Introduzione
Gli shock dei prezzi dei prodotti agro-alimentari degli ultimi anni hanno riportato al centro dell’agenda politica internazionale i problemi di sicurezza alimentare. Nonostante negli ultimi decenni si sia assistito ad un significativo miglioramento dell’offerta di cibo e, più in generale, delle condizione sanitarie delle popolazioni più povere, rimangono enormi differenze tra i paesi in termini di sottonutrizione, malnutrizione e mortalità infantile. La situazione continua ad essere particolarmente grave soprattutto nei paesi dell’Africa Sub-Sahariana e dell’Asia meridionale, dove si concentra la maggior parte dei problemi di sottonutrizione e di mortalità infantile (Fao, 2012; Unicef, 2014).
Una vasta letteratura ha analizzato le determinanti dei problemi di sicurezza alimentare e malnutrizione nei paesi in via di sviluppo. Tale letteratura, tuttavia, si è concentrata in modo particolare sui fattori micro-economici (si veda, per esempio, Bhutta et al., 2008; Bashir et al., 2012; Kassie et al., 2012; Fujii, 2013, Bertelli e Macours, 2013). Diversamente, con riferimento ad alcune importanti determinanti macro-economiche (come la crescita e lo sviluppo economico), la disponibilità di studi su dati cross-country che hanno sfruttato la variabilità temporale di indicatori di food security, e che perciò presentano più credibili ipotesi di identificazione, è per svariate ragioni limitata (Heady, 2013).
In modo simile, solo pochi studi empirici si sono concentrati sul ruolo che le riforme economiche, politiche ed istituzionali hanno svolto nel determinare lo stato di insicurezza alimentare e di malnutrizione dei paesi in via di sviluppo, nonostante negli ultimi quarant’anni molti paesi abbiano affrontato importanti processi di liberalizzazione commerciale e radicali cambiamenti del regime politico. Analizzare l’impatto di queste riforme sui problemi di sicurezza alimentare e di mortalità infantile appare perciò un esercizio di un certo interesse.
Il presente contributo sintetizza la metodologia e i principali risultati di due recenti lavori empirici che si sono mossi in questa direzione, analizzando il ruolo svolto dai processi di liberalizzazione commerciale (Olper et al., 2014) e dalle riforme democratiche (Pieters et al., 2014) nell’influenzare la dinamica del tasso di mortalità infantile dei paesi in via di sviluppo.
I due studi citati condividono l’utilizzo dello stesso approccio metodologico, denominato metodo del controllo (o matching) sintetico (synthetic control method – Scm). Il Scm rientra nelle tecniche semi-parametriche ed è molto simile al propensity score matching (Psc). Tuttavia, a differenza del Psc, offre l’importante vantaggio di poter misurare l’effetto di trattamento anche per singoli casi di studio, rappresentando perciò un ponte tra il tradizionale approccio dell’economia dello sviluppo basato sull’analisi di singoli case-study e l’approccio econometrico su dati cross-section. Per questa ragione, ed in modo particolare per come il Scm è stato utilizzato negli studi citati, l’analisi e i risultati che derivano tendono ad avere sia una coerenza interna che esterna1.
Riforme economiche, riforme politiche e sicurezza alimentare
Come noto la sicurezza alimentare è un concetto articolato, multidimensionale e, quindi, non facilmente misurabile con un semplice “numero” (Wheeler e von Braun, 2013). Questo aspetto rende abbastanza difficile formulare ipotesi univoche circa il possibile impatto di un processo di liberalizzazione commerciale, piuttosto che di un cambiamento di regime politico, sulla sicurezza alimentare. Perciò, in quanto segue si farà riferimento oltre che alla sicurezza alimentare, anche alla relazione tra riforme politiche ed economiche e il loro impatto sulla povertà e su altre dimensioni dello sviluppo, assumendo che queste ultime siano correlate con i problemi di sottonutrizione.
Riforme commerciali e sicurezza alimentare
I legami tra povertà, sicurezza alimentare e commercio internazionale sono stati studiati ampiamente sia nella letteratura teorica che, soprattutto, in quella empirica. Il contributo di Panagariya (2005) rappresenta un esempio di analisi teorica, mentre Matthews (2014) analizza il problema a livello più generale, considerando anche i legami con gli accordi commerciali multilaterali. Infine, McCorriston et al. (2013) propongono una attenta rassegna degli studi empirici (meta-analisi). Il principale messaggio che emerge dagli studi teorici è che i processi di liberalizzazione commerciale hanno un effetto ambiguo e controverso sui problemi di sicurezza alimentare. Tale ipotesi risulta ampiamente confermata dall’attuale evidenza empirica.
