Una valutazione di alcuni documenti pubblici sulla bioeconomia attraverso l’Analisi Critica del Discorso

Una valutazione di alcuni documenti pubblici sulla bioeconomia attraverso l’Analisi Critica del Discorso

Introduzione

Col termine ‘bioeconomia’ ci si riferisce ad un sistema economico che utilizza i processi biologici di base come risorsa produttiva originaria. I settori strategici della bioeconomia sono i settori bio-energetico, bio-ingegneristico, nanotecnologico e della biologia sintetica (quest’ultimo è un nuovo campo di ricerca della bio-ingegneria che mira a ricodificare il materiale genetico di alcuni organismi in modo da costringerli a produrre vari tipi di sostanze). Mentre i governi, le imprese e il mondo accademico stanno promuovendo con forza la bioeconomia, declamandone i benefici economici e ambientali, molte voci della società civile ne hanno ultimamente evidenziato i potenziali rischi sociali, sanitari e ambientali. Tra i rischi denunciati vi sono: la pressione sull’uso della terra e dell’acqua per la produzione di biomasse, i possibili effetti negativi sull’ecosistema dovuti al rilascio nell’ambiente dei nuovi organismi sintetici; la perdita di biodiversità, dovuta soprattutto alla deforestazione e riforestazione con monoculture di alberi geneticamente modificati per la produzione industriale di biomasse; gli imprevedibili effetti sulla salute umana delle nuove sostanze prodotte con le nano-bio-tecnologie.
Il presente lavoro nasce dall’idea che una tale discordanza di valutazione dei benefici e dei rischi della bioeconomia possa dipendere da un eventuale contenuto ideologico delle argomentazioni portate a suo favore (sfavore). L’obiettivo del lavoro è quindi quello di analizzare alcuni importanti documenti rappresentativi delle due diverse opinioni riguardo alla bioeconomia, al fine di individuarne la possibile matrice ideologica. L’analisi dei testi è effettuata utilizzando i metodi dell’Analisi Critica del Discorso (Critical Discourse Analysis, Cda). La Cda è una metodologia multidisciplinare per l’analisi dei testi che si propone di identificare la relazione tra linguaggio, ideologia, struttura sociale e potere (Wodak e Meyer, 2001). Essa parte dall’idea che ogni discorso sia condizionato da un determinato ordine sociale (comprendente l’insieme delle sfere sociale, culturale e politica) e possa a sua volta influenzare l’ordine sociale attraverso la propaganda di particolari ideologie. Alla base della Cda vi è l’interesse per la dimensione semiotica del potere e dei cambiamenti politico-economici nella società. Le origini della Cda risiedono nel lavoro di Foucault sul potere e nella Teoria critica della scuola di Francoforte.
Nel presente lavoro, la Cda è utilizzata al fine di svelare eventuali strategie politiche e sistemi di valore impliciti in un discorso, quello sulla bioeconomia, che si dichiara “tecnico” e privo di assunti ideologici. Vengono analizzati quattro testi rappresentativi del discorso pubblico a favore e a sfavore alla bioeconomia. I testi a favore sono due importanti documenti rilasciati dalla Commissione Europea e dal governo degli Stati Uniti: The European Bioeconomy in 2030, a White Paper (EC, 2011); The National Bioeconomy Blueprint (White House, 2012). I testi a sfavore sono due report pubblicati da due associazioni non governative impegnate in difesa dell’ambiente e della giustizia sociale: The New Biomassters - Synthetic Biology and the Next Assault on Biodiversity and Livelihoods (Etc Group, 2011); Bio-economy versus Biodiversity (Global Forest Coalition, 2012).
L’articolo presenta solo i principali risultati dell’indagine svolta. Per una trattazione più approfondita della metodologia e per una descrizione più dettagliata delle fasi dello studio e dei risultati conseguiti si rimanda all’articolo originario (Sodano, 2013) di cui il presente testo rappresenta una sintesi.

