Le strategie urbane: il piano del cibo

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a Università di Pisa, Dipartimento di Scienze Veterinarie
b Università di Pisa, Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali (DISAAA-a)
c Laboratorio di studi rurali Sismondi

Introduzione: la nuova centralità del cibo1

Negli anni recenti intorno al cibo si è sviluppato un dibattito sempre più ampio e approfondito, in parallelo con la crescente consapevolezza degli elementi di crisi che il sistema agro-alimentare affronta.
Il tema della sicurezza alimentare, i cui diversi significati – igienico/sanitari o di reale accesso al cibo - hanno a lungo rappresentato una demarcazione netta tra Paesi ricchi e poveri, sta posizionandosi in modo trasversale, mano a mano che la ricchezza si ricolloca tra Paesi e si stratifica tra gruppi sociali. Non sono estranei a questi cambiamenti, oltre al mutare della geografia della produzione della ricchezza, anche altri elementi, tra cui la crisi delle risorse energetiche fossili, il divario atteso tra bisogni alimentari di una popolazione mondiale in continua crescita e la disponibilità dei suoli ridotta dall’espansione urbana e dall’erosione legata ai cambiamenti climatici. Economia, ambiente, dinamiche di popolazione sono temi che, sul cibo, stimolano il confronto tra idee diverse che vanno, da una nuova rivoluzione tecnologica volta a sostenere percorsi di intensificazione produttiva, al dibattito sulle possibili produzioni post-carbon, al ripensamento di diete sostenibili dal punto di vista ambientale e della salute delle persone, fino ai temi della produzione locale, della riduzione dello spreco, della riduzione dell’impatto delle filiere agro-alimentari sui rifiuti prodotti.
La complessità, l’incertezza e la delicatezza dei temi legati al cibo, ha stimolato l’emergere di quelli che in letteratura sono noti come “alternative food networks” (Goodman et al., 2011, Tregear, 2011; Chiffoleau, 2009) la cui azione è volta a riacquisire un controllo più diretto sul cibo e sulle sue molteplici implicazioni. I movimenti attivi sul cibo hanno arricchito, con il loro contributo, le visioni sul tema, canalizzando le attenzioni di un numero sempre più ampio di interlocutori verso la gestione di nuove pratiche di incontro tra produzione e consumo (Gas, Csa, filiere corte nelle diverse forme di mercato) e nuove sensibilità e attenzioni (dalla salute, alle tipicità, ai prodotti locali, ai prodotti con bassa impronta ecologica in termini di contenuti di CO2). L’emergere e il rafforzarsi di pratiche innovative sul cibo ha finito per generare punti di vista diversi rispetto ad una pluralità di aspetti, come il valore della località e le connessioni globali, la diversità tra processi artigianali e industriali, tra approcci produttivi ecologici e quelli di progressiva ingegnerizzazione e tecnologizzazione del cibo, il divario esistente tra stili di consumo sostenibili e gli approcci convenzionali basati sul consumismo individuale, tra prezzo giusto per i produttori e accessibilità al consumo per ceti di consumatori progressivamente impoveriti. Nei fatti, il confronto sul tema del cibo estende la percezione dei cittadini alle problematiche connesse al tema del cibo, ne accresce la capacità di concepire nuovi stili di condotta (nella produzione trasformazione, trasporto, consumo) come acquirenti o come produttori, fino a favorire l’adozione di comportamenti nuovi come consumatori o co-produttori. Comportamenti e scelte che a diverso titolo e con diverso impatto sono in grado di mettere in discussione alcune delle pratiche convenzionali, a favore di processi di innovazione nelle attitudini come nelle azioni quotidiane di molti (Figura 1).

