Abstract
La finalità del presente contributo è di fornire alcuni elementi di natura quantitativa e qualitativa sulla situazione attuale e le recenti dinamiche della manodopera impiegata nel settore ittico, utilizzando come principale fonte di informazione i dati Inps relativi ai lavoratori dipendenti e autonomi nel periodo 2008-2017. Prima di analizzare nel dettaglio tali dati, si ritiene opportuno, da un lato, descrivere brevemente il settore ittico italiano e, dall’altro, fornire indicazioni sull’occupazione del settore nel contesto europeo, sia con riferimento al quadro generale che all’impiego di manodopera straniera. Le prime informazioni permettono di definire il quadro di riferimento del settore pesca nazionale, nell’ambito del quale si inserisce l’esame della manodopera impiegata, mentre l’analisi dei dati comunitari consente di avere alcune indicazioni di più ampio respiro sul fenomeno.
Principali caratteri della pesca marittima in Italia
L’attività di pesca in Italia, come in tutto il Mediterraneo, è condizionata dall’elevata multispecificità delle risorse alieutiche disponibili e di conseguenza dalla possibilità di impiegare negli stessi areali battelli di varie dimensioni, armati con diversi sistemi di pesca, che risultano pertanto idonei alla cattura di più specie. Prevalgono le attività di pesca svolte nella fascia costiera da imbarcazioni con dimensioni medie non elevate, mentre solamente alcune flotte si spostano in zone lontane per la cattura di specie target particolari.
Il contributo del comparto pesca e acquacoltura incide in misura trascurabile sia sulla formazione del reddito del settore primario sia, più in generale, sull’intero valore aggiunto. I dati della bilancia commerciale mostrano che l’import italiano di prodotti ittici continua a crescere, con un ulteriore peggioramento del saldo della bilancia commerciale, che ha superato nel 2017 i 5 miliardi di euro.
L’importanza del comparto, però, è di gran lunga superiore a quella del suo apporto economico, in quanto costituisce la base occupazionale e di reddito di una parte rilevante delle popolazioni rivierasche e di alcune aree in cui si concentra la maggior parte delle attività.
La ripartizione della flotta per sistemi di pesca, effettuata sulla base della frequenza di utilizzo degli attrezzi, conferma la prevalenza numerica della piccola pesca (battelli con attrezzi passivi e lunghezza < 12 mt), che con 8.258 motopesca costituisce il 67% della flotta italiana. Tuttavia, le ridotte dimensioni del segmento determinano una bassa rappresentanza in termini di tonnellaggio, pari al 10%, che sale al 24% in termini di potenza motore. La flotta operante con reti a strascico è pari a 2.280 motopesca, il 19% del totale nazionale, ma in termini dimensionali assume carattere prevalente con una quota del 63% del tonnellaggio complessivo e del 48% della potenza motore totale. La ripartizione della flotta in base alle regioni marittime, vede prevalere la Sicilia con 2.773 battelli, seguita dalla Puglia (1.531 battelli) e dalla Sardegna (1.324 unità): in queste 3 regioni ricade il 46% della flotta e il 48% del tonnellaggio. La flotta da pesca nazionale risulta fortemente differenziata a livello geografico per caratteristiche dimensionali e tecniche. La piccola pesca è il sistema prevalente in quasi tutte le marinerie, ma in ciascuna di esse si riscontrano delle peculiarità; la pesca con volanti, tranne che nella marineria siciliana di Sciacca, è praticata solo nelle regioni adriatiche; i battelli che hanno utilizzato il palangaro in maniera prevalente sono quasi del tutto concentrati in Sicilia; le draghe idrauliche operano lungo le coste adriatiche e, in misura limitata, in un tratto limitato del Tirreno centrale (Lazio e Campania). Anche per dimensioni medie si registrano delle forti differenze; a fronte di un valore nazionale di 12 GT, in Molise, Abruzzo e Marche i pescherecci hanno una dimensione media compresa tra i 18 e i 22 GT, mentre in Calabria, Liguria e Friuli Venezia Giulia si rilevano dimensioni molto limitate, comprese tra i 4 e i 7 GT.
