Introduzione1
Negli ultimi decenni, a livello mondiale, la maggior parte dei paesi ha emanato normative rivolte al settore agro-alimentare sulla qualità, sicurezza, nutrizione, inquinamento ambientale e altri aspetti sociali. L’obiettivo è quello di regolamentare la produzione e i consumi, tutelando sia i produttori nella loro attività produttiva e commerciale, sia i consumatori per quanto riguarda il diritto di essere informati e di consumare beni che non siano nocivi per la salute e l’ambiente. Vengono emesse perciò normative e standard produttivi, che oltre ad avere effetti sui produttori e sui consumatori interni, influiscono anche nei rapporti commerciali internazionali.
Le normative scelte da ciascun paese possono essere più o meno restrittive a seconda di diversi fattori, sia interni che esterni al paese, e sono il risultato di un processo politico-decisionale che pondera questi fattori in funzione dei principali interessi nazionali. Le differenze tra i paesi nelle normative e negli standard sono frutto, perciò, di scelte che tengono conto della capacità produttiva, della struttura del settore agro-alimentare, delle preferenze dei consumatori e delle relazioni commerciali internazionali (Vigani, 2010).
Nella letteratura scientifica, il ruolo degli standard commerciali appare controverso.
Secondo alcuni autori (Fischer, Serra 2000; Anderson et al., 2004; Sturm, 2006), rappresentano dei nuovi strumenti protezionistici in sostituzione di quelli tradizionali, le tariffe. La rappresentazione degli standard come barriere non tariffarie (NTB) è dovuta al fatto che negli ultimi venti anni gli standard sono aumentati proporzionalmente alla diminuzione delle tariffe imposta dagli accordi internazionali della Organizzazione Mondiale del Commercio. Tuttavia, secondo altri autori (Tian, 2003; Marette, Beghin 2010), gli standard possono essere strumenti anti-protezionistici qualora i produttori esteri siano più efficienti di quelli locali nell’implementazione degli standard. Infine, altri autori (Tothova Oehmke, 2004; Vigani et al., 2010) sottolineano come gli standard possono essere dei catalizzatori di commercio bilaterale, poiché l’adozione di normative simili ha l’effetto di facilitare gli scambi dei beni, agendo come un accordo commerciale.
Il ruolo protezionistico o anti-protezionistico degli standard è legato anche alla loro restrittività, infatti normative più restrittive impongono maggiori costi di produzione, analisi, verifica e coordinamento all’interno della filiera agro-alimentare. Tuttavia, i fattori che inducono i diversi paesi ad adottare standard più o meno restrittivi sono difficili da analizzare per la mancanza di strumenti adeguati ad eseguire un confronto tra paesi. Alcuni studi hanno affrontato questo problema attraverso la costruzione di indici su specifiche normative. Ad esempio, Ginarte e Park (1997) hanno studiato le normative sulla protezione della proprietà intellettuale, analizzando quali fattori inducono normative che garantiscano alti livelli di protezione dei diritti di proprietà intellettuale. Altri (Esty, Porter 2001), invece, hanno indagato la qualità dei regolamenti ambientali sottolineando che questi sono strettamente collegati al livello di sviluppo del paese.
Tuttavia, nonostante ci sia una ampia letteratura che ha studiato le determinanti del protezionismo in agricoltura, non sono presenti indagini sulle determinanti delle normative agro-alimentari e, a questo scopo, si è scelto di focalizzarsi su un aspetto particolare del settore agro-alimentare, quello degli organismi geneticamente modificati (OGM). La scelta è motivata dalla grande sensibilità e attualità di questo argomento. Infatti, negli ultimi 15 anni gli OGM sono stati al centro di numerose dispute commerciali, che hanno visto contrapporsi paesi esportatori (produttori) di prodotti agro-alimentari a paesi importatori (consumatori), in un contesto mondiale di crescente domanda dei beni alimentari. Consumatori e associazioni ambientaliste nei paesi ricchi, hanno espresso forti preoccupazioni sulla sicurezza, sia per l’uomo che per l’ambiente, dei prodotti ottenuti con la nuova biotecnologia, chiedendo ai governi normative che tutelino i consumatori e l’ambiente. Altri paesi, invece, coltivano ampiamente gli OGM e li utilizzano per la produzione di alimenti, senza adottare regolamenti che possano limitarne la diffusione. Anche il mondo scientifico non ha saputo fornire una voce unanime nella valutazione degli OGM. Numerose ricerche si sono espresse sulla non pericolosità di questi prodotti, in contrasto con i risultati di alcuni piccoli gruppi di ricerca ai quali hanno fatto riferimento molte organizzazioni verdi. In questo scenario, i paesi in via di sviluppo si dividono tra promotori e oppositori degli OGM, creando un quadro internazionale in cui gli standard OGM sono profondamente diversificati.