Figura 1 - Il cibo nei processi di cambiamento individuali

In realtà, Il cambiamento nei comportamenti dei singoli cittadini – consumatori o produttori che siano – avviene in un ambiente che, a sua volta, è condizionato dal modo in cui l’innovazione è promossa e viene accettata. In questa prospettiva è utile guardare al tema del cambiamento alla luce delle teorie della transizione (Loorbach, 2007; Loorbach et al., 2009). Queste codificano dei percorsi di innovazione che traggono spunto, a livello micro, da iniziative e progetti singoli – e poi all’interno di nicchie di più progetti tra loro legati – dove trovano applicazione, su scala contenuta, modalità innovative dell’agire (un gruppo di consumatori, un’azione innovativa di un’azienda o di un gruppo di aziende). Soluzioni così testate trovano poi diffusione a un livello più ampio –meso- raggiungendo nuovi interlocutori, istituzionali e non, e contribuendo allo sviluppo di nuove conoscenze e procedure di lavoro (un diverso modo di concepire l’utilità dell’agricoltura, una nuova attenzione ai suoli e alla utilità di un diverso approccio, pubblico e privato ai temi del cibo). L’affermazione di nuove conoscenze, a sua volta, facilita, a livello più ampio –macro-, la generazione di nuove visioni e regole all’interno del sistema socio-tecnologico di riferimento. Proprio tenuto conto delle fasi della transizione, è utile sottolineare come la rapidità con cui essa si realizza dipende dal modo in cui i portatori di innovazione interagiscono con altri attori e sviluppano la loro influenza progressiva, oppure, se scontano ostacoli legati a possibili conflitti con portatori di visioni consolidate (Di Iacovo, 2012). Seguendo questa traiettoria, è possibile leggere la stessa transizione negli approcci al cibo, i tempi e i modi del cambiamento, le politiche che possono essere agite a supporto del cambiamento. Infatti, complessità e rilevanza dei temi che si intrecciano con il cibo, da una parte, stimolano domande di approfondimento e la ricerca di nuove soluzioni e comportamenti, dall’altra spingono una crescente molteplicità di attori a farsi carico del tema del cambiamento, reindirizzando le attenzioni delle politiche e generando nuove modalità di riflessione e di intervento da parte degli stessi attori istituzionali. Tra questi ultimi, un ruolo di primo piano assumono gli amministratori delle città, luoghi dove si concentra la maggiore quota di popolazione e, dove, il tema del cibo assume una rilevanza crescente e, in prospettiva, cruciale.

La transizione e la ricerca di nuove egemonie sul cibo

Il cibo lega in modo stretto le persone, la vita delle comunità, la gestione dei processi produttivi e di creazione di valore, con la salute e la qualità della vita, l’interazione con le risorse naturali, con la terra e la biodiversità, la loro gestione e salvaguardia, la gestione e la produzione di rifiuti, la salvaguardia dell’aria e dell’acqua (Pothukuchi et al, 1999). Proprio in considerazione di questa evidenza, gli studi e le pratiche della transizione concentrano molta della loro attenzione sul cibo. Nonostante la produzione del cibo avvenga, prevalentemente, in campagna, è in città che il tema si carica di significati vecchi e nuovi, genera contraddizioni e processi di innovazione, anche radicali.
Non a caso, nello stesso movimento per la transizione, il tema del cibo, come quello delle produzioni post-carbon, è al centro di grande attenzione. Sempre in questa prospettiva si moltiplicano le iniziative di città che si dotano di politiche organiche rispetto al cibo, cimentandosi in processi di complessa e nuova pianificazione delle scelte che a questo argomento, direttamente o indirettamente, si legano. Peraltro il modo in cui le città sono organizzate condiziona i comportamenti dei cittadini sul tema, e, parimenti, la modifica e l’innovazione dell’organizzazione urbana si riflette sui comportamenti di consumo. Anche in ragione di questa evidenza le città possono promuovere innovazioni - tecniche, organizzative, politiche e sociali - nell’affrontare il tema del cibo, dando luogo ad azioni e interventi che possono poi divenire patrimonio dello stesso approccio normativo di ordini istituzionali superiori, regionali e nazionali.
Fino ad oggi, e a partire dagli anni ’60, invece, si è assistito ad un fenomeno per il quale le città hanno progressivamente accresciuto la loro disattenzione nei confronti della gestione del cibo, demandando a questo scopo, da una parte, le politiche agricole comunitarie nella regolazione dei rapporti con il sistema della produzione primaria e, dall’altra, le politiche di vendita delle strutture distributive, cui hanno provveduto ad assegnare spazio crescente attraverso i piani del commercio e le politiche urbanistiche. In aggiunta, al pari di altri settori e ambiti di lavoro, le politiche che hanno impatto diretto sulla gestione del cibo (quelle della salute, del commercio, della pianificazione e dell’ambiente) sono state fatte oggetto di interventi specialistici, separati dal punto di vista decisionale, generando, di fatto, asimmetria e incoerenza e, quindi, scarsa efficacia degli esiti. In questa logica, le politiche di approvvigionamento del cibo sono state date per scontate, i centri della distribuzione alimentare hanno, di fatto, gestito il rapporto con il consumo, mentre, da parte pubblica, le politiche educative e sanitarie hanno cercato di contenere i problemi derivanti da un rapporto tutto privato tra sistema delle imprese (interessato alla vendita più che all’efficienza di sistema) e i consumatori spesso poco protetti di fronte alle lusinghe commerciali. L’esito di questo tipo di relazioni mostra contraddizioni evidenti, in termini di:

  • salute delle persone: con la crescita delle obesità e dei disturbi della condotta alimentare;
  • consumo ambientale: con produzioni che richiedono grande consumo di risorse naturali –energia, acqua, sostanza organica- tramite sistemi distributivi e di approvvigionamento che esitano spesso in fenomeni di evidente spreco;
  • equità sociale, nell’accesso al cibo, ma anche in termini di correttezza nei luoghi della produzione sottoposti a fenomeni competitivi che si riversano in modo sempre più frequente sulla compressione dei diritti dei lavoratori.