Dall’analisi della serie storica della capacità di pesca, si può rilevare il progressivo ridimensionamento della struttura produttiva nazionale1. Prendendo come riferimento il 2004, emerge che negli ultimi 13 anni c’è stata una contrazione costante della consistenza della flotta, particolarmente accentuato per il tonnellaggio (-25%) e la potenza motore (-20%) e più contenuto per il numero di battelli (-18%). La capacità di pesca della flotta nazionale è sottoposta a piani di adeguamento che prevedono la fuoriuscita graduale delle unità adibite alle attività di pesca, con livelli di disarmo calcolati in modo da risultare compatibili con un graduale percorso di riequilibrio degli stock ittici2. Attualmente, gli obiettivi principali della conservazione e gestione della pesca nell’ambito della Politica comunitaria della pesca sono di garantire rendimenti elevati di pesca a lungo termine per tutti gli stock al più tardi entro il 2020 e ridurre al minimo le catture indesiderate e le pratiche dispendiose o evitarle del tutto, attraverso l’introduzione graduale di un obbligo di sbarco.
L’impiego di manodopera nel settore ittico comunitario
La pesca svolge un ruolo cruciale per l’occupazione e l’attività economica in diverse regioni dell’UE e in alcune comunità costiere europee il settore della pesca rappresenta circa la metà dei posti di lavoro locali (European Commission, 2018). L’occupazione nel settore della pesca tende a concentrarsi in pochi paesi: la Spagna da sola rappresenta un quarto dell’occupazione totale e i quattro paesi con i più alti livelli occupazionali (Spagna, Grecia, Italia e Portogallo) costituiscono nell’insieme circa il 73% del totale (Tabella 1). L’acquacoltura impiega circa 80.000 persone, compresi i lavoratori part-time e full-time nell’acquacoltura sia marina che d’acqua dolce, mentre l’industria di trasformazione conta circa 3.700 aziende.
Tabella 1 - Occupazione nei settori della pesca, dell’acquacoltura e della trasformazione (misurata in equivalenti a tempo pieno)
(1) I dati comprendono solo la maricoltura. (2) Persone occupate
Fonte: Stecf, The 2017 Annual Economic Report on the EU Fishing Fleet (STECF-17-12), Luxembourg, Publications Office of the European Union, 2017 (Report Eur 28359 EN, Jrc 107883, doi:10.2760/36154) (for fisheries); Stecf, Economic Report of the EU Aquaculture Sector (Stecf-16-12), Luxembourg, Publications Office of the European Union, 2016 (Eur 28356 EN, Jrc 104210, doi:10.2788/677322) (for aquaculture); Eurostat (for processing)
Secondo i risultati di uno studio promosso dalla Commissione europea, nel 2013 sono state stimate quasi 19.000 unità di manodopera straniera legalmente occupate nell’UE nel settore della pesca, che rappresentano il 5,6% degli occupati totali (European Commission, 2016). La manodopera straniera è presente soprattutto nel Regno Unito, in Francia e in Spagna, mentre è quasi inesistente in molti paesi dell’Europa orientale (Polonia, Bulgaria e Romania ad esempio). La percentuale di lavoratori stranieri nell’occupazione totale della pesca varia in modo significativo tra gli Stati membri e le nazioni con settori di pesca più piccoli mostrano quote più elevate di lavoro straniero. La manodopera straniera è impiegata prevalentemente nelle attività di pesca (d’altura soprattutto) e nella trasformazione, mentre l’acquacoltura impiega molti meno lavoratori stranieri. Variazioni sub-settoriali sono evidenti in tutti gli Stati membri: in Irlanda, Italia e Spagna la manodopera straniera è impiegata principalmente nel sotto-settore delle catture, mentre la maggior parte degli stranieri in Belgio e Danimarca sono presenti nel sotto-settore della trasformazione; pochi stati membri (tra i quali soprattutto la Francia) sperimentano un significativo impiego di manodopera straniera nel sotto-settore dell’acquacoltura.
Vi sono differenze sostanziali nei livelli di occupazione di manodopera straniera a livello regionale; le aree con il maggior numero di lavoratori stranieri nel settore della pesca sono la Galizia (Spagna), la Lituania, l’Irlanda meridionale e orientale, l’Aquitania (Francia). In molti casi, la maggior parte dei non residenti sono cittadini dell’UE, in particolare in Francia dove i cittadini dell’UE rappresentano oltre l’80% di tutti i lavoratori stranieri (principalmente dalla Spagna e dal Portogallo). Le nazionalità non-UE sono più evidenti negli Stati membri più vicini al Nord Africa e con legami storici e culturali con nazioni non-UE (ad esempio, i lavoratori del Mozambico in Portogallo e i lavoratori peruviani in Spagna). Pochi dati risultano disponibili sul genere dei lavoratori stranieri, anche se, in ogni caso, le informazioni indicano che la stragrande maggioranza dei lavoratori stranieri è di sesso maschile, impiegato nel sotto-settore delle catture. Le informazioni qualitative ottenute mediante interviste suggeriscono che le lavoratrici straniere tendono ad essere più diffuse nei sotto-settori della trasformazione e dell’acquacoltura, spesso impiegate in posizioni non qualificate o poco qualificate.
