Questo articolo offre una breve informazione sul contesto politico ed economico delle relazioni commerciali nel settore agroalimentare tra l'Unione Europea ed i paesi dell'arco sud ed est del Mediterraneo, con particolare riferimento ai negoziati in corso volti alla conclusione di accordi di libero scambio.
Il contesto economico
I dieci paesi del Mediterraneo che fanno parte del "processo di Barcellona" (Algeria, Marocco, Tunisia, Libia, Egitto, Israele, Autorità della Palestina, Siria, Libano e Giordania) hanno storicamente interpretato un ruolo di grande importanza nelle relazioni commerciali dell’Unione Europea. Ciò è particolarmente vero per il settore agroalimentare. La configurazione geografica di bacino unico e, quindi, la prossimità dei mercati, la tradizione ed il legame socio-culturale, sono alla base del sostanziale e duraturo legame d’interdipendenza e di complementarità commerciale nel settore agroalimentare. Esiste pertanto un reciproco interesse delle parti a mantenere saldo questo legame e a svilupparlo ulteriormente attraverso un’ulteriore apertura e integrazione dei mercati, per creare un'area di libero scambio, che, peraltro, già esiste per gli altri settori economici.
La dimensione della relazione commerciale agroalimentare "euromediterranea" può essere sommariamente descritta nei termini seguenti:
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le importazioni agro-alimentari dell'UE dai dieci paesi mediterranei rappresentano un valore complessivo che si avvicina ai 3.000 M€ (milioni di euro), pari al 4% del totale delle importazioni dell'UE, ma pari a ben il 40% dell’export agricolo dei paesi mediterranei;
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le esportazioni dell'Unione Europea a destinazione dei dieci paesi mediterranei si approssimano a 4.600 M€, valore che rappresenta poco più del 9% del totale delle nostre esportazioni ed è pari al 27% delle importazioni totali dei dieci paesi partners mediterranei.
Nel corso degli ultimi anni le nostre importazioni sono rimaste costanti in volume, ma hanno rappresentato un quota più modesta sul totale delle importazioni dei paesi mediterranei, che hanno subito globalmente un sostanziale aumento.
A voler fare un bilancio su base di questi primi dati c'è da dire che:
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il valore dello scambio nel settore agroalimentare è, al momento, globalmente favorevole all'Unione Europea, con un saldo di circa a 1.600 M€;
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vale la pena di ricordare che il saldo globale della bilancia commerciale è invece a favore dei dieci paesi mediterranei, per un valore dell'ordine di 12.552 M€. il volume complessivo dello scambio agricolo resta, nell'insieme, limitato rispetto al volume commerciale globale;
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l'UE ha perso probabilmente parti di mercato in questi paesi.
Questo consuntivo, e alcune tendenze più recenti non descritte in quest’articolo, sono all'origine del forte interesse dell'UE per un'espansione delle relazioni commerciali nel settore agroalimentare e rappresentano un argomento a favore della conclusione di accordi di libero scambio. Tali accordi potranno offrire l'occasione di un rilancio delle opportunità di mercato, da un lato con la creazione di preferenze tariffarie generalizzate e, dall'altro, con la soluzione di difficoltà legate ad ostacoli di natura non tariffaria.
Gli aspetti "qualitativi" dello scambio agroalimentare nell'area euro-mediterranea si possono brevemente riassumere come segue:
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l'export dei dieci paesi del gruppo “euro-mediterraneo” è fortemente orientato verso i prodotti ortofrutticoli e le preparazioni alimentari a base di ortofrutta e olio d'oliva;
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l'export comunitario si compone di prodotti agricoli trasformati, cereali, zucchero e prodotti del settore lattiero-caseario.
Due paesi, Israele e Marocco, realizzano il 69% del totale delle esportazioni a destinazione dell'UE dal gruppo dei dieci paesi "euro-mediterranei" e, se si includono anche le esportazioni dall'Egitto, la percentuale sale all'87%.