Per questo motivo, è opportuno studiare i fattori che inducono i paesi ad adottare standard OGM restrittivi, per capire se la restrittività è a guardia di interessi economici, come sostenuto da alcuni autori, o se è una risposta alle preferenze dei consumatori, oppure ancora se è frutto di una commistione di diversi fattori che intervengono contemporaneamente.
A questo scopo è stato creato un indice composito sugli standard OGM, considerando tutte quelle componenti che, unite, rappresentano l’intero quadro normativo sugli OGM. L’indice è poi stato usato in una analisi empirica per capire quali fattori influiscono sull’adozione di standard OGM più restrittivi.
Un indice sugli standard OGM
L’indice è stato costruito per 60 paesi distribuiti in tutto il mondo, utilizzando come principale fonte di informazione i rapporti GAIN sulle biotecnologie redatti dallo United States Department of Agriculture (USDA) datati fino al giugno 2008.
L’indice raggruppa 6 componenti: i. processo di approvazione; ii. valutazione del rischio; iii. Etichettatura; iv. Tracciabilità; v. coesistenza; e vi. partecipazione ad accordi internazionali. A ciascuna di queste ‘dimensioni’ è stato attribuito un punteggio, il quale assume valori più elevati in funzione del grado di restrittività della normativa in vigore. Ad esempio, ai paesi che si dichiarano ‘liberi da OGM’ (OGM-free) è stato attribuito il punteggio più elevato in ogni categoria. Nella tabella 1 sono riportate le 6 dimensioni normative dell’indice e, per ciascuna di esse, la gamma di punteggi attribuibili.
Tabella 1 - Categorie e punteggi che compongono l’indice OGM
Figura 1 - I 60 paesi oggetto dello studio, ordinati per valore di indice OGM crescente
Note: il gruppo dei paesi in via di sviluppo è composto da: Bangladesh, Guatemala, Giamaica, Kenya, Perù, Sri Lanka, Ucraina, Vietnam, Zambia, Zimbabwe; il gruppo dei paesi emergenti è composto da: Argentina, Brasile, Cile, Cina, Colombia, Filippine, India, Indonesia, Israele, Malesia, Messico, Russia, Singapore, Sud Africa, Tailandia, Taiwan, Turchia, e Venezuela.
L’indice finale è stato poi calcolato come somma normalizzata dei punteggi assegnati a ciascuna componente, cosicché assume valori compresi tra 0 e 1, dove valori più elevati indicano una maggiore restrittività della normativa.
La figura 1 riporta tutti e 60 i paesi ordinati per valore di indice OGM crescente. Da una prima osservazione della figura, emergono alcune importanti differenze.
Innanzitutto, Stati Uniti e Unione europea (UE) costituiscono due poli normativi opposti, gli Stati Uniti con regolamenti più permissivi e la UE invece con un approccio più restrittivo. La maggior parte dei paesi in via di sviluppo ha normative relativamente non restrittive, ma si osservano delle importanti eccezioni, costituite, ad esempio, da due paesi africani OGM-free. Inoltre, nonostante le comuni direttive, anche tra i paesi della UE c’è un certo grado di differenziazione, dovuto principalmente a un diverso recepimento a livello nazionale delle direttive relative agli OGM.
