Vivere di agricoltura: le famiglie agricole nella distribuzione del reddito

Vivere di agricoltura: le famiglie agricole nella distribuzione del reddito
a Università di Firenze, Dipartimento di Scienze per l'economia e l'Impresa

Introduzione

Il sostegno dei redditi agricoli ha costituito fin dall’inizio della Politica Agricola Comunitaria un obiettivo prioritario, tanto da essere inserito nel trattato di Roma con cui fu costituita la Comunità Economica Europea. Quasi sessant’anni dopo, tuttavia, l’agricoltura europea è profondamente mutata sia da un punto di vista economico che sociale. Da un lato il processo di sviluppo economico ha portato ad un ridimensionamento dell’importanza del settore all’interno dell’economia in termini di valore aggiunto e di addetti. Dall’altro il progresso tecnico e la dinamica delle strutture hanno modificato le modalità di gestione dell’agricoltura famigliare, con un incremento dei fenomeni di part-time e pluriattività. Ciò ha comportato una progressiva diminuzione del ruolo svolto dall’attività aziendale nella formazione dei redditi delle famiglie agricole. Il reddito di molte famiglie di agricoltori è oggi completato da una molteplicità di altre fonti: lavoro dipendente, altre attività di lavoro autonomo e molto spesso da trasferimenti (pensioni di vecchiaia e altre forme di assistenza). L’attività aziendale costituisce una quota variabile e molto spesso non più maggioritaria del reddito totale delle famiglie agricole (United Nations, 2012).
In questo articolo il problema del reddito agricolo viene considerato dal punto di vista famigliare. Verranno passate in rassegna alcune informazioni statistiche e studi che hanno analizzato il reddito delle famiglie che vivono di agricoltura, considerando anche le fonti non aziendali di reddito. L’obiettivo è quello di considerare la posizione delle famiglie agricole italiane, intese in senso ampio come famiglie che gestiscono una qualche attività di produzione agricola (Rocchi, 2014), all’interno del più ampio settore istituzionale delle famiglie italiane, per valutarne la posizione relativa. Nell’ultimo paragrafo verranno proposte alcune elaborazioni basate sui dati raccolti dall’indagine EU-Silc, un campione di famiglie rilevato in Italia dall’Istat, con riferimento al 2009.

Il reddito totale delle famiglie agricole secondo le analisi aggregate

A partire dalla metà degli anni ’80, proprio per tener conto delle profonde modificazioni di tipo sociale in corso nell’agricoltura europea, l’Eurostat avviò con gli istituti di statistica nazionali una attività di produzione di dati relativa al Reddito Globale delle Famiglie Agricole. Un primo rapporto venne pubblicato nel 1988 (Eurostat, 1988). L’ultimo report pubblicato da Eurostat (2002) sul reddito delle famiglie agricole mostrava già come a livello europeo le famiglie agricole raggiungessero mediamente livelli di reddito comparabili a quelli del resto delle famiglie, sia pure con differenziazioni tra paese e paese e, all’interno dei diversi paesi membri, tra diverse regioni.
I primi studi condotti a livello europeo sul reddito globale delle famiglie agricole erano per la gran parte basati su un approccio aggregato alla stima: partendo dalla stima dei redditi agricoli effettuata nell’ambito della contabilità settoriale, sulla base di una molteplicità di informazioni aggiuntive sia microeconomiche che aggregate, i diversi istituti nazionali di statistica ricostruivano l’ammontare totale dei redditi percepiti delle famiglie agricole, stimando separatamente le componenti non agricole. Il principale difetto dell’approccio era costituito dalla sostanziale difformità delle metodologie adottate dai singoli paesi, che riduceva significativamente le possibilità di comparazione (Ciaccia, 2008). Negli anni successivi è stato avviato uno studio di fattibilità per una revisione generale della metodologia.
Nell’ambito delle attività di revisione, l’Istat ha aggiornato la serie storia delle stime fino al 2001 sia utilizzando l’approccio aggregato che utilizzando fonti di informazione microeconomica (“approccio micro”) come ad esempio l’indagine sui Risultati economici delle aziende agrarie (Ciaccia, 2008). I dati mostravano come verso la metà degli anni ’90 le famiglie agricole in senso stretto1 (Tipo A), quelle cioè che vivono prevalentemente di redditi agricoli, fossero state superate in numerosità da quelle (Tipo B) per le quali i redditi aziendali costituiscono solo una fonte secondaria di reddito. Nel 2001 l’Istat stimava che le prime fossero 306.000, le seconde circa 454.000. La serie storica ricostruita secondo il tradizionale approccio “macro” mostrava una progressiva differenziazione tra i due gruppi anche per quanto riguarda il reddito disponibile guadagnato: fin dai primi anni ’90, infatti, le famiglie agricole in senso stretto mostravano un reddito disponibile medio superiore a quello delle famiglie agricole di tipo B, con un divario che si allargava lungo tutto il decennio. Non solo: sempre secondo tali stime il reddito medio delle famiglie per le quali l’attività aziendale agricola costituiva la fonte principale di reddito, dal 1998 al 2001 superava quello delle famiglie non agricole.
Un risultato che confermava la sostanziale convergenza tra i redditi delle famiglie agricole e i redditi del resto delle famiglie italiane. Tra i dati presentati da Ciaccia (2008), tuttavia, è interessante notare come il confronto con le stime basate su dati microeconomici mostrasse un quadro più complesso, confermando per il 2001 le differenziazioni interne al gruppo delle famiglie agricole ma indicando un livello medio dei redditi delle famiglie extra-agricole ancora più alto, anche se sostanzialmente comparabile.

