Zucchero: dopo quarant’anni si volta pagina ma con cautela

Zucchero: dopo quarant’anni si volta pagina ma con cautela

Alla fine di novembre il Consigli dei Ministri dell’Unione Europea, dopo un negoziato durato oltre un anno, anche se divenuto stringente negli ultimi sei mesi, ha approvato la riforma del regime di sostegno per lo zucchero in vigore dal 1968 e che, con l’eccezione di piccoli aggiustamenti, aveva resistito indenne a qualsiasi processo di riforma della PAC. L’attuale OCM si basa sui classici strumenti della vecchia PAC: quote di produzione, sostegno del prezzo interno, protezione nei confronti dei paesi terzi, smaltimento delle eccedenze sul mercato mondiale con restituzioni alle esportazioni.

La crisi del regime attuale

L’OCM è stata oggetto di un fuoco incrociato di critiche sia a livello comunitario che internazionale. Sul fronte interno, il rapporto di valutazione (der Linde e al., 2000) voluto dalla Commissione Europea, ha sottolineato l’effetto negativo prodotto dall’isolamento del mercato europeo sul prezzo mondiale in termini della sua volatilità, il diverso grado di accesso al mercato europeo da parte dei paesi esportatori, la ridotta competitività del sistema industriale determinata dal regime delle quote e dall’isolamento rispetto al mercato internazionale. La relazione della Corte dei Conti Europea (2001), invece, ha evidenziato come sebbene l’OCM avesse raggiunto gli obiettivi generali di assicurare un reddito equo ai produttori, stabilizzare il mercato interno, garantire l’approvvigionamento e migliorare la produttività, non fosse stato dato peso adeguato ai problemi dell’alto costo del sostegno per i consumatori, della formazione di eccedenze e della scarsa concorrenza esistente nel comparto.
Uno studio della Autorità Svedese per la concorrenza (Blume e al, 2002) ha definito la situazione del mercato dello zucchero europeo come collusione tacita, in cui le aziende riescono ad ottenere un prezzo molto superiore al costo marginale, in quanto le altre imprese nel mercato agiscono nello stesso modo senza necessità di comunicazione esplicita e senza infrangere le regole della concorrenza a livello nazionale o comunitario. L’OCM avrebbe facilitato tale comportamento attraverso il meccanismo delle quote, bloccando le importazioni non preferenziali e prevenendo l’entrata di nuove imprese e di prodotti concorrenti come l’isoglucosio. Assegnando quote fisse a livello nazionale l’OCM avrebbe consolidato i mercati nazionali agevolandone la separazione geografica. I pochi gruppi industriali hanno potuto migliorare i propri profitti non accrescendo le vendite all’interno dell’Unione ma aumentando il prezzo nell’ambito della quota e collocando all’esterno, a prezzo più basso, l’eccesso di produzione.
L’effetto distorsivo del regime di sostegno interno sul commercio e l’impatto negativo sulle economie dei paesi meno sviluppati è stato oggetto di pesanti critiche da parte di organizzazioni non governative (Oxfam International, 2004), che hanno accusato l’Unione Europea di ostacolare le politiche per la riduzione della povertà nel terzo mondo, distruggendo le opportunità di sviluppo delle esportazioni nei PVS a vantaggio di grandi gruppi industriali europei.
Parallelamente al dibattito interno sulla riforma, in sede WTO è stato aperto un panel sullo zucchero in seguito alle richieste di Australia, Brasile e Tailandia. Oggetto della disputa sono stati i sussidi comunitari alle esportazioni di zucchero. I paesi appellanti sostenevano che quest’ultima avesse sussidiato le proprie esportazioni in eccesso rispetto agli obblighi di riduzione violando quanto previsto dall’Accordo sull’Agricoltura. I sussidi avrebbero riguardato sia le esportazioni di quota C sia equivalenti in volume importati nell’UE nell’ambito degli accordi preferenziali con alcuni ACP e l’India. Le conclusioni del panel hanno dato torto all’UE. In particolare sulla questione dello zucchero C, il panel ha ammesso l’ipotesi di “sussidio-incrociato” ("cross-subsidization") dato che i produttori di zucchero C possono comprare la materia prima al di sotto dell’effettivo costo di produzione e ciò si configurerebbe come l’esistenza di un pagamento in natura. Gli zuccherifici, infatti, ricevono un input al disotto del giusto valore, rappresentato dal costo medio totale di produzione delle barbabietole. Dal momento che lo zucchero C viene esclusivamente esportato, il panel ha quindi concluso affermativamente sull’esistenza di un pagamento a favore dell’esportazione di un prodotto agricolo, rilevando l’esistenza di un forte coinvolgimento dell’UE nella vendita di zucchero C attraverso il controllo del prezzo dello zucchero in quota A e B, della determinazione delle regole per la negoziazione tra agricoltori e trasformatori del prezzo delle barbabietole destinate alla produzione di zucchero C e quindi anche del prezzo all’esportazione dello zucchero C. Le decisioni relative al panel, operative a partire dal 22 giugno 2006, hanno sicuramente accelerato il processo di riforma.

