Introduzione
Il fenomeno degli orti urbani è in continua espansione, sia nelle grandi metropoli che nelle città minori, a causa dell’accresciuto apprezzamento da parte dei cittadini dei benefici che gli orti possono generare in termini produttivi, sociali, ecologico-ambientali, culturali, terapeutici e didattici (Tei e Gianquinto, 2010). In generale un orto urbano può essere definito come un appezzamento di terreno, in area urbana e/o periurbana, idoneo alla coltivazione, suddiviso in uno più lotti o unità minime di coltivazione, destinato a soggetti che esercitano una attività di conduzione con finalità produttive non professionali, con obbiettivi plurimi quali l’autoconsumo familiare, l’uso ricreativo, didattico e finalità aggregative tra gruppi attivi che condividono valori di sostenibilità ambientale e inclusione sociale. Quindi, l’orto urbano può essere considerato l’espressione di un più generale processo di modificazione dei bisogni sociali (Paci, 2010) che vede l’utilizzo di un appezzamento di terreno da parte di una pluralità di soggetti. Pertanto la gestione degli orti urbani pone alcuni interrogativi normativi specifici all’interno di quelli più generali dell’agricoltura urbana (licenze, profili sanitari, spazi di vendita, regole di concorrenza e così via) di cui da tempo si occupa il legislatore (Adornato, 2015). Infatti, la reintegrazione del processo produttivo all’interno degli spazi urbani e periurbani pone, tra le altre, due problematiche: la difficoltà di accesso ai terreni e la loro qualità. In questo lavoro sono affrontati due specifici aspetti di queste problematiche: l’affidamento degli appezzamenti di terreno e le responsabilità del concedente e del conduttore.
Orti urbani su proprietà pubblica e privata
In questi ultimi anni, in Italia, numerose sono state le esperienze relative ad orti urbani realizzati su aree o terreni di proprietà pubblica, principalmente a dimensione comunale, dove le amministrazioni hanno regolamentato uso e condizioni di ammissibilità con finalità principalmente sociali, educative, ricreative e terapeutiche. In questa ottica, la realizzazione di spazi verdi di coltivazione non è più considerata come un elemento di degrado paesaggistico o il simbolo di una condizione sociale ed economica inferiore ma, al contrario, uno strumento con un duplice scopo: da un lato di evitare che spazi non utilizzati vengano lasciati all’abbandono, all’improprio utilizzo o al vandalismo e dall’altro di rendere queste aree produttive e attrezzate per la pubblica fruizione, integrando l’aspetto paesaggistico e quello sociale.
A fianco di queste esperienze, se ne sono sviluppate altre che hanno visto il diretto coinvolgimento delle aziende agricole professionali che hanno messo a disposizione dei cittadini la propria terra e la propria professionalità per permettere ai primi di produrre prodotti sicuri, sani e a chilometri zero, attraverso la fruizione dello spazio aziendale e la condivisione del tempo dedicato alla coltivazione. In questo senso si ridefiniscono le relazioni tra agricoltura e città garantendo nuove opportunità per le aziende agricole urbane che sono in grado di offrire una pluralità di servizi/prodotti alla città e nel contempo di integrare il loro reddito.
La necessità di realizzare degli orti urbani privati nasce non solo quando un Comune non mette a disposizione terreno pubblico per la realizzazione di tale tipo di attività, ma anche quando il privato è in grado di fornire una serie di servizi complementari in prossimità degli appezzamenti destinati ad orto che il pubblico non è in grado di erogare.
Le diverse categorie di orti urbani richiedono la realizzazione di strutture edilizie collettive (anche semplici strutture in legno) in grado di garantire il ricovero degli attrezzi, punti di aggregazione e socializzazione, viabilità e aree di sosta ecc. Ma la realizzazione e tali strutture edilizie nelle zone urbane e/o periurbane non sempre sono compatibili con le norme vigenti in materia di programmazione urbanistica. Nelle aree urbane, la programmazione urbanistica dovrebbe prefigurare, invece, tali previsioni di utilizzo all’interno delle destinazioni specifiche a parco pubblico urbano, estendendo le possibilità, oggi generalmente riconosciute per la realizzazione di strutture di servizio alle attività ricreative e sportive, anche alla costituzione di forme specifiche di orti urbani.
