L’Italia nell’area di libero scambio tra l’Unione Europea e i PTM

L’Italia nell’area di libero scambio tra l’Unione Europea e i PTM

 

Istituto Nazionale di Economia Agraria

 

Introduzione

Negli ultimi anni, in ragione delle buone performance produttive, ma soprattutto del miglioramento qualitativo, alcuni Paesi Terzi Mediterranei (PTM), quali Turchia, Egitto, Marocco e Tunisia, hanno notevolmente migliorato la presenza dei loro prodotti agricoli sui mercati europei. L’Italia, in particolare, segnala una consistente crescita delle importazioni dei prodotti provenienti dai PTM: in quasi vent’anni le vendite nel nostro paese dei prodotti agroalimentari di origine PTM sono aumentate di quasi il 40% (INEA, varie annate). Del resto, così come per gli altri partner europei, i prodotti importati dal nostro Paese dai PTM sono perlopiù beni che riescono a sfruttare i varchi aperti dalle protezioni commerciali e si caratterizzano per un buon livello qualitativo, una quota considerevole di produzioni confezionate e trasformate, e un’efficiente gestione logistica (Handoussa e Reiffers, 2003).
In sostanza, fatti salvi i vincoli posti dalle caratteristiche qualitative ed organizzative dell’offerta e dalla politica commerciale dell’UE, una parte della produzione dei PTM risulta capace di competere in un mercato esigente, ma remunerativo, come quello comunitario (Cioffi, 2007).
Lo sviluppo della capacità competitiva dei paesi della sponda Sud del Mediterraneo si coniuga con il processo di realizzazione di una zona di libero scambio tra UE e paesi extra UE rivieraschi (Garcia Alvarez-Coque, 2002). Di fatto, questo processo di realizzazione dell’area di libero scambio parte dalla Conferenza di Barcellona del 1995. La ratio su cui si basa tale processo è sostanzialmente legata al ruolo del Mediterraneo come culla di cultura e civiltà di molti paesi europei. In questa accezione l’Unione europea ha previsto degli strumenti di ordine economico per la realizzazione di una regione di pace, prosperità e tolleranza (Capone, 2004).
Di seguito sarà illustrata l’evoluzione, a partire dalla Conferenza di Barcellona, degli accordi euro-mediterranei. Successivamente si passerà ad esaminare i riflessi sul settore agroalimentare europeo a fronte della realizzazione dell’area di libero scambio. Infine, il lavoro si concentrerà sul dettaglio del commercio dell’Italia con i PTM, con un approfondimento sulla Turchia, la cui importanza come partner commerciale riguarda diversi aspetti: essa svolge un ruolo centrale per il commercio agroalimentare italiano, sia sul fronte delle importazioni che su quello delle esportazioni; inoltre, gli scambi, sia con l’UE, che con l’Italia in particolare, si mostrano molto dinamici; infine, negli ultimi anni, la Turchia ha avviato la lunga e complessa procedura di adesione all’UE.

Evoluzione degli accordi euro-mediterranei

L’accordo di partenariato stipulato dall’UE con i PTM riguarda gli undici paesi che si affacciano sul Mediterraneo meridionale ed occidentale, ad esclusione dei paesi dell’ex Jugoslavia che, nel 1995, erano coinvolti nella guerra civile. Questo accordo ha rappresentato l’apice di un processo pluridecennale di cooperazione tra l’UE e i paesi del Maghreb e del Mashrek, e ha permesso di creare i presupposti per la definizione di una zona di libero scambio, da realizzarsi entro il 2010. La scadenza del 2010, in realtà, difficilmente verrà rispettata: la situazione geopolitica, infatti, ha rappresentato un serio ostacolo alla realizzazione del progetto. Inoltre, come evidenziato anche dal Parlamento europeo (COM (2004), 373, del 12.5.2004), l’evoluzione del partenariato è stata piuttosto limitata.
Dal punto di vista dell’integrazione commerciale, l’accordo di Barcellona, fin dall’inizio, ha previsto la liberalizzazione graduale di una serie di prodotti in vista della istituzione di una zona di libero scambio. Anche per il commercio agricolo l’accordo ha stabilito una progressiva liberalizzazione, senza però indicare alcuna scadenza. Di fatto, fino al 2000, i prodotti agricoli erano stati esclusi dal processo di liberalizzazione degli scambi e la presenza di numerose barriere tecniche (standard, misure sanitarie e fitosanitarie) imposte dall’UE ai PTM ha rappresentato un forte limite al processo di liberalizzazione e alla realizzazione del processo di integrazione economico-commerciale (Rastoin et al., 2004; Rastoin, 2005).
Il progetto di realizzazione di un’area di libero scambio rappresenta solo una componente di una visione ben più ampia e che prende in considerazione un programma politico di “co-sviluppo” tra l’Europa e i PTM. La struttura del partenariato è, in realtà, alquanto complessa e il quadro in cui si svolge la cooperazione tra i Paesi delle due rive del Mediterraneo si articola su due linee di intervento: un livello regionale realizzato con il programma MEDA ed uno bilaterale (accordi di associazione), che prevede accordi stipulati tra UE e singoli paesi del bacino Sud. In generale, il ruolo attribuito agli accordi di associazione è la progressiva rimozione delle barriere tariffarie, mentre quello riferito al programma MEDA è l’assistenza tecnica e finanziaria per migliorare la capacità competitiva dei paesi mediterranei.
Gli accordi di associazione hanno avuto un percorso differenziato sia nei tempi di realizzazione (Tabella 1) che nei contenuti (Commissione Europea, 2004). Relativamente a quest’ultimo aspetto di fatto si registrano aspetti comuni a tutti i Paesi, ovvero:

  • il dialogo politico a condizione del rispetto dei diritti umani e dei principi democratici;
  • le condizioni per la realizzazione del libero scambio;
  • le altre disposizioni di tipo economico;
  • la cooperazione finanziaria;
  • la cooperazione sociale e culturale.

Tabella 1 - Lo stato di avanzamento degli accordi di associazione euro - mediterranei

Fonte: Commissione Europea, 2004

L’agroalimentare e l’area euromediterranea di libero scambio

Il settore agricolo è stato molto spesso considerato come una questione da trattare separatamente nell’ambito della discussione più generale della determinazione dell’area di libero scambio euro-mediterranea. I governi, sia quelli dei PTM che quelli europei, hanno quindi fatto in modo di proteggere il settore primario e di inserire, nelle condizioni generali di liberalizzazione degli scambi, un’eccezione agricola.
In realtà, l’UE, nell’ambito della PAC, ha previsto la possibilità di siglare accordi, concedere agevolazioni tariffarie e stabilire reciproche condizioni di ingresso con i paesi terzi per questo o quel prodotto. Di fatto, gli impegni commerciali per i prodotti agricoli fra l’UE e i PTM sono reciproci, differenziati per settore e normalmente a favore dei PTM. La preferenza mediterranea, nel rispetto comunque di quanto previsto dai negoziati WTO, prevede un abbattimento delle tariffe ad valorem che, nel corso degli anni, si sono pressoché azzerate per quasi tutte le principali produzioni. Il commercio agricolo risulta, in ogni caso, essere molto spesso condizionato da un complesso sistema di contingenti, quantità di riferimento e calendari d’importazione da parte dell’UE relativamente ai comparti in cui i PTM hanno un maggiore vantaggio competitivo.
In generale, la concessione di agevolazioni tariffarie è stata la principale forma di interpretazione della liberalizzazione commerciale agricola tra UE e PTM. Tali agevolazioni, pur attribuendo notevoli vantaggi in termini di prezzo per i paesi interessati alla preferenza, non hanno portato alla temuta “esplosione” delle esportazioni dei PTM verso l’UE, ma più semplicemente alla continuazione dei trend di crescita dei tradizionali flussi di commercio, in linea anche con la crescita del commercio mondiale (García Alvarez-Coque, Jordán Galduf, 2007). Le motivazioni possono essere ricercate, così come evidenziato di seguito, nella composizione qualitativa dei flussi di provenienza dai PTM (molto spesso si tratta di prodotti agricoli venduti sotto forma di commodities e utilizzati come input produttivi dell’industria di trasformazione), che si confronta con un mercato maturo ed ad alto reddito quale quello comunitario (e italiano, in particolare), e nella presenza consistente di barriere non tariffarie che hanno di fatto contrastato gli effetti derivanti dalla riduzione delle tariffe. D’altro canto, il forte sostegno economico della PAC alle produzioni agricole europee, insieme agli elevati costi di trasporto e lo scarso sviluppo strutturale ed infrastrutturale dei PTM, hanno portato ad un contenimento del differenziale di prezzo – in teoria a favore dei PTM a causa dei bassi costi di manodopera - tra i prodotti delle due sponde. Quindi, nonostante i molteplici accordi di partenariato, tutto ciò ha, di fatto, impedito il processo di sostituzione, paventato da molti operatori economici e da componenti politiche, dei prodotti nostrani con le esportazioni dei prodotti provenienti dai Paesi del Sud del Mediterraneo.