Le esportazioni dell'UE sono più diffuse e ben distribuite tra i dieci partner mediterranei, ma è da notare che la sola Algeria, con circa 1.000 M€, rappresenta quasi il 26% del totale delle esportazioni dell'UE nella regione.
La similarità delle produzioni e la concomitanza dei periodi di produzione e dei picchi di commercializzazione nel settore dell'ortofrutta tra i paesi del sud e dell'est del Mediterraneo e gli Stati membri del Sud dell'Unione pongono il problema del conflitto degli interessi commerciali per molti prodotti e determinano interessi difensivi della Comunità. D'altro canto, l'importanza strategica di talune produzioni (cereali, zucchero, prodotti lattiero-casearii, carne) e la rilevanza di queste produzioni per le economie locali e per la sostenibilità dei processi di sviluppo rurale rappresentano un elemento economico determinante e costituiscono un problema politico maggiore per i dieci partner mediterranei.
L'esperienza ha anche mostrato che la penetrazione sul mercato comunitario dei dieci partner euro-mediterranei è limitata da debolezze al livello della logistica (regolarità dell'approvvigionamento, garanzia delle quantità e dei termini), dall'inadeguatezza dei circuiti di commercializzazione (dipendenza dai commissionari, mancanza di diversificazione), dall'incidenza crescente dei noli (conseguenza in parte dell'aumento del prezzo del petrolio, ma anche dal costo del ritorno a vuoto delle navi), dalla mancanza d'attrattiva delle condizioni d'investimento in questi paesi, dalla concorrenza di produzioni sub-sahariane, che grava sulla redditività delle produzioni all'esportazione e, infine, per alcune produzioni, dall'esistenza di limiti naturali dei fattori di produzione (acqua, terra, capitali, tecnologia).
Il contesto politico
La pietra miliare delle relazioni euro-mediterranee è la decisione assunta a Barcellona nel 1995 tra la Comunità Europea e i dieci paesi del Mediterraneo di creare una zona di libero scambio all’orizzonte dell’anno 2010 (processo di Barcellona). Fu a Barcellona che si decise inoltre che la liberalizzazione del commercio agricolo, in considerazione della particolare sensibilità del settore agroalimentare per le parti, si sarebbe realizzata in modo progressivo, basandosi sul commercio tradizionale.
La politica europea di vicinato ha riaffermato, a livello dell'UE, l'obiettivo politico assunto a Barcellona ed ha coinvolto i dieci partner "euro-mediterranei" in un nuovo rapporto di concertazione per definire dei piani di azione specifici.
Nel novembre 2005, al vertice euro-mediterraneo, tenuto in occasione del decimo anniversario dell’incontro di Barcellona, i ministri del commercio dei dieci paesi mediterranei e dell’Unione Europea hanno definito un programma quinquennale per concretizzare l’obiettivo della creazione della zona di libero scambio all'orizzonte del 2010. Questo programma, definito nel ruolino di marcia di Rabat (road map di Rabat), è basato, in sintesi, su quattro principi:
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definire un processo di liberalizzazione proporzionato ai limiti ed alle possibilità di ciascun partner;
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prevedere modalità di liberalizzazione più diluite nel tempo, durante un periodo di transizione, a favore dei dieci partner mediterranei con economie agricole più fragili. Le stesse modalità potrebbero essere anche eccezionalmente estese, in taluni casi, per l’UE;
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assicurare un obiettivo finale di liberalizzazione completa e senza limiti, tranne che per un numero limitato e ben giustificato di prodotti sensibili;
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prevedere l'attuazione di misure d’accompagnamento nel campo della qualità e dello sviluppo rurale, per assicurare un sostegno adeguato al processo di liberalizzazione.
Nel novembre 2005 la Commissione europea ha ricevuto dal Consiglio dell'UE un ampio mandato per condurre i negoziati euro-mediterranei per il settore agroalimentare.