Per affrontare in modo più razionale il tema del cibo, di recente, nei Paesi anglofoni e non solo, stanno prendendo avvio azioni di ripensamento e organizzazione di politiche del cibo nei multiformi aspetti ([link], American Planning Association, 2007). In questa prospettiva, le amministrazioni locali individuano strategie urbane per il cibo organizzate secondo principi generali capaci di ispirare politiche urbane innovative sul cibo; promuovendo studi capaci di identificare i problemi legati alla corretta gestione del cibo; definendo piani di azione coerenti in ambito urbano.
Le strategie urbane contribuiscono a definire nuovi sentieri di lavoro, azioni, e a stimolare relazioni e comportamenti improntati verso un maggiore equilibrio nella gestione del cibo, con l’intento di fronteggiare alcune delle criticità individuate. Una strategia per il cibo genera elementi utili di innovazione quando si mostra in grado di operare su tre livelli:

  • ridefinendo nuova conoscenza: rispetto ai temi legati al cibo, ai nodi e alle problematiche emergenti, al modo con cui consumatori, cittadini, amministratori, percepiscono e concepiscono l’ambiente in cui operano e giustificano i propri comportamenti;
  • precisando assetti normativi e regolamentari, direttamente o indirettamente, collegati alla gestione del cibo, capaci di incentivare o sanzionare – in modo implicito o esplicito – condotte e scelte relative al cibo in diversi momenti e aspetti della vita di comunità (ad esempio la definizione di regole nutrizionali da adottare all’interno di un menù scolastico diviene un induttore di comportamenti innovativi, all’interno e all’esterno della scuola);
  • favorendo la predisposizione di infrastrutture, materiali o immateriali, volte a facilitare nuovi approcci nella gestione del cibo, come nel caso della diffusione di micro logistica a supporto delle reti locali di produzione e consumo, l’organizzazione di reti di comunicazione tra attori locali, la definizione di quadri normativi coerenti con nuovi orientamenti rispetto alla gestione del cibo.

Figura 2 - I sentieri dell’innovazione nel cibo

Se è vero che intorno al cibo si concentrano attenzioni e interessi numerosi e diversi che riguardano nel profondo il modo di assicurare alcuni dei fondamenti della democrazia, tra le persone e tra le generazioni, è anche vero che, stante la concentrazione urbana della popolazione mondiale, la possibilità di definire strategie urbane da parte delle amministrazioni locali d’intesa con gli abitanti urbani diviene cruciale per fronteggiare le sfide che sul cibo si vanno definendo. Anche in questa prospettiva in letteratura ha preso piede il concetto di metabolismo urbano (Grimm et al., 2008) visto come complesso dei procedimenti sociali, economici, tecnici, regolamentari capaci di influenzare il funzionamento della produzione, trasformazione, uso e gestione dei rifiuti connessi alle funzioni alimentari, con l’ottica di assicurare un innalzamento della resilienza e un contenimento dell’impronta ecologica connessa a tali funzioni. In questa prospettiva, le amministrazioni pubbliche sono coinvolte attivamente nella regolazione del metabolismo urbano. Operare in questa prospettiva implica la costruzione di nuova conoscenza rispetto al tema ed ai problemi ad esso collegati, ma anche la individuazione di metodi e logiche di lavoro adeguate, fino alla precisazione di politiche integrate (ambientali, energetiche, alimentari, territoriali e dei trasporti, della prevenzione, dell’educazione) tese a garantire, allo stesso tempo, un uso efficiente delle risorse e dell’ambiente, piena democrazia nell’accesso a beni di base per le popolazioni, una maggiore stabilità negli approvvigionamenti futuri.

La pianificazione del cibo come pratica di innovazione sociale

Il dibattito sulla transizione riguarda non solo i contenuti ma focalizza il proprio interesse su quelle che sono le nuove competenze, i percorsi e i metodi di lavoro utili, le coordinate della nuova condotta operativa necessaria da parte degli attori pubblici e privati per fronteggiare il cambiamento. Gran parte dei percorsi adottati su scala locale per fronteggiare la transizione fondano la propria azione sulla capacità di favorire partecipazione, riconoscimento e coinvolgimento degli attori locali, sviluppo di nuova conoscenza collettiva multi-attoriale, sulla ridefinizione di ruoli e modalità di azione dei diversi portatori di interesse, sulla capacità di immergere in modo nuovo l’economia nella società e assicurare il pieno controllo degli esiti dei processi tra partecipanti. In questa prospettiva, diviene cruciale adottare metodi e luoghi di confronto capaci di appiattire i processi di decisione, attraverso l’inclusione dei portatori di pratiche e visioni innovative, ma anche, allo stesso tempo, riuscire a verticalizzare rapidamente l’acquisizione di nuove conoscenze a diversi livelli istituzionali, al fine di assicurare quell’innovazione giuridico-istituzionale necessaria a generare le infrastrutture di supporto al cambiamento. La costruzione di strategie urbane per il cibo non sfugge a questa evidenza e, anzi, stimola la riflessione sulla necessità di:

  • sviluppare nuova conoscenza collettiva attraverso l’organizzazione di una intensa opera di brokeraggio (Nowotny et al., 2003; Gibbons et al., 1994; Klerkx et al., 2009) tra competenze che sono andate specializzandosi nel tempo tra persone e servizi e che, viceversa, oggi, chiedono una più profonda integrazione per potere affrontare e risolvere le questioni emergenti;
  • avviare percorsi di innovazione sociale (Matti et al., 2012; Murray et al., 2009; Bepa, 2009), capaci di coinvolgere con metodo la pluralità degli interlocutori pubblici e privati che sul tema del cibo hanno, a diverso titolo, interesse e competenza ad intervenire, con l’intento di ridefinire, visioni, regole e infrastrutture legate ad una gestione innovativa dei comportamenti istituzionali (anche mediante la valorizzazione del public procurement) e privati in materia di cibo;
  • favorire la co-produzione di servizi innovativi (Olstrom, 1996; Boyle et al., 2009; Abreu et al., 2010; Wenger et al., 2011) da parte degli attori pubblici e dei privati utilizzatori nell’intento di favorire una migliore mobilizzazione delle risorse disponibili localmente e di co-disegno di pratiche più coerenti con le tendenze di cambiamento in atto e con le esigenze di diverse tipologie di attori locali;
  • organizzare forme di co-governance (Anshell et al., 2008), pubblico privata, per assicurare la condivisione delle regole di lavoro, la valorizzazione degli atti di governo, la complementarietà tra risorse e comportamenti pubblici e privati nel raggiungimento della produzione contestuale di beni pubblici (salute, ambiente, conoscenza) e privati (creazione di valore, accesso al cibo, scelte anche edonistiche di comportamento).

I quattro punti indicati –produzione di conoscenza collettiva, innovazione sociale, co-produzione e co-governance – appaiono, oggi, centrali per percorsi capaci di provocare cambiamenti profondi nei comportamenti ordinari di una pluralità di interlocutori attivi intorno ad una tematica quale è quella del cibo. Punti che implicano, spesso, una sorta di rivoluzione copernicana rispetto al modo di operare degli apparati della pubblica amministrazione.

Il Piano del cibo a Pisa: percorsi e strumenti per la costruzione di strategie sul cibo