Il dibattito

Nel luglio 2004 la Commissione ha quindi presentato una prima proposta di riforma i cui elementi principali erano rappresentati dalla forte riduzione dei prezzi istituzionali, dalla abolizione dell’intervento, dalla riduzione delle quote e dalla loro trasferibilità. Le prime reazioni degli Stati membri rispecchiavano un fronte tutt’altro che compatto. Danimarca, Svezia e Gran Bretagna si erano dichiarate favorevoli, Olanda e Germania avevano considerato la proposta una buona base di partenza, la Francia aveva reagito negativamente alla riduzione della protezione esterna e si era dichiarata in difesa della produzione delle regioni ultra-periferiche, gli altri paesi si erano opposti giudicando eccessivamente drastica la riduzione di prezzo. Un altro punto caldo del dibattito è stato rappresentato dall’ipotesi di trasferibilità delle quote che ha incontrato l’opposizione dei paesi meno competitivi.
La proposta è stata oggetto di valutazione in molti studi che, seppure con la difficoltà di confrontarne i risultati a causa delle diverse metodologie adoperate, assunzioni di base e definizione degli scenari simulati, sembrano concordare nella direzione dei risultati: un taglio della quota nell’UE determinerebbe un effetto negativo sulla produzione interna di zucchero variabile in funzione dell’associata riduzione del prezzo di intervento. In ogni caso si avrebbe un aumento delle importazioni nette ed un aumento del prezzo mondiale. Di questa riforma trarrebbero vantaggio i paesi esportatori produttori a basso costo e, in primo luogo, il Brasile. Nell’UE si avrebbe una riallocazione della produzione a vantaggio dei paesi più competitivi. L’aumento del prezzo mondiale ridurrebbe l’impatto sulla produzione interna per i paesi produttori di zucchero in quota C. Cambiamenti sostanziali nell’allocazione della produzione a livello mondiale e nei flussi di commercio si avrebbero solo nel caso in cui gli USA e l’UE rimuovessero oltre alle barriere tariffarie e i sussidi alle esportazioni anche le proprie politiche di sostegno interno e gli accordi preferenziali.
Il 22 giugno 2005, la Commissione Europea ha diffuso una Comunicazione (CE, 2005) contenente le nuove proposte di riforma, articolata in tre schemi di Regolamento del Consiglio. In sintesi la Commissione proponeva di ridurre il prezzo istituzionale del 39% in due anni a cominciare dalla campagna 2007/08 trasformando il prezzo di intervento in un prezzo di riferimento; garantire un pagamento diretto degli agricoltori pari al 60% della perdita di reddito derivante dal taglio del prezzo istituzionale; estendere alla campagna 2014/15 il regime delle quote, fondendo le quote A e B in un’unica quota; non procedere a tagli della quota complessiva durante il periodo di ristrutturazione cercando di assicurare l’equilibrio di mercato attraverso altri strumenti di gestione; concedere un aiuto per la ristrutturazione all’industria, stabilito per tonnellata e degressivo per quattro anni per le imprese che chiuderanno e rinunceranno alla quota, finanziato attraverso un prelievo per tonnellata che opererà per tre anni, applicato all’industria sulla base delle quote di zucchero, isoglucosio e inulina; assicurare la compensazione totale per i bieticoltori che abbandonino la produzione a causa della chiusura dell’industria a cui conferivano; rendere eligibile la produzione di barbabietola per i pagamenti stabiliti per il set aside nel caso di produzione a scopo non alimentare e per l’aiuto destinato alle produzioni a scopo energetico.
Nell’ambito dei negoziati con la Commissione, un fronte abbastanza vasto di paesi si è dichiarato in linea di massima favorevole alla proposta di riforma. Tale gruppo comprende, tra i paesi più importanti, Francia, Regno Unito, Germania, Belgio e Svezia e Paesi Bassi. Altri paesi tra cui diversi nuovi entranti si sono dichiarati possibilisti mentre Spagna, Italia, Polonia, Grecia e Portogallo sono stati i principali oppositori.
In sede di negoziato l’Italia, fortemente contraria alla proposta di riforma, ha proposto un ruolo maggiore dei paesi membri nel governare il processo di ristrutturazione attraverso l’uso del fondo e la fissazione di un contingente massimo di riduzione delle quote.

