Introduzione: quale approccio alla pianificazione degli spazi aperti?
Il territorio rurale assume sempre più i caratteri di uno spazio frammentato e complesso sottoposto a dinamiche di trasformazione altrettanto complesse e contraddittorie. Tali circostanze rendono necessaria una ridefinizione che, secondo linee strategiche specifiche, restituisca centralità e riconosca adeguato valore alla terra intesa come risorsa non rinnovabile e multifunzionale in grado di assicurare funzioni e servizi fondamentali per il benessere delle comunità locali (Rovai et al. 2010).
Nel passato decennio, le profonde trasformazioni economico-sociali e la crescente importanza dei temi ambientali hanno condotto alla riforma delle leggi urbanistiche regionali, ridefinite dunque “Leggi di governo del territorio”. Una cambiamento importante che, grazie al concetto di “governo del territorio”, ha creato il presupposto affinché la disciplina urbanistica ampliasse la propria azione associando alla semplice regolazione degli usi del suolo una visione strategica integrata tra sviluppo socio-economico e pianificazione territoriale. Questa rinnovata visione è volta a consentire l’integrazione di diversi aspetti (scelte localizzative, tutela paesaggistica, difesa del suolo, sviluppo locale, protezione degli ecosistemi, ecc.) anche mediante il coinvolgimento delle comunità locali, secondo la logica di “good governance” (Ostrom et al. 1999).
Nonostante quest’operazione culturale, l'attuale pianificazione continua comunque a orientarsi più verso l'occupazione di suolo che alla gestione organica del territorio, il quale continua a essere concepito come uno spazio suddivisibile in "aree piene" (quelle già urbanizzate) e in "aree vuote" (es. gli spazi aperti e/o agricoli periurbani considerati come "aree disponibili all'edificazione"1) (Ferraresi 2009). Infatti, nei piani urbanistici si individua dove localizzare gli interventi volti a soddisfare solo parte dei fabbisogni espressi dalla popolazione (istruzione, salute, residenzialità, ecc.), senza porre adeguata attenzione a quelle necessità che, riconducibili al concetto di “bene comune”, possono essere assicurate solo mediante una buona pianificazione degli spazi aperti fornitori di servizi eco-sistemici (ES) (Costanza 1997; De Groot et al. 2002).
Tra i segnali che evidenziano il crescente interesse alla pianificazione degli spazi aperti, si cita il caso della Regione Toscana in cui è stato avviato il processo di riforma della L.R. 1/2005, proprio a seguito del riconoscimento dei limiti dimostrati dalla stessa. La nuova proposta di legge, volta a introdurre correttivi per rafforzare l'efficacia e la credibilità degli strumenti urbanistici, è stata già approvata dalla Giunta Regionale ed è attualmente in fase di discussione al Consiglio Regionale. Tra le principali novità indichiamo: la definizione di territorio urbanizzato; il contenimento dell’uso del suolo ponendo limiti alle nuove edificazioni fuori del territorio urbanizzato per salvaguardare il suolo agricolo; la tutela delle aree agricole intercluse e delle aree periurbane considerate non più come parte del territorio urbanizzano né come elementi per la riqualificazione dei margini urbani, ma come spazi a valenza multifunzionale. L’efficacia della nuova proposta di legge dipenderà dalla sua capacità di integrarsi e coordinarsi con gli strumenti delle politiche di settore, anche attraverso innovativi strumenti di regolazione.
Uno strumento idoneo a promuovere un'efficace pianificazione e gestione degli spazi aperti in direzione della riconnessione città-campagna, potrebbe essere il Progetto Integrato Territoriale (Pit), già previsto nel Piano Strategico Nazionale di Sviluppo Rurale per il 2007-2013 e in fase di definizione nell’attuale programmazione della Regione Toscana 2014-2020. Il Pit si configura, infatti, come un piano di area incentrato su un tema specifico (es: la valorizzazione degli spazi aperti urbani, l’incentivazione dell’agricoltura urbana multifunzionale, ecc.) definendo obiettivi e misure finanziarie mediante il coinvolgimento dei diversi attori locali (Berti et al. 2010).