Le componenti della normativa OGM
La normativa sugli OGM è complessa e articolata in componenti che singolarmente costituiscono specifici standard di prodotto o di processo, i quali hanno peculiari effetti sui costi di produzione e sul commercio internazionale.
A differenza della maggior parte dei prodotti tradizionali, gli OGM per poter essere coltivati e commercializzati devono passare attraverso una serie di procedure di analisi che costituisco il processo di approvazione. L’approvazione di un OGM è un pre-requisito fondamentale per poterlo introdurre sul mercato nazionale, influenzando direttamente sull’accesso al mercato Un OGM può essere, quindi, approvato se supera una valutazione di rischio, che consiste nella analisi delle caratteristiche biologiche del nuovo organismo e dei suoi effetti sulla salute umana, animale e sull’ambiente.
Di grande importanza sono gli standard di etichettatura dei prodotti contenenti o derivanti da OGM. L’etichetta è uno strumento strategico di trasmissione di informazioni ai consumatori e quindi di differenziazione dei prodotti. Come tale ha perciò importanti implicazioni commerciali, soprattutto in funzione della soglia di etichettatura. Inoltre, l’indicazione di contenuto di OGM in etichetta può rappresentare un segnale di ‘allarme’ che influisce sulle scelte dei consumatori preoccupati dei supposti effetti negativi degli OGM sulla salute e sull’ambiente. In questo caso la domanda dei prodotti ne risulta fortemente compromessa (Gruère, 2006).
Anche la tracciabilità degli OGM riveste un importante ruolo. Qualora si manifestassero problemi di salubrità dei prodotti, la tracciabilità permette di intervenire tempestivamente al ritiro dal mercato di prodotti nocivi e di risalire al punto della filiera dove s’è verificato il problema, risolvendolo efficacemente e fornendo la possibilità di attribuire eventuali responsabilità.
Un ulteriore elemento ampiamente studiato nella letteratura scientifica, è la coesistenza tra coltivazioni OGM, tradizionali e biologiche. Lo scopo della coesistenza è quello di garantire a consumatori e produttori la possibilità di scelta tra uno dei tre metodi produttivi. Attraverso la realizzazione di linee guida più o meno complesse, vengono fornite indicazioni relative alla modalità di conduzione dei campi OGM. L’obiettivo è quello di ridurre il più possibile la mescolanza tra i diversi prodotti, sia in campo sia in azienda.
Infine, la sottoscrizione a trattati internazionali vincola il paese a rispettare delle regole comuni a più paesi. Tra questi, i più rilevanti sul tema OGM sono il Codex Alimentarius e il Protocollo di Cartagena. Il primo definisce standard di protezione della salute dei consumatori, il secondo, invece, riguarda standard di protezione dell’ambiente.
I fattori che determinano le normative OGM nella teoria economica
I governi scelgono un tipo di normativa OGM rispetto ad un‘altra in funzione di numerosi fattori, sia di carattere interno, in particolare gli interessi economici e politici del paese, che di carattere esterno, come le relazioni commerciali con paesi terzi.
Diversi autori hanno indagato da un punto di vista teorico quali sono questi fattori.
Alcuni autori hanno spiegato la formazione degli standard OGM come una funzione di interessi commerciali (Tothova e Oehmke, 2004; Lapan e Moschini, 2004), altri hanno adottato un approccio di political economy attraverso modelli di lobbying (Fulton e Giannakas, 2004; Gruère et al., 2009; Vandemoortele, 2011). I fattori con maggior peso nella scelta delle normative OGM sono i costi di produzione, i costi di adeguamento alle normative, gli interessi legati al commercio e alla produzione, il vantaggio comparato di un paese nella produzione agricola, eventuali intenti protezionistici, le preferenze dei consumatori e il livello di sviluppo.