Il commercio internazionale è il meccanismo attraverso il quale gli squilibri tra l’offerta e la domanda vengono bilanciati. Perciò, il commercio e l’accesso ai mercati rappresentano un elemento imprescindibile per assicurare la sicurezza alimentare a livello globale. I processi di liberalizzazione commerciale contribuiscono inoltre a migliorare l’efficienza allocativa e l’utilizzo delle risorse scarse. Parallelamente, la partecipazione dei paesi e soprattutto delle imprese al commercio internazionale crea nuove opportunità di innovazione, circolazione delle idee e maggiore crescita della produttività.
Tuttavia, come è noto, questi “vantaggi del commercio” non sono mai simmetrici, né tra paesi né, soprattutto, all’interno dei paesi. Un processo di liberalizzazione commerciale ha rilevanti effetti redistributivi che possono migliorare o peggiorare le condizioni dei gruppi più vulnerabili in funzione dei vantaggi comparati e delle condizioni iniziali dei diversi paesi – con riferimento, in particolare, all’orientamento delle politiche agricole (tassazione vs. protezione) e alla posizione commerciale del paese. Perciò, a-priori, l’impatto di un processo di liberalizzazione commerciale sulla sicurezza alimentare tende ad essere fortemente country-specific. Per esempio, il commercio può contribuire a rendere più severi i problemi di sicurezza alimentare e malnutrizione nei paesi in via di sviluppo, poiché un processo di liberalizzazione può avere effetti negativi sul reddito reale dei consumatori (in presenza di un incremento medio dei prezzi), oppure mettere in difficoltà i già deboli agricoltori che competono con le importazioni (in presenza di una riduzione dei prezzi). Inoltre la liberalizzazione del commercio può essere seguita da un aumento del rischio, qualora determini un aumento della variabilità dei prezzi.
Un aspetto cruciale, spesso trascurato, è l’impatto dei prezzi del cibo sulla povertà e sulle diseguaglianze. Per esempio, durante le recenti crisi dei prezzi alimentari è stato messo in evidenza come prezzi elevati aggravino le condizioni di accesso al cibo delle popolazioni più vulnerabili. Questo presuppone l’esistenza di una relazione positiva tra prezzo degli alimenti, povertà e diseguaglianze. Nel breve periodo e per certi segmenti delle popolazioni dei paesi in via di sviluppo questo legame è certamente possibile (si veda, per esempio, Ivanic et al., 2011). Tuttavia, poiché la maggior parte dei problemi di sottonutrizione e povertà si riscontrano nelle aree rurali, dove spesso l’attività agricola concorre a determinare la quota maggiore del reddito famigliare, almeno nel lungo periodo i prezzi elevati degli alimenti potrebbero avere effetti positivi sulla povertà e quindi sull’accesso al cibo. Recenti evidenze empiriche a livello aggregato sembrerebbero confermare questo ragionamento (Headey, 2014)2.
Perciò, se la liberalizzazione commerciale ha effetti positivi o negativi sulla sicurezza alimentare è, in ultima analisi, un problema specifico alle condizioni (iniziali) dei diversi paesi – per esempio se si tratta di paesi esportatori oppure importatori, piuttosto che di paesi che tassano oppure che già proteggono il settore agricolo. Pertanto, la questione dell’impatto della liberalizzazione commerciale sulla sicurezza alimentare tende a configurarsi come un problema di natura prevalentemente empirica.
Riforme democratiche, povertà e sicurezza alimentare
Spostandoci ad analizzare il possibile impatto di un processo di democratizzazione sulla povertà, le diseguaglianze e la sicurezza alimentare, la questione appare ancora più complessa, anche perché in questo caso gli effetti sarebbero prevalentemente di natura indiretta, vale a dire mediati dagli effetti di un cambiamento di regime sulla struttura della politica economica (es. politiche agricole, commerciali, redistributive, etc.). Il problema è ulteriormente complicato dal fatto che l’impatto dei processi di democratizzazione sulla crescita e lo sviluppo sono, come noto, piuttosto ambigui3. Tuttavia, nel nostro caso la questione centrale non è tanto la crescita economica per se, quanto come quest’ultima contribuisce a ridurre la povertà e le disuguaglianze.