Attualmente, nelle aree periurbane caratterizzate da vincoli di natura conformativa che consentono la esclusiva utilizzazione agricola, la realizzazione di interventi edilizi è riservata solo gli agricoltori organizzati in forma professionale. In tal senso le aziende agricole strutturate in forma professionale potrebbero garantire, oltre al supporto di servizi e professionalità di cui dispongono, una opportunità per il superamento di tali condizioni normative. Infatti, in attesa che la diffusione del fenomeno e la sensibilità delle amministrazioni comunali prevedano e consentano nelle aree periurbane la realizzazione di manufatti con finalità legate a forme specifiche di orti urbani, le aziende agricole possono mettere a disposizione aree agricole vere e proprie in prossimità della città di fatto non edificabili ma dotate di infrastrutture e servizi di collegamento.
L’affidamento degli orti urbani
In tema di orti urbani pubblici non esiste una normativa unica, e le amministrazioni locali generalmente definiscono propri regolamenti autonomi per l’assegnazione degli spazi verdi che prevedono graduatorie di merito orientate a garantire l’accesso prioritario a soggetti in condizione di disagio sociale ed economico (pensionati, disoccupati, famiglie a basso reddito e così via); in tal senso prevale ancora la funzione di sostegno indiretto al reddito derivante dalla possibilità di autoconsumo personale e familiare dei prodotti ottenuti.
Generalmente gli appezzamenti assegnati hanno dimensioni comprese tra i 50 e i 100 m2 e prevedono il rispetto di norme di carattere generale di conduzione con la prerogativa che l’attività di coltivazione e di produzione debba essere ricondotta alla condizione di non professionalità, con il divieto di commercializzazione dei frutti ricavati e vietando anche la possibilità di utilizzare soggetti terzi retribuiti per le operazioni di conduzione del terreno. Spesso viene anche indicato il metodo di coltivazione preferibilmente biologico.
Anche le forme contrattuali di assegnazione del terreno non sono univoche: in caso di terreni pubblici la forma naturale è la concessione amministrativa1; in caso di terreni di proprietà delle amministrazioni comunali viene previsto l'affitto o il comodato modale2 di durata pluriennale.
In ordine alla forme di tutela e responsabilità dell’amministrazione pubblica (nei confronti di terzi o del conduttore) le amministrazioni definiscono, nei propri regolamenti, formule generali di manleva da danni potenziali e da responsabilità civili e penali in termini generali.
In alcuni casi particolari, le amministrazioni comunali prevedono anche l’affidamento con l’assegnazione delle aree ad Associazioni o a Gruppi Costituiti3 no profit come espressione di una comunità locale di cittadini che al loro interno provvederanno alla gestione degli spazi.
Non si riscontra al contrario una casistica relativa alle forme contrattuali per la gestione di orti urbani privati dove, in ogni caso, le forme contrattuali possibili possono essere riconducibili unicamente all'affitto4 o il comodato modale di durata pluriennale.
Nel caso di soggetti privati o anche aziende agricole, gli oneri fiscali di registrazione rendono oggettivamente troppo onerosa la stipula di contratti a singoli soggetti5 e pertanto la soluzione più adeguata dovrebbe prevedere come conduttore la figura di una associazione costituita in forma riconosciuta o non riconosciuta, all’interno della quale un atto costitutivo, redatto in forma scritta, regolamenti l’uso e la gestione delle singole unità minime di coltivazione.
La forma contrattuale scritta risulta preferibile in quanto permette di definire in maniera corretta l’oggetto del contratto, regolare le condizioni contrattuali con obblighi e vincoli precisi di natura certa e garantire i contraenti in ordine alle responsabilità conseguenti alle obbligazioni contratte.
La riformata nozione civilistica di imprenditore agricolo, secondo la nuova formulazione dell’articolo 2135 del Codice Civile, permette sicuramente all’imprenditore agricolo di avere un ruolo attivo nella realizzazione e gestione di particolari tipologie di orti, con funzioni prevalentemente orientate alla didattica e a metodi di coltivazione non convenzionali, in quanto in grado di fornire sotto forma di servizi il supporto tecnico, operativo e professionale per le particolari operazioni colturali durante tutto il ciclo biologico.