Metodologia

La Cda è stata condotta seguendo l’approccio di Van Dijk (2000). Al fine di comprendere “come le ideologie influenzano testi e discorsi e come questi aiutino la riproduzione delle ideologie nella società”, Van Dijk (2000, p.4) offre una particolare definizione di ideologia ed analizza i vari livelli della struttura del discorso che servono ad individuare la presenza di assunti ideologici. Con il termine ideologia, Van Dijk intende un insieme di valori e norme condivisi da un particolare gruppo sociale aventi la funzione di guidare le pratiche sociali di tale gruppo al fine di assicurare la realizzazione dei propri obiettivi, generalmente in termini di potere e dominio sulle altre componenti della società. Un’ideologia dominante è quella utilizzata dal gruppo dominante per la riproduzione e la legittimazione del proprio potere. Van Dijk propone una semplice euristica per la determinazione della dimensione ideologica del discorso. Tale euristica si basa sull’ipotesi che un discorso ideologico segue sempre uno schema del tipo: “dire cose positive riguardo a Noi” e “dire cose negative riguardo a Loro”, dove Noi si riferisce ai componenti del gruppo che condividono l’ideologia. A partire da tale ipotesi, ai vari elementi della struttura del discorso è possibile applicare uno schema di analisi che l’autore chiama ideological square e che comprende le seguenti quattro affermazioni: (a) enfatizzare le cose positive riguardo a Noi; (b) de-enfatizzare le cose negative riguardo a Noi; (c) enfatizzare le cose negative riguardo a Loro; (d) de-enfatizzare le cose positive riguardo a Loro. I diversi elementi della struttura del discorso vengono quindi valutati in base alla loro coerenza con tali quattro affermazioni. Maggiore tale coerenza, più alto il livello di ideologizzazione del discorso. Tra gli elementi della struttura del discorso utilizzati dall’approccio di Van Dijk vi sono, ad esempio: topoi (luoghi comuni); drammatizzazione; iperboli; vaghezza; generalizzazione; topics (la scelta di un particolare argomento per (de)-enfatizzare); evidentiality (il tipo di prove portate a sostegno dei diversi argomenti), Nell’analizzare i documenti sulla bioeconomia, il modello di Van Dijk è stato applicato partendo dall’ipotesi che i documenti a favore fossero imbevuti di un misto di ideologie, il neoliberismo e il tecnocratismo, che è possibile denominare come tecno-neo-liberismo. L’ideologia neoliberista assume il mercato come il solo possibile strumento di civilizzazione e sviluppo umano (Birck, 2006; Mudge, 2006). Data la fede assoluta nel libero mercato come garanzia di libertà ed efficienza, il neoliberismo sostiene la necessità di un diffuso processo di privatizzazione di tutte le attività economiche, l’abbandono del modello dello stato sociale a favore di uno stato minimo alla Nozick e l’“economizzazione” di ogni sfera dell’azione sociale (Harvey, 2007). Il tecno-neo-liberismo deriva dall’alleanza tra il neoliberismo e l’ideologia tecno-scientifica o tecnocratismo (Levidow et al., 2012; Hess, 2012). Questo ultimo, predicando la capacità della conoscenza scientifica di risolvere ogni problema delle società umane, ed assumendone la assoluta neutralità a livello etico e politico, legittima gli scienziati (tecnocrati) a governare la società in assenza di un qualsivoglia mandato politico di natura democratica.
La valutazione dell’aderenza (o meno) al tecno-neo-liberismo dei testi dell’Unione Europea e del governo americano è stata effettuata ricercando al loro interno l’appoggio (o il rifiuto) delle seguenti affermazioni o miti che sottendono l’ideologia: (1) il mito della salvezza tecnologica: la tecnologia può risolvere tutti i problemi della società umana; (2) il mito del libero mercato: la ricerca scientifica genera benefici per la società solo quando si traduce in nuovi prodotti e mercati (translational research); (3) il mito del primato del settore privato: al fine di promuovere il trasferimento della ricerca al mercato (translational research) lo stato dovrebbe finanziare la ricerca privata, regolamentare l’introduzione di nuovi prodotti seguendo le indicazioni delle imprese e implementare una politica di comunicazione che aumenti la fiducia del grande pubblico verso gli scienziati e le imprese; (4) il mito dell’infallibilità degli esperti: gli scienziati ed i manager delle imprese private sono molto più adatti dello Stato a indicare gli obiettivi e gli strumenti di governo della società; (5) il mito della neutralità del mercato e della scienza: l’economia e la scienza hanno a che fare con l’efficienza e giammai con il potere.
Per quel che riguarda i documenti avversi alla bioeconomia non si sono invece fatte ipotesi specifiche sui loro assunti ideologici e la Cda è stata effettuata sia per comprendere la loro capacità di costruire un discorso contro-ideologico, sia per valutare quanto tale discorso sia influenzato da quelle correnti ideologiche che si oppongono al neoliberismo, quali il socialismo, il comunitarismo e le varie tipologie di ambientalismo radicale.