La teoria economica offre differenti punti di vista circa l’impatto dei regimi politici sui risultati di politica economica (Mulligan et al., 2004). Il punto di partenza è la teoria dell’elettore mediano di Antony Downs (1957). Questo modello assume che le politiche siano determinate dalle preferenze dell’elettore mediano. In un contesto democratico perciò, i governi avranno degli incentivi ad adottare politiche redistributive a vantaggio delle popolazioni più vulnerabili qualora l’elettore mediano sia parte di questo gruppo sociale, situazione molto frequente nei paesi in via di sviluppo. In particolare, tale redistribuzione dai ricchi verso i poveri sarà tanto più rilevante, quanto maggiore è il grado di diseguaglianze nella distribuzione del reddito, poiché in tali condizioni la classe media avrà maggiori incentivi a formare una coalizione con i poveri (Alesina e Rodrik 1994).
A livello empirico, processi di redistribuzione politica riconducibili alla logica dell’elettore mediano si sono verificati durante i processi di democratizzazione del secolo scorso in diversi paesi occidentali (Acemolgu e Robinson, 2000) e in molti paesi in via di sviluppo durante le ondate di democratizzazione degli ultimi cinquant’anni, con particolare riferimento alle politiche di tassazione del settore agricolo (Olper et al., 2014).
Tuttavia, modelli teorici più recenti hanno messo in evidenza come la relazione tra democrazie e politiche pubbliche sia sensibilmente più complessa rispetto a quanto suggerisce la semplice logica dell’elettore mediano. In particolare, Acemoglu e Robinson (2006) sottolineano come l’insorgenza di un regime democratico corrisponda ad una redistribuzione de jure del potere politico. Tuttavia, quello che conta per le politiche pubbliche è la distribuzione del potere politico de facto. Tali autori riportano molteplici esempi di insorgenza di regimi democratici dove non si assiste a nessuna redistribuzione del potere politico secondo la logica dell’elettore mediano. In questi casi, un cambiamento di regime non avrebbe nessun effetto sul set di politiche pubbliche a favore dei gruppi più vulnerabili della popolazione. Un risultato analogo si verificherebbe qualora il potere politico, a seguito di un processo di democratizzazione, sia “catturato” dalla classe media, non traducendosi perciò in una riduzione della povertà e delle diseguaglianze.
Quindi, in termini simili alla discussione sull’impatto delle riforme economiche, le aspettative a priori circa il possibile impatto di un processo di democratizzazione sulla povertà e l’accesso al cibo, tendono ad essere piuttosto ambigue. Tuttavia, a parità di altre condizioni, non ci sono ragioni per aspettarsi un effetto negativo.
Il metodo del controllo sintetico (Scm)
Di seguito viene sintetizzata la logica del metodo del controllo (o matching) sintetico al fine di mettere in evidenza i suoi principali vantaggi e alcuni limiti. Per una trattazione formale approfondita del Scm si rimanda ai lavori di Abadie e Gardeazabal (2003) e Abadie et al. (2010).
Sia Yit (T) il valore della variabile risultato oggetto di interesse, nel nostro caso il tasso di mortalità infantile a cinque anni, con T=1 per i paesi trattati, ovvero che hanno subito una riforma democratica (o di liberalizzazione commerciale) e T=0 per i paesi di controllo che rimangono autocrazie (o che rimangono chiusi al commercio internazionale). L’effetto trattamento può essere misurato dalla differenza . Più in particolare, il nostro interesse è quello di stimare il vettore degli effetti di trattamento dinamici , in cui T0 è l’anno in cui avviene il trattamento, vale a dire la riforma economica o politica.
Come è noto, per ogni anno t > T0 la stima dell’effetto di trattamento è complicata dalla mancanza del risultato contro-fattuale, Yit(0), ovvero che cosa sarebbe accaduto al tasso di mortalità infantile del paese trattato sotto l’ipotesi di non trattamento. Per aggirare questo problema il metodo del controllo sintetico proposto da Abadie et al. (2010), ricostruisce l’andamento del contro-fattuale, Yit(0), come media ponderata dei paesi non trattati più simili al paese trattato, estratti da un pool IC di potenziali paesi di controllo, attraverso la selezione di un opportuno vettore W di pesi4. Il controllo sintetico rappresenta quindi una combinazione convessa di un sub-set di paesi di controllo, ottenuto minimizzando le differenze di comportamento rispetto al paese trattato, nel periodo di pre-trattamento. In altre parole si tratta di un matching dinamico effettuato negli anni di pre-trattamento (nel nostro caso 10 anni, da T-10 a T0).
Una volta stimato il vettore dei pesi W e quindi costruito il controllo sintetico, l’effetto di trattamento dinamico è dato semplicemente dalla differenza negli anni di post-trattamento tra i valori del tasso di mortalità del paese trattato e quelli del controllo sintetico, ovvero .