Un altro strumento utile potrebbe essere il "distretto rurale"2 per la sua capacità di coordinare i vari attori pubblici e privati operanti in uno specifico territorio e di favorire l’integrazione tra la pianificazione urbanistica e le politiche settoriali locali, nazionali e comunitarie. In tale strategia rientra anche la proposta di Regolamento sui Fondi Comunitari 2014-2020, in cui si suggerisce l’adozione di un nuovo strumento: le Clld (Community-Led Local Development) che, sull’esempio dell’approccio Leader, avrebbe il compito di promuovere programmi di sviluppo locale partecipativo utilizzando in modo integrato i vari fondi comunitari.
Una pianificazione finalizzata alla valorizzazione degli spazi naturali e/o agricoli contigui allo spazio urbanizzato, non può prescindere dalle competenze specifiche degli economisti agrari e dal loro fondamentale contributo nell’affrontare il tema dell’approvvigionamento di cibo locale (Sonnino 2009; Brunori et al. 2012); argomento che potrebbe trovare adeguate risposte in un’equilibrata pianificazione degli spazi periurbani, e che proprio in questi ultimi anni sta assumendo una crescente rilevanza. A confermare questa tendenza vi è, infatti, l’attivazione di numerosi processi di pianificazione sul cibo con la conseguente elaborazione di politiche alimentari urbane e regionali in molte realtà sia internazionali (Londra, Amsterdam, New York, San Francisco, Bristol, Oakland, ecc.) che nazionali (Milano, Pisa, ecc.).
Una proposta metodologica per pianificare secondo standard di ruralità
Alla luce delle precedenti riflessioni, presentiamo una proposta metodologica per la pianificazione degli spazi aperti periurbani applicata nella Piana di Lucca3, in cui partendo dall’analisi delle specifiche caratteristiche degli spazi aperti (es. risorse e capitale imprenditoriale presenti) e delle relative connessioni con il contesto urbano proponiamo l’introduzione di "standard di ruralità".
La metodologia si articola nelle seguenti fasi: (a) ricostruzione evolutiva dei processi di urbanizzazione; (b) valutazione degli impatti degli strumenti urbanistici vigenti sugli spazi aperti periurbani; (c) analisi delle modalità di gestione degli spazi aperti periurbani; (d) individuazione della domanda potenziale sull’approvvigionamento di cibo locale; (e) proposte per la pianificazione territoriale. Di seguito saranno brevemente commentati i principali risultati delle fasi metodologiche (Rovai et al. 2013) sopra elencate.
Nell'analisi effettuata l’esame degli strumenti urbanistici4 (fase b) è risultato utile nella verifica di coerenza tra le strategie di trasformazione in atto (previsioni e di vincoli previsti) e gli attuali usi del suolo. La combinazione di quest’analisi con la terza fase (c) ha permesso – grazie all’incrocio dei dati catastali e dati Artea (elenco delle particelle catastali beneficiarie di contributi Pac e/o Psr) mediante un software Gis ¬– di analizzare la qualità dello spazio agricolo distinguendo le aree gestite da imprenditori agricoli dalle aree in cui prevale l’agricoltura hobbistica. La quarta fase (d) è invece servita a inquadrare la relazione tra la domanda potenziale di approvvigionamento di cibo locale e la reale offerta presente sul territorio, il tutto con il supporto di un’indagine diretta che ha interessato agricoltori e stakeholder locali. Infine, anche sulla base di una ricognizione di progetti esemplari nazionali e internazionali, è stata elaborata una proposta (fase e) di pianificazione degli spazi aperti ricorrendo agli "standard di ruralità".