Discussione dei risultati

Il libro bianco dell’Unione Europea sulla bioeconomia (EC, 2011) delinea gli obiettivi e le priorità della politica per la ricerca europea dal 2013 al 2020. Il messaggio chiave del documento è che in tali anni l’UE dovrebbe finanziare abbondantemente, se non esclusivamente, la ricerca nel campo della bioeconomia, dove per bioeconomia si intende “the sustainable production and conversion of biomass into a range of food, health, fibre and industrial products and energy” (EC, 2011, p.4). I settori interessati dalla bioeconomia sono pertanto quello agro-forestale, farmaceutico, ittico, nano-biotecnologico, energetico, farmaceutico e sanitario. Viene inoltre sottolineata la volontà di finanziare prevalentemente il settore privato che dovrebbe essere partner necessario (e con un ruolo guida) di quello pubblico. La Cda permette di evidenziare chiaramente come tale documento sia imbevuto di ideologia tecno-neo-liberista e propagandi i cinque miti summenzionati che denunciano tale ideologia. Il primo mito lo si ritrova già all’inizio del documento, nella sezione Summary and key messages, sintetizzato dalla seguente affermazione: “This White Paper shows how the Bioeconomy can address the grand societal challenges and sets out a vision for 2030 together with a set of policy recommendations needed to achieve it. It is the result of a collaborative effort by experts involved in the nine separate Technology Platforms which cover the various aspects of the Bioeconomy”. (EC, 2011, p.6). Nella stessa sezione vengono propagandati anche il secondo e il terzo mito, vale a dire quello del libero mercato e del primato del settore privato: “The successful Bioeconomy needs coherent and integrated policy direction, with key areas being: investment in relevant research areas; encouraging innovation to make sure that more of the knowledge developments reach the commercialization stage; good two-way communication with the public embedded in R&D projects to ensure societal appreciation of research and innovation.”(EC, 2011, p.4). Al contrario dei primi tre miti, che appaiono come ben definiti argomenti del discorso, i miti dell’infallibilità degli esperti e della neutralità del mercato e della scienza sono assunti in modo implicito sotto forma di ipotesi che sottendono l’intero discorso. Qui la struttura del discorso coinvolta, nella terminologia di Van Dijk, è la ‘presupposizione’, che si ha ogni volta che la verità di una affermazione è considerata scontata e non ha bisogno di essere dimostrata (Sodano, 2013). Oltre che dal chiaro sostegno dei cinque miti che definiscono l’ideologia tecno-neo-liberista, il contenuto ideologico del documento europeo può essere dedotto anche dall’analisi di una serie di strutture del discorso - quali: luoghi comuni, generalizzazione, vaghezza, evidenzialità -, per una disamina delle quali si rimanda al lavoro su citato (Sodano, 2013).
Il documento sulla bioeconomia pubblicato dalla Casa Bianca (WH, 2012) è molto simile, nella struttura e nei contenuti al libro bianco dell’Unione Europea. Qui la bioeconomia è definita come “economic activity that is fueled by research and innovation in the biological science” (WH, 2012, p.1). I due messaggi chiave del documento sono: (1) la bioeconomia può assicurare il benessere futuro degli americani ed aiutare a mantenere il potere economico e l’egemonia a livello globale degli Usa; (2) perché la bioeconomia abbia successo, sono necessari ingenti investimenti pubblici ed azioni di regolamentazione tese a diminuire i vincoli all’attività privata ed aiutare le bio-invenzioni a raggiungere prontamente il mercato. Al pari del documento europeo, il documento americano offre una chiara rappresentazione dei cinque miti su cui poggia il tecno-neo-liberismo. Le dichiarazioni di apertura del documento già introducono il mito della salvezza tecnologica: “The bioeconomy has emerged as an Obama Administration priority because of its tremendous potential for growth as well as the many other