La figura 1 schematizza graficamente la logica di questo approccio. La linea continua rappresenta la dinamica osservata dell’andamento del tasso di mortalità a cinque anni in un paese trattato, mentre la linea tratteggiata la dinamica stimata del contro-fattuale sintetico, ottenuta sfruttando il matching nel periodo di pre-trattamento, come appena descritto. Graficamente, l’effetto di trattamento per ogni anno t > T0 corrisponde alla differenza verticale tra il tasso di mortalità osservato del paese trattato, Yit , e quello stimato del controllo sintetico, .
Figura 1 - Rappresentazione grafica del metodo del matching sintetico
Il metodo descritto presenta tre principali vantaggi rispetto ai più comuni approcci parametrici (Difference-in-difference Did) o semi-parametrici (propensity score matching). In primo luogo è più trasparente, poiché il vettore dei pesi W utilizzati nella costruzione del controllo sintetico rappresenta uno degli output chiave del processo di stima. Secondo, è flessibile e facilmente controllabile, poiché il set IC di paesi di controllo potenziali, il così detto donor pool, può essere ristretto per rendere la comparazione dei paesi più appropriata. Infine, è basato su ipotesi di identificazione che sono meno restrittive di quelle normalmente utilizzate dai metodi standard, come il Did o altre tecniche semi-parametriche. In particolare, questo metodo è robusto alla presenza di fattori di disturbo non osservabili che variano nel tempo, correlati con la variabile di interesse, offrendo perciò maggior credibilità all’interpretazione causale della stima.
I limiti principali riguardano soprattutto due aspetti. In primo luogo, in analogia con gli altri metodi semi-parametrici, il Scm non è in grado di distinguere tra effetti diretti e indiretti. In altre parole, siamo in grado di stimare in modo rigoroso se un processo di liberalizzazione commerciale ha avuto un effetto causale positivo, negativo o nullo sul tasso di mortalità infantile, ma ciò non ci permette di dire nulla circa il sottostante meccanismo di trasmissione. Tale aspetto tende a limitare la possibilità di avere delle implicazioni di politica economica univoche e precise. Un secondo problema è legato all’inferenza statistica. Dato il ridotto numero di osservazioni normalmente coinvolte in questo tipo di studi comparati, per ottenere la significatività statistica degli effetti di trattamento è necessario ricorrere a tecniche non convenzionali, come per esempio l’analisi mediante test placebo5.
Problemi di misura ed individuazione delle riforme economiche e politiche
Per applicare il matching sintetico all’analisi dell’impatto delle riforme economiche e politiche sulla sicurezza alimentare, è necessario definire la variabile risultato Yit , e il relativo trattamento, ovvero definire in termini univoci quali sono i paesi che hanno avuto delle riforme (oppure no) e l’anno in cui tali riforme si sono verificate.
Per quanto riguarda la variabile risultato, come già accennato in precedenza, è stato utilizzato il tasso di mortalità infantile nei primi cinque anni di età (Fonte: Nazioni Unite). Tale variabile è stata scelta non perché si ritiene possa essere la “migliore” disponibile per misurare i problemi di sicurezza alimentare, ma più concretamente perché presenta un’elevata copertura e, soprattutto, una variabilità annuale, condizione necessaria per applicare il matching sintetico6. Tuttavia, si noti che, in primo luogo, esiste una elevata correlazione tra tasso di mortalità infantile e gli indicatori più comuni di sicurezza alimentare. In secondo luogo, diversi autori attribuisco ai problemi di sottonutrizione e malnutrizione, circa il 55-60% delle cause di mortalità infantile (si veda per esempio, Caulfield et al., 2004).
Per individuare gli episodi di liberalizzazione commerciale, Olper et al. (2014) hanno utilizzato l’indicatore binario proposto inizialmente da Sachs e Warner (1995) e, più recentemente, rivisto ed esteso da Wacziarg and Welch (2008). Utilizzando tale indicatore un paese è classificato chiuso al commercio internazionale quando, almeno una, di un insieme di cinque diverse condizioni legate alla struttura delle politiche commerciali, viene soddisfatta (altrimenti, sarà considerato aperto)7. Partendo da questo indicatore, l’anno della riforma o evento di liberalizzazione commerciale (trattamento), è stato definito come il primo anno in cui un paese può essere considerato aperto al commercio internazionale, dopo un periodo continuativo di chiusura non inferiore a 10 anni.