Nell’ambito delle attività del Prin –Miur 2008 n. 2008LY7BJJ_003 dal titolo “Alla ricerca di modelli innovativi di produzione-consumo: i percorsi di ricerca di coerenza attivati dai cittadini-consumatori”, attenzione particolare è stata dedicata alla organizzazione di una azione di ricerca intervento (Pain et al., 2003; Pohl, 2008) che ha coinvolto le amministrazioni del territorio di Pisa (Provincia e comuni dell’area) nella costruzione di una politica integrata sul cibo e la definizione di una strategia mirata di azione. Peraltro, l’area Pisana, da tempo ha seguito e, spesso, anticipato alcune delle tendenze di cambiamento delle pratiche agro-alimentari. Così, alla fase della modernizzazione dell’agricoltura e delle campagne è seguita, negli anni ‘90 e dopo la crisi della sovrapproduzione, la rinascita dell’idea della ruralità e dello sviluppo rurale che hanno orientato le aziende verso la diversificazione sui mercati della qualità, della diversificazione produttiva e dell’apertura verso la multifunzionalità agricola, in campo turistico, ambientale e sociale. Più di recente, si sono andate moltiplicando le pratiche animate dalle reti alternative del cibo con il proliferare di mercati di filiera corta e di mercati contadini, di negozi di vendita diretta o per conto terzi, di formule di gruppi di acquisto solidale (Innocenti, 2007). La pluralità di queste iniziative ha contribuito a disegnare una diversa cultura alimentare nell’area che si riverbera nei punti di vista di una pluralità di cittadini, fino a condizionare adattamenti nell’offerta della grande distribuzione. In questo fermento di attività, si sono andate moltiplicando le iniziative, anche trasversali, sul tema del cibo attraverso il coinvolgimento del mondo della ricerca universitaria, ma anche della società civile e dell’associazionismo. Le stesse imprese agricole, in numero crescente, hanno intravisto nuove opportunità nella costruzione di un rapporto più diretto con il mondo urbano, aprendosi a iniziative innovative con la popolazione, mediante la partecipazione ad iniziative di didattica, di visita in azienda, di apertura ai temi del sociale e di agricoltura civica. Le amministrazioni non potevano non essere influenzate da cambiamenti tanto profondi, in alcuni casi anticipandoli e fornendo supporto istituzionale a iniziative innovative. D’altra parte, il coinvolgimento dei cittadini nelle pratiche di decisione lascia emergere chiaramente la maturazione di nuove idee rispetto al cibo e alla campagna, e una volontà di porre nuova attenzione pubblica e privata alla tematica, fino al concretizzarsi di iniziative di auto-organizzazione di cittadini consumatori, di produttori agricoli, di comitati spontanei e di gruppi di associazioni. La riflessione sui temi chiave che ruotano intorno al cibo è iniziata a concretizzarsi già dal 2008, con il primo evento “Cibo in città”, organizzato, a Pontedera, dal Laboratorio di Studi Rurali Sismondi, insieme all’Unione dei Comuni della Valdera e all’Amministrazione provinciale di Pisa. E’ seguita, poi a Pisa, una manifestazione di una settimana sul tema “Cibi e conflitti” organizzata da centri di ricerca dell’Università e da associazioni locali. Nel 2010, poi, il Laboratorio Sismondi insieme al Comune di Pisa, all’interno dell’evento “Coltano. Cultura, Cibo, Cinema”, ha organizzato un ciclo di workshop che hanno approfondito vari aspetti legati alla tematica del cibo. Tutte occasioni, quelle citate, che hanno coinvolto, ogni volta, centinaia di cittadini, oltre a attori appartenenti al mondo della ricerca, della produzione, della distribuzione, del terzo settore, della pianificazione territoriale (Laboratorio Sismondi, 2010).
In un ambiente ricco di iniziative, l’unità di ricerca di Pisa, in accordo con l’Amministrazione Provinciale di Pisa, ha avviato una riflessione sulla costruzione di strategie urbane sul cibo. L’idea, in questo senso, si colloca in un quadro sociale e tecnico molto ricco di esperienze e di sperimentazioni che ha scontato la disorganizzazione dello spontaneismo ma che, allo stesso tempo, ha favorito il formarsi di nuove visioni condivise sul cibo, passaggio essenziale per la costruzione di un nuovo agire.
L’adozione da parte del Consiglio provinciale di un Atto politico di indirizzo per il Piano del cibo (Provincia di Pisa, 2010), ha costituito la prima azione formale del progetto. L’atto contiene l’enunciazione di primi obiettivi, scaturiti anche dalle suggestioni provenienti dal mondo della produzione, della ricerca e, in massima parte, dalle istanze della società civile, tra cui quello di dare vita a una strategia e a un piano del cibo sul territorio. Nella conduzione dell’azione di ricerca intervento, il gruppo ha agito promuovendo produzione di nuova conoscenza condivisa intorno al cibo, di una visione comune, della precisazione di regole e infrastrutture volte a facilitare nuovi approcci collettivi intorno al tema, attraverso un percorso di mediazione coordinato e partecipato. Le azioni di rafforzamento di punti di vista specifici da parte di delimitate categorie di attori (tecnici dei comuni, operatori della salute, operatori della conoscenza e della ricerca, operatori economici, membri della società civile) sono state avviate realizzando incontri di approfondimento in presenza per i singoli gruppi di attori. Da subito si è resa necessaria anche la creazione di un luogo di confronto e di lavoro virtuale, mediante la realizzazione di una piattaforma web 2.0, che permettesse di condividere contenuti e riflessioni non solo all’interno di un gruppo di soggetti con competenze simili, ma soprattutto che rendesse possibile il confronto su temi comuni da sviluppare, favorendo la continuità del dialogo attivo dedicata al tema. Accanto a quest’azione, l’organizzazione di eventi e gruppi di discussione tematici ha contribuito a costruire nuova conoscenza condivisa sul tema del cibo e, allo stesso tempo, riarticolare funzioni e modi di operare dei singoli interlocutori. Un approfondimento è stato riservato al tema delle mense scolastiche e ai processi di decisione realizzati nella individuazione delle diete alimentari e delle scelte di acquisto. In questo caso, l’esistenza di specifiche commissioni tra operatori scolastici, addetti alla gestione delle mense pubbliche e genitori ha consentito di costruire uno spaccato vivace rispetto al formarsi e al confrontarsi di nuovi e vecchi stereotipi ed esigenze in materia di alimentazione e al loro tradursi in scelte di acquisto dell’amministrazione pubblica di concerto con le famiglie.
Dal mese di ottobre 2010, sono stati organizzati momenti di incontro, con la partecipazione di numerosi soggetti, che hanno reso possibile la composizione del quadro delle competenze per ciò che riguarda la sfera di interesse e di azione delle diverse istituzioni pubbliche (Comuni o organizzazioni sovra comunali, Società delle salute, Usl, Aziende ospedaliere), del mondo delle associazioni e della società civile, dei soggetti economici, con l’apporto della rete della ricerca, nata per il supporto scientifico alle riflessioni e alle azioni intorno alle politiche del cibo. Un primo esito di questi incontri ha rappresentato la realizzazione di una sorta di mappatura dei temi e delle pratiche che si legano al cibo (Figura 3).

