La vendita diretta nel sistema agroalimentare (1)
La vendita diretta è una forma di commercializzazione dei prodotti agricoli che mette in contatto produttori e consumatori, saltando tutte le fasi intermedie della filiera, e che per questo motivo spesso viene definita anche “filiera corta”.
Nell’attuale contesto socioeconomico la vendita diretta risulta di particolare interesse per diverse ragioni. Innanzitutto si qualifica come una valida alternativa ad un sistema agroalimentare, fondato su tecniche intensive, specializzazione produttiva e orientamento al mercato, che penalizza in modo particolare il primo anello della filiera, le aziende agricole, le quali si trovano impotenti ad essere compresse fra i crescenti costi dei fattori produttivi e i bassi prezzi del mercato all’ingrosso, il cosiddetto squeeze on agriculture (Van der Ploeg, 2006).
Tale meccanismo mette a rischio la sopravvivenza stessa di una moltitudine di aziende, soprattutto di piccola e media dimensione, la cui presenza è invece fondamentale per il mantenimento e lo sviluppo del tessuto sociale, economico e culturale delle aree rurali. Inoltre, le tendenze dell’ultimo ventennio, anche grazie al ruolo svolto dalle politiche comunitarie (Il futuro del mondo rurale, 1988; Reg. 1257/99 e 1698/05), vanno nella direzione di un nuovo modello di agricoltura multifunzionale e diversificata a livello economico. Ciò significa, da un lato, che all’azienda agricola sono demandate altre funzioni, oltre a quella tipicamente produttiva, di tipo sociale, culturale, ecologico e paesaggistico (Henke, 2004); dall’altro, che l’agricoltura deve diversificare le proprie attività puntando su nuove fonti di reddito, quali il turismo rurale, l’attività didattica, la trasformazione aziendale dei prodotti e, appunto, la filiera corta (Gardini e Lazzarin, 2007).
Ciò è vero soprattutto nelle aree fortemente caratterizzate dal punto di vista agricolo e rurale nelle quali si registra un’eccessiva frammentazione aziendale, una scarsa imprenditorialità della gestione e la senilizzazione dei conduttori; in tali sistemi territoriali si impone un profondo e complesso processo di cambiamento nel quale, sfuggendo alle ipertrofiche dinamiche del mercato, si creino le condizioni per lo sviluppo di modelli economici auto-sostenibili (Blasi et al., 2008), di cui la vendita diretta rappresenta un modello emblematico.
La vendita diretta nelle aziende agricole
La caratteristica principale della vendita diretta è la totale autonomia decisionale dell’agricoltore, che ritorna ad essere protagonista della filiera e a poter effettuare liberamente le sue scelte produttive e commerciali. Il recupero dell’autogestione dell’azienda determina la nascita di forme organizzative diversificate, proprio perché ogni azienda orienta l’attività secondo le proprie vocazioni produttive e imprenditoriali. Tale varietà si trasferisce anche alle modalità con cui la vendita diretta viene praticata, le quali possono assumere connotazioni anche significativamente differenti in relazione a tipologie di prodotti, dimensioni aziendali, localizzazione geografica, caratteristiche del conduttore e della sua famiglia.
Per quanto riguarda l’offerta aziendale, va segnalato che alcune tipologie di prodotti sono particolarmente adatte alla vendita diretta. Ad esempio, vino, olio e formaggi, qualora la trasformazione avvenga in azienda, risultano ben valorizzati dalla filiera corta, insieme a prodotti freschi come ortofrutticoli e carne; quest’ultima nel caso in cui sia presente una macelleria aziendale. In ogni caso, i prodotti da proporre per la vendita diretta devono essere pronti al consumo, cioè utilizzabili dall’acquirente senza ulteriori processi di trasformazione. Rimangono dunque esclusi, ad esempio, i cereali, le olive da olio, l’uva da vino, ecc. Altro aspetto centrale è quello della qualità che, al di là della tipologia di prodotto, deve essere comunque eccellente, in modo da poter instaurare nel consumatore quel senso di fiducia nei confronti del produttore che è alla base del successo della filiera corta.
La dimensione aziendale influenza la pratica della vendita diretta, incidendo su diversificazione e dimensione dell’offerta. Da un lato, è importante cercare di ottenere una certa varietà di prodotti, in modo da offrire agli acquirenti un sufficiente ventaglio di scelte; dall’altro, è necessario calibrare le quantità prodotte sulla reale domanda da parte dei clienti, che raramente è così elevata da poter assorbire ingenti quantitativi. In definitiva risultano avvantaggiate le piccole aziende, con una contenuta dimensione produttiva e, allo stesso tempo, con una elevata flessibilità nel modificare gli ordinamenti produttivi in funzione delle necessità di commercializzazione. Altro aspetto strutturale dell’azienda che ha diretta influenza sulla pratica della vendita diretta è la sua localizzazione: le aziende che si trovano in prossimità di centri abitati o di località frequentate e lungo importanti vie di comunicazione sono avvantaggiate, in quanto più facilmente raggiungibili dai clienti e più visibili per un primo contatto.