Per classificare le riforme politiche, o eventi di democratizzazione, l’indicatore utilizzato in Pieters et al. (2014) si è basato sull’indice Polity 2 ottenuto dalla banca dati Polity IV (Marshall and Jaggers 2007), una pratica abbastanza consolidata negli studi sugli effetti economici dei processi di democratizzazione. Tale indicatore assegna uno punteggio a ciascun paese che varia tra -10 a +10, con i valori più alti associati alle democrazie più consolidate. L’evento di riforma democratica è individuato nell’anno in cui tale indicatore passa da valori negativi a valori strettamente positivi (> 0). La soglia di 0, corrisponde ad un definizione piuttosto generosa di democrazia. Tuttavia, come discusso in Persson e Tabellini (2008), questo sistema di classificazione permette di catturare in modo piuttosto preciso il timing delle principali riforme democratiche degli ultimi 50 anni8.
Si accenna infine al campione di paesi utilizzato nei due studi. In questo caso, oltre al solito vincolo legato alla disponibilità dei dati di base, per applicare il matching sintetico è necessario che sia i paesi trattati che quelli utilizzati per la costruzione del controllo sintetico, soddisfino una serie di prerogative. Per esempio, è necessario che i paesi trattati realizzino, nel periodo studiato, solo un evento di riforma economica (o politica), oppure che i paesi utilizzati per costruire il controllo sintetico rimangano per i 10 anni precedenti la riforme e i 10 anni successivi, continuativamente chiusi al commercio internazionale (oppure non-democratici).
Rimandando agli studi citati per ulteriori dettagli, l’analisi dell’impatto delle riforme commerciali è stata applicata a 40 episodi di liberalizzazione commerciale osservati nel periodo dal 1970 al 2000. L’analisi delle riforme politiche è stata realizzata considerando 30 eventi di democratizzazione occorsi nel periodo dal 1980 al 2000. Diversamente, il campione di paesi utilizzati per la costruzione dei rispettivi controlli sintetici, ha riguardato circa 40 paesi in via di sviluppo, che nel periodo coperto dall’indagine non hanno subito un processo di liberalizzazione commerciale, oppure una riforma democratica. Si noti, al riguardo, che è stato necessario costruire un data set di paesi trattati e di controllo che copre i dieci anni precedenti e i dieci successivi ad ogni riforma democratica o commerciale. Pertanto, il periodo effettivamente coperto dalle due analisi è stato dal 1960 al 2010 nel caso delle riforme commerciali e dal 1970 al 2010 nel caso delle riforme politiche.
Principali risultati
I principali risultati relativi alla stima dell’effetto di trattamento mediante il metodo del controllo sintetico sono riportati nella tabella 1 (riforme commerciali) e nella tabella 2 (riforme democratiche).
Tabella 1 - Riforme di liberalizzazione commerciali: Effetto di trattamento a T+5 e T+10
Tabella 2 - Riforme democratiche: Effetto di trattamento a T+5 e T+10
Nella seconda colonna è riportato il paese trattato, nella terza l’anno della riforma (T0), mentre nelle due colonne successive, denominate T+5 e T+10, sono riportati i valori degli effetti di trattamento calcolati dopo 5 e 10 anni dall’anno della riforma. I paesi sono ordinati rispetto alla dimensione dell’impatto calcolata al tempo T+10, con la convenzione che variazioni percentuali positive indicano miglioramenti del tasso di mortalità infantile calcolati rispetto al controllo sintetico9. Infine, nell’ultima colonna viene riportato il risultato del test placebo, finalizzato a verificare la significatività statistica dell’impatto delle rispettive riforme commerciali sul tasso di mortalità infantile.
Consideriamo in primo luogo i risultati relativi alle riforme di liberalizzazione commerciale (Tabella 1). In linea con la letteratura precedente gli effetti risultano essere molto eterogenei. Ritroviamo paesi che migliorano anche sensibilmente il tasso di mortalità infantile, paesi in cui l’effetto sia di breve che di lungo periodo è ridotto e, addirittura, diverse situazioni in cui l’effetto quantitativo della riforma sarebbe negativo, vale a dire dove il tasso di mortalità infantile è peggiorato, anche in modo apparentemente grave.
Le cose cambiano sensibilmente quando si analizza il livello di significatività dell’impatto delle riforme. In particolare, in circa 20 esperimenti in cui la riforma di liberalizzazione commerciale è seguita da un miglioramento del tasso di mortalità di lungo periodo maggiore del 6% - rispetto al controllo sintetico - ritroviamo la maggioranza degli effetti significativi (16 dei 20 totali). Al contrario, considerando i casi in cui la riforma ha avuto effetti negativi, questi non risultano mai significativi, ad eccezione della riforma in Sud Africa del 1991, che mostra un peggioramento importante del tasso di mortalità infantile.