societal benefits it offers. It can allow Americans to live longer, healthier lives, reduce our dependence on oil, address key environmental challenges, transform manufacturing processes, and increase the productivity and scope of the agricultural sector while growing new jobs and industries.” (WH, 2012, p.1). Il mito del libero mercato e della supremazia del settore privato emergono dal ruolo centrale ascritto al settore privato nella promozione del benessere sociale e dai ripetuti richiami alla necessità del trasferimento dei risultati della ricerca scientifica al mercato (translational science). I miti dell’infallibilità degli esperti e della neutralità della scienza e del mercato emergono dall’assunto, presente diffusamente nel testo, che le nuove tecnologie ed i nuovi prodotti porteranno necessariamente una gran varietà di benefici sociali, in assenza di possibili esternalità negative e senza generare conflitti sociali. A differenza del documento europeo, il documento americano è intriso di un forte nazionalismo, e la bioeconomia è salutata come un mezzo per accrescere il benessere dei cittadini americani ed il potere economico della nazione. Anche in questo caso l’analisi delle strutture del discorso indicate da Van Dijk permette di provare il forte contenuto ideologico del documento (Sodano, 2013).
Il documento redatto dall’Etc Group (Etc, 2011) offre un’analisi critica della bioeconomia e si costituisce come un atto di accusa contro tutti quegli attori, specificamente i governi, la grande industria e le organizzazioni internazionali, che presentano la bioeconomia come la soluzione ai problemi ambientali, energetici, alimentari e sanitari che affliggono il mondo. Ciò che si afferma è che la bioeconomia, lontano dal voler soddisfare i bisogni umani, come annunciato dai suoi sostenitori, sia invece uno strumento al servizio degli interessi delle grandi imprese transnazionali (TNCs), di Wall Street e delle economie del Nord del mondo. Al contrario dei documenti dei governi della UE e degli Usa, che assumono i benefici della bioeconomia come un atto di fede, senza portare evidenza di tali possibili benefici, il documento dell’Etc Group descrive in dettaglio i vari campi di sviluppo della bioeconomia ed i possibili rischi per la salute e per l’ambiente. Vengono inoltre riportati i nomi delle varie corporation (ExxonMobil, BP, Shell, Basf, DuPont, Syngenta, Procter & Gamble, Microsoft, Monsanto, Total Oil, Chevron, Goldman Sachs, J.P.Morgan, Unilever, Coca-Cola, Cargill, ADM, Weyerhaeuser, Stora Enso, Tate & Lyle, Bunge, Cosan Ltd) impegnate nel settore della bioeconomia, insieme al volume degli investimenti effettuati ed i profitti realizzati e potenziali. L’intero discorso qui si dipana, anche se non in modo esplicito, come un discorso contro-ideologico che tende a decostruire i miti, in particolare quelli della salvezza tecnologica, dell’infallibilità degli esperti e del libero mercato, che costituiscono le basi del tecno-neo-liberismo. Esso inoltre rivela ciò che è nascosto dai due documenti precedenti attraverso una strategia del discorso che tende a de-enfatizzare la cose negative riguardo a Noi, vale a dire il fatto che la bioeconomia è un progetto sostenuto dalle maggiori TNCs per sfruttare ulteriormente le risorse naturali del Sud del mondo. E’ interessante notare, a riguardo, che le parole profitto, corporation e Sud appaiono rispettivamente 15, 25 e 32 volte nel documento dell’Etc Group, mentre sono completamente assenti negli altri due documenti.