I lavoratori dipendenti in Italia: consistenza e dinamiche
I lavoratori dipendenti nel settore della pesca iscritti all’Inps nel 2017 sono 21.309 (Tabella 2). Nel decennio 2008-2017 il numero di iscritti presenta una forte contrazione, pari al 27%. I lavoratori di genere maschile sono la quasi totalità: solamente il 4% è costituito da femmine, anche se in precedenza il divario era un po’ meno marcato. Infatti, il numero di dipendenti maschi si è ridotto del 24% tra il 2008 e il 2017, mentre quello delle dipendenti è diminuito del 61%. L’analisi dei dati in base alla nazionalità consente di rilevare che nel settore pesca nazionale i lavoratori extra comunitari sono in una netta minoranza, con un’incidenza sul totale nel decennio attorno al 6%-5%. A titolo di confronto, per il 2016 i dati Inps mostrano che l’incidenza degli operai agricoli dipendenti extra comunitari risulta pari al 16% sul totale3.
Si deve, tuttavia, rilevare che mentre la manodopera comunitaria presenta nel periodo considerato una flessione del 27% quella extra comunitaria si riduce in misura più limitata con una contrazione del 13%. Con riferimento al genere, la prevalenza dei maschi per i lavoratori extra comunitari risulta leggermente più accentuata (97% nel 2017).
Tabella 2 – Numero dei dipendenti settore pesca per anno, cittadinanza e genere
Fonte: elaborazioni su dati Inps
L’approfondimento delle caratteristiche dei lavoratori extra comunitari mostra, da un lato, la grande varietà dei paesi di origine, che interessano i cinque continenti, e dall’altro la netta prevalenza di alcuni paesi (Tabella 3). La Tunisia è, infatti, il principale paese di provenienza con un’incidenza del 61% sulla manodopera extra comunitaria impiegata nelle attività di pesca e del 4% sulla manodopera totale. Tra le altre nazionalità, sebbene a netta distanza rispetto al primo paese, si annoverano l’Egitto, il Senegal, l’Albania, la Svizzera, il Marocco e lo Sri Lanka.
Tabella 3 – Dipendenti settore pesca extra comunitari per principali nazionalità e anno
Fonte: elaborazioni su dati Inps
Aggregando i lavoratori in base all’area di origine (Tabella 4), si osserva che la maggioranza (77%) proviene dal continente africano (oltre a Tunisia, Egitto, Senegal e Marocco risultano iscritti anche lavoratori provenienti da Ghana, Algeria, Libia, Camerun, Capo Verde, Gambia e Benin). Dopo il continente africano la seconda area di provenienza (11%) è rappresentata dai paesi europei non comunitari, tra i quali Albania, Svizzera, Moldavia e Ucraina, ad esempio. Da rilevare l’incremento in termini assoluti e relativi dei lavoratori provenienti dall’Asia, e in particolare da Sri Lanka e Indonesia.
Tabella 4 – Dipendenti settore pesca extra comunitari per continente e anno
Fonte: elaborazioni su dati Inps
Esaminando la composizione dei lavoratori dipendenti per classi di età si osserva che il 13% ha meno di 30 anni, il 43% tra i 30 e i 49 anni e il 44% ha più di 50 anni (Tabella 5). È, inoltre, possibile rilevare nel decennio considerato l’invecchiamento della manodopera impiegata nel settore: i lavoratori giovani e quelli più maturi sono diminuiti nell’insieme del 40%, mentre quelli con oltre 50 anni sono aumentati del 3%. Se nel 2008 la quota di unità con oltre 50 anni ammontava al 31%, nel 2017 tale valore raggiunge il 44%, a discapito dei più giovani (dal 16% al 13%) e della classe intermedia (dal 53% al 43%). Tale processo di invecchiamento ha interessato, seppure con diversa intensità, sia la manodopera comunitaria che quella extra comunitaria.
Tabella 5 – Dipendenti settore pesca per anno, nazionalità e classe di età - Composizione %
Fonte: elaborazioni su dati Inps
Quasi la totalità degli occupati ha la qualifica di operaio, con l’89% del totale, cui si aggiunge una quota di impiegati del 10% circa (Tabella 6); risultano, invece, quasi del tutto assenti le posizioni di apprendista e dirigenziali. I lavoratori extra comunitari occupano ruoli meno qualificati rispetto ai comunitari.