Figura 3 - I temi del cibo 


Fonte incontri di ricerca intervento Prin-Miur

Allo stesso modo, nel corso delle discussioni e dei momenti di confronto sono emerse e si sono andate rafforzando alcune parole chiave da parte dei singoli gruppi di interlocutori come indicato in tabella 1.

Tabella 1 - Le parole sul cibo 


Fonte incontri di ricerca intervento Prin-Miur

Così come si sono andate elencando possibili azioni a supporto di una migliore comprensione e di un processo di cambiamento sulla gestione della tematica (Tabella 2).

Tabella 2 - Le azioni di intervento coordinato sul cibo 


Fonte incontri di ricerca intervento Prin-Miur

La strategia del cibo a Pisa: strumenti di lavoro

L’organizzazione di momenti di confronto trasversali ha dato supporto a un percorso che ha portato a definire alcuni strumenti tra cui: la carta del cibo, la strategia del cibo, la definizione di luoghi di innovazione istituzionale, il piano del cibo (Figura 3).

  • La carta del cibo: ha il compito di allineare le visioni condivise intorno a principi, problemi e modalità di lavoro. In particolare la carta, ripartendo dall’idea di città:
    • precisa il concetto di sicurezza alimentare rispetto alle forze trainanti del cambiamento;
    • individua nella dieta sostenibile una infrastruttura di lavoro capace di modificare gli impatti degli approcci al cibo rispetto ai temi della sostenibilità ambientale, dell’equità e della salute;
    • guarda alla democrazia alimentare come percorso partecipato utile a riscrivere le regole scritte e non riguardanti gli approcci all’alimentazione;
    • ripensa e individua gli attori responsabili dell’attivazione di percorsi di democrazia alimentare, siano essi consumatori singoli e organizzati, produttori capaci di agire con responsabilità e senso civico, amministratori, educatori ed esperti.
    • fissa gli obiettivi del piano del cibo come processo di coordinamento e integrazione tra più attori volto a raggiungere obiettivi multipli, tra cui: l’affermazione di una cultura del cibo basata sull’idea di dieta sostenibile, la comprensione dei nessi esistenti tra dieta salute e ambiente, lo sviluppo di percorsi di innovazione sociale volti a migliorare le abitudini alimentari e ridurre gli sprechi, la crescita della capacità locale del territorio e delle imprese di produrre cibo, il supporto alla innovazione istituzionale necessaria per seguire queste ipotesi di lavoro;
    • individua gli strumenti del Piano del cibo nel coordinamento di una pluralità di politiche già disponibili nelle comunità, tra cui: la pianificazione territoriale, a sostegno della salvaguardia dei suoli agricoli; l’organizzazione del commercio, a supporto dell’ampliamento della capacità di scelta dei consumatori; l’educazione alimentare, le politiche della prevenzione della salute, le politiche ambientali, la gestione dei rifiuti, la promozione di responsabilità e innovazione nella gestione degli acquisti pubblici, la formazione e l’informazione mirata; il supporto alle fasce deboli della popolazione, le politiche di supporto alle attività agro-alimentari.

Figura 4 - Gli elementi di una strategia urbana sul cibo

  • La strategia del cibo, a sua volta, fornisce indicazioni e linee guida per orientare i soggetti privati e pubblici nelle loro scelte che hanno rilevanza rispetto ai temi individuati nella carta del cibo, precisando percorsi, azioni, modalità organizzative utili a perseguire lo scopo. In particolare, mira a raggiungere alcuni obiettivi puntuali da precisare nel Piano del cibo, individuando obiettivi di:
    • salute: il miglioramento di specifici indicatori di salute;
    • conoscenza e consapevolezza della popolazione sui temi della carta del cibo;
    • equità: il miglioramento di specifici indicatori di accessibilità al consumo di cibo di qualità (disponibilità, prezzo, logistica di acquisto per gruppi target vulnerabili, etc);
    • sostenibilità: il livello di organizzazione quali-quantitativa degli approvvigionamenti locali (disponibilità/consumo di suolo, rete di aziende civiche, numero di aderenti alla strategia, volumi di cibo assicurati, tassi di spreco, tassi di riciclaggio dei rifiuti, impatto ambientale/energetico dei processi di produzione e distribuzione, etc);
    • innovazione: l’entità e il tipo di pratiche innovative da promuovere (nel campo dell’educazione, della promozione di salute, di politiche pubbliche, di scelte di consumo, di pratiche produttive, etc);
    • organizzazione: la definizione di pratiche organizzative capaci di incidere sull’effettività delle politiche che hanno riflessi sul cibo (accordi di programma, organismi di coordinamento, etc);
  • Il raggiungimento degli obiettivi della strategia spetta agli attori coinvolti mediante un uso appropriato dei propri spazi di manovra, l’individuazione di obiettivi puntuali e quantificati da raggiungere -nei tempi e nei modi concordati- tramite azioni puntuali, nel tempo e nello spazio in modo organico e condiviso. La strategia, rispetto ai singoli obiettivi, infatti, individua gli strumenti già disponibili per le pubbliche amministrazioni e per i soggetti istituzionali. Tali strumenti, solitamente adottati in modo specialistico e settoriale da parte delle singole autorità, trovano una loro più piena efficacia nell’uso coordinato e convergente rispetto al raggiungimento di obiettivi comuni e delle visioni contenute nella carta del cibo.

