Il presente
Il 2009 della politica di sviluppo rurale è stato un anno intenso, in cui i diversi attori coinvolti nella sua attuazione sono stati fortemente impegnati sia nella gestione dei programmi, sia nelle attività di riprogrammazione collegate all’Health Check della PAC e al Piano di rilancio dell’economia europea. Inoltre, come sempre accade nel mezzo del periodo di programmazione, si inizia a guardare al futuro e a pensare alla politica di sviluppo rurale che verrà. Le riflessioni relative al post 2013 sono legate ovviamente anche al prossimo bilancio comunitario, alla futura PAC e alla futura politica di coesione.
Per quanto riguarda l’attuazione dei Programmi di sviluppo rurale (PSR), il primo aspetto da analizzare è quello relativo all’avanzamento finanziario. I dati di spesa registrati al 31 dicembre 2009 mostrano, infatti, pagamenti pari a circa 3,4 miliardi di euro per una capacità media di spesa pari al 19% della dotazione finanziaria complessiva 2007-2013. Tale avanzamento, assicurando quel livello minimo di spesa necessario a evitare il taglio delle proprie disponibilità finanziarie, ha consentito a tutti i programmi italiani di non incorrere nel cosiddetto ‘disimpegno automatico’.
Tuttavia, il risultato raggiunto è solo apparentemente positivo e nasconde le grandi difficoltà di spesa che presentano alcuni programmi regionali. La situazione è facilmente comprensibile se si confrontano i dati del 2009 con la spesa da effettuare entro il 31 dicembre del 2010. Infatti, come si può osservare nella tabella 1, nel 2010 bisognerà assicurare a livello nazionale una ulteriore spesa di circa 1,3 miliardi di euro, concentrata su alcuni PSR che dovranno in un anno effettuare pagamenti pari o superiori a quelli che si sono realizzati nei primi tre anni di attuazione1. Le situazioni sono ovviamente molto diversificate a livello regionale, anche se le maggiori difficoltà sono concentrate nelle regioni in Convergenza. Le cause dei ritardi vanno attribuite a ragioni di natura organizzativa o congiunturale, ed in particolare:
- le difficoltà da parte delle Regioni ad avviare le procedure di selezione dei nuovi progetti, spesso legate a problemi di natura organizzativa delle amministrazioni regionali (ricambio delle funzioni dirigenziali, numerosità e preparazione del personale, ecc.) e all’impegno che hanno dovuto dedicare nella revisione dei programmi a seguito dell’Health Check;
- i cambiamenti nelle procedure di gestione e controllo degli organismi pagatori, come ad esempio il “refresh” delle superfici aziendali2, che in alcuni casi hanno ritardato i pagamenti in particolare nelle misure a superficie;
- la complessità delle procedure amministrative che rappresenta spesso un deterrente per le imprese a presentare una domanda di contributo nell’ambito delle misure previste nei PSR;
- la crisi economica e finanziaria, che ha ridotto la capacità di investimento dei beneficiari e, di conseguenza, la partecipazione ai bandi e l’assorbimento delle risorse disponibili;
- i livelli dei premi agroambientali non sempre in grado di compensare i maggiori costi e i minori ricavi derivanti dagli impegni, che anche in questo caso hanno reso meno appetibili le misure previste nei PSR;
- la concentrazione della spesa sostenuta nell’Asse II mostra, inoltre, come tale avanzamento finanziario sia in gran parte generato da impegni ambientali assunti nel precedente periodo di programmazione e da misure a premio, confermando una diffusa difficoltà a mettere a regime le misure strutturali che prevedono investimenti a carattere aziendale o territoriale.
L’attuazione dei PSR non presenta ovviamente solo aspetti negativi. Tra le note positive va evidenziato come si sia dato ormai avvio a quasi tutte le procedure pubbliche di selezione (bandi, manifestazioni d’interesse, ecc.) previste e si stia procedendo progressivamente alla selezione delle operazioni e dei beneficiari degli aiuti. Tra l’altro molte Autorità di gestione hanno previsto procedure innovative, tese normalmente a semplificare i processi di attuazione (bandi aperti, business plan, informatizzazione delle procedure, ecc.).
L’aspettativa è dunque che nei prossimi anni tutto possa proseguire più velocemente e con maggiore efficienza. Qualche difficoltà si registra ancora con riferimento all’Asse IV – Leader.