In particolare per gli “orti didattici” e gli “orti innovativi”, dove i fruitori devono essere guidati nello svolgimento delle attività teoriche e pratiche sul terreno da personale con adeguata formazione professionale, possono essere realizzati e gestiti da imprenditori agricoli professionali in cui l’impresa può diventare contemporaneamente il soggetto che realizza e gestisce la manutenzione degli spazi ad orto garantendo nel contempo un servizio di formazione ai fruitori.
Per gli orti con funzioni maggiormente orientate alla produzione di ortaggi per il consumo familiare l’imprenditore può invece garantire a tutti i servizi tecnici (lavorazioni con piccoli motocoltivatori, deposito attrezzature, realizzazione di piccoli impianti di irrigazione a goccia ecc.), e dare corso in proprio o in service alla realizzazione ed alla manutenzione di tutte le strutture idonee a garantire una migliore fruibilità delle singole unità minime di coltivazione (piccole tettoie e strutture in legno per deposito attrezzature, viabilità interna, picchettamento e delimitazione dei lotti, concimazioni organica di fondo, impianto di irrigazione a richiesta, aree di sosta, ecc.).
I profili di responsabilità del concedente e del conduttore
Attualmente rimangono non risolte o quanto meno non correttamente valutate alcune problematiche di fondo che caratterizzano i profili di responsabilità del concedente e del conduttore nella utilizzazione di terreni per la realizzazione di orti urbani generalmente intesi come luoghi dove su terreni di proprietà di terzi si producono beni alimentari auto-consumati che sfuggono a qualsiasi possibilità di controllo in ordine alla qualità degli alimenti. Conoscere le caratteristiche di dove si produce è determinante, in particolare se si è in presenza: di spazi ed aree urbane non utilizzate, precedentemente abbandonate e potenzialmente caratterizzate da un utilizzo improprio; di aree agricole periurbane dove sono state eseguite pratiche colturali e immissioni non corrette di ammendanti o altre sostanze potenzialmente nocive.
In tema di responsabilità del concedente di un terreno (concesso in affitto o in comodato), in termini generali, la proprietà dell’area è chiamata a rispondere dei danni arrecati al conduttore a titolo di responsabilità contrattuale6 e ai terzi a titolo di responsabilità oggettiva7. Si pensi ad esempio ai danni derivanti dai vizi del terreno (particolare tipo di inquinamento) che espongono a serio pericolo la salute di chi consuma i prodotti, ottenuti dalla coltivazione di piante, che sfuggono a qualsiasi possibilità di controllo sanitario. In questi termini, dei danni arrecati per responsabilità oggettiva a terzi, risponde anche il conduttore che, utilizzando prodotti fitosanitari in maniera non corretta o non consentita, cede anche gratuitamente per il loro utilizzo alimentare i prodotti dell’orto ai suoi familiari e per responsabilità contrattuale nei confronti del proprietario se inquina il terreno.
La soluzione di far sottoscrivere una formula più o meno generale di manleva dai danni potenziali al conduttore non solleva in alcun modo il concedente, neppure una amministrazionepubblica8, da eventuali danni che la cosa locata o data in comodato “esponga a serio pericolo la salute” del conduttore e dei suoi familiari.
Con le norme concernenti la responsabilità contrattuale il legislatore ha inteso garantire la permanenza dell’equilibrio tra i reciproci vantaggi delle parti contraenti e dare particolare importanza alla tutela della salute dei componenti della famiglia, attribuendo il significato di pericolo serio ad una circostanza che determina e può determinare un’alta probabilità di effetti dannosi per la salute.
La responsabilità del custode disciplinata dall’art. 2051 c.c.9 costituisce una ipotesi di responsabilità oggettiva e non di colpa presunta. Il danneggiato, pertanto, per ottenere il risarcimento da parte del custode, deve dimostrare unicamente l’esistenza del danno e la sua derivazione causale dalla cosa. Al custode, per contro, per andare esente da responsabilità, non sarà sufficiente provare la propria diligenza nella custodia, ma dovrà provare che il danno è derivato da caso fortuito.
La responsabilità oggettiva si fonda sulla sola esistenza del nesso di casualità. Per liberarsi della responsabilità, occorre dimostrare: 1) la mancanza di un nesso di causalità tra condotta ed effetto; dimostrare di non poter essere a conoscenza di tale nesso; 2) che la causa sia determinata da elementi immessi da terzi, non conoscibili né accertabili con la normale diligenza; 3) che la causa non sia eliminabile con immediatezza con una diligente attività di manutenzione.