Per quanto riguarda quest’ultimo, nella letteratura teorica emerge come l’influenza del livello di sviluppo di un paese è strettamente collegata con il livello di informazione dei consumatori e quindi con la struttura del mercato dei media di un paese (Stromberg, 2001; Curtis et al., 2008; Olper e Swinnen, 2009). In linea generale, i media di proprietà pubblica tendono a fornire informazioni che, almeno in una certa misura, riflettono le preferenze dei governi. Tali preferenze si formano in funzione del peso politico dei vari gruppi organizzati. I media privati, diversamente, forniscono informazioni con l’obiettivo di massimizzare le vendite, a cui sono strettamente legate le entrate pubblicitarie, rivolgendosi alla maggioranza dei consumatori e, poiché le ‘cattive notizie’ fanno aumentare il consumo dei media, tenderanno ad enfatizzare problemi o scandali alimentari.
Generalmente, nei paesi in via di sviluppo le preferenze dei governi rispetto alle politiche agricole e alimentari, tendono a favorire i consumatori, mentre nei paesi ricchi sono i gruppi di agricoltori meglio organizzati che, storicamente hanno catturato l’attenzione dei governi. Di conseguenza, appare evidente come il livello di sviluppo e la struttura del mercato dei media, in termini di maggiore o minore controllo ‘politico’ dell’informazione, siano due elementi cruciali e potenzialmente collegati nella determinazione delle politiche sugli OGM.
Va sottolineato che in questo contesto la tematica OGM è particolarmente importante. Gli OGM, infatti, inducono forti controversie nell’opinione pubblica. Ad esempio, molte campagne ad opera di associazioni verdi hanno avuto un forte impatto sui consumi, contrapponendo i cosiddetti ‘cibi di Frankenstein’, simbolo di una produzione intensiva, globalizzata e standardizzata, a quelli biologici frutto della sostenibilità e del rispetto dell’ambiente.
Il modello empirico
Dati
A partire dalle indicazioni fornite dalla letteratura teorica, è stata impostata una analisi esplorativa, finalizzata a quantificare l’effetto di diversi fattori sulla scelta di normative più o meno restrittive. A questo scopo sono state selezionate opportune variabili esplicative.
Per quanto riguarda la posizione commerciale del paese, è stata utilizzata una variabile che rappresenta la quota di esportazioni agro-alimentari verso il mercato europeo e quello giapponese e una proxy del vantaggio comparato in agricoltura, calcolata come superficie agricola pro-capite. Le due variabili sono state costruite a partire da dati Comtrade e Fao.
Sono state utilizzate diverse proxy politico istituzionali. In primo luogo, il livello di protezione tariffaria media nel settore agricolo (fonte MAcMap); un indicatore sulla qualità delle normative per l’ambiente denominato Erri (Esty, Porter 2001); un indicatore sull’importanza che le lobby hanno sulla formazione delle politiche all’interno del paese (fonte DataGob); infine l’indicatore Polity2 sulla qualità delle istituzioni democratiche (fonte Polity IV).
Alcune caratteristiche peculiari del settore agricolo sono state controllate ricorrendo alla quota di superfici agricole OGM, calcolata a partire da dati FAO e ISAAA e la percentuale di superfici biologiche, fornita da Willer et al. (2008). La dimensione media del gruppo agricolo, e quindi la sua maggiore o minore ‘efficienza politica’, è stata misurata dalla percentuale degli occupati in agricoltura.
Per quanto concerne la struttura del mercato dei media, a partire dai dati di Djankov et al. (2003), è stato costruito un indicatore relativo alla media delle quote di mercato della stampa e delle TV commerciali nel rispettivo paese. Questa variabile è stata inserita sia linearmente, che interagita con il livello di sviluppo del paese, misurato in termini di PIL pro-capite (World Development Indicators). L’equazione stimata è la seguente:
OGMi = β0 + β1 Quota di esportazioni + β2 Superficie agricola pro-capite + β3 Superficie OGM + β4 Superficie biologica + β5 Occupati agricoli + β6 Occupati agricoli sq + β7 Tariffe + β8 Erri + β9 Lobby + β10 Polity2 + β11 Quota di media privati + β12 Quota di media privati*ln PIL pro-capite + β13 ln PIL pro-capite + εij
in cui la variabile dipendente OGMi è l’indice OGM del paese i, β0 è una intercetta comune, β1 – β13 sono i coefficienti stimati ed εi è un termine di errore. In un secondo momento, sono state utilizzate le singole componenti dell’indice come variabili dipendenti, allo scopo di poter studiare le determinanti di ogni singolo aspetto della normativa. Il metodo di stima utilizzato è quello dei minimi quadrati ordinari, perciò i risultati sono da considerarsi delle semplici correlazioni parziali, in quanto alcune delle variabili selezionate soffrono chiaramente di problemi di endogeneità.