Il compromesso finale

La Commissione risoluta a trovare un accordo in tempo per la riunione di dicembre ad Hong Kong del WTO, ha lavorato ad un lungo e difficile negoziato che, alla fine di novembre 2005, ha portato all’accordo politico nell’ambito del Consiglio dei Ministri agricoli. La Commissaria Fisher Böel al termine della riunione ha dichiarato: “Mi congratulo con i ministri per la loro coraggiosa e audace decisione di riformare un settore che nessuno era stato in grado o aveva voluto riformare in passato. Non è stato facile, ma alla fine la ragione ha prevalso e l’accordo raggiunto consentirà al settore dello zucchero della UE di avere un futuro sostenibile e competitivo. Agire ora significa poter disporre dei fondi necessari per agevolare questa dolorosa, ma assolutamente necessaria, ristrutturazione e garantire compensazioni agli agricoltori. Questo accordo, fatto per garantire la sostenibilità del settore nel lungo termine, non costerà un solo centesimo in più ai contribuenti e avrà positive ricadute anche all’esterno. La nostra nuova politica sarà favorevole agli scambi, rafforzando la nostra posizione negoziale alla riunione ministeriale dell’OMC, prevista a Hong Kong il mese prossimo. Agli agricoltori saranno erogati pagamenti diretti largamente disaccoppiati dalla produzione e, a partire dal 2009, i paesi più poveri del mondo godranno di un accesso illimitato al nostro mercato”.
Il nuovo impianto della riforma non differisce sostanzialmente da quello della proposta anche se la riduzione dei prezzi è stata inferiore rispetto a quella prospettata, il periodo di implementazione esteso e sono state previste alcune misure di sostegno finanziario per quei paesi, come l’Italia, per i quali era prevedibile un maggiore ridimensionamento della produzione e l’accoppiamento di parte del sostegno per i paesi che rinunciano al 50% della quota. Le principali misure approvare riguardano:

  • la riduzione del prezzo istituzionale del 36% in quattro anni a cominciare dalla campagna 2007/08 trasformando il prezzo di intervento in un prezzo di riferimento;
  • l’introduzione di un pagamento diretto degli agricoltori pari al 64,2% della perdita di reddito derivante dal taglio del prezzo istituzionale e di un pagamento addizionale accoppiato del 30% ai bieticoltori di quei paesi che rinunciano al 50% della quota;
  • l’autorizzazione di un pagamento transitorio con fondi nazionali per i bieticoltori che rimangono in produzione in paesi che riducono la quota in misura superiore al 50%. Tale pagamento è stabilito per l’Italia in 11 €/t;
  • l’estensione alla campagna 2014/15 il regime delle quote, fondendo le quote A e B in un’unica quota;
  • la disponibilità di una quota addizionale di 1,1 milione di tonnellate ai paesi che attualmente producono zucchero C soggetta ad un prelievo una tantum pari all’importo dell’aiuto per la ristrutturazione fissato per il 2006/7 (730 €/t);
  • la concessione di un aiuto per la ristrutturazione all’industria, stabilito per tonnellata e degressivo per quattro anni, per le imprese che chiuderanno e rinunceranno alla quota, finanziato attraverso un prelievo per tonnellata che opererà per tre anni, finanziato dall’industria sulla base delle quote di zucchero, isoglucosio e inulina;
  • un aiuto alla ristrutturazione pari al 75% dell’importo totale in caso di smantellamento parziale con la possibilità di continuare il sito per produzioni diverse da quelle coperte dall’OCM zucchero;
  • la concessione di un aiuto addizionale alla ristrutturazione nel periodo transitorio per misure di diversificazione previste negli assi I e III del Regolamento 1698/05 nelle regioni interessate dal processo di riconversione.

L’accordo è stato raggiunto con il voto contrario di Polonia, Grecia e Lettonia. Tra i paesi maggiormente soddisfatti dell’accordo il Regno Unito che ha criticato aspramente le concessioni fatte ad alcuni paesi, tra cui l’Italia, in termini di accoppiamento degli aiuti. La riforma sarà neutrale rispetto al bilancio dell’UE ma richiederà ancora significativi livelli di protezione alle frontiere. I dettagli dell’accordo saranno analizzati i sede di Comitato Speciale Agricoltura e il testo legale dovrebbe essere prodotto e adottato dal Consiglio nei primi mesi del 2006.

