Editoriale

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a CREA, Centro di ricerca Politiche e Bioeconomia

Questo primo numero di Agricalabriaeuropa non poteva che essere dedicato ad un tema di estrema attualità: la riforma della Politica Agricola Comune nel quadro del Green Deal Europeo. È sorprendente come dopo oltre 60 anni dalla sua nascita e ben cinque riforme, alla soglia della sua sesta revisione, la PAC continui a destare così tanto interesse. E non potrebbe essere altrimenti visto che, nonostante le sue molteplici criticità e l’emergere di nuove priorità, è una politica che continua ad assorbire un terzo del bilancio a lungo termine dell’Unione Europea.
Il giudizio sul prossimo quadro di programmazione 2023-2027 è diverso a seconda dell’angolatura dal quale ad esso si guarda. Nel suo articolo di apertura, Franco Sotte guarda alla PAC dall’osservatorio privilegiato di chi ne conosce la storia e ha attivamente partecipato al dibattito politico della sua costruzione, riuscendo pertanto a inquadrarne i cambiamenti in un’ottica di lungo periodo.
Diverso è il mio punto di vista nell’articolo sull’analisi della riforma approvata che è di brevissimo periodo. Il giudizio che se ne ricava guardando all’accordo raggiunto tra le tre istituzioni comunitarie rispetto alle proposte della Commissione è tutto sommato positivo. Contrariamente alle esperienze passate, quando le trattative hanno sempre condotto ad un “annacquamento” delle proposte, questa riforma non fa passi indietro sui punti più qualificanti, ma anzi ne rafforza la portata, introducendo anche alcune novità come la condizionalità sociale.
Non mancano criticità, tra le quali la più rilevante è il fallimento sul lato della semplificazione. Spicca, infatti, l’estrema complicazione del regolamento approvato che si traduce nell’appesantimento della compilazione del suo principale strumento: il piano strategico della PAC. Altrettanto complicato è il processo di definizione delle esigenze e delle loro priorità, primo passo per l’identificazione della strategia di intervento. All’analisi di tale processo, con un confronto tra i paesi “regionalizzati”, è dedicato l’articolo di Giacardi et al., nel quale è messo in evidenza il diverso approccio utilizzato da Italia, Francia e Spagna nella identificazione dei fabbisogni e nel gestire tale delicata fase in tempo di pandemia.
Alla realtà calabrese è dedicata la seconda parte del tema di questo numero, con un’analisi dei principali risultati dell’applicazione della PAC 2014-2020. Pellicori analizza il monitoraggio finanziario e procedurale del PSR 2014-2020 della Calabria, mettendo in evidenza la particolare attrattività della misura 11 dedicata all’agricoltura biologica, ma anche la criticità legata al troppo lungo lasso di tempo che intercorre tra le varie fasi prima di giungere all’assegnazione delle risorse. Nel mio articolo guardo invece agli effetti della convergenza dei pagamenti diretti, dal quale emerge come la Calabria, soprattutto nel settore olivicolo, risulti particolarmente penalizzata per via degli elevati valori unitari di partenza. Gaudio presenta un'analisi su 20 anni di spesa pubblica in Calabria e, partendo dai principali risultati, presenta una riflessione per il futuro. Conclude, infine, Cimino con un’analisi della redditività delle aziende agricole calabresi mettendone in evidenza caratteristiche economiche e strutturali e il ruolo giocato dagli aiuti pubblici. Cimino, infine, presenta un’analisi della redditività delle aziende agricole calabresi mettendone in evidenza caratteristiche economiche e strutturali e il ruolo giocato dagli aiuti pubblici.

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