Risultati
I risultati della stima dell’equazione sono riportati in tabella 2.
Tabella 2 - Determinanti della normativa OGM
Note: in parentesi p-value basato su errori standard robusti all’eteroschedasticità. In grassetto coefficienti con significatività > del 95%
Rispetto alla colonna 1, nella colonna 2 sono state inseriti degli effetti fissi ‘regionali’ (variabili dummy) per controllare le differenze non-osservabili dei paesi, appartenenti a specifiche aree geografiche2. Di seguito vengono discussi i risultati ritenuti più rilevanti.
Innanzitutto, è stata confermata l’importanza delle relazioni commerciali. I paesi che esportano elevate quote di prodotti agroalimentari verso l’Europa e il Giappone tendono ad adottare normative OGM più restrittive. Ciò non è sorprendente, data l’importanza e la forte avversione agli OGM di questi mercati di destinazione. Al contrario, un vantaggio comparato nel settore agricolo induce i paesi a scegliere norme meno restrittive.
La struttura produttiva del settore agricolo è un fattore che ha forti ripercussioni sulla scelta delle normative OGM. In particolare, viene confermata la polarizzazione tra paesi che puntano sulla produzione biologica e paesi che adottano la nuova biotecnologia. Infine, di un certo interesse risulta essere la dimensione relativa del gruppo agricolo (incidenza occupati in agricoltura). L’impatto è infatti positivo quando il gruppo agricolo è relativamente piccolo, tuttavia con l’aumentare delle sue dimensioni l’effetto diventa negativo, mostrando una chiara relazione non-lineare a forma di U rovesciata.
Si osserva, inoltre, che le normative OGM aumentano di restrittività di pari passo ai regolamenti ambientali. L’opinione di molti consumatori e la posizione della maggior parte delle associazioni ambientaliste indica negli OGM una potenziale fonte di danno per l’ambiente, perciò in paesi in cui viene data grande importanza alla protezione ambientale vengono imposte anche delle misure per evitare potenziali danni derivanti dalla attività agricola, in generale, e dagli OGM, in particolare. Per quanto riguarda le variabili politiche e istituzionali viene confermato il ruolo dei contributi alla politica da parte delle lobby. Tuttavia, non si riscontrano alcune relazioni sia con la qualità delle democrazie, che con il livello medio di protezione tariffaria.
Di particolare interesse sono invece i risultati relativi alle variabili sul mercato dell’informazione. Emergerebbe come nei paesi ricchi dove la quota dei media privati è maggioritaria rispetto a quelli pubblici, vengono selezionate normative OGM più restrittive. Viceversa, nei paesi in via di sviluppo, in cui le informazioni vengono fornite principalmente dai media pubblici controllati dai governi, vengono adottate normative meno restrittive. Questi risultati sono in linea con la letteratura teorica che suggerisce come, i consumatori ricchi ed informati dai media privati, esercitano pressioni sui governi al fine di non consentire la diffusione degli OGM, evidentemente considerati di inferiore qualità o addirittura nocivi.
Per quanto riguarda, invece, l’analisi delle determinanti di ogni singola componente della normativa (Tabella 3), si osserva che su ciascuna di esse influiscono diversi fattori.
