Premessa
Scopo della nota è contribuire alla messa a fuoco di alcuni aspetti di forza e debolezza inerenti l’assistenza tecnica come strumento di capacity building nell’implementazione delle politiche di sviluppo rurale, accennando ai presupposti per l'attivazione di misure di Assistenza Tecnica (AT) a valere su fondi comunitari, ad alcuni tra i problemi più diffusi a questa correlati, per individuare, infine, dei termini di riferimento ai quali rapportare possibili soluzioni. Tutto questo in relazione all’opportunità offerta dalla valutazione in itinere a valere sui fondi FEASR di correggere eventuali debolezze e rendere progressivamente più efficace il suo utilizzo.
Presupposti e obiettivi dell'assistenza tecnica a valere sui fondi comunitari
L’AT relativa alla attuazione delle politiche di sviluppo rurale è normata dall’art. 5 del regolamento (CE) n. 1290/2005, che individua ambiti e caratteristiche delle voci che riguardano …”le azioni di preparazione, sorveglianza, supporto amministrativo e tecnico, valutazione, revisione e controllo necessarie per l'attuazione della politica agricola comune, compreso lo sviluppo rurale”…, ovvero, nel caso in questione, …“l'analisi, la gestione, la sorveglianza, lo scambio di informazioni e l'attuazione della politica agricola comune ... - … metodi e mezzi tecnici di informazione, interconnessione, sorveglianza e controllo della gestione finanziaria dei fondi … - … valutazione delle misure finanziate dal FEAGA e dal FEASR, compresi il miglioramento dei metodi di valutazione e lo scambio di informazioni sulle prassi applicate"
In base all’atto Unico Europeo e al Trattato Europeo, uno dei principi cardine che dovrebbe creare il presupposto per la richiesta di AT per la attuazione di politiche cofinanziate UE è quello di addizionalità, dal quale discende la non sostitutività, caro alla Commissione in sede di valutazione dei Piani di AT.
L’addizionalità sottolinea il carattere complementare e non sostitutivo dell’intervento comunitario nei diversi settori interessati dei fondi, compresa l’AT: l’azione dei fondi non deve sostituirsi alla spesa pubblica, anche in termini di risorse umane, ma deve aggiungersi ad essa, giacché sempre di cofinanziamento si tratta. Da ciò discende che le risorse utilizzate per le azioni di Assistenza Tecnica devono produrre effetti aggiuntivi, in termini di innovazione e professionalità, ai risultati che le professionalità e le risorse previste dalle piante organiche dalla PA già forniscono.
Secondo i documenti strategici e le raccomandazioni UE il requisito indispensabile di tale effetto per il successo delle politiche dovrebbe essere il miglioramento della capacità istituzionale (capacity building) della Pubblica Amministrazione (PA).
Il principio di non sostitutività non incide sulla natura del personale coinvolto, che può essere sia interno alla PA sia …“di consulenze professionali, di servizi tecnico-specialistici, “…esterni (DPR 3 ottobre 2008, n. 196). Nel caso di personale interno è necessario dimostrare, attraverso procedure complesse, sia l’assenza di doppia remunerazione sia che il finanziamento dei propri dipendenti avviene solo per la quota parte relativa al progetto, determinando altresì la re-distribuzione del beneficio economico acquisito dal progetto tra i dipendenti mediante accordo sindacale.
L’applicazione del principio di non sostitutività non implica, o non dovrebbe implicare, semplicemente limiti formali al finanziamento di azioni di AT, ma determina una effettiva direzione funzionale agli effetti ottenibili: tanto più il principio viene applicato in maniera parziale o distorta, tanto più l’impulso all’innovazione legato alle azioni di AT si deteriora, rischiando di trasformarsi da opportunità a freno. La motivazione, pur nelle sue diverse possibili articolazioni, potrebbe essere sintetizzata nel modo che segue.
L’allontanamento dal principio di non sostitutività circa il coinvolgimento di capacità diverse ed ulteriori a quelle già espresse dalla PA si può determinare sia in caso di utilizzo esclusivo di profili professionali, anche se d’eccellenza, poco utili al sostegno della specifica attuazione, sia di utilizzo esclusivo di profili curricolari juniores di ridotta esperienza professionale e/o titolo (diplomati, laurea breve); oppure da una combinazione di questi casi estremi.
