Introduzione
L’interesse verso la conoscenza dei processi di formazione dei prezzi, dei margini di commercializzazione e dei meccanismi di trasmissione dei prezzi nel sistema agroalimentare è considerevolmente cresciuto negli ultimi anni. Le profonde modificazioni che hanno interessato la catena alimentare, l’eterogeneità delle filiere, l’evoluzione delle strutture di mercato, la crescente concentrazione delle imprese di trasformazione e di distribuzione, i recenti fenomeni di volatilità dei prezzi di alcuni prodotti agricoli, hanno contribuito a porre in primo piano, nell’agenda delle istituzioni pubbliche, la necessità di aumentare le conoscenze in questo campo.
Studiare il meccanismo di formazione dei prezzi nella catena alimentare non è agevole, soprattutto a causa della mancanza di dati esaustivi e affidabili sui prezzi, sui ricarichi, così come sui costi in ogni sua fase. È un fenomeno complesso che dipende da diversi fattori: le specificità intrinseche dei prodotti (ad esempio la conservabilità, la deperibilità, la stagionalità) che ne condizionano l’offerta, la struttura del mercato (ad esempio il grado di concorrenzialità presente in ogni fase della catena e il numero di intermediari) così come l’impatto delle politiche pubbliche in atto.
La valutazione di come avviene la trasmissione dei prezzi lungo la filiera alimentare, vale a dire l’entità e la velocità dei trasferimenti tra le varie fasi, è spesso utilizzata come indicatore della sua efficacia ed efficienza e del grado di concorrenza nella fase della trasformazione e della distribuzione. Wohlgenant (2001) pone ai ricercatori e ai policy maker alcune importanti questioni. I margini di commercializzazione sono troppo ampi? Perché i margini sono diversi tra i prodotti? Come sono cambiati i margini nel tempo? Qual è l’incidenza dei costi di commercializzazione sui prezzi al dettaglio e sui prezzi pagati agli agricoltori? Quali sono i tempi con cui i prezzi agricoli sono trasmessi al dettaglio e viceversa? Qual è il rapporto tra concentrazione e potere di mercato? Una maggiore concentrazione crea benefici o danni per i produttori agricoli?
Come accennato, di recente, i prezzi di alcuni prodotti agricoli sono stati oggetto di forte volatilità. Tra il 2007 e il 2008 i prezzi di alcune materie prime agricole, cereali e latte soprattutto, hanno subito una forte crescita, generando significativi aumenti dei prezzi al consumo con conseguenze negative sull’inflazione. Successivamente, alcuni prezzi sono scesi ai livelli di partenza, alle volte anche più in basso. In una situazione in cui la crisi economica incide sempre più sul potere d’acquisto delle famiglie, mentre i consumi alimentari tornano a rappresentare una quota importante del reddito, queste dinamiche hanno creato una crescente preoccupazione nei consumatori, in quanto spesso impongono loro dei vincoli nella scelta del proprio paniere alimentare.
Le conseguenze della volatilità dei prezzi si ripercuotono dunque negativamente su:
- gli agricoltori ai quali manca un preciso riferimento del prezzo di vendita dei propri prodotti a fronte di un continuo aumento dei costi di produzione, ritardando il riequilibrio dei prezzi delle materie prime agricole;
- i trasformatori che non possono trasferire il totale aumento delle materie prime sui loro prezzi di vendita;
- i distributori, che volendo mantenere un certo margine, si confrontano con la possibilità di spesa dei consumatori, con il rischio di vedere diminuire i loro volumi di vendita;
- i consumatori il cui potere d’acquisto subisce un ridimensionamento anche a causa dell’aumento di alcuni prodotti agroalimentari.
In presenza di una trasmissione imperfetta, le variazioni di prezzo che intervengono a una estremità della filiera non si riflettono immediatamente nell’altra estremità, in quanto esse non sono interamente trasmesse lungo la catena, o perché gli aumenti o le diminuzioni sono distribuiti nel tempo, o perché la reazione è diversa, rendendo la trasmissione asimmetrica. Ad esempio, a partire dal secondo trimestre del 2008, mentre i prezzi delle materie prime agricole hanno subito una forte riduzione, i prezzi al consumo hanno continuato ad aumentare fino all’ultimo trimestre dello stesso anno, per ridiscendere soltanto nella seconda metà del 2009.
