessa direzione si rileva per il numero di parcelle (-11%).
Gli orti residenziali insieme ai condivisi costituiscono le categorie dominanti sia in termini di poligoni (93% nel 2007 e 92% nel 2014) sia in termini di superficie coltivata (96% della superficie mappata nel 2007 e il’94% nel 2014).
La decrescita percentuale complessiva delle aree mappate, ed in modo particolare degli orti residenziali e condivisi (che rappresentano la percentuale maggiore), può essere spiegata con la dinamicità dell’attività di coltivazione amatoriale legata alla variabilità dell’interesse da parte dei cittadini, nel corso delle diverse stagioni, a coltivare con maggiore o minore intensità.
Gli orti istituzionali occupano una superficie pari al 3% del totale nel 2007 e del 5% nel 2014. La categoria è l’unica che mostra un incremento delle superfici (30% nel periodo 2007-2014). L’evoluzione è probabilmente legata ad un aumento delle iniziative intorno al tema dell’AU con varie finalità (formative, ricreative, di reinserimento sociale, ecc.) da parte di varie strutture (scuole, istituti di pena, ecc.).
Gli orti informali sono la categoria meno diffusa, sia in termini di numero di poligoni sia di superficie. Il numero di parcelle costituisce il 2% del totale in entrambi gli anni di rilevazione, mentre in termini di area sfiorano la soglia dell’1%, sia nel 2007 che nel 2014. Analizzando la dinamica 2007-2014 emerge una contrazione sia del numero di parcelle (-35%) che la superficie coltivata (-17%). La riduzione, analogamente al caso di Roma (Munafò et al., 2010), potrebbe essere dovuta al diffondersi di altre iniziative regolamentate. Un’altra ipotesi potrebbe essere dovuta alla perdita di aree un tempo adibite alla coltivazione per cambiamenti di uso del suolo.
Rispetto a quest’ultimo punto, il fenomeno del consumo di suolo sembra essere confermato anche dalla lettura dei dati multitemporali della banca dati. La banca dati geografica, contenendo la mappatura completa delle aree agricole dell’area amministrativa di Milano, consente di effettuare anche una stima della pressione delle aree artificiali nel periodo 2007-2014. Dalla lettura dei dati appare inequivocabile il trend espansivo delle aree artificiali a discapito di quelle coltivate ed in particolar modo di quelle aziendali: nei sette anni si registra una perdita di 125 ha di aree agricole, pari al 4.6% del totale delle superfici aziendali mappate.

Figura 1 - Distribuzione spaziale dei siti di AU nella città di Roma (area delimitata dal Grande Raccordo Anulare). I simboli rappresentano il baricentro dei poligoni coltivati rilevati nel 2013 e classificati nelle cinque categorie tipologiche

Fonte: ns elaborazione cartografica realizzata utilizzando la banca dati Crea

Figura 2 - Distribuzione spaziale dei siti di AU all'interno dell'area amministrativa della città di Milano. I simboli rappresentano il baricentro dei poligoni coltivati rilevati nel 2014 e classificati nelle cinque categorie tipologiche

Fonte: ns elaborazione cartografica realizzata utilizzando la banca dati Crea

Figura 3 - Numero di poligoni (sinistra) e superficie coltivata (destra) per le diverse categorie tipologiche di AU rilevate nell’area delimitata dal Grande Raccordo Anulare nel 2007 e nel 2013

Fonte: ns elaborazioni utilizzando la banca dati Crea

Figura 4 - Peso percentuale delle diverse categorie tipologiche di AU rilevate in termini di numero di poligoni (sinistra) e di superficie coltivata (destra) nell’area delimitata dal Grande Raccordo Anulare al 2013

Fonte: ns elaborazioni utilizzando la banca dati Crea
 

Figura 5 - Variazione percentuale del numero di poligoni (sinistra) e della superficie coltivata (destra) per le varie categorie tipologiche di AU rilevate nell’area delimitata dal Grande Raccordo Anulare dal 2007 al 2013

Fonte: ns elaborazioni utilizzando la banca dati Crea
 

Figura 6 - Peso percentuale delle diverse categorie tipologiche di AU rilevate nella città di Milano al 2014, in termini di numero di poligoni (sinistra) e di superficie coltivata (destra)

Fonte: ns elaborazioni utilizzando la banca dati Crea

Considerazioni conclusive

L’analisi dei casi studio presentati mette in evidenza come il fenomeno dell’AU amatoriale sia dominato da una eredità storica in cui il carattere “abusivo”, ovvero privo di riconoscimento da parte delle istituzioni, è stato dominante, differenziandosi dalle altre realtà europee. Storicamente, le città di Roma e Miano mostrano caratteristiche evolutive piuttosto simili partendo dai periodi più remoti fino all’epoca recente. Tuttavia, emergono delle differenze se si analizza il ruolo delle amministrazioni pubbliche. Milano, infatti, ha già avviato da tempo azioni di regolamentazione delle iniziative nate come informali con assegnazione di aree pubbliche da coltivare per finalità non commerciali. Roma, invece, ha un paesaggio agricolo urbano amatoriale dominato storicamente da insediamenti non legalizzati che permane tuttora, anche se di recente sono state avviate attività di regolamentazione anche con l’emanazione di regolamenti comunali come quello del 2015 per gli orti ed i giardini urbani.
Lo studio dell’AU nelle realtà metropolitane oggi risulta determinante per inquadrare il fenomeno e per gestirlo in modo opportuno dal punto di vista della pianificazione urbana. Purtroppo, sebbene il fenomeno sia ormai consolidato ed in rapida diffusione in numerose realtà italiane, come riscontrato nei due casi studio, mancano ancora dei censimenti ufficiali completi ed aggiornati sull’AU, soprattutto con un inquadramento nello spazio geografico urbano.
Guardando al fenomeno nel suo complesso, l’AU è di fatto un tentativo di generazione e recupero di spazi vuoti e verdi urbani, da gestire anche con nuove forme in un’ottica di condivisione. Di fatto, queste nuove interpretazioni spesso partecipative dello spazio metropolitano, sono un tentativo di ricollegamento del legame tra natura e società, che è venuto a mancare con la predominanza dei processi di artificializzazione (Spagnoli et al., 2012). Sarebbe, quindi, importante realizzare mappature spaziali del fenomeno, periodicamente aggiornate, per consentire alle amministrazioni un’adeguata valutazione degli spazi urbani per la pianificazione e la valorizzazione delle diverse funzioni. Tale lavoro potrebbe consentire anche di indagare in modo approfondito le relazioni tra aree coltivate e possibili fonti di contaminazione che possono interessare sia i coltivatori urbani (es. inquinamento aereo) sia la qualità dei prodotti agricoli (es. contaminazione del suolo e delle acque).

Riferimenti bibliografici

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Siti di riferimento

  • Comune di Milano: [Link] (ultimo accesso 05.10.2015)

  • Orto diffuso wiki map Milano: [Link] (ultimo accesso 05.10.2015)

  • Società Geografica Italiana - Recupero e utilizzazione delle aree marginali e degradate di Roma - mappatura "orti urbani": [Link] (Ultimo accesso 05/10/2015)

  • Zappata Romana: [Link] (ultimo accesso 05.10.2015)

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