Tabella 6 – Dipendenti settore pesca per anno, nazionalità e qualifica - Composizione %
Fonte: elaborazioni su dati Inps
I lavoratori autonomi in Italia: consistenza e dinamiche
I lavoratori autonomi nel settore della pesca iscritti all’Inps ammontano nel 2017 a 1.580 unità e presentano una contrazione di oltre il 36% rispetto al 2008, con una variazione di segno negativo, quindi, più marcata rispetto alla riduzione che ha riguardato i lavoratori dipendenti (Tabella 7). Anche in questo caso è possibile rilevare la netta prevalenza della componente maschile, con una quota pari solo al 4% costituita da femmine. L’analisi dei dati in base alla nazionalità consente di rilevare che i lavoratori autonomi comunitari sono quasi la totalità (99%).
Tabella 7 – Numero degli autonomi settore pesca per anno, nazionalità e genere
Fonte: elaborazioni su dati Inps
Esaminando la composizione dei lavoratori autonomi per classi di età, è possibile rilevare che quasi il 69% ha più di 50 anni e che nel periodo considerato vi è stato un leggero invecchiamento (Tabella 8). A seguito della riduzione di autonomi che ha interessato le varie fasce di età con diversa intensità è aumentata la quota degli over 50 anni (dal 67% al 69%) ed è diminuita quella della classe dai 30 ai 49 anni (dal 29% al 27%).
Tabella 8 – Autonomi settore pesca per anno, cittadinanza e classe di età - Composizione %
Fonte: elaborazioni su dati Inps
Conclusioni
L’analisi del contesto della pesca marittima nazionale ha messo in evidenza il carattere eminentemente artigianale della flotta da pesca nazionale, costituita da imbarcazioni di dimensioni medie modeste, e il progressivo ridimensionamento della struttura produttiva, determinato in parte dall’applicazione delle misure nazionali e comunitarie finalizzate a perseguire il riequilibrio tra capacità di pesca e risorse alieutiche, obiettivo primario del più ampio programma teso a raggiungere una pesca ecosostenibile. Il confronto con la realtà comunitaria ha evidenziato che l’Italia è uno dei principali paesi per livelli occupazionali nel settore pesca, assieme a Spagna e Grecia, ma che il ricorso alla manodopera straniera risulta più contenuto rispetto ad altre realtà produttive.
L’esame dei dati Inps negli ultimi 10 anni ha consentito di delineare alcune caratteristiche dei lavoratori impiegati nel settore pesca nazionale in relazione alla consistenza e alle recenti dinamiche. Si tratta prevalentemente di occupati di sesso maschile, di origine comunitaria, in maggioranza con oltre 50 anni di età. La presenza di lavoratori extra comunitari risulta molto contenuta, con un peso che incide per il 6% circa sul totale, e va attribuita soprattutto alla presenza di lavoratori tunisini. L’esame delle recenti dinamiche ha permesso di rilevare la progressiva contrazione nel decennio esaminato dei lavoratori nel settore pesca nazionale, che risulta più marcata per gli autonomi (-36%) e più contenuta per i dipendenti (-27%). Altri elementi emersi sono il progressivo invecchiamento dei lavoratori, per cui aumenta l’incidenza della manodopera con più di 50 anni, e la fuoriuscita di manodopera femminile dal settore in maniera più sostenuta rispetto alla manodopera maschile. Inoltre, a fronte di una forte contrazione della manodopera, si rileva che i lavoratori extra comunitari diminuiscono in maniera più contenuta, soprattutto per l’incremento dei lavoratori over 50 anni.
Riferimenti bibliografici
-
European Commission (2016), Study on the Employment of Non-Local Labour in the Fisheries Sector; Final Report, Easme/Emff/2015/1.3.2.2; Directorate General for Fisheries and Maritime Affairs of the European Commission, Brussels, Belgium.
-
European Commission (2018), Facts and figures of the common fisheries policy, basic statistical data, Luxembourg: Publications Office of the European Union
- 1. In Italia, la capacità di pesca è identificata con la quantità di capitale ed è spesso associata alle variabili tonnellaggio (GT) e potenza motore (espressa in kW).
- 2. Per un approfondimento delle dinamiche strutturali del settore negli ultimi anni, si rimanda al capitolo sulle produzioni ittiche, pubblicato nell’Annuario Crea.
- 3. Cfr. il contributo, nel presente numero, di G. Mattioni e E. Tripodi, su “Il Lavoro in agricoltura in Italia visto attraverso i dati Inps”.