Figura 5 - I contenuti del Piano per il cibo

  • Il Piano del cibo rappresenta l’atto di pianificazione coordinata attraverso cui (vedi Figura 5) comprendere e mappare le specifiche problematiche connesse su scala locale al tema affrontato, assicurare adeguati livelli di coordinamento tra i diversi interlocutori nell’uso integrato delle politiche e delle azioni quotidianamente intraprese, disegnare e promuovere gli obiettivi e i principi fissati nella carta e nella strategia, medianti adeguate iniziative di informazione e comunicazione.
  • Infine, dal punto di vista dell’innovazione istituzionale si pone la necessità di trovare gli strumenti giuridici di co-decisione e gli stessi luoghi di incontro tra diversi interlocutori. Per quanto riguarda il primo aspetto, la definizione di un accordo di programma sul cibo mira a tradurre i principi e gli obiettivi individuati nella carta e nella strategia del cibo in un accordo formalizzato volto a coordinare l’azione dei vari interlocutori pubblici nello svolgimento dei propri compiti istituzionali. Allo stesso tempo, la costituzione di un’alleanza locale sul cibo mette a disposizione degli attori privati (del privato d’impresa e sociale) uno spazio nel quale favorire interlocuzione, controllo della coerenza tra gli strumenti adottati e le azioni intraprese, partecipare in modo formale alla definizione del percorso di innovazione sociale connesso al Piano del cibo.

Allo stato attuale, in Provincia di Pisa, si è registrata l’adesione di 19 comuni dei 39 presenti, l’Amministrazione provinciale ha fatto propria la Carta e la Strategia del Cibo, sono stati avviati contatti ed iniziative per formalizzare l’accordo di programma e costituire l’alleanza per il cibo. Un percorso ancora in itinere, quindi, reso più complesso e incerto dalla stessa messa in discussione della vita dell’Istituzione Provincia che si è fatta promotrice dell’iniziativa sul territorio di propria competenza. Nel frattempo si rafforzano le iniziative comuni avviate da parte dei singoli attori in una prospettiva condivisa all’interno della carta e della strategia del cibo.