Il calo nel mercato al consumo è cioè avvenuto molto più lentamente rispetto a quello delle materie prime agricole, evidenziando carenze nel sistema di trasmissione.
Le divergenze tra l’andamento dei prezzi delle materie prime agricole e quello dei prezzi al consumo e la presenza di asimmetrie possono essere in parte ricondotte alla struttura del mercato. Mercati oligopolistici o oligopsonistici possono più facilmente causare distorsioni e ritardi negli aggiustamenti, anche se recenti studi sostengono che queste disfunzioni non implicano automaticamente la presenza di un ambiente non competitivo e/o l’esercizio di potere di mercato (CE, 2009c). La lentezza con cui le fluttuazioni dei prezzi sono trasmesse ritarda peraltro gli aggiustamenti necessari ed estende le disfunzioni del mercato ad ogni fase della filiera, accrescendo il tasso di volatilità dei prezzi nei mercati delle materie prime agricole (CE, 2009a).
La situazione nell’Unione Europea
L’ampiezza, il ritardo e l’asimmetria nella regolazione dei prezzi alimentari sollevano quindi numerose perplessità sul funzionamento delle filiere alimentari e sulla distribuzione del valore aggiunto tra produttori agricoli, trasformatori, grossisti e dettaglianti. Garantire l’efficacia e l’efficienza della catena di approvvigionamento alimentare è fondamentale per aumentare la sua competitività a beneficio di tutti gli attori, consumatori compresi.
In anni recenti nell’UE si sono sviluppati numerosi studi che testimoniano l’importanza che le Istituzioni europee o i singoli paesi danno alla valutazione dei fenomeni in atto, per predisporre specifiche iniziative al fine di correggerli o prevenirli (Agra CEAS Consulting, 2007; CE, 2008a; CE, 2008b; CE, 2009a; CE, 2009b; CE, 2009c e CE, 2011). Di alcuni studi riportiamo di seguito le principali conclusioni per fornire un utile riferimento di discussione.
Per quanto attiene alle indagini che hanno riguardato un numero ampio di filiere in più Paesi, vi è il rapporto curato da London Economics (2004) per conto del Ministero dell’agricoltura inglese sugli spread tra i prezzi alla produzione in agricoltura e i prezzi al consumo di 90 differenti prodotti in alcuni paesi europei, tra cui l’Italia, nel periodo compreso tra la metà degli anni Novanta e i primi anni del secolo corrente. Le principali conclusioni escludono la presenza di prove evidenti di: (a) sistematica trasmissione asimmetrica dei prezzi nelle filiere alimentari dei principali paesi europei; (b) presenza di filiere più soggette di altre all’asimmetria ad eccezione della quella lattiero-casearia, il cui periodo di osservazione è stato però più breve; (c) esistenza di Paesi in cui la trasmissione dei prezzi è sistematicamente più asimmetrica, tranne che in Francia dove nel lungo periodo la relazione tra prezzi alla produzione e prezzi al dettaglio non sembra mostrare stabilità; (d) significativo impatto nell’evoluzione delle differenze tra i prezzi pagati ai produttori e quelli al consumo in relazione all’aumentata concentrazione nella trasformazione e distribuzione.
Lo studio commissionato dal Parlamento europeo (Agra CEAS Consulting, 2007) analizza i differenziali di prezzo tra mercati alla produzione e mercati al consumo in 202 filiere alimentari di 16 paesi europei (Italia esclusa) nell’intervallo 2003-2005. Nel breve periodo esaminato gli effetti della concentrazione distributiva sui differenziali di prezzo è variabile da filiera a filiera e il maggiore impatto si registra in quella ortofrutticola, mentre è minore nel lattiero-caseario. Trova conferma, inoltre, che un aumento della concentrazione al dettaglio ha un’associazione positiva con la differenza assoluta dei margini di prezzo tra produttori e consumatori e una negativa tra la quota parte del produttore e il prezzo al consumo.