I risultati: dai principi affermati alle concretizzazione delle azioni
Partendo dall’analisi degli strumenti urbanistici vigenti si è rilevata la scarsa coerenza tra i principi affermati nei PS (es. aziende agricole con ruolo di presidio ambientale, paesaggistico e sociale) e le norme previste dai RU che interpretano le aree agricole ancora come aree residuali da considerare solo laddove le esigenze di nuova edificazione risultino già soddisfatte.
Tre sono i principali aspetti problematici del rapporto fra l'urbanizzato e le aree rurali:
- i perimetri delle nuove previsioni urbanistiche che non tengono conto né della configurazione catastale delle particelle né dell’assetto delle sistemazioni idraulico-agrarie, incrementando il già elevato livello di frammentazione territoriale (Figura 1) e rendendo ancor più difficile la gestione agricola dei campi;
- la tendenza a considerare come unico fornitore di servizi di svago e ricreativi il verde urbano la cui realizzazione comporta dei costi (indennità di esproprio, realizzazione e manutenzione) sempre più difficili da coprire non considerando, viceversa, che anche le aree rurali interstiziali, se opportunamente pianificate, potrebbero assolvere egregiamente a tali funzioni associandovi anche valori sia culturali (la ruralità), sia storico-identitari (la permanenza di un paesaggio o di coltivazioni tipiche e tradizionali dell’area);
- una regolamentazione delle aree agricole interstiziali dove prevale l’approccio del vincolo rispetto all’incentivazione (es. sviluppo di specifici progetti elaborati con il coinvolgimento e la partecipazione di agricoltori, imprenditori agricoli e cittadini).
Figura 1 - Un esempio di previsione urbanistica del RU sul territorio agricolo periurbano di Lucca
Fonte: elab. propria in Qgis (RU Lucca, Artea, Catasto)
Analizzando poi la domanda e l’offerta di cibo locale (fase d), si è registrato uno scarso allineamento tra l’orientamento espresso dalla comunità e le strategie imprenditoriali portate avanti dagli agricoltori locali sempre ancorati ad una visione tradizionale del loro ruolo.
In definitiva, attraverso lo studio condotto è stato possibile riconoscere il valore degli spazi aperti in aree periurbane e individuare la necessità di creare un’adeguata offerta di prodotti e servizi rurali (cibo locale, agri-asili, fattorie didattiche, ecc.) per i cittadini. Prendendo spunto dal concetto di "standard urbanistico", è stata proposta l’introduzione di "standard di ruralità" inteso come: “la quantità minima di spazio agricolo e di servizi rurali che spetta a ogni abitante affinché una determinata zona sia abitata in maniera sostenibile”5.
Partendo da tale definizione, si è ipotizzata l’introduzione di due possibili servizi rurali all’interno del RU: le aree da dedicare a orto sociale e le aree da dedicare ad agricoltura multifunzionale (agri-asili, fattorie didattiche, custodia della biodiversità e del paesaggio, ecc.). Infine, con la consapevolezza di un necessario confronto con gli attori locali e sulla base di criteri topologici e demografici, è stata proposta una possibile collocazione di tali servizi nel territorio osservato (Figura 2): gli orti sociali, in alcune aree agricole situate in prossimità di un edificato densamente abitato nonché in aree già destinate a verde urbano da ripensare come verde produttivo; le aree per l’agricoltura multifunzionale, in zone di margine urbano in cui è ancora presente una consistente attività agricola professionale, in grado di riorientare l’organizzazione produttiva verso la filiera corta e un'adeguata fornitura di servizi rurali per i residenti.
Figura 2 - La proposta di pianificazione degli spazi aperti
Fonte: elab. propria in Qgis (RU Lucca, Artea, Catasto)
Considerazioni conclusive
La costruzione di un maggiore equilibrio tra la pressione antropica e l’uso delle risorse costituisce la base stessa dello sviluppo sostenibile delle città e del territorio, al fine di assicurare il bilanciamento dei bisogni in base alla dotazione di capitale naturale (Arrow et al. 1995).
