Il futuro bilancio per la PAC tra allargamento e riforma

Il futuro bilancio per la PAC tra allargamento e riforma

Introduzione (1)

La dimensione, la composizione e l’allocazione delle risorse comunitarie per la politica agricola saranno al centro del prossimo dibattito sul futuro della PAC. Le due questioni, bilancio e riforma, in realtà, sono già state introdotte dalla consultazione pubblica sulla revisione del bilancio generale dell’UE, la prima, e dalla Comunicazione sulla verifica dello stato di salute della PAC, la seconda. L’intento di questa breve nota non è di stimare la possibile entità delle risorse destinate alla PAC dopo il 2013, ma di individuare alcuni elementi critici che nel futuro dibattito avranno un ruolo decisivo nel definirne l’ammontare.

Perché esiste una questione finanziaria della PAC?

Il primo dei fattori determinanti nella definizione della questione finanziaria della PAC è l’approccio compensativo utilizzato per passare dal vecchio modello di sostegno accoppiato alla produzione al nuovo modello di sostegno disaccoppiato. Con Mac Sharry, prima, e con Agenda 2000, poi, la riduzione dei prezzi di intervento, strumento tipico della politica dei prezzi, è stata compensata, totalmente o parzialmente, tramite l’introduzione, e poi l’aumento, dei pagamenti compensativi della perdita di reddito generata da tale riduzione. Anche le più recenti riforme delle OCM zucchero e latte, attuate nell’ambito della riforma Fischler, hanno seguito tale principio, sebbene con Agenda 2000 i pagamenti diretti abbiano, formalmente, perso la loro funzione compensativa (2). L’adozione del principio compensativo ha dunque prodotto due importanti conseguenze: la prima è che ogni riforma di settore si è tramutata in un aumento della spesa per la PAC, tant’è che in Agenda 2000 gli elevati costi associati alla riforma dell’OCM latte ne hanno determinato il suo accantonamento (3). La seconda è che l’approccio compensativo, proprio per le modalità di calcolo, ha definito una rigida distribuzione della spesa tra settori, e di conseguenza, tra paesi, dando luogo ad una squilibrata distribuzione delle risorse tra prodotti (e paesi) continentali e prodotti (e paesi) mediterranei. Il cambiamento del modello di sostegno ha dunque prodotto dei cambiamenti rilevanti nella struttura della spesa dedicata alla PAC: nel tempo si è andata riducendo la componente legata all’intervento sui mercati (acquisti all’intervento, sussidi all’esportazione, ecc.), per il contestuale aumento dei prezzi mondiali e della riduzione dei prezzi garantiti all’interno dell’UE, ed è andata aumentando la componente legata agli aiuti diretti. La spesa per la PAC è dunque divenuta più prevedibile e controllabile, ma soprattutto visibile e consistente.
Il secondo fattore che ha contribuito a definire una questione finanziaria è il criterio storico con il quale si è deciso di distribuire i diritti all’aiuto nell’ambito del regime di pagamento unico (RPU) introdotto dalla riforma Fischler del 2003. Tale criterio ha determinato un congelamento della distribuzione della spesa sui paesi beneficiari storici, lasciando agli Stati membri la scelta del sistema da adottare internamente, a seconda della maggiore (storico regionale) o minore (storico aziendale) sensibilità alla questione redistributiva. Se, dunque, le prime riforme hanno contribuito a determinare l’ammontare del bilancio comunitario per il I pilastro, la riforma Fischler ne ha sancito la definitiva distribuzione tra paesi. Peraltro, e per le future discussioni è questo l’elemento più importante di cui tenere conto, la natura del PUA è rimasta abbozzata, non configurandosi né come un pagamento compensativo, né come un aiuto al reddito, né come un sostegno all’investimento (Sotte, 2005), come se il criterio storico di distribuzione fosse sufficiente a giustificarne l’esistenza, e la sua legittimità fosse garantita dalla applicazione della condizionalità.

Quali sono le prospettive per la spesa agricola dopo il 2013?