Nel primo caso la limitata utilità delle risorse nel processo considerato può generare un ridotto effetto moltiplicativo delle capacità attivate nell’attuazione della politica.
Nel secondo caso, più frequente, le risorse attivate non sono in grado di aggiungere, implicitamente, nuove e diverse capacità al processo, ma tendono a replicare non compiutamente ruoli già presenti nella PA, mancando in tal caso le caratteristiche di aggiornamento e qualità lavorativa dei normali dipendenti. Questo tipo di attivazione da opportunità rischia di divenire impaccio, generando rallentamenti delle normali attività svolte dalla PA perché fornisce lavoro discontinuo il cui onere organizzativo e formativo ricade sui funzionari e dirigenti coinvolti.
Una conseguenza diretta di una coerente applicazione del principio di non sostitutività è l’aggiornamento formativo della AT, per la necessità di ingenerare innovazione e qualità nella attuazione della politica. Quando la formazione viene a mancare, come avviene di norma per entrambe i due casi di acquisizione sopra descritti, un allontanamento dal principio genera, anziché opportunità di innovazione per la PA, una riduzione di efficienza ed efficacia di attuazione e un allontanamento dagli obiettivi strategici.
Questi elementi critici sono rinvenibili sotto forma di rischi dai documenti preparatori a quelli strategici, e richiamati in documenti dello Stato Italiano come quello approvato (2009) dalla 14ª Commissione Permanente del Senato della Repubblica, nel quale si rileva come la scarsa qualità dei progetti EU italiani …”è data da un ricorso esiguo, in termini qualitativi oltre che quantitativi, ai servizi di assistenza tecnica”… da parte di Regioni che …”paiono mediamente essere restie ad impiegare tali risorse, anche perché il ciclo dei fondi non corrisponde al ciclo elettorale …”, osservazione, questa, che sembra sottovalutare il credito che può derivare (sia a livello amministrativo sia politico) da campagne di cooptazione quant’anche temporanee, e la frequenza degli appuntamenti elettorali, credito che determina conseguenze distorsive nell’applicazione dei principi richiamati tanto più estese quanto più la motivazione non è manifesta.
Nello stesso documento si ribadisce un punto critico nella implementazione delle politiche, quando si ricorda come ..”La leva regionale funziona solo se si innesta in un terreno fertile, ovvero un’amministrazione recettiva che riesca a vedere anche la possibilità di sviluppare capacità di adeguamento: l’UE ha sempre sottolineato come il miglioramento della capacità istituzionale dell’amministrazione pubblica sia un requisito indispensabile per il successo della politica regionale. Il dossier della capacità istituzionale (capacity building) è una delle priorità del ciclo 2007-2013 e dunque il tema della modernizzazione e dell’innovazione amministrative acquista un’importanza fondamentale.” ...
La capacity building può essere supportata dalla AT solo se questa viene percepita dalle PA come supporto diverso e ulteriore le cui indicazioni presuppongono un confronto circa le modalità e le soluzioni più utilmente perseguibili: tutti fattori che si anano nel caso di utilizzo della AT a copertura di ruoli e attività già previsti dalla PA e/o dalle società in house a questa collegate, o che non risultano determinanti nel caso della fornitura esclusiva di consulenze o pareri specialistici, quali quelle legali o fiscali, peraltro utilissimi. In quest’ultimo caso, infatti, i pareri esterni alla PA sono certamente in grado di alleviare criticità puntuali, ma non certo di generare stabilmente nuove capacità istituzionali.
Criticità e soluzioni
Si esclude d’ora innanzi dalla analisi il caso particolare di consulenze on demand su problemi peculiari (generalmente il contenzioso) e/o molto specialistici (es.: business plan, aspetti tecnici impianti biomasse, ecc.), che, pur presentando gli effetti negativi appena ricordati, possono avere in situazioni specifiche una loro pragmatica ragion d’essere.
Negli altri casi, dalle riflessioni svolte risulta che l’allontanamento dal principio di addizionalità / non sostitutività può generare una serie di distorsioni all’utilità della AT. Le criticità possono essere considerate dal punto di vista dell’organizzazione del lavoro, della capacity building, della modalità di prestazione e della formazione.