Inoltre, se si guarda alle principali scelte di programmazione, si può osservare come molte Regioni abbiano scelto di sacrificare qualcosa in termini di efficienza, almeno in questa prima fase, preferendo percorrere delle strategie finalizzate a garantire una maggiore efficacia degli interventi. Ne è prova, in particolare rispetto al precedente periodo di programmazione, la concentrazione su priorità settoriali o territoriali, così come la scelta di attuare diverse misure attraverso progetti integrati, che dovrebbero migliorare la capacità di raggiungere gli obiettivi, ma che in fase di avvio dei programmi possono rallentare la spesa.
Infine, va considerata positivamente la maggiore attenzione delle Regioni e degli operatori alla complementarità tra i vari strumenti di intervento previsti dalla politica agricola, ma anche da altre politiche nazionali e comunitarie.
Tabella 1 - Avanzamento della spesa pubblica al 31 dicembre 2009
Fonte: Rete Rurale Nazionale 2010
L’adeguamento della strategia
Come abbiamo visto, uno degli aspetti che ha contribuito a rallentare le attività di spesa è stato il processo di revisione dei programmi seguito all’Health Check della PAC e al Piano di Rilancio dell’economia europea, che ha rappresentato, tuttavia, un’ottima occasione per rafforzare la strategia nazionale e regionale grazie al contributo aggiuntivo di risorse trasferite al nostro Paese. L’Italia, infatti, ha potuto beneficiare di circa 694 milioni di euro di dotazione aggiuntiva comunitaria, pari a circa l’8% di quella originaria a disposizione dell’Italia per il periodo 2007-2013. Le nuove risorse finanziarie provengono dalla riforma dell’OCM Vino (158 milioni di euro), da residui della modulazione base (71 milioni di euro), dalla nuova modulazione obbligatoria introdotta con l’Health check (369 milioni di euro) e dal Piano di rilancio dell’economia europea (96 milioni di euro).Tali fondi sono poi stati ripartiti tra le Regioni e le Province autonome come riportato nella tabella 2. Alle nuove risorse di provenienza comunitaria si poi è aggiunto il cofinanziamento nazionale pari a circa 463 milioni di euro.
Nel 2009, quindi, a seguito delle novità introdotte nei regolamenti comunitari, il Mipaaf, le Regioni e le Province autonome sono state impegnate in un’intensa attività di modifica del Piano strategico nazionale (PSN) e riprogrammazione dei PSR per adeguare le strategie alle sette “nuove sfide” proposte dalla riforma3. Le sette nuove sfide della politica di sviluppo rurale rappresentano in realtà un rafforzamento di obiettivi già presenti negli orientamenti strategici comunitari, a cui la Commissione europea ha ritenuto opportuno dover prestare una maggiore attenzione sia in termini di concentrazione di risorse finanziarie, sia in termini di strumenti da utilizzare.
Per quanto riguarda il livello nazionale, il PSN è stato modificato dal Mipaaf in stretta concertazione con le Regioni e il partenariato, in un processo che è partito con la consultazione pubblica di una serie di documenti tematici relativi alle singole sfide e si è concluso con la sua approvazione in Conferenza Stato Regioni. Va notato, tuttavia, come la strategia nazionale nella sua formulazione originaria desse già molta enfasi a gran parte dei temi che la Commissione europea ha lanciato con le nuove sfide. L’esercizio di riprogrammazione non ha richiesto, quindi, una nuova formulazione degli obiettivi prioritari già condivisi nel 2007, ma fondamentalmente la riorganizzazione delle azioni chiave necessarie per il raggiungimento delle sfide e solo in alcuni casi l’individuazione di nuove specifiche azioni.
Tabella 2 - Riparto delle risorse FEASR per PSR e Rete Rurale Nazionale
Fonte: Mipaaf 2009
La modifica del PSN è stata, tuttavia, occasione per individuare o rafforzare alcune priorità strategiche nazionali con riferimento in particolare a :
- la diffusione della banda larga nelle aree rurali, sfida subito colta dal mondo dello sviluppo rurale italiano come elemento indispensabile per ridurre la marginalità sociale ed economica, garantendo alla popolazione e alle imprese delle aree rurali di poter usufruire degli stessi servizi di chi risiede in quelle urbane. Fondamentale è, a tale proposito, richiamare come la scelta strategica nazionale sia stata quella di integrare la quota di risorse destinata a questo obiettivo (circa 90 milioni di euro), con le risorse del Piano nazionale per la banda larga previsto e attuato dal Ministero dello Sviluppo Economico, evitando così la polverizzazione degli interventi e provando a massimizzarne l’efficacia. Tale Piano prevede investimenti per circa 1,5 miliardi di euro da finanziare con risorse pubbliche comunitarie e nazionali, nonché con risorse degli operatori privati, per raggiungere l’obiettivo di una copertura a 20 Megabit per circa il 99% del territorio nazionale.