Un primo elemento di cui tenere conto è l’andamento della trattativa sul bilancio generale dell’UE. Sulla base dei risultati dei negoziati relativi all’attuale quadro finanziario, e tenuto conto della scarsa propensione dei paesi ad aumentare la propria contribuzione a bilancio, è realistico pensare che anche le prospettive di spesa per il prossimo periodo di programmazione saranno improntate al risparmio (4). In un contesto di risorse limitate è ragionevole pensare che la spesa per la PAC sarà assoggettata a forti pressioni per la sua riduzione, al fine di finanziare le altre politiche comunitarie. È infatti improbabile che si possa giungere ad un altro accordo per blindare la spesa per la PAC, simile a quello franco-tedesco del 2002 (5). Un secondo elemento da tenere d’occhio nella futura trattativa sul bilancio comunitario è il ruolo che giocheranno i nuovi Stati membri (NSM). Essi sono determinati, preparati e privi di timore reverenziale nei confronti dei “vecchi” membri dell’UE (Pupo D’Andrea, 2007a). Nella partita sul bilancio comunitario (non solo agricolo) saranno dunque decisi a trarne il maggiore vantaggio possibile in termini di risorse loro dedicate, spostando risorse dal I al II pilastro, rafforzando contemporaneamente lo strumento della modulazione, e dalla PAC alle politiche strutturali.

Dal I al II pilastro

Nell’ambito strettamente agricolo, così come rilevato precedentemente, la distribuzione delle risorse per il I pilastro è assegnata e, tranne che per effetto della modulazione, non esistono margini di redistribuzione6. I NSM saranno dunque impegnati a spostare risorse dal I al II pilastro e, nell’ambito del II pilastro, a rivedere i criteri per l’assegnazione delle risorse aggiuntive derivanti dalla modulazione.
Se guardiamo alla distribuzione delle risorse per I e II pilastro tra i 12 NSM e l’UE-15 per l’intero periodo di programmazione 2007-2013 (Figura 1) emerge immediatamente il forte divario tra la dotazione per il RPU e quella per lo sviluppo rurale nei 7 anni presi in considerazione (7).

Figura 1 - PAC. Distribuzione della spesa complessiva 2007-2013 per regime di pagamento unico (RPU) e sviluppo rurale (SR) tra UE-12 e UE-15 (euro)

È bene sottolineare, tuttavia, che le misure per il secondo pilastro sono sottostimate, in quanto non tengono conto della quota di cofinanziamento nazionale che, come noto, può differenziarsi a seconda dell’Asse e, di conseguenza, dei paesi. Tornando alla fig. 1, dunque, il gruppo di paesi dell’UE-12 pesa per il 14% sulla dotazione del RPU, mentre i paesi dell’UE-15 per il restante 86%. Tale risultato è dovuto al fatto che nell’attuale quadro finanziario i NSM non godono appieno dei pagamenti diretti ma beneficiano di una percentuale progressiva nel tempo (10 anni), fissata seguendo una tabella degli incrementi decisa al momento della loro adesione all’UE (8). Se tuttavia guardassimo alla posizione relativa dei due blocchi di paesi assumendo che tutti ricevano il 100% del RPU la situazione non cambierebbe di molto. In tal caso, infatti, la quota dell’UE-12 salirebbe al 20% e quella dell’UE-15 scenderebbe all’80%, ma il divario resterebbe comunque elevato. Diversa è la situazione se invece ci riferiamo alle risorse per lo sviluppo rurale, sulle quali i paesi dell’UE-12 giungono a pesare per il 42%, con la Polonia che si posiziona al primo posto, seguita da Italia, Germania e Romania. D’altro canto la politica di sviluppo rurale ha un peso rilevante anche nella distribuzione delle risorse tra i due pilastri della PAC all’interno del gruppo di paesi dell’UE-12 (Figura 2).

