Introduzione e stato dell’arte
Negli ultimi anni numerose ricerche hanno evidenziato come i consumatori mostrino un interesse crescente nei confronti di prodotti considerati “sostenibili”. Le pratiche di sostenibilità stanno diventando sempre più riconosciute ed adottate in tutto il settore agroalimentare (Jones, 2012). Produttori di grandi e piccole dimensioni, distributori, associazioni di categoria sembrano ormai essere impegnati in una sorta di “gara” a chi si mostra più “sostenibile”, “green”, “naturale”. Si è verificato, dunque, un generale aumento di programmi di sostenibilità che, accompagnati dall’uso di loghi ed etichette, fanno spesso riferimento a concetti quali la protezione dell’ambiente, il rispetto delle condizioni dei lavoratori, la garanzia della territorialità e dell’origine delle materie prime.
La sostenibilità è oggi un tema di primaria importanza anche all’interno del settore vitivinicolo a livello globale (Klohr et al., 2013). A partire dall’Integrated Pest Management Programme, lanciato in California nel 1992, una varietà di programmi e iniziative per la promozione della sostenibilità sono stati sviluppati in tutto il mondo. I pionieri sono stati in particolare i Paesi appartenenti a quello che viene chiamato “il nuovo mondo del vino” (si pensi – soltanto per citare alcuni degli esempi più noti: al California Sustainable Winegrowing Program negli Stati Uniti d’America, all’Entwine Australia e al Sustainable Winerowing New Zeland), programmi di sostenibilità che prevedono l’adesione a una serie di standard e codici volontari per la sostenibilità ambientale, sociale ed economica della produzione vitivinicola dei rispettivi Paesi. Tali programmi possono prevedere o meno l’utilizzo di etichette di sostenibilità e certificazioni sul prodotto finale. Anche in Europa si possono rilevare interessanti iniziative come, ad esempio, il programma di sostenibilità francese Vignerons en Développement Durable - marchio collettivo per la viticoltura sostenibile, basato sull’adesione (da parte dell’azienda vitivinicola) ad un “codice” composto da una serie di “impegni” e al conseguimento di una certo numero di obiettivi di sostenibilità - e il più recente V.i.v.a. Sustainable Wine, sviluppato in Italia dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare in collaborazione con diverse Università e Centri di Ricerca. Quest’ultimo programma, basato sull’utilizzo di quattro indicatori (Aria, Acqua, Vigneto, Territorio), mira non solo alla valutazione delle performance di sostenibilità ambientale, economica e sociale dell’azienda vitivinicola e dei suoi prodotti, ma anche alla comunicazione al consumatore finale, attraverso l’uso di una specifica etichetta ed un QR code (una sorta di codice a barre a matrice) che permette di identificare i risultati conseguiti dall’azienda rispetto ai quattro indicatori, relativamente al prodotto sul quale l’etichetta stessa è apposta.
In molti casi, i programmi di sostenibilità sono accompagnati da veri e propri schemi di certificazione che fanno poi ricorso a delle “etichette”, o loghi, apposti sui prodotti o, in generale, sui materiali promozionali per comunicare al consumatore finale l’impegno del produttore in una determinata iniziativa di sostenibilità e/o il raggiungimento di certe performance.
Le etichette possono essere considerate un potente strumento di comunicazione, poiché possono veicolare in maniera semplice ed immediata una serie di messaggi e determinare conseguenti effetti positivi: in termini di marketing, perché influiscono sulle scelte d’acquisto del consumatore finale, e, più in generale, per la promozione di modelli di consumo responsabili (Heinzle e Wüstenhagen, 2012). Rimane comunque importante ricordare che, per il vino, i “claim”, ovvero tutte le indicazioni e affermazioni, di sostenibilità competono con altre caratteristiche del prodotto, quali il prezzo, il marchio, la regione d’origine, il vitigno. Queste sono solo alcune delle informazioni che, riportate sulle etichette, contribuiscono ad orientare le scelte dei consumatori. In linea generale, diversi studi sulla percezione dei consumatori nei confronti del vino sostenibile hanno mostrato, con diversi gradi di certezza, che gli utenti finali sono interessati a questo tipo di prodotto e al suo acquisto (Zucca et al., 2009). Questi studi indicano che i consumatori sarebbero inoltre disposti a pagare un premium price, soprattutto nei Paesi di più recente tradizione vitivinicola (D’Souza et al., 2006; Forbes et al., 2009). In ogni caso, è da rilevare che una vasta parte della letteratura si è occupata soprattutto dello studio della percezione dei consumatori nei confronti del vino biologico (Olsen et al., 2011) e delle etichette ecologiche (Thøgersen, 2000; Barber, 2010). Dallo studio della letteratura emerge come ci sia una generale assenza in Italia di ricerche sulle modalità con cui i valori personali legati alle questioni ambientali e le aspettative sulle etichette di sostenibilità influiscano e definiscano l’atteggiamento nei confronti di questi vini.