Numerosi studi condotti a livello nazionale nei singoli Paesi hanno posto al centro delle indagini la trasmissione dei prezzi nella catena di approvvigionamento alimentare.
In Francia un rapporto (Conseil Économique Social et Environnemental, 2009) evidenzia, tra l’altro, la necessità di avviare alcune azioni per: (a) contrastare il fenomeno della volatilità dei prezzi nell’interesse dei consumatori, dei trasformatori e dei produttori agricoli per evitare che forti aumenti dei prezzi, se trasmessi interamente lungo la filiera, riscaldino l’inflazione e sensibili diminuzioni dei prezzi determino sofferenze per le aziende agricole; (b) promuovere l’organizzazione delle filiere e la contrattualizzazione1, come alternativa al laissez-faire dei mercati; (c) rendere più trasparente la formazione dei prezzi e dei margini, anche attraverso la pubblicazione annuale di un rapporto (Observatoire de la Formation des Prix et des Marges des Produits Alimentaires, 2011).
In Danimarca Jensen e Møller (2009) suggeriscono che, per la maggior parte delle materie prime, la trasmissione dei prezzi tende ad essere asimmetrica verso l’alto e che la maggior parte delle asimmetrie si verificano nella fase di vendita al dettaglio e nel breve periodo, mentre nel lungo periodo la trasmissione dei prezzi tende in larga parte a divenire simmetrica. Un’altra indagine (Danish Competition Authority, 2009) mostra che le variazioni dei margini lungo la filiera nel corso degli anni più recenti, sono state principalmente a beneficio dell’industria di trasformazione (in particolare nel comparto lattiero-caseario).
Questa breve rassegna consente di affermare che, sebbene la maggior parte delle ricerche tenda a collegare la presenza di una carente trasmissione e di asimmetria alle imperfezioni del mercato, per esempio la concentrazione, l’evidenza empirica varia ampiamente fra mercati e paesi, così come sono disomogenee le basi teoriche di riferimento. Inoltre secondo Vavra e Goodwin (2005), nonostante la numerosità delle indagini, non è possibile trarre conclusioni unanimi sull’esistenza di fenomeni di asimmetria, ma come Meyer e von Cramon-Taubadel (2004) affermano, vi è la necessità di ulteriori ricerche.
Anche la Commissione Europea (CE, 2009c) sottolinea la necessità di aumentare le conoscenze sui comportamenti degli attori lungo la catena alimentare e sui meccanismi di trasmissione dei prezzi. Le ipotesi esplicative non sono ancora uniformi e poche sono le prove a sostegno di un sistematico imperfetto adeguamento dei prezzi lungo le filiere alimentari, anche se nel breve periodo ciò può verificarsi in alcuni settori e/o paesi.
Le analisi a lungo termine tenderebbero invece a mostrare che esiste una certa correlazione tra l’evoluzione dei prezzi delle materie prime agricole e l’evoluzione dei prezzi al consumo (CE, 2009c). Due sono gli effetti, che combinati tra loro, spiegano questo risultato: (i) non esiste nei fatti alcuna relazione tra i prezzi delle materie prime agricole e i prezzi alla produzione, soprattutto prima del 2007, (ii) il limitato pass-through (~ 50%) dai prezzi alla produzione ai prezzi al consumo limita le variazioni dei prezzi per i consumatori. Questa modalità di trasmissione dei prezzi lungo la filiera può essere spiegata da diversi fattori, tra i quali la limitata incidenza dei costi dei prodotti agricoli nei prezzi finali e le inefficienze della struttura della filiera (squilibri di potere contrattuale e/o pratiche anticoncorrenziali). Oggi i prezzi finali al consumo sono più influenzati dai costi della manodopera, dell’energia, compresi i costi di trasporto, e di marketing che dai costi delle materie prime agricole, appena il 20% in media, secondo le stime di London Economics (2004) e CE (2009c).