Un’analisi più approfondita del caso Sud Africa, tuttavia, rivela come il periodo di post-trattamento (1992-2002), si sovrapponga quasi perfettamente con la rapida diffusione del virus dell’Hiv (cfr. South Africa Department of Health, 2005). Perciò, l’unico caso con effetto significativo e negativo non è attribuibile alla riforma commerciale del 1991 ma, diversamente, alla sua sovrapposizione con la diffusione dell’Aids10. Infatti, utilizzando esclusivamente paesi africani nella selezione del controllo sintetico, l’impatto negativo sulla mortalità infantile della liberalizzazione commerciale in Sud Africa svanisce. Tale considerazione mette in evidenza uno dei vantaggi chiave del matching sintetico, ovvero la possibilità di selezionare in modo più appropriato e flessibile i paesi di controllo.
Riassumendo, i principali risultati mettono in evidenza come in circa 20 paesi che hanno sperimentato una riforma di liberalizzazione commerciale nel periodo considerato, si è assistito ad un miglioramento della mortalità infantile quantitativamente apprezzabile, che risulta statisticamente significativo nella maggioranza dei casi. Al contrario, nei restanti 20 episodi dove il tasso di mortalità peggiora a seguito della riforma commerciale, l’effetto di trattamento risulta sistematicamente non significativo.
Passando ad analizzare i risultati relativi ai processi di riforma democratica sintetizzati nella tabella 2, su 30 esperimenti è stato riscontrato un effetto positivo sulla mortalità infantile maggiore del 6% in circa 16-17 casi, dei quali 12 risultano essere statisticamente significativi. Per circa 8 paesi l’effetto riscontrato è nullo oppure negativo, ma mai significativo. Nei restanti paesi non è stato possibile costruire un controllo sintetico soddisfacente. Si tratta in questo caso prevalentemente di paesi africani che, avendo livelli di mortalità infantile sensibilmente superiori rispetto al più alto livello presente nel gruppo di controllo, non permettono di identificare un controllo sintetico affidabile.
A tale riguardo è importante sottolineare come utilizzando un approccio parametrico con regressioni difference-in-difference, poiché questi paesi concorrerebbero a determinare l’effetto medio di trattamento, ciò si tradurrebbe in una sua sensibile sovrastima11. Questo perché la riduzione del tasso di mortalità infantile tende ad essere proporzionalmente maggiore nei paesi che partano da livelli iniziali molto elevati di mortalità infantile, dove sarebbe “più semplice” migliorare la situazione date le condizionai di partenza.
Un possibile problema dei risultati sopra sintetizzati è legato al fatto che nei paesi in via di sviluppo le riforme politiche ed economiche possono essere tra di loro interdipendenti. Per esempio, una liberalizzazione delle politiche commerciali può favorire una transizione verso la democrazia finalizzata a migliorare il benessere economico della classe media. Parallelamente, alcune evidenze empiriche suggeriscono come l’impatto delle riforme economiche e politiche sia in parte determinato dal timing delle riforme. In generale i paesi che hanno riformato prima l’economia e, solo in un secondo tempo, la politica mostrano performance macroeconomiche di crescita sensibilmente migliori (cfr. Giavazzi e Tabellini, 2005).
Al fine di analizzare tale eventualità, Olper et al. (2014) hanno verificato formalmente se l’impatto delle riforme economiche è condizionato in qualche modo delle riforme politiche. A tal fine, l’effetto medio di trattamento è stato misurato considerando due differenti gruppi di paesi con impatto delle riforme commerciali positivo:
- i quattro paesi in cui le riforme commerciali avvengono in democrazie consolidate;
- i sette paesi in cui le riforme economiche avvengono in regimi autocratici e che rimangono tali nei 10 anni del periodo di post-trattamento12.
I risultati di questo esercizio appaiono di un certo interesse e sembrerebbero confermare l’esistenza di una interrelazione tra riforme economiche e politiche. Infatti, quando le riforme commerciali si manifestano in una democrazia consolidata (Figura 2) la dimensione dell’effetto trattamento (T+10 = 26%) e la sua rispettiva significatività sono sensibilmente maggiori rispetto a quando la riforma commerciale avviene in un paese autocratico (T+10 = 16%) (Figura 3). Perciò, considerando l’impatto su una dimensione particolare dello sviluppo come la mortalità infantile, il timing ottimale tra riforme economiche e riforme politiche propende a favore di queste ultime. In altre parole, il miglioramento della mortalità infantile sarebbe maggiore qualora la sequenza delle riforme prevedesse prima un processo di democratizzazione e, solo in un secondo tempo, un processo di liberalizzazione commerciale. E’ interessante osservare come questo risultato, seppur basato su un numero limitato di casi, vada nella direzione opposta rispetto a quanto emerso negli studi sulla crescita economica, dove, anticipare la riforma economica rispetto a quella politica, produce i risultati migliori.