L’obiettivo dello studio, dunque, è quello di esplorare:
- le variabili che influenzano l’atteggiamento dei consumatori nei confronti di un vino con un’etichetta di sostenibilità;
- esaminare fino a che punto le caratteristiche di sostenibilità possono influenzare il processo di acquisto.
Metodo
Per raggiungere gli obiettivi dello studio sono state innanzitutto sviluppate una serie di ipotesi (Tabella 1), sulla base di una dettagliata revisione della bibliografia, includendo gli atteggiamenti degli individui nei confronti degli aspetti di sostenibilità ambientale, economica e sociale e delle relative certificazioni, con riferimento al settore vitivinicolo (Sogari et al., 2014). Inoltre, nella struttura delle ipotesi è stata inclusa anche la variabile anagrafica (età).
Nelle fasi preliminari è stata condotta una ricerca qualitativa con l’utilizzo di focus group e interviste al fine di progettare meglio il questionario finale (Sogari et al., 2013).
Seguendo studi similari (Olsen et al., 2011; Pomarici e Vecchio, 2013), i dati sono stati raccolti attraverso un’indagine realizzata tramite una piattaforma online (www.surveymonkey.com) e successivamente divulgata tramite siti internet di varia natura (in particolare legati ai temi dello sviluppo sostenibile), blog, social network e mailing list1. Il questionario, somministrato ad un campione casuale di cittadini italiani nel periodo settembre-novembre 2013, era composto da tre parti, in maniera tale da raccogliere dati rispetto a:
- le abitudini di consumo e acquisto di vino;
- le variabili relative ai valori personali, alle credenze e all’atteggiamento nei confronti del vino con etichette di sostenibilità;
- le caratteristiche demografiche e socio-economiche dei rispondenti (normalmente utilizzate per la segmentazione del mercato).
Tabella 1 - Le dieci ipotesi testate
Fonte: nostre elaborazioni
Il questionario presentava una serie di affermazioni, in relazione alle quali è stato chiesto agli intervistati di indicare il proprio livello di accordo/disaccordo. Ogni domanda rilevava le informazioni sulle variabili misurandole su una scala Likert a 5 punti (es. da 1 “per niente d’accordo” a 5 “molto d’accordo”).
È stata condotta innanzitutto un’analisi esplorativa fattoriale eseguita dalla costruzione di un modello di equazione strutturale (Structural Equation Model, Sem), al fine di testare il legame casuale dei fattori individuati2. Gli “item” sono stati quindi divisi in variabili latenti (costrutti), costruiti e supportati utilizzando l’analisi delle componenti principali (Principal Component Analysis, Pca), con rotazione Varimax. In secondo luogo, il modello è stato testato al fine di verificare congruenza tra il modello ipotizzato e i dati osservati. Come indici di bontà per definire il modello sono stati usati il χ2/gradi di libertà (χ2/df), il Comparative Fix Index (Cfi) e la Radice dell’Errore Quadratico Medio (Rmsea ).
Risultati e discussione
Gli intervistati che hanno risposto di non essere consumatori di vino sono stati esclusi dall’analisi dei risultati, assieme ai rispondenti che hanno dichiarato di consumarlo solo poche volte all’anno. Il campione finale è risultato composto da 495 individui (per il 63% uomini), con un’età media di 39 anni (circa l’80% degli intervistati ha meno di 50 anni). Il livello di educazione scolastica degli intervistati è piuttosto elevato: il 63% di essi possiede almeno un titolo di laurea (triennale, magistrale o vecchio ordinamento) e il 13% ha conseguito anche il dottorato di ricerca. Dal punto di vista geografico, il campione di cittadini italiani è risultato così distribuito: Nord (61,8%), Centro (16,6%), Sud e Isole (21,6%). I risultati dell’analisi fattoriale sono riportati in tabella 2.