A tale scopo e nel tentativo di riconnettere città e campagna, gli spazi aperti e le aree agricole assumono un ruolo essenziale che necessita del supporto di adeguati strumenti di governo del territorio; direzione intrapresa anche dalla nuova proposta di riforma per la L.R. 1/2005 della Regione Toscana.
Di fronte alla necessità di individuare nuovi metodi analitici e strumenti di governo più efficaci per evitare i fallimenti del passato, la metodologia proposta appare come un utile ausilio nel realizzare progetti di riqualificazione e valorizzazione territoriale e nel favorire l’interazione tra la pianificazione e le opportunità offerte dalle politiche di sviluppo rurale.
Riferimenti bibliografici
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Arrow K., Bolin B., Costanza R. (1995), Economic Growth, Carrying Capacity, and the Environment, Science, n. 268, 520-521
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Berti G., Rovai M., Di Iacovo F. (2010), L’attivazione dei Progetti integrati territoriali in Toscana: una proposta operativa di “progettazione forte, Agriregioneuropa, n. 20
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Brunori G., Rovai M. (2012). Un approccio dinamico alla pianificazione del paesaggio rurale. In: Poli D. (ed.), Regole e progetti per il paesaggio. Verso il nuovo piano paesaggistico della Toscana. Firenze University Press, Firenze
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Costanza R., D’Arge R, De Groot R.S. (1997), The value of the world’s ecosystem services and natural capital, Nature n. 387, 253-260
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Ferraresi G. (2009), Produrre e scambiare valore territoriale. Dalla città diffusa allo scenario di forma urbis et agri, Alinea Ed., Firenze
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De Groot R.S., Wilson M.A., Boumans R.M.J. (2002), A typology for the classification, description and valuation of ecosystem functions, goods and services, Ecological Economics, n. 41(3), 393-408
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Ostrom E., Burger J. (1999), Sustainability revisiting the commons: local lessons, global challenges, Science, n. 284, 278-282
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Rovai M., Di Iacovo F., Orsini S. (2010), Il ruolo degli Ecosystem Services nella pianificazione territoriale. In: Perrone C., Zetti I. (eds.), Il Valore della Terra. Franco Angeli, Milano
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Rovai M, Fastelli L., Pucci F. (2013), Verso una pianificazione efficace delle aree agricole periurbane: un nuovo approccio metodologico per la Piana di Lucca. XXXIV Conferenza Aisre 2013, Palermo
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Sonnino R. (2009), Ripensando il rapporto citta’-campagna: le nuove strategie alimentari nel mondo, School of City and Regional Planning Cardiff University Ed., Cardiff
- 1. Lo spazio aperto periurbano da "vuoto" in attesa di urbanizzazione deve essere interpretato come area da sottoporre a un'attenta riorganizzazione multifunzionale mantenendone la sua funzione produttiva agricola nel rispetto degli specifici caratteri agroambientali.
- 2. In Italia il ricorso a tale strumento è in aumento e anche la Regione Toscana ha previsto una normativa per la disciplina dei distretti rurali (LR n. 21/04).
- 3. Area periurbana di 1500 Ha, posta al confine tra i comuni di Lucca e Capannori (Toscana), caratterizzata dalla presenza di ampi spazi agricoli dove operano diverse aziende agricole professionali.
- 4. Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (Ptcp), Piano strutturale (PS); Regolamento Urbanistico (RU).
- 5. Lo standard rurale non sempre coincide con una quantità fisica di spazio, pertanto si ricorre all'introduzione del concetto di servizio rurale (es: tot mq/ab di orti sociali; tot mq/ab di fattorie didattiche; tot mq/ab di terreni coltivati ad agricoltura multifunzionale; tot n°/ab di negozi di vendita al dettaglio di prodotti locali; ecc.).