Figura 2 - Effetto medio di trattamento: riforme commerciali nei paesi democratici
Legenda: La figura riporta la stima dell’effetto medio di trattamento e il corrispondente livello di significatività (p-value) delle riforme commerciali che sono avvenute nelle democrazie consolidate. La stima si basa sulle riforme dei seguenti paesi: Brasile, Turchia, Sri Lanka, e Gambia. Il valore di mortalità infantile è normalizzato ponendo uguale a 1 quello del gruppo trattato nell’anno della riforma (T0). Perciò, la differenza verticale nella mortalità infantile tra il trattato e il controllo sintetico, nel periodo di post-trattamento, rappresenta una stima dell’effetto medio per i paesi che hanno attuato riforme commerciali in democrazie consolidate, espressa in percentuale.
Figura 3 - Effetto medio di trattamento: riforme commerciali nei paesi autocratici
Legenda: La figura riporta la stima dell’effetto medio di trattamento e il corrispondente livello di significatività (p-value) delle riforme commerciali che sono avvenute nei regimi autocratici. La stima si basa sulle riforme dei seguenti paesi: Indonesia, Marocco, Tunisia, Egitto, Cile, Guinea, and Tanzania. Il valore di mortalità infantile è normalizzato ponendo uguale a 1 quello del gruppo trattato nell’anno della riforma (T0). Perciò, la differenza verticale nella mortalità infantile tra il trattato e il controllo sintetico, nel periodo di post-trattamento, rappresenta una stima dell’effetto medio per i paesi che hanno attuato riforme commerciali in un regime autocratico, espressa in percentuale.
Considerazioni conclusive
Il presente contributo ha riassunto i principali risultati ottenuti dall’analisi dell’impatto delle riforme economiche e politiche sulla sicurezza alimentare, misurata con il tasso di mortalità infantile. I risultati confermano come l’impatto delle riforme commerciali e politiche tenda ad essere fortemente country-specific, sia nella dimensione che nella direzione dell’effetto di trattamento.
I risultati empirici mettono in evidenza come circa la metà dei paesi che si sono aperti al commerciale internazionale e circa un terzo di quelli cha hanno subito un processo di democratizzazione, abbiano sperimentato un miglioramento del tasso di mortalità infantile, sia nel breve che nel lungo periodo. Tale miglioramento risulta essere inoltre nella maggioranza dei casi statisticamente significativo. Non sono emersi, invece, episodi di riforme economiche o politiche con impatti negativi e statisticamente significativi sulla mortalità infantile.
Un’analisi più approfondita dei diversi case-studies sviluppata in Olper et al. (2014), tende inoltre a mettere in evidenza come, nei paesi in cui le riforme commerciali hanno avuto impatti positivi sulla mortalità infantile, si è assistito ad un più generale miglioramento di altri indicatori (diretti) di sicurezza alimentare, come per esempio, la percentuale di popolazione sottonutrita e sottopeso. Parallelamente, emergerebbe una stretta associazione tra riforme commerciali, miglioramento della mortalità infantile e riduzione del livello di tassazione del settore agricolo.
A livello più generale, appare importante ribadire come il metodo del matching sintetico, nonostante presenti svariati vantaggi rispetto ai metodi di stima più tradizionali, ha anche dei limiti. Forse quello più rilevante è relativo all’impossibilità di distinguere gli effetti diretti della liberalizzazione commerciale rispetto a quelli indiretti. Per esempio, nei paesi dove si è riscontrato una significativa riduzione della mortalità infantile a seguito di un processo di liberalizzazione commerciale, non sappiamo se ciò sia la conseguenza di un processo di crescita inclusivo, oppure di un miglioramento della disponibilità di cibo o, ancora, dell’effetto di spillover di conoscenza che accompagnano i processi di apertura commerciale. Dai risultati possiamo semplicemente concludere che i processi di liberalizzazione commerciale, in media, non hanno effetti negativi, almeno nel lungo periodo, e la probabilità che l’impatto sia positivo è piuttosto alta.
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- 1. La validità interna misura quanto i risultati di uno studio sono corretti per il campione di individui utilizzati in un determinato contesto. Con validità esterna si intende invece quanto i risultati e le conclusioni di uno studio sono generalizzabili.