Tabella 2 - Risultati del test di validità dei costrutti
Fonte: ns. elaborazioni su dati raccolti
Il valore dell’indice α Cronbach, coefficiente utilizzato per valutare l’attendibilità del test, è risultato sempre maggiore al valore 0,70 (tranne che per il costrutto C2, dove è comunque al di sopra di 0,65) indicando un’alta affidabilità della scala di misurazione; in altri termini, viene confermata la coerenza interna di raggruppamenti di item nel senso che i soggetti esaminati esprimono un atteggiamento coerente riguardo a ciascun item appartenente a ciascuna dimensione.
Il modello ipotizzato (Figura 1) si è mostrato adeguato, come indicato dagli indici di bontà (Byrne, 2010).
Figura 1 – Risultati del modello per l’atteggiamento dei consumatori riguardo il vino con etichette di sostenibilità
*** = 0,001; ** = 0,01; * = 0,05;
Model fit: χ2/df = 1,774; Cfi = 0,979; Rmsea = 0,040
Fonte: nostre elaborazioni
La varianza spiegata (R2) nelle variabili endogene (dipendenti) è risultata del 42% relativamente all’ipotesi di credere che i prodotti sostenibili apportino reali benefici all’ambiente, del 60% rispetto all’atteggiamento nei confronti dei vini con etichette di sostenibilità e del 44% rispetto all’importanza delle caratteristiche di sostenibilità durante il processo di acquisto del vino.
Di seguito vengono riportati i valori dei coefficienti di regressioni standardizzati (indicati con γ e β) che permettono di valutare la relazione tra una variabile indipendente (o esplicativa) sulla quella dipendente. In questo modo si può comprendere meglio quale delle variabili esogene hanno una maggiore influenza su quelle endogene.
I risultati mostrano quindi che l’attribuzione di valore alla protezione dell’ambiente è legata all’importanza data agli aspetti di sostenibilità durante il processo di acquisto (γ1=0,10): questo conferma la prima ipotesi (H1: “Gli individui che possiedono forti valori legati alla protezione dell’ambiente presteranno molta attenzione agli aspetti di sostenibilità durante l’acquisto del vino”). Inoltre, coerentemente con la seconda ipotesi (H2), il credere che un certo livello di “sacrificio personale” sia necessario per poter proteggere l’ambiente è fortemente e significativamente legato al ritenere che i prodotti sostenibili apportino un reale beneficio per l’ambiente (γ2=0,74).
Come definito dall’ipotesi H4 e H5, rispettivamente, ritenere che i prodotti sostenibili apportino benefici all’ambiente influenza sia l’atteggiamento verso i vini sostenibili (β4=0,40), che l’importanza degli aspetti di sostenibilità durante il processo di acquisto del vino (β5=0,26).
In linea con le ipotesi H7 e H8, ritenere che una certificazione di sostenibilità sia un sinonimo di standard di elevata qualità è positivamente e significativamente associato all’atteggiamento nei confronti dei vini sostenibili (γ7=0,50) e all’importanza attribuita agli aspetti di sostenibilità durante l’acquisto di vino (γ8=0,30). Questo suggerisce che le certificazioni di sostenibilità potrebbero costituire uno strumento molto potente per promuovere il vino sostenibile come un prodotto di elevata qualità, contribuendo a costruire una percezione positiva del vino sostenibile.
Come ipotizzato in H9, l’atteggiamento nei confronti del vino con etichette di sostenibilità influenza l’importanza attribuita agli aspetti di sostenibilità durante il processo di acquisto (β9=0,26). Possiamo dunque aspettarci che i consumatori che possiedono un’immagine positiva del vino sostenibile si impegneranno attivamene nella ricerca di questo prodotto e daranno importanza alle caratteristiche di sostenibilità durante il momento della scelta.
Infine, l’ipotesi H10 è stata confermata: l’età sembra avere un effetto negativo sull’atteggiamento (γ10=-0,08), ovvero al diminuire dell’età l’interesse per il vino sostenibile sembra aumentare.
Le ipotesi H3 e H6 non sono state supportate dal test preliminare del modello, in quanto inserendo anche queste due relazioni (C1-->C6 e C5-->C6) durante l’analisi dei dati per testare il modello si è notato come la robustezza del modello e la varianza spiegata si sono rilevate significativamente più basse e i coefficienti di regressione non significativi. In particolare la convinzione che sia necessario un certo livello di sacrificio personale per proteggere l’ambiente non sembra avere un effetto significativo sull’atteggiamento nei confronti del vino con etichette di sostenibilità (H3), a meno che non si creda che i prodotti sostenibili apportino reali benefici all’ambiente. Questa evidenza suggerisce quanto sia importante, per i consumatori, credere che un vino sostenibile sia davvero migliore per l’ambiente, al fine di avere un atteggiamento positivo nei confronti di tali prodotti.