L'organizzazione delle attività dei componenti delle AT può orientarsi verso la distribuzione stabilizzata di unità singole o di piccoli gruppi.
Se la stabilità del rapporto collaborativo tra AT e PA è un fattore positivo e fondamentale per l'incremento della efficacia ed efficienza del servizio erogato, una scarsa organizzazione interna dei componenti della AT presso le strutture della PA può essere una debolezza perché:
- l'onere organizzativo del lavoro e della formazione dei componenti juniores della AT va a ricadere sui quadri della PA, e questo rischia di essere un freno e non un'opportunità;
- la presenza di singoli componenti non organizzati spinge inevitabilmente ad utilizzare le risorse della AT in sovrapposizione ai ruoli e competenze già coperti nella PA generando fabbisogni che creano ulteriori rallentamenti al venire meno dell’AT;
- riduce l’ottimizzazione dell'uso dei diversi profili curricolari selezionati nella produzione di Assistenza.
In quest’ultimo caso è evidente che le figure selezionabili (Seniores, Juniores; consulenti fascia A - B - C) non dovrebbero essere selezionate meramente per titoli, acquisiti attraverso lo studio o nel vasto mercato di titoli oggi disponibile, ma per profilo professionale espresso in termini di esperienza acquisita in modo dimostrabile nei campi/settori oggetto delle attività declinate nei Piani di AT.
Oltre a ciò, i punti sopra richiamati rischiano di allontanare l'effetto dell'AT dai suoi presupposti perché:
- tendono a confondere i componenti della AT con risorse assimilabili (temporaneamente) ai dipendenti, anando l'effetto di non sostitutività;
- tendono a separare gli apporti specialistici da quelli non specialistici riducendo gli effetti in base alle impostazioni previste;
- tendono ad anare l'effetto di capacity building che per avere luogo non può che essere innescato da un apporto esterno ed ulteriore alle risorse che la PA già esprime.
La capacity building è, infatti, senz'altro la criticità più complessa da affrontare nell'ambito della AT a sostegno delle Politiche UE perché comporta un progressivo mutamento nell’atteggiamento culturale di una organizzazione complessa e strutturata come la PA. È un problema che interessa la generalità delle PA, non solo quelle Italiane. Ciò non di meno, l'innesco e lo sviluppo di una capacity building da parte della PA è uno degli obiettivi della AT e delle stesse politiche Regionali alle quali associare senza dubbio le politiche di Sviluppo Rurale.
Riguardo la modalità di prestazione nell’AT, il lavoro svolto progressivamente e continuativamente sui temi relativi all’attuazione di una programmazione complessa genera competenze specifiche e preziose, non ricostruibili se non con esperienze analoghe. Questo patrimonio in capitale umano rende appieno il proprio effetto quando è messo in condizione di erogare continuativamente il proprio contributo e nell’arco dell’attuazione di un periodo di programmazione una serie di fattori possono determinarne la dispersione, in particolare:
- la reiterata interruzione delle collaborazioni;
- la reiterata riorganizzazione delle risorse;
- la reiterata sostituzione delle risorse.
Alcuni o tutti questi aspetti negativi sono attualmente presenti, in maniera più o meno marcata, nelle AT a valere sui fondi EU operanti in Italia.
Infine, una ridotta o assente formazione continua della AT riduce la possibilità di sviluppare una propria capacity building e, tanto meno, di innescare quella della PA.
La scala alla quale è stata svolta l’analisi delle criticità generalizzabili implica che la traccia delle potenziali risoluzioni risulti altrettanto generale, ma utile ad individuare possibili percorsi correttivi quando esistono le opportunità per intraprenderli.
La soluzione complessiva ai rischi descritti potrebbe consistere nella virtuosa differenziazione tra le attività di AT e quelle svolte dalla ordinaria capacità dell'amministrazione, in genere compiutamente espressa dell’organigramma delle Autorità di Gestione stabilmente completato da una o più società in house di supporto. Non si sottovaluti il fatto che, a prescindere dalla ambiguità di fondo in tema di cofinanziamenti e addizionalità nel caso di società in house strutturalmente operanti in seno alla Autorità di Gestione, queste erogano il servizio di AT sia direttamente (il rischio in questo caso è evidente) sia attraverso l’utilizzo di apposite short list, dove di norma si riscontrano alcune o tutte le criticità ricordate.