- 2. Più in generale, tuttavia, l’impatto dell’inflazione dei prezzi degli alimenti sulla povertà è fortemente specifico non solo al paese, ma anche a livello territoriale, mostrando una forte variabilità spaziale (si veda Fujii 2013).
- 3. Un recente contributo di Acemoglu et al. (2014) ha messo in evidenza come, quando i processi di democratizzazione sono individuati con precisione, e si tiene in debita considerazione degli effetti negativi che precedono il cambiamento di regime, allora un processo di democratizzazione ha sistematicamente un impatto positivo sulla crescita economica.
- 4. Il vettore dei pesi W = (w1, ... , wIc)1 , utilizzato per la costruzione del controllo sintetico viene stimato attraverso la minimizzazione delle differenze al quadrato di un vettore di covariate, , dove vm riflette l’importanza relativa assegnata all’m-esima covariata nella differenza tra X1 and X0W. In pratica vm, è selezionato sulla base del potere predittivo delle covariate rispetto alla variabile risultato. Nell’esercizio qui proposto, il vettore di covariate utilizzato per la costruzione del controllo sintetico ha considerato: il Pil pro-capite reale, la crescita della popolazione, la % della popolazione rurale, il tasso di scolarizzazione primaria femminile, la frequenza di guerre e conflitti. Oltre a queste covariate, selezionate dalla letteratura sulle determinanti del tasso di mortalità infantile, sono stati utilizzati i valori del tasso di mortalità infantile osservati nel periodo di pre-trattamento, ed in particolari misurati al tempo T-10, T-5 e T0, al fine di migliorare la bontà del matching.
- 5. Il test placebo utilizza “falsi” esperimenti, attribuendo in modo randomizzato il trattamento al set di paesi di controllo. Dal confronto tra i falsi esperimenti e quello reale si può ricostruire la significatività statistica di quest’ultimo. In particolare, il valore di significatività (p-value) viene calcolato come il rapporto tra il numero di “falsi” esperimenti in cui si verifica un effetto maggiore rispetto al paese trattato, rispetto al numero totale di “falsi” esperimenti. Dato il numero ridotto di paesi coinvolti nei test placebo, un effetto trattamento con valore p-value minore di 0,15 può essere considerata una buona approssimazione per un effetto statisticamente significativo. Inoltre, il p-value si riferisce ad una media dei valori nei dieci anni di post-trattamento e, generalmente, tende ad assumere valori via via decrescenti più ci si allontano dall’anno di trattamento.
- 6. Purtroppo, la maggior parte degli indicatori di food security proposti in letteratura hanno una buona copertura solo a partire dal 1990 e, soprattutto, non hanno variabilità annuale.
- 7. Le condizioni sono le seguenti: (1) il livello medio dei dazi eccede il 40%; (2) le barriere non-tariffarie coprono almeno il 40% delle importazioni; (3) il paese ha un sistema economico di natura socialista; (4) il premio sul mercato nero dei cambi eccede il 20% del tasso ufficiale; (5) una quota importante delle esportazioni è controllata da monopoli di stato.
- 8. L’indice Polity 2 si basa sulle seguenti dimensioni politiche: i. livello di competizione elettorale per la definizione del capo dell’esecutivo; ii. vincoli all’autorità del potere esecutivo; iii. partecipazione politica e ruolo delle opposizioni. Nello studio di Pieters et al. (2014), oltre all’indicatore descritto, sono state utilizzate altre definizioni di “riforma democratica”, seguendo la letteratura più recente (si veda, in particolare, Acemoglu et al., 2014).
- 9. Infatti, un miglioramento, nella realtà va inteso come una riduzione del tasso di mortalità infantile.
- 10. L’analisi del controllo sintetico chiarisce questo punto. Infatti, ritroviamo un paese che ha sofferto la diffusione del virus Hiv, la Repubblica Centro Africana, ma il cui peso nel Sud Africa sintetico, pari a 0.095, è molto più basso rispetto a quello attribuito all’Iran (0,318) e alla Syria (0,50), in cui il problema dell’Aids non si è manifestato.
- 11. L’effetto medio di trattamento delle riforme democratiche stimato parametricamente è uguale al 24% e risultata essere circa il doppio di quello stimato con il metodo del controllo sintetico, pari in questo caso a circa il 12%.
- 12. E’ stato analizzato anche un terzo gruppo costituito da cinque paesi in cui le riforme commerciali sono avvenute “simultaneamente” alle riforme politiche o, comunque, all’interno dei dieci anni del periodo di post-trattamento. In questo caso l’effetto di trattamento a T+10 risulta significativo con un valore medio intorno al 19%.