A partire dal 2007, in seguito al forte aumento e al successivo crollo dei prezzi delle materie prime (CE, 2009c), vi è stato tuttavia un significativo cambiamento nel modello di trasmissione dei prezzi nella catena alimentare: è aumentata la velocità di trasmissione dei prezzi e tutti gli attori hanno cercato di trasmettere a valle l’aumento dei loro costi di produzione.
La situazione in Italia
A livello nazionale si registra invece una forte carenza di studi sulle problematiche attinenti la formazione e la trasmissione dei prezzi lungo le filiere agroalimentari, nonché di tutti quegli elementi che possono provocare distorsioni lungo le filiere; poche sono le eccezioni (AGCM, 2007; Carraro, Stefani, 2011)2. A riprova di ciò, negli studi prima indicati, non viene mai fatto riferimento al caso italiano, ad eccezione dell’indagine dell’AGCM (2007) e di London Economics (2004), probabilmente per la difficoltà di reperire le informazioni necessarie.
Per questa ragione, Agriregionieuropa ha posto al centro della sua riflessione il tema della formazione del valore nella catena alimentare. Si tratta di una prima serie di contributi, non certamente esaustivi, che analizzano i meccanismi di formazione dei prezzi e dei margini nella realtà italiana. Lo scopo è di avviare un dibattito per sollecitare una più approfondita conoscenza di queste dinamiche che, come visto, a livello europeo trova molto più spazio. Questo dibattito dovrebbe coinvolgere prima di tutto le Istituzioni pubbliche, in quanto la mancanza di adeguate iniziative politiche, a tutti i livelli, rischia di rendere sterili gli ulteriori approfondimenti, così come sottolineato nei contributi contenuti in questo numero. Tra l’altro, la situazione italiana, paragonata a quella dei principali Paesi europei, si presenta ancora più complessa e difficile da interpretare e affrontare. Recentemente un saggio, breve, ma denso di spunti di riflessione (Galesi, Mangano, 2010), ci ricorda come accanto a problemi strutturali ne esistano altri di natura sociale, la cui soluzione non può essere affrontata all’interno delle singole filiere, ma solo in un’ottica più ampia. Ci si riferisce, in particolare, alle pesanti ripercussioni che provoca la presenza di un’economia parallela di origine malavitosa, fortemente radicata nelle principali filiere del Mezzogiorno, ortofrutticole soprattutto. Se a monte non vengono risolti questi problemi, sarà ancora più difficile tentare di riequilibrare i rapporti di potere al loro interno.
Di seguito viene presentata una breve rassegna degli articoli contenuti nel tema. Zaghi e Bono ricostruiscono, utilizzando una precedente ricerca di Nomisma, la distribuzione del valore nella catena agroalimentare italiana. L’analisi rileva come vi sia la necessità di agire soprattutto sulle voci di costo per ridurre i prezzi al consumo, attraverso una filiera meno polverizzata e più efficiente e di un sistema infrastrutturale (trasporti e reti energetiche ad esempio) più vicino agli standard europei.
L’intervento di Pezzoli riassume l’attività dell’Autorità Garante dela Concorrenza e del Mercato nel settore agroalimentare e si sofferma sui principali risultati raggiunti nell’indagine sulla distribuzione agroalimentare del 2007, evidenziando come, sotto il profilo concorrenziale, è auspicabile una maggiore concentrazione dell’offerta agricola, anche per consentire che i vantaggi dell’accresciuta presenza della GDO si traducano in benefici anche per il consumatore.
Nell’indagine delle singole filiere, Petriccione, dell’Aquila e Perito esaminano la catena del valore nel comparto ortofrutticolo, le sue dinamiche evolutive e i problemi legati alla valorizzazione delle produzioni. Gli autori, dopo avere ricostruito la distribuzione del valore lungo la filiera, ponendola a confronto con quelle francese e tedesca, individuano le principali strategie attraverso le quali è possibile recuperare quote di valore aggiunto da parte della fase agricola, attraverso le aggregazioni di produttori e la promozione di relazioni contrattuali, al fine di equilibrare la crescente concentrazione della grande distribuzione.
