La filiera locale di produzione di carne bovina in Sardegna

La filiera locale di produzione di carne bovina in Sardegna
Risultati delle interviste ad allevatori e consumatori sui possibili vantaggi sociali ed economici
a Università degli Studi di Sassari, Dipartimento di Scienze Politiche, Scienze della Comunicazione e Ingegneria dell'Informazione, Nucleo di Ricerca sulla Desertificazione
b Università degli Studi di Sassari, Nucleo di Ricerca sulla Desertificazione
c Università degli Studi di Sassari, Dipartimento di Agraria, Nucleo di Ricerca sulla Desertificazione

Introduzione

Il sistema produttivo della carne bovina in Sardegna si basa sulla linea vacca-vitello in piccoli allevamenti al pascolo di Charolais, Limousine e più raramente Modicana in purezza (Agris, 2014). La Gallura e il Montiferru rappresentano una fonte importante di vitelli da ristallo, che in gran parte vengono destinati all’ingrasso in ambito nazionale o estero, con conseguente perdita della possibilità di valorizzare questo patrimonio nel contesto dello sviluppo rurale regionale. All’interno di tale cornice l'Università di Sassari, la Cooperativa Produttori di Arborea1 (Oristano) e quattro aziende bovine da carne del Centro-Nord Sardegna, collaborano all'interno del progetto Ichnusa Bubula (Psr 2007/2013 - Misura 124, "Cooperazione per lo sviluppo di nuovi prodotti, processi e tecnologie nei settori agricolo e alimentare, nonché in quello forestale"). L’obiettivo è creare una filiera locale di produzione di carne da bovini nati, allevati e macellati in Sardegna. La Cooperativa Arborea ha deciso, infatti, di allevare nel proprio centro di ingrasso e di macellazione (con una capacità di allevamento di 7500 bovini), vitelli da ristallo provenienti dalla Gallura e dal Montiferru. Il progetto intende attivare una filiera di produzione "sostenibile" che trovi espressione in un nuovo marchio "Carne bovina di Sardegna". La letteratura che si occupa degli effetti prodotti dall'allargamento della filiera agro-alimentare a livello "globale" pone, spesso, l'accento sulle criticità, legate alla riduzione del patrimonio culinario locale (e sociale ad esso associato), della biodiversità e a una conseguente crescita del livello di omogeneizzazione delle modalità di consumo (Sassatelli e Scott, 2001). Al contrario, la filiera localizzata, proposta dal progetto Ichnusa Bubula intende essere del tipo embedded (Murdoch et al., 2000), basata, cioè su un sistema locale fortemente orientato all'"auto-sostentamento", con l'obiettivo di ridefinire un equilibrio tra i sistemi economici, politici, culturali inseriti in un ambiente umano e naturale specifico (Sillig, 2013).
Il presente lavoro analizza i risultati di un questionario, volto a testare l’"opinione pubblica" rispetto a molteplici elementi costitutivi della filiera corta della carne in Sardegna, al fine di evidenziare i fattori considerati fondamentali per la sua creazione e sviluppo.

Metodi

Il paper analizza i risultati ottenuti dalla somministrazione di un questionario volto a registrare, da un lato il grado di consapevolezza dei potenziali acquirenti di carne bovina rispetto ai possibili cambiamenti economici e ambientali futuri; dall'altro i vantaggi economici, sociali e ambientali che gli intervistati ritengono possano emergere dall'attivazione di una filiera corta della produzione di carne bovina in Sardegna. Il questionario, basato su un campione casuale di 101 intervistati (68% uomini e 32% donne), è stato somministrato direttamente dai ricercatori in occasione della fiera dell'Agricoltura (Arborea, OR, 2-4 Maggio, 2014) a cui hanno partecipato addetti e non addetti al settore agricolo-zootecnico provenienti da tutta la Sardegna. Il questionario è stato rivolto principalmente a rispondenti appartenenti alla fascia di età dai 26 ai 60 anni (64%), rappresentante il segmento di popolazione attivo in ambito lavorativo. Il 51% dei soggetti intervistati possiede un titolo di studio medio-alto (diploma-laurea), il 41% è rappresentato da lavoratori indipendenti e il 21% da lavoratori dipendenti. Il campione, inizialmente clusterizzato in due fasce, in relazione all'occupazione ricadente o meno nel settore agricolo (36% impegnati in ambito agricolo e 64% in altri settori), è stato, poi, analizzato nella tua totalità, in relazione all'assenza di variazioni significative nelle risposte tra i due gruppi. Le ipotesi iniziali hanno riguardato il possibile rafforzamento economico, la conservazione delle risorse ambientali e l'aumento della capacità di resilienza del territorio, proprio in relazione allo sviluppo di una filiera corta di produzione della carne bovina e di una maggiore consapevolezza da parte degli allevatori e dei consumatori dei potenziali vantaggi da essi derivanti. Il questionario ha indagato, attraverso batterie di item (scale Likert da uno a cinque), tre macro-aree inerenti a: 