La quota di esportazioni di prodotti agro-alimentari verso Europa e Giappone induce la formazione di processi di approvazione di prodotti OGM più restrittivi. In Europa, infatti, vige la cosiddetta ‘tolleranza zero’ nei confronti degli OGM non approvati, ciò significa che se alla frontiera sono rintracciate derrate contenenti percentuali anche minime di un OGM non approvato, l’intero carico viene respinto, provocando forti ripercussioni anche su tutte le altre importazioni provenienti dallo stesso paese, i cui prodotti vengono sottoposti a dettagliati controlli. Questo induce forti costi aggiuntivi per il paese esportatore, causati dalle lunghe attese dovute ai controlli di frontiera. Una elevata percentuale di superfici coltivate coi metodi biologici e un ridotto numero relativo di occupati in agricoltura inducono standard di etichettatura più elevati, anche se come in precedenza quest’ultimo effetto non è lineare.
Rispetto all’impatto sull’indice aggregato, dove il livello di protezione tariffaria non esercita nessun effetto significativo, le tariffe agricole inducono processi di approvazione più restrittivi e complessi. Tariffe elevate indicano che il paese tende ad adottare degli strumenti di protezione commerciale elevati, perciò è possibile che le tariffe vengano abbinate agli standard di approvazione per aumentare il livello di protezione.
Sia tracciabilità che coesistenza sono misure che tendono ad imporre forti costi di produzione aggiuntivi. Per questa ragione il fatto che il vantaggio comparato in agricoltura abbia un effetto negativo su queste due componenti appare interessante.
Infatti, paesi con uno svantaggio comparato tenderanno ad applicare degli standard relativi alla tracciabilità e alla coesistenza elevati anche allo scopo di innalzare i costi di produzione dei paesi esportatori e ridurre così il divario di competitività. Inoltre, una forte presenza di produzioni biologiche ha l’effetto di promuovere delle misure di coesistenza restrittive. Molto spesso, infatti, sono proprio i produttori biologici che richiedono norme di coesistenza molto onerose per evitare ogni tipo di commistione.
Tabella 3 - Determinanti delle singole componenti della normativa OGM
Note: in parentesi p-value basato su errori standard robusti all’eteroschedasticità. In grassetto coefficienti con significatività > del 95%. Tutte le componenti dell’indice sono normalizzate e variano tra 0 e 1. Perciò le dimensione dei coefficienti stimati per ogni variabile esplicativa sono tra loro confrontabili.
Solo due variabili istituzionali mostrano un effetto significativo sulle diverse componenti della normativa OGM. Si tratta della qualità dei regolamenti ambientali e della attività di lobbying, le quali hanno una forte influenza su approvazione e valutazione del rischio. Queste due componenti sono strettamente collegate con gli aspetti ambientale degli OGM, perciò normative che tutelano l’ambiente in generale inducono anche una maggiore protezione dai potenziali effetti sull’ambiente degli OGM. Per quanto riguarda l’attività di lobbying, è verosimile che i gruppi organizzati preferiscano un intervento radicale direttamente sulla (non) approvazione degli OGM allo scopo di tutelare i propri interessi.
Infine, il ruolo fondamentale dei media e del livello di sviluppo viene confermato in generale, ed in particolare per quelle componenti della normativa, quali etichettatura, tracciabilità e coesistenza che sono particolarmente importanti per i consumatori.
Conclusioni
Sono state esaminate le determinanti delle normative OGM per diversi paesi ed è emerso che i fattori che influiscono sulla restrittività della normativa sono molteplici e in particolare riguardano gli interessi commerciali, il vantaggio comparato in agricoltura, la struttura del settore agricolo, il livello di sviluppo del paese e altri fattori istituzionali. Tra questi la restrittività dei regolamenti ambientali e la presenza di gruppi di pressione politica (lobby) svolgono una azione significativa.
Inoltre, l’analisi ha fornito una importante conferma, mai testata empiricamente in precedenza, sull’importanza del mercato dell’informazione: l’azione informativa nei paesi sviluppati dei media privati, che tendono ad enfatizzare le notizie sugli scandali alimentari per incrementare le vendite di giornali e il consumo della televisione, influenza le preferenze dei consumatori sugli standard OGM, inducendo i governi ad adottare normative OGM più restrittive. Si noti che questo risultato è perfettamente in linea con quanto previsto dalla recente letteratura sull’economia e politica dei media.
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