Questo risultato potrebbe essere assicurato riferendo l’onere di organizzazione del lavoro e formativo, mediante lo svolgimento sistematico di seminari di formazione e aggiornamento interni, ai componenti seniores della AT, presupponendo una loro selezione in base ad una esperienza nel campo della programmazione e gestione dei fondi UE. Se tale organizzazione fosse erogata in coerenza al periodo di programmazione stabilito, risolverebbe anche il problema della costante dispersione del capitale umano della AT, che è uno degli effetti perversi del meccanismi di cooptazione sopra ricordati. In tal caso alla AdG verrebbe compiutamente fornito un servizio continuo, stante la non continuità temporale e spaziale legata alla non subalternità del lavoro fornito, organizzato e pianificato per ambit e necessit implicitamente addizionali a quelle ordinariamente espresse dalla PA.
Nel caso particolare dei limiti relativi alla capacity building non è semplice individuare specifiche soluzioni, perché queste risiedono in buona misura in una progressiva evoluzione culturale nell’approccio organizzativo che scaturiscono da una consapevolezza endogena alla PA. Certamente, però, il ruolo della AT nel favorire questa evoluzione si dovrebbe basare sulla possibilità di assicurare uno stimolo a modalità innovative nell’attuazione dei PSR, che a sua volta si lega alla capacità di confronto tra AT e i referenti della AdG che, infine, presuppone la disponibilità ad accettare ed elaborare indicazioni e sollecitazioni diverse ed ulteriori riconoscendo il ruolo previsto per l’AT.
Quel che è certo è che tutto ciò è reso impraticabile se l’impostazione della AT soffre dei limiti ricordati, la cui soluzione generale risiede nella traccia sopra sintetizzata.
Conclusioni
L’assistenza tecnica è considerata uno degli elementi di volta per la implementazione dell’innovazione nelle politiche e nei progetti Comunitari, ma per poter esprimere la sua funzione deve garantire la presenza di alcune peculiarità. Queste dipendono sia dall’effettiva evoluzione culturale delle PA nel considerare il principio di addizionalità / non sostitutività nell’attivazione dell’AT, sia della reale utilità di quest’ultima in termini di capacità auto-organizzative e professionali.
Tanto più il principio ricordato non viene considerato o viene distorto, tanto più le AT rischiano di divenire un freno e non uno stimolo alla implementazione delle innovazioni ricercate. In questi casi le utilità legate all’attivazione di queste risorse hanno poco a che fare con la ricerca di uno sviluppo della capacity building della PA.
Uno dei meccanismi per la verifica e l’aggiustamento di questo strumento è la valutazione (in corso) che non dovrebbe limitarsi a considerare il contributo della AT in termini di effetti complessivi, generalmente difficili da isolare a livello intera programmazione, ma quantificare in itinere la maggiore o minore aderenza dell’utilizzo della AT in base al suo principio ispiratore, declinato nelle sue criticità, mediante confronti sistematici in termini organizzativi, operativi, formativi e, last but not least, di acquisizione delle risorse.
In tal modo, forse, le possibili correzioni potrebbero avere effetto durante e non dopo il periodo di programmazione.
Riferimenti bibliografici
- Decreto del Presidente della Repubblica 3 ottobre 2008, n. 196. Regolamento di esecuzione del regolamento (CE) n. 1083/2006 recante disposizioni generali sul fondo europeo di sviluppo regionale, sul fondo sociale europeo e sul fondo di coesione
- Piano Strategico Nazionale per lo Sviluppo Rurale 2007-2013
- Quadro Strategico Nazionale 2007-2013
- Regolamento (CE) N. 1083/2006 del Consiglio dell'11 luglio 2006, recante disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo e sul Fondo di coesione e che abroga il regolamento (CE) n. 1260/1999
- Regolamento (CE) n. 1290/2005 del Consiglio, del 21 giugno 2005, relativo al finanziamento della politica agricola comune
- Senato della Repubblica - XVI LEGISLATURA. Doc. XVII n. 3, 14ª Commissione Permanente. Trasmesso alla presidenza il 1° Dicembre 2009
- Trattato sull'Unione Europea. Gazzetta Ufficiale n. C 191 del 29 luglio 1992