  • importanza attribuita dai rispondenti alle diverse fasi di sviluppo di una filiera corta della carne in Sardegna (attraverso una batteria composta da 9 item);
  • impatti in termini economici, sociali e ambientali della filiera (attraverso due batterie di 5 e 10 item);
  • aspettative degli intervistati rispetto alle trasformazioni socio-economico-ambientali future (attraverso una batteria di 12 item).

Importanza attribuita dai rispondenti alle diverse fasi di sviluppo di una filiera corta della carne in Sardegna

All'interno della filiera corta, come si evince dalla figura 1, le attività di smaltimento dei rifiuti, la commercializzazione e distribuzione dei prodotti e la produzione in loco delle materie prime rappresentano, secondo gli intervistati, aspetti fondamentali nello sviluppo di una filiera corta. È necessario sottolineare che il questionario è stato somministrato nell'unica zona vulnerabile da nitrati (Zvn) in Sardegna (delibera regionale 14/17, 4.04.2006) che risulta, dunque, particolarmente sensibile alle problematiche relative al reimpiego e smaltimento dei reflui zootecnici aziendali. Allo stesso tempo, l'importanza attribuita alle materie prime è giustificata dalla tendenza attuale ad acquistare queste da mercati esterni per supplire alla mancata produzione in loco. Tale necessità è messa in luce dagli stessi intervistati che, alla richiesta di suggerire ulteriori interventi all'interno del comparto zootecnico, pongono l'accento sull'incertezza rispetto all'effettiva qualità dei mangimi importati dall'esterno e alla possibilità che si tratti di prodotti geneticamente modificati. Allo stesso tempo, però, giudicano l'attività di produzione di mangimi non redditizia e impegnativa rispetto all'acquisto dall'esterno.

Figura 1 - Importanza delle fasi nella filiera

Fonte: nostre elaborazioni

Un altro fattore messo in evidenza dagli intervistati come elemento di influenza sull'andamento del mercato nel futuro, è rappresentato dall'impoverimento delle risorse naturali. Tale preoccupazione emerge anche dalla risposta fornita rispetto ai vantaggi derivanti dalla filiera corta in "termini ambientali". Se, da un lato, il peso attribuito al potenziale sviluppo di una maggiore attenzione all'ambiente risulta essere lievemente inferiore rispetto agli altri elementi che costituiscono la filiera, dall'altro i rispondenti ritengono che una filiera corta della carne possa produrre benefici in termini di protezione/arricchimento della bio-diversità e del paesaggio.

Impatti in termini economici, sociali e ambientali della filiera corta

L'importanza attribuita alla commercializzazione dei prodotti, alla distribuzione e alla produzione locale delle materie prime è testimoniata anche dalle risposte fornite nella batteria successiva (Figura 2) relativa ai possibili vantaggi economici derivanti dalla creazione di una filiera corta. La certificazione del prodotto, il marchio "Carne Bovina di Sardegna" e la produzione di sementi rappresentano le leve per l'attivazione di un circolo virtuoso in cui la filiera crea le condizioni perché i prodotti siano certificati e le materie prime siano prodotte in loco; a loro volta, le certificazioni, i marchi e le produzioni locali rafforzano la filiera producendo vantaggi per le aziende. Nelle risposte aperte relative all'importanza delle diverse fasi della filiera alcuni rispondenti specificano che la distribuzione delle carni dovrebbe avvenire principalmente all'interno delle macellerie in quanto i prezzi praticati dalla Gdo danneggiano il settore.

Figura 2 - Vantaggi economici

Fonte: nostre elaborazioni

Aspettative degli intervistati rispetto alle trasformazioni socio-economico-ambientali future

Le risposte fornite dagli intervistati rispetto ai potenziali benefici derivanti dalla creazione di una filiera produttiva corta sono confermati anche dalle aspettative che essi nutrono nei confronti del futuro (Figura 3). Infatti, gli intervistati indicano la variabilità dei prezzi di vendita dei prodotti e di acquisto delle materie prime e l’impoverimento delle risorse naturali come elementi che potrebbero influenzare le attività del settore zootecnico. Se tali elementi non sono controllabili da produttori e consumatori, altri, giudicati significativi nell'influenzare l'andamento del mercato nel futuro, possono essere definiti "gestibili" a livello sociale e/o privato, ad esempio lo smaltimento dei rifiuti.