- La maggiore attenzione verso gli aspetti legati alla sicurezza sul lavoro, che pur non traducendosi in scelte strategiche di particolare enfasi, trovano spazio in azioni chiave legate all’ammodernamento delle strutture aziendale e del parco macchine, alla formazione e consulenza aziendale, a pratiche che salvaguardino non solo gli aspetti ambientali ma anche la salute degli operatori.
- La conferma della strategia territoriale articolata su priorità collegate alle quattro tipologie di aree rurali individuate nel PSN e il rafforzamento delle strategia per favorire il finanziamento di alcuni interventi a beneficio dell’agricoltura sociale nelle aree rurali periurbane.
L’analisi delle scelte operate a livello regionale non è semplice, in quanto le strategie sono state molto differenziate e condizionate dall’ammontare complessivo di risorse aggiuntive che ciascuna Regione ha avuto a disposizione, nonché dalle scelte già effettuate ad inizio programmazione. Come si può osservare nella tabella 3, la quasi totalità delle risorse messe a disposizione per migliorare la diffusione della banda larga nelle aree rurali è stata destinata dalle Regioni a questo obiettivo, fatta eccezione per Valle d’Aosta, Trento e Bolzano che nel complesso potevano contare su poco più di 3 milioni di euro e hanno preferito rafforzare le altre sfide.
Per quanto riguarda le altre sfide dell’Health Check si può notare la grande attenzione prestata alle tre grandi sfide ambientali, gestione delle risorse idriche, biodiversità e cambiamenti climatici, quest’ultima rafforzata dalle risorse a favore delle energie rinnovabili. L’assegnazione delle risorse relativamente alla sfida sul lattiero-caseario è stata condizionata ovviamente dalle caratteristiche del settore nelle diverse regioni e come si può osservare maggiore attenzione è stata data nelle regioni in competitività dove l’uscita dal regime delle quote latte creerà maggiori problemi strutturali. La scarsa attenzione a favore dell’innovatività è, invece, solo apparente in quanto molti interventi innovativi per il settore agricolo e le aree rurali sono in realtà stati programmati facendo riferimento alle sfide principali.
Tra ottobre e dicembre sono state approvate dalla Commissione europea le modifiche di tutti i PSR italiani, notificati a Bruxelles lo scorso mese di luglio.
Tabella 3 - Distribuzione delle risorse FEASR tra le sfide dell’Health check e del Recovery Plan
Fonte: Mipaaf 2009
Le prospettive future
L’esperienza legata ai processi di attuazione e di programmazione, che hanno interessato i nostri PSR e che nei prossimi quattro anni dovranno portare a raggiungere gli obiettivi definiti nelle strategie nazionale e regionali, consente di sviluppare alcune riflessioni collegate al dibattito appena avviato sulla politica di sviluppo rurale post 2013.
Il primo aspetto da considerare è l’importanza dell’unitarietà della politica di sviluppo rurale. Non appare efficace immaginare la separazione degli interventi settoriali da quelli territoriali, nel tentativo di far confluire i secondi nella futura politica di coesione. La combinazione e l’integrazione di strumenti di intervento a carattere più tipicamente settoriale con quelli a carattere territoriale, già difficile all’interno di uno stesso programma, rappresenta l’unica possibilità di promuovere una strategia di sviluppo sostenibile sia per il settore agricolo, sia per le aree rurali. Rilancio competitivo del settore agricolo, tutela e valorizzazione del patrimonio naturale, miglioramento dell’attrattività delle aree rurali per la popolazione e per le imprese, sono obiettivi che dovrebbero essere perseguiti contestualmente e non lasciati a politiche diverse, che attuate da attori diversi troverebbero difficoltà a integrarsi. L’esperienza italiana e il tentativo di maggiore integrazione con il primo pilastro della PAC e con la politica di coesione, dovrebbe spingere verso una visione più ampia della politica di sviluppo rurale, che sia in grado di integrare attraverso una comune strategia nazionale per le aree rurali strumenti di intervento afferenti a politiche diverse. E’ indispensabile, tuttavia, che la Commissione europea superi le diversità e disparità procedurali e normative che caratterizzano i diversi fondi comunitari (FEASR, FEAGA, FEP, FESR e FSE) con lo scopo ultimo di assicurare perfetta omogeneità nella gestione e implementazione degli strumenti afferenti alle diverse politiche. Una politica di sviluppo rurale unitaria dovrebbe comunque consid
erare l’importanza di diversificare gli obiettivi in funzione dei diversi fabbisogni delle aree rurali. Da questo punto di vista, l’esperienza della territorializzazione delle aree rurali italiane, al di là delle modalità di classificazione utilizzate, rappresenta un ottimo punto di riferimento. Va, tuttavia, superato il principio tipicamente comunitario di interpretare tali classificazioni come strumenti per zonizzare le politiche, come è stato nel passato con gli obiettivi 2 e 5b, e decidere rigidamente cosa finanziare o non finanziare nelle diverse aree, come dimostra l’attuale programmazione, in cui è praticamente impossibile finanziare interventi di diversificazione economica o aziendale in aree diverse da quelle classificate come “maggiormente” rurali. E’, anche, evidente che per modulare meglio gli interventi a livello territoriale non sono sufficienti gli strumenti di programmazione locale tipo Leader, che è necessaria un maggiore impegno delle Regioni nell’assunzione di scelte territoriali di programmazione, prevedendo che le priorità territoriali non siano solo enunciazioni sulla carta, ma siano seguite da scelte concrete in termini di scelta degli interventi da finanziare nelle diverse aree, criteri di selezione, adeguati punteggi in grado di differenziare le aree a seconda delle priorità.