Ciò premesso, al produttore-venditore si apre un ventaglio di scelte sulle modalità attraverso le quali realizzare il contatto con i consumatori. La forma più semplice è la vendita diretta, praticata in azienda, senza un punto vendita organizzato: essa si svolge nelle strutture aziendali (abitazione, magazzini, cantina, frantoio) e tipicamente riguarda uno o due prodotti nei quali l’azienda è specializzata e che, generalmente, vengono venduti anche attraverso altri canali. In questo caso, la vendita diretta si configura come una risorsa aggiuntiva per aziende il cui assetto produttivo e organizzativo è definito su altri parametri.
La realizzazione di un vero e proprio negozio aziendale presuppone, invece, un impegno maggiore, soprattutto per la necessità di disporre di una più ampia varietà di prodotti, di confezionarli e di presentarli in modo adeguato. Bisogna necessariamente contare, in questo caso, su una solida base di clienti e su una localizzazione favorevole.
Molto più impegnativa, soprattutto a livello economico, è l’apertura di un punto vendita all’esterno dell’azienda. Anche se questa soluzione presenta degli indubbi vantaggi, soprattutto in termini di facilità del contatto con i possibili acquirenti, gli investimenti necessari, sia all’inizio che nel prosieguo dell’attività, raramente sono alla portata delle aziende. Ne deriva che solo realtà di grandi dimensioni possano disporre di un sufficiente capitale per intraprendere una tale strategia, mentre per i piccoli imprenditori l’unica alternativa è la costituzione di un punto vendita comune a più aziende in cui offrire una gamma comune di prodotti.
In ultimo, interessanti sono le prospettive della vendita diretta sui mercati rionali, una modalità che consente di raggiungere pressoché gli stessi vantaggi del negozio esterno all’azienda, con un impegno di mezzi molto più ridotto. In verità, rispetto al passato, la presenza di produttori agricoli nei mercati rionali si è molto ridotta, probabilmente per la difficoltà di competere con i venditori ambulanti che, rifornendosi nei mercati all’ingrosso, possono contare su una maggiore varietà dell’offerta di prodotti come elemento di attrazione verso i frequentatori del mercato. A questo problema cercano di porre rimedio recenti disposizioni legislative, contenute nella finanziaria del 2007 (GU della Repubblica Italiana, 2006) che mirano a incentivare la presenza degli agricoltori nei mercati rionali riservando loro dei posti, e sostenendo la costituzione dei cosiddetti farmers’ markets, veri e propri mercati degli agricoltori dove si pratica esclusivamente la vendita diretta (Grion, 2007).
La vendita diretta per i cittadini-consumatori (2)
L’accorciamento della filiera ha un grosso impatto anche sul suo anello finale: i consumatori. La possibilità di acquistare direttamente dal produttore apre una serie di opportunità che modificano la prospettiva con cui viene affrontata la spesa alimentare.
La vendita diretta si configura come un’alternativa alla grande distribuzione ed ai valori che essa sottende riguardo al rapporto con il cibo, l’agricoltura e l’ambiente. Mentre il supermercato si basa su logiche di concentrazione dell’offerta, di risparmio del tempo e spersonalizzazione totale del rapporto venditore-acquirente, con la vendita diretta si recupera la valenza sociale e culturale della spesa alimentare. Alla riappropriazione del tempo naturale, destinato alla soddisfazione dei bisogni primari, si accompagna un momento d’incontro e confronto, fra produttore e consumatore, in grado di far emergere, tramite il rapporto personale che si crea, anche gli aspetti etici e culturali legati al cibo. La filiera corta diventa così, al di là dell’orizzonte agricolo, una pratica che incide positivamente sulla sostenibilità del sistema sociale.
Anche in una prospettiva economica, a fronte della necessità di dedicare un tempo maggiore alla spesa alimentare, è generalmente possibile beneficiare di un notevole risparmio. I prezzi sul mercato della vendita diretta, infatti, si mantengono inferiori a quelli del dettaglio e della grande distribuzione, proprio per l’eliminazione degli intermediari e dei costi legati alla logistica. L’accorciamento della filiera, in questo senso, oltre a garantire un reddito equo agli agricoltori, sembra poter rispondere al continuo e spesso ingiustificato aumento dei prezzi al consumo dei prodotti agricoli.
Bisogna inoltre considerare che i prodotti venduti direttamente sono senza dubbio più freschi, perché arrivano velocemente “dalla terra alla tavola”, e generalmente di ottima qualità, visto che i produttori legano strettamente il proprio nome al prodotto e hanno tutto l’interesse, per fidelizzare i clienti, a mantenerne alto il livello qualitativo. Ed è proprio il rapporto diretto e il confronto col produttore a funzionare, al di là di qualsiasi asettica certificazione, da garanzia di qualità e provenienza dei prodotti.