Anche nel caso del documento dell’Etc Group la Cda permette di valutarne, oltreché il contenuto contro-ideologico, il contenuto propriamente ideologico. Tra le ideologie che si oppongono al tecno-neo-liberismo vi sono l’ecosocialismo e l’ecocentrismo. Tali ideologie assumono come valori fondamentali della società umana l’uguaglianza e la difesa dei diritti umani e della natura. I due miti che sottendono queste ideologie sono: il mito della virtù delle comunità rurali tradizionali, che assume che tali società rispettino tali valori fondamentali; il mito dello sviluppo spirituale della specie umana, che predica che il vero sviluppo umano debba avvenire a livello culturale e spirituale. Nel documento dell’Etc Group si trovano deboli riferimenti a tali miti. Benché vengano difesi i valori dell’uguaglianza e dei diritti umani, si ritiene che questi debbano essere promossi più dal cambiamento istituzionale (e quindi a livello politico) che dal comportamento individuale (vale a dire a livello dell’etica individuale). Di fatto si trovano solo sporadici riferimenti a entrambi i miti, come ad esempio quando viene confrontata la nuova bioeconomia con la vecchia economia basata sulla biodiversità, propria delle comunità rurali tradizionali, che viene descritta con affermazioni del tipo: “an important character of the biodiversity-based economies is their holistic feature, with nature imbued with cultural and spiritual values and often seen as sacred” (Etc, 2011, p.16).
L’ultimo documento analizzato, quello del Global Forest Coalition (Gfc) tratta il tema della bioeconomia considerandone soprattutto le implicazioni sulla conservazione delle foreste e sulla biodiversità. Tale documento sostiene che la bioeconomia costituisce una grave minaccia per le foreste e la biodiversità poiché o utilizza vecchie tecnologie (bruciare legna per produrre elettricità e calore) che fanno aumentare la pressione sulla terra arabile e le foreste, oppure usa nuove tecnologie ad alto rischio per la salute umana e l’equilibrio degli ecosistemi, come alberi ed alghe geneticamente modificati o organismi sintetici (biorefineries) per la produzione di alimenti e materiali. Contro l’agenda della bioeconomia il documento promuove l’agenda della biodiversità, che implica il voler affrontare le crisi energetica, alimentare e ambientale partendo dagli insegnamenti di quelle popolazioni indigene e comunità locali che abbiano dato prova di sviluppare stili di vita sostenibili preservando l’ecosistema nel quale vivono. Al pari del testo dell’Etc Group anche questo documento individua le grandi TNCs come i soggetti che promuovono la bioeconomia con il fine di creare nuove opportunità di profitto. Differentemente dai tre documenti precedenti quello del Gfc riconosce esplicitamente le radici ideologiche di entrambi i sostenitori e gli oppositori della bioeconomia. L’intero discorso è costruito non tanto per enfatizzare le cose buone riguardo a Noi e le cose negative riguardo a Loro, bensì per chiarire le scelte politiche ed etiche che sottostanno alle due diverse attitudini nei confronti della bioeconomia. Da un lato si denuncia esplicitamente l’asservimento del progetto della bioeconomia all’ideologia neoliberista e dall’altro si difendono esplicitamente i valori dell’eco-centrismo. Poiché il documento del Gfc dichiara esplicitamente l’aderenza (avversione) ad una particolare ideologia, la Cda, che serve appunto a smascherare le ideologie nascoste di un testo, risulta qui di inutile applicazione.
Un importante risultato dell’analisi svolta è che i testi a favore della bioeconomia risultano più ideologizzati di quelli a sfavore. Ciò è particolarmente allarmante in quanto tali testi sono stati redatti dai governi dell’UE e degli Usa, e non da organizzazioni indipendenti per le quali potrebbe essere legittimo rivendicare una qualche matrice ideologica. Particolarmente grave nei testi dell’UE e degli Usa è l’assenza da un lato di dati che provino i tanto decantati benefici della bioeconomia e dall’altro di un qualsivoglia riferimento ai rischi per la salute e per l’ambiente ed agli eventuali problemi etici associati alle nuove tecnologie. Di contro, i testi a sfavore denunciano in modo molto chiaro e con abbondanza di dati e riferimenti bibliografici i possibili effetti negativi del progetto della bioeconomia e, a prova del loro minore contenuto ideologico, propongono strumenti istituzionali adeguati per un valutazione indipendente e trasparente dei possibili costi e benefici.