Figura 2 - PAC. Distribuzione della spesa complessiva 2007-2013 per UE-12 e UE-15 tra regime di pagamento unico (RPU) e sviluppo rurale (SR) (euro)

In tal caso, la dotazione complessiva per lo SR pesa per il 52% contro il 48% dell’attuale dotazione per il RPU (e non di quella ipotetica a regime), mentre per l’UE-15 le proporzioni sono nettamente diverse, con lo SR che conta solo per il 17%. La situazione cambierebbe di molto se per l’UE-12 il confronto venisse fatto con il RPU a regime. In tal caso, le proporzioni tra i due pilastri rispecchierebbero quelle dell’UE-15. Tuttavia, considerato che per i NSM tali risorse si renderanno pienamente disponibili solo a partire dal 2013 (e per Bulgaria e Romania addirittura nel futuro quadro finanziario) sembra realistico ipotizzare che tali risorse subiranno le conseguenze delle forti pressioni per la riduzione del bilancio per la PAC e che quindi saranno assoggettate a limitazioni nella programmazione finanziaria che si avrà a partire dal 2014.

Il rafforzamento della modulazione

Attualmente i NSM sono esclusi dalla modulazione, di conseguenza le risorse provenienti dal taglio del 5% degli aiuti diretti sono redistribuite solo tra i 15 paesi della “vecchia” UE. Lo strumento sarà applicato ai paesi di nuova adesione dal momento in cui essi raggiungeranno il 100% del sostegno accordato dall’UE (dal 2013 per i primi 10 NSM). Ciò darà luogo ad un rilevante processo redistributivo delle risorse drenate dall’UE-15 verso l’UE-10, in quanto i NSM hanno una “migliore” performance dei criteri oggettivi utilizzati per distribuire le risorse del II pilastro (Henke, 2007; Balkhausen e Banse, 2006; Henke e Storti, 2005). Ciò trova conferma nel recente documento della Commissione sulla verifica dello stato di salute della PAC (Commission of the European Communities, 2007) dove, contestualmente al proposto aumento della percentuale di modulazione dal 5 al 13%, si sottolinea la necessità di trovare soluzioni adeguate per rispettare l’attuale distribuzione delle risorse per lo sviluppo rurale tra gli Stati membri (9). Questo suggerisce che nelle prossime prospettive finanziarie i NSM potrebbero essere interessati sia ad aumentare il tasso di modulazione che a rafforzare il potere redistributivo dello strumento, chiedendo di indebolire o eliminare il principio secondo il quale i paesi debbano rientrare in possesso dell’80% delle risorse drenate.

Dalla PAC alle politiche strutturali

Oltre che a modificare la distribuzione delle risorse nello stretto ambito delle politiche agricole, i NSM potrebbe trovare conveniente spostare risorse dal I pilastro della PAC verso la politica strutturale. Nella programmazione 2007-2013 la rubrica 1b. “Coesione per la crescita e l’occupazione” si appropria del 35,7% dell’intero bilancio comunitario, superando per la prima volta la quota destinata al I pilastro della PAC (ferma al 34%). Nell’ambito di tale rubrica poco più dell’80% è destinato all’obiettivo Convergenza (ex Obiettivo 1) di cui godono le regioni con PIL pro capite inferiore al 75% della media dell’UE-25, gli Stati membri con PIL pro capite inferiore al 90% della media comunitaria e le regioni in phasing out statistico (Figura 3).

Figura 3 - Distribuzione % delle risorse dei Fondi Strutturali (Totale 2007-2013)

Se anche in questo caso riproponiamo la distribuzione delle risorse tra i due gruppi di paesi dell’UE (Figura 4), notiamo come il 60% delle risorse vada all’UE-12, di cui il 66% per la Convergenza e il restante 34% per il Fondo di Coesione. Si noti che nell’attuale quadro finanziario l’UE ha deciso di fissare la spesa per i Fondi strutturali nei nuovi paesi membri al 4% del rispettivo PIL, affermando che, a causa delle inefficienze burocratiche, la loro “capacità di assorbimento” sia limitata. Per l’UE-15, ben il 13% delle risorse è dedicato alle regioni in phasing out, senza le quali il peso del gruppo di paesi della vecchia “UE” scenderebbe al 36%.