Gli scambi agroalimentari tra l’Italia e i Paesi Terzi Mediterranei

L’Italia si trova al centro dei rapporti istituzionali, politici e commerciali tra l’Unione e il bacino mediterraneo e per questo svolge un ruolo centrale negli scambi con l’area. Da un lato, il nostro Paese rappresenta la naturale continuità dell’UE verso il Mediterraneo e per questo rappresenta una base privilegiata per le esportazioni comunitarie; d’altra parte, in quanto esso stesso Paese mediterraneo potrebbe, più di altri, soffrire per la diretta concorrenza su alcune specifiche produzioni, prima di tutto la frutta, ma anche gli ortaggi e l’olio d’oliva. Tuttavia, diversi studi hanno evidenziato come, rispetto ai mercati comunitari ed extracomunitari, tra i flussi di esportazioni agroalimentari italiani e quelli dei PTM vi sia una scarsa somiglianza, sia nella struttura merceologica che nella dimensione dei flussi, e dunque un basso fattore di potenziale competitività (INEA, 2002; Antimiani, De Filippis, Henke, 2006). Ciò è tanto più vero se la somiglianza viene valutata sulla base di un parametro come la qualità: flussi apparentemente simili si differenziano per gli standard qualitativi e dunque soddisfano segmenti di mercato diversi e solo marginalmente in competizione (Antimiani, Henke, 2005; Monti, 2005).
Al contrario, le esportazioni agroalimentari italiane sono complementari rispetto alle importazioni dei PTM, soprattutto a più alto reddito (Turchia e Israele soprattutto), dato che il nostro Paese tende a collocare sui mercati internazionali prodotti a più alto valore aggiunto (il cosiddetto made in Italy alimentare).
Venendo ai dati sugli scambi tra Italia e PTM, nel 2007 (Tabella 2) le importazioni si concentrano sui tipici prodotti dell’area: al primo posto troviamo la frutta secca, e tra i primi dieci prodotti si collocano le diverse tipologie merceologiche di olio d’oliva, prodotti ittici, frumento duro e preparazioni a base di frutta. Al contrario, le esportazioni italiane sono piuttosto differenziate e comprendono sia alcuni prodotti di base (panelli e mangimi, frumento duro, sottoprodotti), ma anche prodotti più tipici del made in Italy (prodotti dolciari, riso lavorato, pasta, conserve di pomodoro) anche se questi hanno un peso relativamente minore (Tabella 3).

Tabella 2 - Principali importazione dell’Italia dai PTM - 2007 (milioni di euro)

* Escluso uva secca, mele secche, frutta tropicale secca (noce di cocco, papaia, banana ecc.)
Fonte: Elaborazione INEA su dati ISTAT

Tabella 3 - Principali esportazioni dell’Italia verso i PTM - 2007 (milioni di euro)

Fonte: Elaborazione INEA su dati ISTAT

Un caso particolarmente interessante nelle relazioni commerciali tra Italia e PTM è quello della Turchia, un grande paese mediterraneo la cui adesione all’UE riporterebbe il baricentro dell’Unione più a Sud di quanto non sia adesso. L’Italia mostra un importante deficit agroalimentare nei confronti della Turchia, in tendenziale aumento negli ultimi anni. L’Italia importa dalla Turchia prevalentemente prodotti della filiera ortofrutticola e, in misura minore, prodotti ittici e olio d’oliva (di minore qualità), mentre esporta prodotti di più vario genere, spesso scarsamente differenziati, ma anche prodotti dolciari, riso lavorato, panelli e mangimi (Tabelle 4 e 5).

Tabella 4 - Principali importazioni dall’Italia dalla Turchia - 2007 (milioni di euro)

* Escluso uva secca, mele secche, frutta tropicale secca (noce di cocco, papaia, banana ecc.)
Fonte: Elaborazione INEA su dati ISTAT

Tabella 5 - Principali esportazioni dell’Italia verso la Turchia - 2007 (milioni di euro)