In relazione a tali aspetti il concedente risponde per responsabilità oggettiva ad esempio se: a) non garantisce un accesso sicuro al fondo; b) non rimuove le barriere per i disabili quando l’accesso è previsto per tali soggetti (orti sociali/ didattici/ terapeutici) o è possibile che ciò si verifichi; c) consegna all’affittuario impianti e manufatti in precario o cattivo stato di manutenzione (c.c. art. 1575); d) nel terreno sono presenti agenti e o elementi inquinanti che possono traslocare sui prodotti e rendere gli stessi non idonei al consumo alimentare; e) l’acqua di cui garantisce l’utilizzo è inquinata e gli inquinanti possono traslocare sui prodotti e rendere gli stessi non idonei al consumo alimentare.
La possibilità di trasferire a terzi (assicurazione) tale tipo di responsabilità non è facile e potrebbe essere ottenuta solo con una appendice contrattuale specifica. Solo in questo caso l’assicurazione dell’azienda sarebbe chiamata a rispondere di danni cagionati a terzi che l’azienda non conosce e con cui non ha rapporti contrattuali né di dipendenza per lavoro subordinato né di committenza per prestazioni di servizi.
Alcune indicazioni operative
L’analisi delle problematiche evidenziate suggerisce, a maggior tutela di tutti i contraenti e indipendentemente dalle modalità contrattuali previste (affitto o comodato modale pluriennale), di includere negli accordi scritti alcuni elementi essenziali. In primo luogo, sia che si tratti di persone fisiche che di soggetto giuridico (Associazioni o a Gruppi Costituiti), è necessario specificare che le attività di coltivazione e produzione realizzate all’interno degli appezzamenti hanno carattere non professionale e che i prodotti derivati non possono essere commercializzati10 ma solo consumati dai produttori o ceduti gratuitamente ai propri familiari o condivisi con soci della associazione. La durata del rapporto contrattuale, anche se pluriennale, dovrebbe essere non rinnovabile per clausola contrattuale espressa di rinuncia al tacito rinnovo e senza la preventiva comunicazione di disdetta e senza alcun indennizzo. E’ opportuno precisare che l’orto deve essere coltivato direttamente dal conduttore e che, in caso Associazioni o a Gruppi Costituiti, i nominativi dei soci dovranno essere comunicati alla proprietà per poter garantire l’accesso e la fruizione ai soli aventi diritto. Così come andrebbe specificato che eventuali prestazioni di servizi potranno essere forniti e richiesti solo dal titolare del contratto.
Per separare le eventuali responsabilità oggettive e contrattuali tra concedente e conduttore e per sollevare il primo dalla “colpa presunta” è opportuno, inoltre, che nel contratto si dia atto della idoneità del terreno e delle acque per uso irriguo messe eventualmente a disposizione, attraverso la fornitura di un certificato di analisi rispetto ai principali componenti ed inquinanti inorganici.
Infine, è consigliabile richiedere espressamente al conduttore, sia che si tratti di persona fisica che di soggetto giuridico, l’attivazione di una apposita assicurazione contro i rischi di Responsabilità civile verso terzi (Rct), da mantenere in vigore per tutta la durata del contratto. Nel caso di Associazioni o a Gruppi Costituiti il contratto assicurativo di Responsabilità civile dovrebbe considerare terzi anche i soci ed i loro familiari.
Riferimenti bibliografici
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Adornato F. (2015), Problemi giuridici dell’agricoltura urbana. Intersezioni, 66, settembre: 1-5. www.intersezioni.eu
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Paci A. (2010), Prossimità e partecipazione. Lo spazio della sussidiarietà nella governance dei beni comuni. In Donati A. (a cura) Sussidiarietà e concorrenza. Una nuova prospettiva per la gestione dei beni comuni. Il Mulino, Bologna
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Tei F., Gianquinto G. (2010), Origini, diffusione e ruolo multifunzionale dell’orticoltura urbana amatoriale. Review n.11 – Italus Hortus 17 (1), 2010: 59-73
- 1. L’utilità pubblica a cui sono destinati i beni demaniali disponibili e non può essere perseguita attraverso un uso esclusivo da parte della stessa Amministrazione ma anche attraverso un uso generale e/o particolare da parte di soggetti pubblici o privati a cui è riservato l’utilizzo del bene in forme particolari definite. Tale riserva e modalità di utilizzazione particolare deriva da un atto amministrativo di concessione che può escludere altri individui da qualsiasi uso del bene medesimo o solo da particolari usi di esso. La concessione amministrativa assume normalmente la configurazione di un rapporto contrattuale bilaterale fonte di obblighi e diritti reciproci tra l’ente concedente ed il privato concessionario.