Conclusioni

La riforma appare come un primo, non definitivo traguardo verso la liberalizzazione degli scambi di zucchero. Di fatto non verrà a cessare la separazione del mercato comunitario da quello mondiale: il prezzo interno, infatti, continua ad essere sensibilmente più elevato di quello internazionale. Sicuramente ci sarà una redistribuzione a livello interno con alcuni, verosimilmente pochi, paesi che rinunceranno a buona parte della propria quota che, peraltro, già non riuscivano a riempire, in cambio di generose sovvenzioni all’industria per i programmi di riconversione e ristrutturazione. Alcuni paesi che perderanno la possibilità di esportare con restituzioni, devieranno le proprie vendite verso paesi, come l’Italia, che hanno rinunciato alla propria quota. I paesi terzi esportatori, come il Brasile, potrebbero invece espandersi sui mercati terzi per i quali sono venuti meno gli scambi con l’Unione Europea. Si tratta, tutto sommato, di un impatto modesto che potrebbe, invece, modificarsi in caso di una riduzione sostanziale della protezione tariffaria, come esito dei negoziati sul commercio internazionale. Il problema principale, in Italia, è rappresentato dalla ridotta competitività dell’industria. La coltura della barbabietola richiede per sopravvivere che vi sia infatti un acquirente nell’industria a livello locale. Nel corso dell’ultimo decennio l’industria europea ha subito un pesante processo di ristrutturazione che ha portato alla quasi scomparsa degli impianti più piccoli con capacità di lavorazione giornaliera inferiore alle 5.000 tonnellate, al più che dimezzamento di quelli di dimensioni medie e alla crescita di quelli di maggiori dimensioni. Anche in Italia, seppure in misura inferiore, ha avuto luogo un processo di concentrazione industriale che ha determinato un livello crescente di integrazione verticale con la partecipazione della parte agricola all’acquisizione delle società saccarifere e la realizzazione di forme di integrazione cooperativa. Ciononostante l’industria saccarifera italiana appare ancora come l’anello ebole della filiera: quasi tutti gli indici finanziario-gestionali delle imprese assumono valori inferiori rispetto a quelli delle altre imprese dell’agroalimentare e spesso negativi. L’industria saccarifera italiana si è posta nei confronti della riforma in posizione di attesa ritardando un processo di ristrutturazione basato sulla diversificazione che ha invece caratterizzato tutte le maggiori imprese europee.
Solo nell’ottobre 2005, il tavolo di filiera composto dalle associazioni bieticola e dalle società saccarifere ha approvato il piano bieticola – saccarifero, nel quale vengono definite le linee di ristrutturazione del settore nella prospettiva di mantenere la produzione nelle tre aree del paese migliorando l’efficienza e concentrando la produzione di barbabietola da zucchero negli areali a maggiore produttività e riducendo il numero di impianti di trasformazione migliorando la produttività di quelli che rimarranno in funzione. L’ipotesi di ristrutturazione, formulata preventivamente al compromesso finale, prevedeva, la rinuncia volontaria al 25% di quota nazionale per circa 400 mila tonnellate, la concentrazione dell’attività in 10 stabilimenti contro gli attuali 19, la localizzazione degli stabilimenti in tutte e tre le circoscrizioni geografiche italiane. Successivamente all’approvazione della riforma gli incontri tra il Ministro e le parti sociali sono stati attivati ad un ritmo serrato in modo da realizzare velocemente, tenendo conto delle scadenze determinate dall’approvazione della legge finanziaria e dalla chiusura della legislatura, gli adempimenti di legge e gli accordi di filiera necessari ad attivare le misure previste dalla riforma. Ministero e parti sociali hanno giudicato conveniente la rinuncia al 50% della quota nazionale. In relazione a ciò, considerato l’impatto in termini sociali legato al di numero di impianti da chiudere, è stato attivato un tavolo congiunto con il Ministero del Welfare. Inoltre nell’ambito del decreto legge (29.12.05) “Interventi urgenti in agricoltura” sono state approvate misure di sostegno per il settore. In particolare è stato istituito presso l’AGEA un fondo ad hoc denominato “Fondo per la razionalizzazione e la riconversione della produzione bieticola – saccarifera” in cui confluiranno risorse comunitarie e nazionali per il risanamento del settore ed è stata stabilita l’esenzione dell’imposta sugli aiuti comunitari. Per effetto della rinuncia alla quota si prevede che rimangano in funzione 6 stabilimenti mentre per gli altri si stanno valutando le ipotesi di dismissione/riconversione.
E’ molto difficile a questo punto dire se oggi il settore saccarifero italiano sarà in grado di affrontare la propria modernizzazione raccogliendo le sfide che vengono dalla situazione internazionale, ponendosi nella direzione di diversificare le propria attività sia nella raffinazione di prodotto grezzo importato, sia nella produzione di altri dolcificanti che di prodotti energetici a partire dalla stessa materia prima, approfittando degli aiuti alla ristrutturazione che, probabilmente per l’ultima volta, saranno resi disponibili dalle casse comunitarie.

Riferimenti bibliografici

  • Blume C., Strand N., Färnstrand E. (2002): Sweet Fifteen: The Competition on the EU Sugar Markets, Swedish Competition Authority Report, 2002:2, Stockholm [link].
  • European Court of Auditors (2001): Special Report n° 20/2000: concerning the management of the common organization of the market for sugar, Official Journal of the European Communities, Volume 14, 15 February 2001.
  • Linde M., van der, Minne V., Wooning A., Zee F. van der (2000): Evaluation of the Common Organization of the Markets in the Sugar Sector, Report to the EU Commission, Netherlands Economic Institute (NEI), Agricultural Economics and Rural Development Division: [link].
  • Oxfam (2004): “Dumping on the World, How EU Sugar Policies Hurt Poor Countries”, Oxfam Briefing Paper 61, Oxfam International, March 2004.
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