La distribuzione del reddito

Il principale interesse per una prospettiva di analisi che guardi ai redditi agricoli all’interno del complesso dei redditi famigliari è dato innanzitutto dalla possibilità di valutare la posizione relativa delle famiglie che vivono di agricoltura all’interno nella distribuzione del reddito nazionale. Alcuni studi, utilizzando i risultati delle indagini dell’Istat, hanno analizzato la distribuzione del reddito agricolo tra famiglie con diverso livello di reddito famigliare (decili di reddito) e con diversa importanza della fonte “agricola” nella formazione del reddito (Rocchi, 2006; Rocchi et al., 2011). I risultati di questi studi mostrano alcuni aspetti rilevanti, in primo luogo una forte differenziazione all’interno dello stesso settore istituzionale delle famiglie agricole: quelle per le quali il reddito agricolo è la fonte principale di reddito sono concentrate nei decili di reddito più bassi e più alti. Mentre per le prime l’agricoltura è una fonte prevalente di reddito per mancanza di altre opportunità, per le seconde l’elevato reddito agricolo è indice di un elevato livello di ricchezza, probabilmente connesso al possesso di aziende di grandi dimensioni (Rocchi et al., 2011). Un altro aspetto di rilievo è costituito dalla conseguenza, sul versante distributivo, del noto dualismo strutturale dell’agricoltura italiana: nel 2007 circa il 10% delle famiglie con redditi agricoli collocato nei quattro decili di reddito più alti delle famiglie italiane percepiva circa il 50% dei redditi agricoli prodotti in Italia. Non deve stupire di conseguenza se le analisi citate rilevassero una sostanziale squilibrio delle misure di sostegno dei redditi agricoli verso famiglie con redditi elevati: cioè, in ultima analisi, verso famiglie senza particolari problemi di reddito famigliare. Un risultato che mostra una volta di più la difficoltà di definire appropriate misure di sostegno dei redditi in un’ottica strettamente settoriale.
Un confronto tra i livelli di reddito delle famiglie agricole e non agricole basato sull’analisi di due serie di fonti di natura microeconomica institution oriented (due campioni rappresentativi di tutte le famiglie italiane) è stato di recentemente proposto su Agriregionieuropa (Rocchi et al., 2012). Tale analisi per gli anni che vanno dal 2005 al 2007 mostrano un reddito medio procapite equivalente2 delle famiglie agricole in senso stretto (individuate con il criterio della persona di riferimento) inferiore a quello delle famiglie non agricole con capofamiglia occupato e una maggiore diseguaglianza nella distribuzione del reddito all’interno del gruppo. Le differenze con le altre famiglie si riducono tuttavia se nel confronto si tengono presenti caratteristiche delle famiglie diverse dal settore di provenienza dei redditi ma che possono comunque avere un impatto sul reddito stesso, come ad esempio il livello di istruzione, il numero di membri della famiglia occupati, l’età e il sesso dei componenti. La “scomposizione” delle differenze di reddito medio tra famiglie agricole e altre famiglie con opportune tecniche ha mostrato (Stefani et al., 2012) che due terzi della stessa differenza, negli anni considerati, era imputabile a tali fattori: le famiglie agricole presentavano mediamente un più elevato numero di membri minorenni (le famiglie “giovani” mediamente hanno un reddito più basso), un numero meno elevato membri occupati e ed erano più numerose nelle regioni meridionali (dove i livelli di reddito medio sono più bassi). Solo un terzo delle differenze sembrava direttamente imputabile al settore di occupazione del capofamiglia.
Nel prossimo paragrafo il confronto tra i livelli di reddito delle famiglie agricole e non agricole verrà aggiornato al 2009 utilizzando i dati dell’indagine EU-Silc.