Figura 4 - Obiettivo Convergenza. Distribuzione della spesa complessiva 2007-2013 tra UE-12 e UE-15 (milioni di euro)

I NSM presentano, dunque, un vantaggio comparato nella distribuzione delle risorse per le politiche strutturali e perciò, nell’ambito delle trattative sul futuro quadro finanziario, potrebbero trovare conveniente spingere per spostare risorse dal I pilastro della PAC verso politiche redistributive (Fondi strutturali e sviluppo rurale). In tale azione di diversione delle risorse i NSM potrebbero trovare validi alleati anche nei paesi dell’UE-15, in particolare in quelli dell’Europa meridionale (Portogallo, Spagna, Italia, Grecia) ma anche Germania, Finlandia e Austria, che presentano, per alcune aree, le medesime caratteristiche strutturali e il medesimo svantaggio nella distribuzione storica delle risorse del I pilastro (Figura 5) (10).

Figura 5 - Distribuzione della spesa complessiva 2007-2013 per “misure strutturali” (coesione per crescita ed occupazione + sviluppo rurale) e regime di pagamento unico (RPU) tra UE-12 e UE-15 (%)

 

Conclusioni

La futura dotazione di spesa per la PAC dipende da numerosi fattori. Innanzitutto dall’entità delle risorse messe a disposizione del bilancio generale dell’UE nelle prossime prospettive finanziarie. Minore sarà la disponibilità degli Stati membri a pagare per le politiche comunitarie, maggiori saranno le pressioni a cui sarà sottoposta la PAC per cedere parte delle sue risorse in favore di altre aree di intervento. In secondo luogo dalle alleanze che i NSM riusciranno a costruire tra loro e con quei paesi dell‘UE-15 caratterizzati dalle medesime caratteristiche strutturali o da sempre critici nei confronti della PAC. Da questo punto di vista l’Italia potrebbe giocare un ruolo di rilievo nel favorire l’una o l’altra alleanza, in quanto è avvantaggiata nella distribuzione delle risorse strutturali ma anche beneficiaria di rilievo dei pagamenti diretti del I pilastro della PAC. Un terzo elemento di cui tenere conto, probabilmente quello più importante, è la capacità della PAC di rinnovare se stessa: una PAC che gioca in difesa del suo bilancio senza offrire in cambio una nuova visione della politica agricola è perdente. Da questo punto di vista l’Health check è deludente in quanto, pur essendo concepito solo per proporre aggiustamenti alla riforma del 2003, avrebbe potuto/dovuto mostrare maggior coraggio e lanciare qualche segnale sul futuro dei pagamenti diretti in vista della discussione sulla revisione del bilancio 2008/2009, nell’ambito della quale verranno definite le future priorità di spesa dell’UE (Commissione delle Comunità Europee, 2007). Limitarsi a semplificare il RPU, allentare il legame con i riferimenti storici e rafforzare la condizionalità non rende la PAC maggiormente sostenibile. Sul futuro della PAC potrebbe invece positivamente contribuire una onesta revisione dei suoi obiettivi, commisurati ai tempi e alle nuove esigenze del mondo agricolo, della società e dell’ambiente, e la definizione di un set di strumenti di sostegno adeguati e verificabili. In altre parole occorre rendere chiaro il motivo per cui si danno soldi all’agricoltura, che non può essere (più) lo status di agricoltore o il fatto di avere percepito aiuti nel passato. Si può poi discutere se questi aiuti dovranno essere mirati ad aumentare la competitività delle aziende, alla ricerca e all’innovazione, al territorio, all’ambiente e di quanti pilastri dovrà essere composta la PAC. Una PAC rinnovata negli obiettivi e negli strumenti permetterebbe di cambiare posizione negoziale, passando da una trattativa (perdente) sul bilancio “per sé”, ad una trattativa per ottenere le risorse necessarie a perseguire obiettivi condivisi e verificabili. Sarebbe la migliore delle strategie per affrontare la battaglia sul bilancio della PAC e difendersi da quanti vorrebbero smantellarla.