Figura 3 - Cambiamenti economici previsti

Fonte: nostre elaborazioni

Per ciò che concerne gli impatti sociali della filiera corta è necessario considerare che il "sistema Arborea" è basato su un modello cooperativo che, fin dalla nascita del distretto, ha assistito a uno sviluppo "diverso" (basato, appunto, sul cooperativismo) rispetto al resto della regione. La cooperazione sarebbe accompagnata, secondo i rispondenti da una crescita del "peso politico" del comparto: tale cooperazione porterebbe anche a un rafforzamento in termini decisionali. Un intervistato, infatti, dichiara in una risposta aperta che "la cooperazione e le sovvenzioni [sono elementi necessari] per stimolare l'attività del settore". La volontà di partecipare al processo decisionale è registrata anche nelle risposte aperte in cui, spesso, gli intervistati sottolineano una mancanza di stimoli e contributi da parte della Regione e la carenza di misure ad hoc per risolvere problemi specifici del comparto. Come già sottolineato, Arborea è stata riconosciuta come unica Zvn in Sardegna e, dal recepimento della Direttiva sui Nitrati a livello regionale (nel 2006), gli allevatori si sono scontrati con obblighi che hanno, fin da subito, percepito come imposizioni in contrasto con la propria esperienza e conoscenza (Seddaiu et al, 2011, Nguyen et al, 2012). L'impossibilità del comparto agricolo e zootecnico di esprimersi in merito agli obblighi imposti dalla Direttiva, potrebbe aver inciso, dunque, sulla sensibilità dimostrata da parte dei rispondenti su tale tematica (Figura 4).

Figura 4 - Vantaggi socio-ambientali previsti

Fonte: nostre elaborazioni

L'impatto della Direttiva Nitrati pare incidere anche sulle risposte relative ai cambiamenti attesi nel futuro in termini ambientali (Figura 5): il peso attribuito all'inquinamento delle acque (insieme con l'inquinamento atmosferico) nell'influenzare le scelte future del comparto zootecnico è maggiore rispetto a potenziali eventi estremi (nonostante nel 2014 la Sardegna sia stata colpita da un'alluvione) e agli effetti prodotti dal cambiamento climatico.