Riassumendo quanto emerso dall’analisi, i consumatori che attribuiscono maggiore importanza alle caratteristiche di sostenibilità durante l’acquisto di un vino sono soprattutto coloro effettivamente già più interessati al vino sostenibile e alla protezione dell’ambiente. Inoltre, i consumatori più giovani sembrano essere maggiormente interessati a proteggere l’ambiente e ritengono che i prodotti sostenibili possano davvero contribuire al raggiungimento di questo obiettivo. Quest’ultimi sono quindi alla ricerca di un sistema di certificazione credibile.
Conclusioni
Il mercato del vino soffre di asimmetria informativa (Corduas et al., 2013), e questo è ancora più vero per quanto riguarda le tematiche relative alla sostenibilità e gli impatti ambientali e sociali del prodotto. Dall’analisi del campione è emerso che i consumatori hanno acquistato almeno una volta un vino “considerato sostenibile”: tuttavia, la maggior parte dei rispondenti (45,05%) identifica il vino sostenibile come un vino “certificato biologico”, dimostrando un certo livello di confusione sull’argomento, come anche riportato in letteratura (Zucca et al., 2009). In ogni caso, la sostenibilità, ad oggi, non è tra i fattori principali che influenzano la scelta di un vino. Vi è dunque un generale bisogno di aumentare la consapevolezza rispetto al tema e i claim di sostenibilità riportati sulle etichette possono essere uno strumento per ridurre tale asimmetria, diffondere conoscenza sul tema e dunque caratterizzare un vino. E’ comunque importante ricordare che i consumatori attribuiscono un certo valore alle certificazioni solo se il messaggio è credibile, come emerso dai risultati dell’analisi. Al fine di accogliere con un atteggiamento positivo un’etichetta di sostenibilità, infatti, non è sufficiente essere disposti a dei “sacrifici personali” per la protezione dell’ambiente, a meno che non si sia realmente convinti che tali prodotti, classificati come sostenibili, apportino reali benefici all’ambiente. Il messaggio, dunque, deve essere credibile e supportato da “prove” effettive. Inoltre, considerando che il coinvolgimento e il consumo di vino aumentano con l’età (Mueller et al., 2011), i valori dei giovani individui devono essere necessariamente presi in considerazione dai produttori in quanto questo segmento di consumatori determinerà i trend futuri del mercato vitivinicolo.
I produttori di vino che desiderano promuovere i propri prodotti come “sostenibili” dovrebbero prestare molta attenzione agli atteggiamenti dei consumatori, e se un determinato logo di certificazione presente in etichetta possa essere efficace per l’acquisto di una bottiglia.
Dal momento che il campione della presente analisi era composto soprattutto da giovani generazioni e persone aventi già una certa conoscenza e interesse per il mondo del vino, in futuro si dovrà tenere in considerazione anche altri target (consumatori di mezza età); potrebbe inoltre essere interessante estendere la ricerca in altri Paesi.
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Riferimenti sitografici dei programmi di sostenibilità in viticoltura citati
- 1. La metodologia di raccolta delle informazioni tramite indagine online è stata selezionata perché permette di espandere la capacità di diffusione e raccolta di dati riducendo, al tempo stesso, i tempi e i costi. Ovviamente, l’uso di indagini sul web può portare ad alcune “distorsioni” nella rappresentatività del campione, dovute ad aspetti quali le caratteristiche della popolazione che normalmente utilizza il web (Longo et al., 2010), il rischio di “auto selettività” (che può verificarsi nel momento in cui determinati siti web sono visitati unicamente da coloro interessati ad uno specifico argomento (Thomson et al., 2003; Holmes, 2009) e il rischio di inclusione di risposte multiple (Konstan et al., 2005). Gli autori hanno cercato di ridurre tali rischi, utilizzando anche canali e siti web non legati esclusivamente al mondo del vino e impedendo la possibilità di fornire più risposte alla stessa domanda.
- 2. Sem è una tecnica di statistica multivariata che si basa su un approccio confermativo per l’analisi di una teoria strutturale riguardo un fenomeno specifico (Byrne, 2010). Con questa tecnica è possibile analizzare i costrutti latenti, come valori, credenze e atteggiamenti che non possono essere osservati direttamente (Menozzi e Mora, 2012).