Un'altra questione rilevante è collegata alla capacità del settore agricolo di produrre beni e servizi pubblici e alla conseguente necessità di sostegno attraverso l’aiuto pubblico, in quanto attività non remunerate dal mercato.
In questa direzione la riflessione in sede comunitaria si è fino ad oggi concentrata principalmente sugli aspetti collegati alla tutela ambientale e, quindi, alla lotta ai cambiamenti climatici, alla biodiversità e alla tutela delle risorse idriche. Molte esperienze nelle aree rurali italiane hanno dimostrato la capacità del settore agricolo di soddisfare i bisogni della popolazione attraverso la produzione beni e servizi a carattere sociale. In un contesto in cui la riforma del welfare richiede di intervenire con nuovi strumenti sarebbe opportuno, quindi, lanciare una nuova priorità relativa al ruolo sociale dell’agricoltura. Per tale priorità, non è solo necessaria la volontà delle Regioni di investire nel terso Asse, ma è necessario individuare nuovi strumenti di intervento oggi non presenti tra quelli ammissibili dalla politica di sviluppo rurale.
Sempre in termini di priorità strategiche da valorizzare uno spazio nuovo andrebbe assegnato alla sicurezza e alla qualità del lavoro, che dovrebbero essere considerati come strumenti di sviluppo della competitività piuttosto che solo come vincoli alla crescita.
Infine, per quanto riguarda le regole di programmazione, l’esperienza di questo periodo ha evidenziato due principali questioni. In primo luogo, la necessità di maggiore semplificazione. Il presente periodo di programmazione é stato impostato, infatti, auspicando una maggiore semplificazione legata principalmente alla riduzione dei programmi. La complessità delle regole sulla concorrenza, sulla demarcazione degli interventi e sui controlli sta dimostrando che molto c’è ancora da fare. L’ultima priorità è quella di evitare la disparità di trattamento tra Paesi a programmazione regionalizzata e Paesi a programmazione nazionale. Da questo punto di vista l’esempio più emblematico è rappresentato dall’applicazione del meccanismo del disimpegno automatico, che potrebbe essere ridotto potendo utilizzare un piano finanziario nazionale e consentendo compensazioni finanziarie tra programmi regionali di uno stesso Paese, salvaguardando maggiormente le risorse a disposizione per le nostre aree rurali.
Riferimenti bibliografici
- Mipaaf (2009), Piano Strategico Nazionale per lo sviluppo rurale, www.reterurale.it, ottobre 2009.
- Rete Rurale Nazionale (2010), Report sull'avanzamento del bilancio comunitario e della spesa pubblica. Dati consolidati al 31 dicembre 2009, www.reterurale.it, Roma, febbraio 2010.
- 1. Il disimpegno automatico si applica comunque a livello di singolo PSR.
- 2. Il cambiamento nelle modalità di controllo della congruità delle superfici dichiarate dagli agricoltori al momento della presentazione delle domande di aiuto ha generato l’insorgere di anomalie che hanno bloccato i pagamenti e in alcuni casi dato origine a contenziosi.
- 3. Le sette nuove sfide sono la mitigazione dei cambiamenti climatici, la diffusione delle energie rinnovabili, la gestione delle risorse idriche, la tutela della biodiversità, il supporto al settore zootecnico per agevolare l’uscita dal sistema delle quote latte, l’innovazione e la diffusione della banda larga nelle aree rurali.