Un altro aspetto riguarda la possibilità di scelta, da parte del consumatore, di cosa acquistare. Per quanto un’azienda che vende direttamente possa sforzarsi di offrire un’ampia varietà di prodotti, la scelta resterà comunque più contenuta rispetto a un punto vendita della grande distribuzione o un negozio che si approvvigiona all’ingrosso. Questo elemento può avere una valenza duplice: se, da un lato, la minore diversificazione di prodotti commerciabili in un’azienda agricola può scoraggiare l’acquirente abituato ad una vasta possibilità di scelta, da un altro punto di vista questo è un modo per svolgere una sorta di rieducazione al consumo, restituendo all’anonimo consumatore il suo ruolo di cittadino consapevole rispetto a dei valori, quali la tradizione, la tipicità, la stagionalità, che l’allungamento della filiera porta inevitabilmente a perdere.
Vendita diretta e collettività
L’attività agricola, per sua stessa natura, ha delle implicazioni che interessano tutta la collettività, le quali derivano non solo dai processi produttivi, ma anche da tutte le fasi a valle dell’azienda. In particolare, con lo sviluppo della vendita diretta, tagliando dalla filiera l’intera fase di logistica e distribuzione, si potrebbero ridurre drasticamente le cosiddette “esternalità negative” originate, direttamente e indirettamente, dal trasporto delle merci su grandi distanze.
A questo riguardo, la definizione dei food miles, cioè della distanza geografica fra il luogo di produzione e il consumatore finale, serve a quantificare gli spostamenti dei prodotti agricoli e il loro conseguente impatto ambientale (Aa.Vv., 2005). Nell’attuale sistema agroalimentare, caratterizzato da enormi spostamenti delle merci agricole, l’indiscriminato aumento dei food miles comporta degli impatti significativi su dei beni pubblici fondamentali. L’inquinamento dell’aria, il consumo di combustibili fossili, il congestionamento del traffico, l’aumento degli incidenti, l’inquinamento acustico, con le loro ripercussioni negative su ambiente e qualità della vita, riducono la sostenibilità ecologica e sociale del sistema agricolo-alimentare nel suo complesso.
Un progressivo ritorno al mercato locale per la commercializzazione dei prodotti agricoli appare una possibile alternativa. Ovviamente è questo un processo di lungo periodo, in quanto non si può pensare che l’attuale sistema agroalimentare possa essere scardinato dalla rapida espansione della vendita diretta, una forma di commercializzazione che, al momento, è confinata in nicchie di mercato quantitativamente poco significative.
Affinché simili trasformazioni possano avvenire è però necessario che si diffonda una condivisa consapevolezza riguardo all’impatto dei nostri comportamenti sulla società e sull’ambiente, e che da tale consapevolezza scaturiscano atteggiamenti coerenti nella vita di tutti i giorni. Solo così si potrà riportare l’uomo al centro delle relazioni economiche e sociali che sempre più sono regolate dagli impersonali e spesso incomprensibili meccanismi del mercato.
Note
(1) Lavoro sviluppato nell'ambito delle attività del NOISE, gruppo di lavoro e ricerca dell'Università della Tuscia [pdf]
(2) Le riflessioni contenute in questo paragrafo sono basate in larga parte sui risultati di un’analisi condotta in provincia di Viterbo, nel corso della quale sono stati elaborati i dati censuari ed è stata svolta un’indagine diretta su un campione di 21 aziende. Per i dettagli sulle modalità di svolgimento della ricerca e sui risultati ottenuti si rimanda a Cicatiello (2008).
Riferimenti bibliografici
- AA.VV., (2005). The Validity of Food Miles as an Indicator of Sustainable Development, Final Report produced for DEFRA, AEA Technology, London.
- Blasi E., Bonaiuti M., Franco S., Pancino B., (2008). Modello a “stock e flussi” e governance dei sistemi locali, XVI Convegno di Studi SIDEA, Portici (NA), 25-27 Settembre 2008.
- Cicatiello C., (2008). La vendita diretta dei prodotti agricoli: un’analisi della situazione locale, Tuscia Economica, n.1.
- Commissione delle Comunità Europee, (1988). Il futuro del mondo rurale, COM (88) 501 def.
- Comunità Europea, (1999). Regolamento n.1257/1999 sul sostegno allo sviluppo rurale, GU L 160 del 26.6.1999.
- Comunità Europea, (2005). Regolamento n.1698/2005 sul sostegno allo sviluppo rurale, GU L 277 del 20.9.2005.
- GU della Repubblica Italiana, (2006). Legge 27 dicembre 2006, n. 296 - Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007), art.1 comma 1065, GU n. 299, supplemento ordinario n. 244.
- Gardini C., Lazzarin C., (2007). La vendita diretta in Italia, AgriRegioniEuropa, Volume III, n.8.
- Grion L., (2007). Alimentari, via alla vendita diretta. I mercati aperti ai contadini, La Repubblica, 15 settembre 2007.
- Henke R. (a cura di), (2004). Verso il riconoscimento di un’agricoltura multifunzionale, INEA, Roma.
- Van der Ploeg J.D., (2006). Oltre la modernizzazione, Rubettino.