Malorgio, Pomarici, Sardone e Tosco analizzano la catena del valore dell’eterogenea e complessa filiera vitivinicola italiana attraverso: (i) la ricostruzione di un diagramma dei flussi; (ii) l’analisi dei costi e degli effetti della presenza di economie di scala; (iii) la stima di alcuni casi. Secondo gli autori proprio l’eterogeneità del settore renderebbe priva di significato una ricostruzione di un’unica catena del valore. L’obiettivo deve invece essere la ricostruzione di differenti catene del valore, obiettivo scarsamente raggiungibile allo stato attuale delle conoscenze. D’Alessio, attraverso l’esperienza della Regione Veneto, verifica se la progettazione integrata di filiera a livello regionale può favorire una più equa remunerazione delle produzioni agricole. L’analisi riguarda le proposte progettuali con l’obiettivo di evidenziare peculiari aspetti - numerosità e composizione dei partenariati, peculiarità del capofila, impegni di conferimento e acquisto - contenuti negli accordi/patti di filiera e per valutarne la capacità di instaurare una maggiore equità tra le fasi.
Infine, a completamento della sezione Tema, vi sono i lavori di Zaccarini-Bonelli e Ciccarelli, Lepri e Comegna che descrivono, i primi (Zaccarini-Bonelli e Ciccarelli), un modello di simulazione microeconomico realizzato da Ismea, nell’ambito della Rete Rurale Nazione, per valutare il possibile impatto della riforma della Pac sui risultati economici delle aziende agricole Italiane; il secondo (Lepri) l’applicazione del modello al settore del frumento duro; il terzo (Comegna), l’applicazione al settore dell’allevamento bovino da carne.
Riferimenti bibliografici
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Autorità garante della concorrenza e del mercato (2007), Indagine conoscitiva sulla distribuzione agroalimentare (IC/28), www.agcm.it
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CE (2008a), COM 821, I prezzi dei prodotti alimentari in Europa
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CE (2010), COM 728, Proposta di regolamento del Parlamento Europeo e del consiglio recante modifica al regolamento (CE) n. 1234/2007 per quanto riguarda i rapporti contrattuali nel settore del latte e dei prodotti lattiero caseari
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CE (2011), COM 436, Libro Verde – Politica di informazione e promozione dei prodotti agricoli: una strategia a forte valore aggiunto europeo per promuovere i sapori dell’Europa
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Galesi L., Mangano A. (2010), Voi li chiamate clandestini, Manifestolibri, Roma
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Giangiulio D., Mazzantini G. (2010). Il trasferimento dei prezzi lungo le filiere agroalimentari: una possibile metodologia di analisi per i profili di interesse Antitrust, XLVII Convegno SIDEA, Campobasso
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Meyer, J. and von Cramon-Taubadel S. (2004), Asymmetric Price Transmission: A Survey, Journal of Agricultural Economics. 55: 581-611
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Porter M. E. (1985), Competitive advantage, The Free Press. A Division of Macmillan, Inc., New York
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Vavra, P. and Goodwin B. K. (2005), Analysis of Price Transmission Along the Food Chain, OECD Food,Agriculture and Fisheries Working Papers, No. 3, OECD Publishing
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Wohlgenant, M. K. (2001), Marketing Margins: Empirical Analysis, in Gardner B. and Rausser G. (eds.), Handbook of Agricultural Economics, Volume 1, Amsterdam, Elsevier Science B.V., pp. 934-970
- 1. Di recente la Commissione Europea (CE, 2010) ha proposto per il settore del latte che i Paesi membri possano emanare delle linee guida obbligatorie per la contrattualizzazione. Giacomini (2011) mostra forti perplessità sul miglioramento dell’organizzazione dell'offerta attraverso provvedimenti legislativi.
- 2. Negli articoli del Tema in questo numero di Agriregionieuropa sono riportate ulteriori citazioni bibliografiche, a cui si rimanda.