Fonte: Elaborazione INEA su dati ISTAT

La somiglianza della struttura delle esportazioni italiane con quella delle esportazioni turche sul mercato comunitario, pur essendo cresciuta nel corso dell’ultimo decennio, rimane piuttosto bassa e comunque inferiore a quella che si evidenzia tra la Turchia ed altri partner comunitari, come la Spagna o la Polonia. Inoltre, se si valuta la somiglianza tra esportazioni simili dal punto di vista merceologico essa si attesta su valori pressoché trascurabili. Ciò indica che la competizione delle esportazioni italiane con quelle turche – ma il discorso è facilmente estendibile alla maggior parte dei PTM – sui mercati europei, anche rispetto ai prodotti più sensibili, si gioca soprattutto sul fronte della qualità. I prodotti provenienti dai PTM competono sui mercati europei prevalentemente attraverso i prezzi, coprendo una specifica fetta di mercato, mentre non riescono ad essere competitivi sul fronte della qualità. Gli standard qualitativi imposti all’interno dell’UE, che in alcuni casi fungono da barriera non tariffaria, richiedono investimenti e trasformazioni strutturali dei sistemi agroalimentari dei PTM che la maggior parte di essi non è ancora in grado di affrontare.
L’analisi delle combinazioni paese/prodotto dà una idea dell’effettiva concentrazione degli scambi con l’area e la rilevanza dei diversi paesi che in essa ricadono. Partendo dalle importazioni, due aspetti vanno evidenziati: l’importanza della Tunisia come fornitore (quattro posizioni su dieci) e la dominanza dell’olio di oliva (dall’extravergine all’olio di qualità inferiore) (Tabella 6). Passando alle esportazioni, la specializzazione è ancora più spinta: sei su dieci transazioni sono dirette in Turchia, anche se al primo posto si collocano le vendite di conserve di pomodoro in Libia (Tabella 7). Nel complesso, si conferma un elevato grado di concentrazione delle esportazioni: ad esempio, le esportazioni di riso lavorato in Turchia rappresentano circa il 78% del complesso delle esportazioni di riso verso i PTM, mentre le vendite di conserve di pomodoro e pelati verso la Libia sono il 76,5% delle vendite totali di conserve di pomodoro.

Tabella 6 - Importazioni - prime 10 transazioni tra Italia e PTM - 2007 (milioni di euro)

Fonte: Elaborazione INEA su dati ISTAT

Tabella 7 - Esportazioni - prime 10 transazioni tra Italia e PTM - 2007 (milioni di euro)

Fonte: Elaborazione INEA su dati ISTAT

Conclusioni

Questa nota fa il punto sullo stato di avanzamento degli accordi di partenariato Euro-Mediterraneo, anche in considerazione del fatto che negli ultimi anni i rapporti commerciali tra UE e PTM sono diventati sempre più intensi. Ciò rappresenta la conseguenza, da un lato, dell’aumento generale degli scambi mondiali e, dall’altro, dell’implementazione degli accordi di Barcellona del 1995. La conformazione geo-politica del bacino del Mediterraneo, tra l’altro, funge da forte spinta alla concretizzazione di un progetto di realizzazione di un’area di libero scambio tra i paesi dell’UE e quelli dell’arco meridionale ed orientale del Mediterraneo.
In questo più ampio quadro, il settore agroalimentare svolge un ruolo cruciale.
L’Italia si è inserita a pieno in tale processo dato che la sua centralità – geografica e politica – le ha conferito un significativo ruolo negli scambi con l’area mediterranea. Infatti, il nostro Paese rappresenta un ponte naturale di congiunzione all’interno del Mediterraneo per le importazioni ed esportazioni comunitarie da/verso l’area del Nord Africa e del Vicino Oriente. D’altra parte, il nostro Paese è particolarmente sensibile alle dinamiche evolutive della specializzazione commerciale dei PTM e alle loro relazioni con l’UE. Tuttavia, dall’analisi degli scambi commerciali emerge, in riferimento ai rischi e alle opportunità degli operatori agroalimentari italiani, come la composizione degli scambi sia tale per cui l’effettiva competizione delle nostre esportazioni sui mercati comunitari ed extracomunitari con quelle dei PTM sia, nel complesso, molto bassa. Più in particolare, i PTM competono prevalentemente attraverso i prezzi, assicurandosi quote di mercato per prodotti di più basso livello qualitativo, mentre i nostri prodotti tendono a collocarsi su segmenti di mercato che riconoscono un livello di qualità maggiore. Va anche segnalato che molte delle importazioni agroalimentari italiane dai PTM, attualmente, non creano sul nostro mercato domestico reali pericoli di surplus dell’offerta di prodotti agroalimentari.
Infine, un’attenzione particolare è indirizzata ai rapporti commerciali tra Italia e Turchia in relazione ai prodotti agroalimentari, visto che l’avvio del partenariato per l’adesione della Turchia all’UE (Decisione 2006/35/CE, GU L. 22 del 26.1.2006) crea i presupposti per una più intensa evoluzione di questi scambi.

Riferimenti bibliografici

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