- 2. Il comodato è un negozio gratuito (II comma dell’art. 1803 c.c.). Generalmente si ritiene che il negozio suddetto trovi la sua causa nel rapporto di cortesia e fiducia esistente tra le parti o nella volontà a sopperire ad un’esigenza altrui. Tuttavia, la natura e la causa del negozio non vengono meno nel caso in cui i contraenti si accordino per imporre un onere a carico del comodatario stesso purché lo stesso assuma la natura di una controprestazione, avuto riguardo alla causa del contratto stesso, intesa come funzione economico-sociale che il medesimo è destinato obbiettivamente ad adempiere.
- 3. “Regolamento per l'affidamento in comodato d'uso e per la gestione di aree a verde di proprietà di Roma Capitale compatibili con la destinazione a orti/giardini urbani”, approvato con DC n. 38 del 17/07/2015
- 4. Trattandosi di affitto ti terreno per attività comunque di produzione agricola, anche se non professionale, il contratto è regolato dalla L. 203/82 con riferimento all’Art. 45 che permette di stipulare tra le parti “accordi in deroga” con l’assistenza delle rispettive organizzazioni professionali agricole. La locazione di terreno è prevista solo quando la destinazione che intende dare il conduttore al terreno risulta diversa da quella agricola.
- 5. Il contratto di affitto e/o di comodato di beni immobili (sia in forma scritta che verbale) è in ogni caso soggetto a imposta di registro in misura fissa di 200 euro da versare tramite F23 e il contratto di affitto in deroga ad un ulteriore costo aggiuntivo costituito dalla necessità di doversi associare obbligatoriamente ad una organizzazione professionale agricola.
- 6. CC art. n. 1578 2° comma – “Il locatore è tenuto a risarcire i danni derivanti da vizi della cosa, se non prova di avere, senza colpa ignorato i vizi stessi al momento della consegna”. – art. n. 1580 “Se i vizi della cosa o di parte notevole di essa espongono a serio pericolo la salute del conduttore o dei suoi familiari o dipendenti, il conduttore può ottenere la risoluzione del contratto, anche se i vizi gli erano noti, nonostante qualunque rinunzia” – art. n. 1581 “Le disposizioni degli articoli precedenti si osservano, in quanto applicabili, anche nel caso di vizi della cosa sopravvenuti nel corso della locazione”.
- 7. CC art. n. 2043 – “Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno” - art. n. 2051 “Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia , salvo che provi il caso fortuito” [1218, 1256, 2052].
- 8. Cass. n. 6101/2013. La responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia, di cui all'art. 2051 c.c., opera anche per la P.A. in relazione ai beni demaniali, con riguardo, tuttavia, alla causa concreta del danno, rimanendo l'amministrazione liberata dalla medesima responsabilità ove dimostri che l'evento sia stato determinato da cause estrinseche ed estemporanee create da terzi, non conoscibili né eliminabili con immediatezza, neppure con la più diligente attività di manutenzione, ovvero da una situazione la quale imponga di qualificare come fortuito il fattore di pericolo, avendo esso esplicato la sua potenzialità offensiva prima che fosse ragionevolmente esigibile l'intervento riparatore dell'ente custode.
- 9. Custode è colui che è in condizione di controllare i rischi inerenti al terreno, perciò sia il proprietario (concedente) che il conduttore (affittuario, comodatario); mentre il concedente risponde dei danni provocati dal terreno e dagli impianti stabilmente infissi, il conduttore risponde delle cose che sono nella sua disponibilità
- 10. Il produttore che commercializza prodotti agricoli a terzi risponde dei danni cagionati a terzi in quanto deve garantire la sicurezza alimentare del prodotto (art. 114 – 115 Codice del Consumo). La responsabilità si estende anche a quelli ceduti a titolo gratuito con finalità promozionali e/o pubblicitarie.