Alcune riflessioni in conclusione

L’esperienza avviata con il progetto Prin ha consentito di approfondire la complessità della tematica del cibo e, allo stesso tempo, di concerto con le amministrazioni locali, avviare processi di innovazione sociale volti a favorire la transizione rispetto a temi, quello del cibo e quelli ad esso legati, che assumeranno un peso cruciale nel futuro prossimo per la resilienza delle comunità locali.
Il fatto che il percorso sia ancora in atto consegna già due elementi di riflessione: da una parte, la vitalità dell’iniziativa avviata; dall’altra, la complessità della gestione di processi multiattoriali di ampio respiro, aspetto, quest’ultimo, già emerso nel corso delle azioni di ricerca.
Se è vero che fronteggiare la transizione implica la costruzione di nuova conoscenza condivisa e di processi di co-costruzione dei nuovi servizi e delle nuove ipotesi di lavoro, è anche vero che la gestione progressiva dell’interazione tra una moltitudine di attori implica tempo, metodi appropriati di lavoro e un forte impegno nell’azione di mediazione costruttiva dei punti di vista e del superamento delle possibili aree di attrito che la rottura degli specialismi e dei settorialismi necessariamente porta con sé.
La capacità di sviluppare partecipazione e collaborazione tra attori pubblici e tra questi e gli attori privati in vista del raggiungimento di obiettivi ambiziosi di cambiamento implica la capacità di fare un passo indietro da parte di tutti, di porsi in posizione di ascolto e di interlocuzione aperta nei confronti degli altri partecipanti, per potere, poi, fare un passo avanti insieme verso una direzione condivisa.
Il tema della co-governance – pubblico/privato- sta diventando un aspetto cruciale per fronteggiare il cambiamento. Ciò ha a che vedere con la necessità di coinvolgere la società civile, e i privati in genere, per fare fronte ai problemi emergenti in una fase di evidente crisi delle risorse pubbliche, ma anche, di conseguenza, alla necessità di ripensare la tradizionale separazione tra Stato e Mercato a vantaggio di forme più ibride, nelle quali la responsabilità, la partecipazione attiva, lo scambio, la reciprocità, acquisiscono nuovo peso ed attenzione. Il passaggio organizzativo e logico verso la co-governance non è di poco conto e, dal punto di vista delle forme della rappresentanza e della decisione, implica il ripensamento degli strumenti della democrazia rappresentativa e l’affiancamento di questi con forme di democrazia deliberativa. La prospettiva è quella di coinvolgere in modo più intenso gli attori locali pubblici e privati, nella co-produzione partecipata dei servizi e delle attività, in modo da renderli più efficaci ed efficienti, ma anche di riuscire a trovare nuove soluzioni per affiancare la creazione di beni pubblici e di beni privati.
In questa direzione, l’innovazione non può essere raggiunta in assenza di uno sforzo istituzionale di cambiamento che, nel caso del Piano del cibo, si riflette nell’organizzazione dell’Accordo di programma, volto a legare e fare convergere le responsabilità e le azioni della moltitudine di attori pubblici coinvolti a diverso titolo sul tema del cibo, ma, anche, nella costruzione dell’Alleanza sul cibo, un luogo di confronto e di partecipazione volto ad affiancare le sedi ordinarie della decisione e a riconoscere il contributo e il ruolo degli attori privati ai percorsi di cambiamento che la società locale si appresta a realizzare.
Affrontare le questioni legate al cibo partendo dall’ambito urbano, poi, implica un cambiamento radicale di prospettiva rispetto ad atteggiamenti consolidati, a maggior ragione introducendo una logica di pianificazione attraverso il coordinamento della pluralità degli strumenti e delle azioni che possono avere rilevante impatto. D’altra parte, la costruzione di strategie urbane sul cibo consente di porre di nuovo al centro del dibattito politico – urbano e non solo - temi che sono stati a lungo guardati con distrazione e che oggi, invece, stanno acquisendo nuova centralità per la qualità della vita degli abitanti locali e per la stessa traduzione operativa dell’idea di democrazia che, intorno al cibo, trova nuovi e assai rilevanti contenuti.
Un’ultima riflessione non può che riguardare gli strumenti utili per assicurare la transizione verso nuovi modelli di coordinamento e di gestione delle problematiche cruciali per le società locali, come nel caso delle strategie sul cibo. La gestione di pratiche profonde di cambiamento del modo di organizzare e portare avanti decisioni complesse nelle società locali hanno bisogno di un intenso supporto terzo, volto a favorire quelle azioni di brokeraggio, animazione, co-costruzione di visioni, saperi e regole, necessarie per affrontare e gestire il cambiamento. L’azione svolta dai ricercatori nella conduzione della ricerca Prin ha necessità di trovare attori tecnici altri nella ordinaria amministrazione e promozione di processi e percorsi di questa natura. Per fare questo, anche le misure di intervento contenute nei piani di azione delle politiche – e nella fattispecie nei piani di sviluppo rurale- hanno necessità di essere ripensate, in una logica plurisettoriale e immaginando le forme di supporto necessarie all’innovazione sociale che gli stessi documenti comunitari auspicano ma che, ad oggi, rischiano di riguardare una forma più sofisticata di ammortizzatore sociale di fronte a processi economici che continuano a generare diseguaglianze. Il caso del piano del cibo racconta una storia diversa, e che cioè, l’innovazione sociale rappresenta una modalità di lavoro volta a generare nuovi modelli di economia più strettamente ed immediatamente legati al benessere esteso delle comunità locali e alla creazione di valori ambientali e sociali. In questa prospettiva le politiche, e in particolare quelle di sviluppo rurale, dovrebbero essere ripensate in profondità per accompagnare un cambiamento possibile che, proprio da un più intenso legame tra strategie urbane e percorsi di nuova ruralità, possono generare nuove condizioni per il benessere e la stabilità delle popolazioni locali tutte, urbane e rurali.

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  • 1. L’articolo è stato sviluppato nell’ambito del progetto Prin-Miur 2008 n. 2008LY7BJJ_003 dal titolo “Alla ricerca di modelli innovativi di produzione-consumo: i percorsi di ricerca di coerenza attivati dai cittadini-consumatori” di cui Francesco Di Iacovo è coordinatore per l’Unità di Pisa, e la Prof.ssa Annamaria Vitale dell’Università della Calabria coordinatrice nazionale. Il testo rappresenta il frutto congiunto degli autori, in particolare Gianluca Brunori ha redatto il paragrafo 1 e , all’interno del paragrafo 5 la parte relativa alla carta del cibo, Francesco Di Iacovo il paragrafo 2 e 3 e, all’interno del paragrafo 5, la parte relativa alla strategia del cibo, Silvia Innocenti il paragrafo 4 e, relativamente al paragrafo 5 le parti restanti. Le conclusioni sono il frutto della riflessione condivisa degli autori. Un ringraziamento alla Dott.ssa Vincenzina Colosimo che ha contribuito a migliorare una prima versione del lavoro con commenti e suggerimenti di miglioramento per la lettura.
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