Figura 5 - Cambiamenti climatici attesi

Fonte: nostre elaborazioni

Conclusioni

La creazione di una filiera corta della carne bovina in Sardegna, accompagnata da un adeguato supporto scientifico, a monte (miglioramento dell’efficienza del sistema foraggero estensivo), e a valle della filiera (interventi sulla valorizzazione del prodotto finale e valorizzazione agronomica dei reflui del centro di ingrasso) è finalizzata alla produzione di benefici di carattere economico e ambientale. Il rafforzamento di un sistema produttivo basato su risorse locali, che consenta la conservazione delle risorse ambientali e della biodiversità, a cui sono associati importanti servizi ecosistemici (es. sequestro del C nel suolo, regimazione delle acque e riciclo dei nutrienti), mira a rendere il territorio meno vulnerabile ai cambiamenti di contesto socio-economico (es. mercato dei mezzi di produzione, dei fertilizzanti e dei mangimi) e ambientale (es. cambiamenti climatici, con particolare riferimento alla produttività dei pascoli naturali). Inoltre, la creazione di nuovi spazi di interazione tra la realtà produttiva della Cooperativa Produttori Arborea, caratterizzata da elevata professionalità e tecnologia, e quella dei sistemi pastorali estensivi della Sardegna, che oggi soffrono di scarsa competitività per la frammentazione del sistema produttivo, intende produrre sinergie positive tra i due comparti produttivi nel riciclo dei nutrienti e nel garantire un reddito sostenibile alle aziende estensive della Sardegna. Infine, l’integrazione di conoscenza scientifica e locale, costituisce un prerequisito a supporto del processo di attivazione di una filiera corta della carne bovina della Sardegna. Dai risultati del questionario è emerso che non ci sono differenze significative tra gli "addetti" e "non addetti" ai lavori (coinvolti o meno nel comparto agro-zootecnico), si registra, al contrario, una convergenza verso alcuni fattori considerati fondamentali per la creazione e sviluppo di una filiera corta della carne in Sardegna. Essi sono concordi nel ritenere che tale sviluppo possa produrre vantaggi in termini sociali-economici e ambientali. Ciò potrebbe essere spiegato in relazione allo sviluppo di una “coscienza collettiva” rispetto ai temi ambientali. Tale consapevolezza è strettamente connessa anche a uno sviluppo sostenibile dal punto di vista sociale ed economico. L’importanza di coinvolgere nell’indagine, non solo gli allevatori, ma anche i consumatori, è legata alla volontà di creare un marchio “collettivo” (Giacomini, 2007) che, rispondendo alle esigenze dei produttori, soddisfi contemporaneamente anche quelle dei consumatori. Il marchio collettivo contribuirebbe a rafforzare le imprese che rientrano all’interno della rete produttiva (cfr. Arfini et al., 2010; Arfini e Pazzona, 2014). La filiera corta è interpretata dagli intervistati come una potenziale strategia di adattamento per quelli che essi stessi ritengano essere i cambiamenti del futuro (soprattutto in termini ambientali ed economici). La filiera, infatti, risponderebbe alle esigenze di produttori e di consumatori sempre più orientati a valori ambientali e cooperativi che interpretano la “localizzazione” come garanzia di maggiore controllo (delle fasi produttive) e qualità (dei prodotti). La condivisione di valori tra addetti e non addetti ai lavori è indicativa del rafforzamento di un’attenzione all’ambiente comune che si riflette in tutte le fasi del processo: dalla produzione, della distribuzione e del consumo.
La ricerca condotta rappresenta, infine, un primo passo nella valutazione dei potenziali vantaggi derivanti dalla creazione di un marchio collettivo geografico (cfr. Albisinni, 2007) che, grazie anche al coinvolgimento delle istituzioni a livello ragionale e di un più ampio numero di imprese, possa divenire espressione della filiera corta della carne bovina in Sardegna.

Riferimenti bibliografici

  • Agris (2014), Relazione previsionale e programmatica di accompagnamento al bilancio di previsione anni 2014/2016, Bilancio di previsione per l’anno 2014 e bilancio pluriennale per gli anni 2014-16, [pdf]

  • Albisinni F. (2007), Nomi geografici e marchi commerciali: regole del mercato e sistemi locali, Economia e Diritto Agroalimentare, XII, n. 2

  • Arfini F., Belletti G., Marescotti A. (2010), Prodotti tipici e denominazioni geografiche. Strumenti di tutela e di valorizzazione. Gruppo 2013, [pdf]

  • Arfini F., Pazzona M. (2014), The coexistence of Pdo and brand labels: the case of the ready-sliced parma ham, Proceedings in Food System Dynamics, [link]

  • Cooperativa Produttori Arborea (2014). Servizi ai soci, [link]

  • Giacomini C., Mancini M.C., Menozzi D., Cernicchiaro S. (2007), Lo sviluppo dei marchi geografici collettivi e dei segni distintivi per tutelare e valorizzare i prodotti freschissimi, Franco Angeli, Milano

  • Murdoch J., Marsden T., Banks J. (2000), Quality, nature and embeddedness: some theoretical considerations in the context of the food sector, Economic Geography, Vol. 76, n. 2

  • Nguyen T.P.L., Seddaiu G., Roggero P.P. (2012), Integrazione di conoscenza scientifica e locale nell'interpretazione di complesse questioni agro-ambientali: un caso di studio sull'inquinamento da nitrati ad Arborea (OR), Agricoltori, politiche agricole e sistema della ricerca di fronte ai cambiamenti climatici, Ancona, 1-2 marzo

  • Sassatelli R., Scott A. (2001), Novel food, new markets and trust regimes: responses to the erosion of consumers’ confidence in Austria, Italy and the UK, European Societies, Vol. 3, n. 2

  • Seddaiu G., Urracci G.R., Ledda L., Baralla S, Cappai C., Carletti A., Demurtas C., Doro L., Gennaro L., Mula L., Sanna A., Roggero P.P. (2011), Gestione della Fertilizzazione Azotata e Lisciviazione dei Nitrati in Sistemi Foraggeri Irrigui Mediterranei, Atti del IX Covegno Aissa, Firenze

  • Sillig C. (2013), La sostenibilità delle filiere agro-alimentari. Valutazione degli impatti e inquadramento delle politiche, Rapporti periodici Isfort

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