I negoziati
Nell'ambito dei negoziati aperti, in linea con i quattro principi della road map di Rabat, le parti hanno presentato le rispettive posizioni. La Commissione europea ha offerto ai partners mediterranei la liberalizzazione immediata per quasi tutte le linee tariffarie del settore agroalimentare, mantenendo il regime del prezzo d'entrata nel settore dell'ortofrutta per i prodotti più sensibili. Allo stesso tempo è stata definita la lista dei prodotti sensibili. Per tali prodotti si fisserebbero dei contingenti tariffari che già in fase iniziale dovrebbero determinare un ampliamento del commercio esistente e che, successivamente, dovrebbero evolvere con un incremento annuale sufficientemente sostenuto per continuare ad assicurare una soddisfacente espansione commerciale. La Commissione si attende, in cambio, dai partner euro-mediterranei lo smantellamento dei dazi applicati con ritmo graduale e differenziato in bande e gruppi di prodotti. Le eccezioni al processo di liberalizzazione per i prodotti sensibili sarebbero, anche per i dieci partner mediterranei, trattate sulla base di contingenti tariffari.
La Commissione inoltre propone, di prevedere e sviluppare, laddove necessario, meccanismi di concertazione, di gestione di crisi o di salvaguardia specifici, oltre alle misure generali già esistenti, come rete di sicurezza necessaria ad un processo di liberalizzazione totale.
Nell'ambito di questi negoziati, l'UE persegue quindi l'obiettivo finale di una liberalizzazione tariffaria per tutti i prodotti agricoli, a meno di un numero limitato di eccezioni. Per i prodotti non totalmente liberalizzati, alcune limitazioni quantitative o dispositivi specifici all'importazione sarebbero ancora applicabili; tali limitazioni sarebbero progressivamente e sostanzialmente attenuate o rimosse nel tempo. I tempi di liberalizzazione tariffaria sarebbero più lunghi per i paesi mediterranei, creando cosi le condizioni per un processo di liberalizzazione senza ripercussioni traumatiche per le agricolture più fragili.
Nell'ambito dei negoziati e dei futuri accordi, l'esistenza o la prospettiva di altri accordi regionali (con gli Stati Uniti e/o con il Mercosur) è una variabile che deve essere considerata. Per tale motivo sarà necessario garantire negli accordi che il trattamento di cui beneficerà l'UE sarà almeno tanto favorevole quanto quello riservato ad altri paesi terzi.
Infine, il negoziato affronterà la questione degli ostacoli non tariffari, in particolare di natura veterinaria e fito-sanitaria, introducendo nuove disposizioni nei protocolli agricoli degli accordi d'associazione, per prevenire la tentazione di sostituire le barriere tariffarie con barriere non tariffarie, che potrebbero portare pregiudizio al processo di liberalizzazione avanzata degli scambi.
Sul piano più generale sarà necessario esaminare in maniera sistematica la possibilità di migliorare le disposizioni amministrative e le pratiche commerciali, al fine di aumentare la trasparenza delle procedure alle quali sono sottoposte le esportazioni comunitarie in questi paesi.
Con tre paesi, Marocco, Egitto e Israele, i negoziati sono già in una fase avanzata ed esiste la concreta prospettiva di conclusione nell'anno.
Con altri paesi, Tunisia e Algeria, i contatti non hanno permesso finora di stabilire un calendario dei negoziati. Il negoziato con il Libano resta condizionato dalla situazione politica del paese. Con la Giordania l'accordo attualmente in vigore costituisce già sostanzialmente un ampio accordo di libero scambio e pertanto, al momento, non c'è la necessità di una revisione. La Siria e la Libia non hanno un accordo d’associazione con l’UE, ed in particolare la Libia ha solo lo statuto di osservatore, e quindi non sono al momento previsti negoziati con questo partner.