Considerazioni conclusive

I risultati della Cda indicano che tutti e quattro i testi analizzati sono affetti da pregiudizi ideologici, tuttavia i due documenti a favore della bioeconomia appaiono di gran lunga più ideologizzati. L’ideologia che sostiene il progetto della bioeconomia è una forma di tecno-neoliberismo, propugnato dalle élite capitaliste internazionali al fine di creare nuove forme di accumulazione capitalistica. Poiché un tratto fondamentale del neoliberismo è la ‘cattura’ degli stati in funzione dei vantaggi di un piccolo gruppo di grandi imprese, non sorprende il vigore col quale l’UE e gli Usa sostengono la bioeconomia.
L’ideologia abbracciata dai critici della bioeconomia sembra essere un misto di eco-socialismo ed eco-centrismo. Queste ideologie derivano da un insieme variegato di correnti di pensiero politico e filosofico riunite spesso sotto le denominazioni di ecologia profonda e ambientalismo radicale. Entrambe queste ideologie difendono la dimensione locale in luogo di quella globale, la democrazia in luogo della tecnocrazia e una politica ambientale orientata alle persone invece che alle risorse.
Il disvelamento delle fondamenta ideologiche del discorso sulla bioeconomia è un risultato importante perché può aiutare a stimolare un dibattito sulla bioeconomia che sia più razionale ed utile a valutarne in modo più trasparente i possibili rischi e benefici. In particolare, riguardo ai rischi (in termini di giustizia sociale, conflitti sulle risorse naturali, salute umana ed equilibrio degli ecosistemi), l’abbandono dei paraocchi ideologici può portare all’avvio di chiari e seri programmi di valutazione del rischio e di regolamentazione delle nuove tecnologie. Ciò nella consapevolezza che la bioeconomia non riguarda solo l’economia e la tecnologia ma anche l’etica e la politica, nella misura in cui il livello accettabile di rischio assunto da una società implichi necessariamente l’emissione di giudizi di valore e l’effettuazione di specifiche scelte politiche.

Riferimenti bibliografici

  • Birck K. (2006), The Neoliberal Underpinnings of the Bioeconomy: the Ideological Discourses and Practices of Economic Competitiveness, Genomics, Society and Policy, n. 2

  • Etc Group (2011), The New Biomassters - Synthetic Biology and the Next Assault on Biodiversity and Livelihoods [link]

  • European Commission (2011), The European Bioeconomy in 2030, a White Paper [link]

  • Global Forest Coalition (2012), Bio-economy versus Biodiversity [pdf]

  • Harvey D. (2007), Breve storia del neoliberismo, il Saggiatore

  • Hess D. J. (2012), The Green Transition, Neoliberalism, and the Technosciences. In: Pellizzoni L. and Marja Ylönen (eds.), Neoliberalism and Technoscience: Critical Assessments, Ashgate Press

  • Levidow, Les; Papaioannou, Theo and Birch, Kean (2012), Neoliberalising technoscience and environment: EU policy for competitive, sustainable biofuels. In: Pellizzoni, Luigi and Marja Ylönen (eds), Neoliberalism and Technoscience. Theory, Technology and Society, Farnham: Ashgate

  • Mudge S. L. (2006), What Is Neo-Liberalism? Socio-Economic Review n. 4

  • Sodano V. (2013), Pros and cons of the bioeconomy: a critical appraisal of public claims through Critical Discourse Analysis, paper prepared for the 2nd Aieaa Conference [pdf]

  • Van Dijk, T. A (2000), Ideology and Discourse A Multidisciplinary Introduction, Pompeu Fabra University, Barcelona

  • White House (2012), The National Bioeconomy Blueprint [pdf]

  • Wodak R., Meyer M. (2001), Methods of Critical Discourse Analysis, London Thousand Oaks Calif.: Sage

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