Note

(1) Si ringraziano Tatiana Castellotti, Franco Gaudio e Giuseppe Gaudio per gli utili suggerimenti che hanno permesso di migliorare una precedente versione del lavoro.
(2) Con Agenda 2000 i pagamenti non vengono più chiamati compensativi ma pagamenti diretti. Secondo Scoppola (2005), ciò è confermato dall’uso della nuova terminologia, dal fatto che la compensazione sia parziale e non totale, e dal fatto che i pagamenti possono essere condizionati al rispetto di determinati vincoli ambientali. Di fatto, però, i pagamenti diretti vengono aumentati proprio in corrispondenza di una ulteriore riduzione dei prezzi di intervento, sebbene si possa concordare sul fatto che la compensazione non sia piena, così come era invece accaduto con MacSharry.
(3) All’epoca delle trattative su Agenda 2000 l’impossibilità di trovare un accordo su meccanismi automatici di risparmio finanziario (cofinanziamento e degressività) si risolse nella scelta di annacquare o rinviare i pezzi di riforma più costosi, appunto la riforma dell’OCM latte (INEA, 2000, pag. 228-230).
(4) Una interessante ricostruzione delle trattative che hanno condotto all’approvazione delle prospettive finanziarie 2007-2013 e delle principali aree di disaccordo è contenuta in Peet (2005).
(5) Nel 2002, le trattative sulla riforma Fischler in concomitanza con il dibattito sull’allargamento dell’UE condussero a due importanti accordi. Nel vertice di Bruxelles i capi di Stato e di Governo definirono l’ammontare delle risorse per il I pilastro della PAC per il periodo di programmazione 2007-2013, ponendolo al livello della spesa per il 2006 aumentata dell’1% annuo. Nel negoziato sul quadro finanziario, poi, la blindatura del I pilastro si risolse in una riduzione della spesa per lo sviluppo rurale, a cui si tentò di porre rimedio tramite l’introduzione della modulazione volontaria (Pupo D’Andrea 2006 e 2007b). Il vertice di Copenaghen sancì il definitivo ingresso dei nuovi Stati membri nell’UE e si stabilirono i criteri per l’estensione dei pagamenti diretti a questi paesi fissando la famosa tabella degli incrementi.
(6) Anche la modulazione, per come è concepita, ha un limitato effetto redistributivo, giacché ciascun paese deve rientrare in possesso dell’80% delle risorse che le vengono tagliate.
(7) Per gli scopi di questa analisi il I pilastro viene identificato con il RPU. Sebbene ciò non sia formalmente corretto, la residualità che hanno ormai assunto le spese connesse all’intervento sui mercati e gli altri aiuti diretti, non rende fuorviante l’assunzione fatta. Si noti che nel bilancio 2007 la somma dei massimali nazionali per il RPU è pari all’84% della dotazione per il I pilastro della PAC.
(8) I 10 NSM che nel 2004 hanno fatto il loro ingresso nell’UE riceveranno il 100% dei pagamenti diretti loro spettanti nel 2013. Bulgaria e Romania giungeranno a regime nel 2016.
(9) In un documento della Commissione di accompagnamento alla Comunicazione sull’Health check, rimasto disponibile sul sito della DG AGRI solo poche ore, si dice espressamente che la modulazione si applicherà ai 10 NSM solo nel 2013 e che i fondi generati dal taglio percentuale di quell’anno rimarranno nei rispettivi Stati membri in cui sono stati generati.
(10) Se anche facessimo riferimento al RPU a regime, solo in Bulgaria la sua quota raggiungerebbe il 35%, mentre negli altri NSM si attesterebbe abbondantemente al di sotto del 30%.

Riferimenti bibliografici

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  • Commission of the European Communities (2007), Communication from the Commission to the Council and the European Parliament. Preparing for the “Health Chock” of the CAP reform”, Brussels, COM(2007) 722.
  • Commissione delle Comunità Europee (2007), Comunicazione della Commissione. Riformare il bilancio, cambiare l’Europa: documento di consultazione pubblica in vista della revisione del bilancio 2008/2009, Bruxelles, SEC(2007) 1188 def..
  • Esposti R. (2006), “La PAC e gli obiettivi di coesione nell’UE”, Agriregionieuropa, n. 6. [link].
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