Valutazioni conclusive
I nodi cruciali dei negoziati sono oggi i seguenti:
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la durata del periodo di transizione, che dovrebbe portare alla piena liberalizzazione;
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l'estensione del processo di liberalizzazione totale, ovvero il numero dei prodotti coperti dalla piena liberalizzazione (esenti da dazi e da contingenti);
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le eccezioni alla liberalizzazione, ovvero i prodotti eventualmente esclusi ed il trattamento da riservare a questi prodotti sensibili (contingenti tariffari).
Alcuni partner hanno assunto nel negoziato una posizione tendente a rinviare la scadenza fissata per la liberalizzazione, inizialmente prevista a Barcellona per il 2010, e altri paesi rifiutano un processo sostanziale di liberalizzazione. Queste posizioni, che si concretizzano nella richiesta di una forte asimmetria nel processo di liberalizzazione, sono l'espressione della preoccupazione legittima di questi paesi, nei quali il settore agricolo segna dei ritardi importanti di sviluppo.
Le difficoltà e le preoccupazioni sono reali e, pertanto, certamente comprensibili. Tuttavia la prospettiva migliore per le agricolture di questi paesi è probabilmente quella d'investire, in modo strategico, in un processo di integrazione euromediterranea, per evitare che il divario esistente possa ancor più accentuarsi, marginalizzando i 10 paesi euro-mediterranei dalle tendenze del mercato mondiale.
La riforma della PAC, iniziata nel 2003 e che recentemente ha interessato il settore dell'ortofrutta, ha creato le condizioni per un rilancio della competitività dell’agricoltura europea. Si configura così uno scenario di accentuazione del divario tra le agricolture delle due sponde del Mediterraneo ed il rischio di rendere più difficile il processo d’integrazione con il passare del tempo. Anche il round multilaterale rappresenta una prospettiva futura di apertura dei mercati e quindi di un ambiente commerciale generalmente a più elevata competitività.
Forse un rischio ancora maggiore per i 10 paesi mediterranei è rappresentato dallo sviluppo delle relazioni bi-regionali/bilaterali dell’UE. Al momento l'Unione Europea è attivamente impegnata in negoziati bilaterali con 130 paesi: Mercosur, European Partnership Agreement con i paesi ACP, CA (Central America: Costa Rica, El Salvador, Guatemala, Honduras, Nicaragua, Panama), CAN (Comunità dei paesi andini: Colombia, Ecuador, Bolivia e Peru), ASEAN, India, Ucraina, ecc. Il rapporto "preferenziale" con i 10 paesi mediterranei non è più esclusivo, come nel passato, ma diviene sempre più competitivo. L'opzione di una politica di vicinato più densa nei contenuti, ovvero più profondamente integrata, è uno scenario da non trascurare. Una scadenza ravvicinata per la liberalizzazione degli scambi agricoli per i 10 paesi del mediterraneo è una sfida possibile ed è probabilmente la migliore opzione politica.
Sarà necessario per i paesi mediterranei negoziare con cautela le modalità del processo di liberalizzazione, senza avere eccessive esitazioni nel procedere ad una sostanziale integrazione in un mercato unico euro-mediterraneo. Rinviare o limitare il processo d’integrazione per il settore agroalimentare rischierebbe di creare fratture gravi nell’unità dell’area mediterranea.
La situazione attuale è ben descritta nelle conclusioni dello studio del Ciheam/Copeia, La cui conclusione è che uno scenario volontarista, attivo e propositivo costituisce "un atto politico forte per ancorare il Mediterraneo al XXI secolo. …un’ambizione politica che si fonda sul reale e non sul “desiderio”". E’ su quest'ultimo scenario che i paesi mediterranei dovrebbero quindi puntare, con la speranza che "… Le dinamiche mondiali e un’interdipendenza strategica in crescita imporranno a Europa e Mediterraneo di reagire insieme per non indebolirsi".
Riferimenti bibliografici
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B. Hervieu, R. Capone, S. Abis (2006), Panorama stratégique et prospectif de la situation agricole et agroalimentaire en Méditerranée, Note de synthèse. CIHEAM COPEIA, Décembre. Par. 8