Alcune stime aggiuntive

I dati utilizzati sono quelli dell’edizione 2010 dell’indagine EU-Silc sui redditi e le condizioni di vita delle famiglie condotta dall’Istat. I redditi rilevati sono riferiti al 2009. Rispetto ai lavori citati nel precedente paragrafo sono state introdotti due accorgimenti metodologici. Innanzitutto le famiglie agricole sono state individuate secondo lo standard statistico internazionale (United Nations, 2012) sulla base del peso effettivo del reddito aziendale sul totale dei redditi famigliari: l’indagine EU-Silc, infatti, lo consente, rilevando in dettaglio tutti i redditi percepiti dai singoli membri della famiglia. Ai fini dell’analisi sono state considerate tutte le famiglie nelle quali almeno un membro percepisse redditi da lavoro autonomo agricolo: una definizione “ampia” del settore istituzionale.
Su un campione di 19.147 famiglie, solo 335 sono state classificate come agricole, un dato che conferma il problema di sottorappresentazione del settore istituzionale nei campioni rappresentativi di tutte le famiglie italiane. Di queste 139 possono essere considerate agricole in senso stretto, presentando redditi agricoli che rappresentano oltre il 50% dei redditi famigliari; le restanti 196 presentano percentuali di varia entità ma comunque inferiori.
Nella tabella 1 sono riepilogate alcune delle loro caratteristiche. L’età media dei capofamiglia supera i 50 anni e si riflette sul numero ridotto di membri della famiglia minorenni. Il livello medio di istruzione, misurato sulla scala a 7 livelli corrispondente alla classificazione internazionale Isced-973 è modesto, corrispondendo alla licenza di scuola media inferiore. I redditi da lavoro autonomo (sia agricoli che non agricoli4) rappresentano in media la principale fonte di entrate. I salari rappresentano in media un quinto delle entrate famigliari mentre pensioni e trasferimenti circa un quarto.

Tabella 1 - Caratteristiche medie delle famiglie agricole nel campione EU-Silc (2009)

Allo scopo di rendere più significativo il confronto è stata introdotto un secondo adattamento metodologico, selezionando tra le famiglie non agricole un gruppo di eguale numerosità (335) che potremmo definire “di controllo”. Tali famiglie sono state selezionate in modo da presentare caratteristiche per quanto possibile simili a quelle del gruppo delle agricole ad eccezione del settore di provenienza del reddito. Più specificamente sono state considerate tre caratteristiche: l’ampiezza della famiglia (espressa come numero di componenti equivalenti), l’età del capofamiglia e la quota di reddito famigliare proveniente da attività da lavoro autonomo. La selezione del sottocampione “di controllo” è stata effettuata con la metodologia del propensity score matching, una tecnica utilizzata per individuare il cosiddetto “controfattuale” nelle analisi di impatto delle politiche (Shaidur et al., 2010)5.
Le caratteristiche medie del gruppo di controllo sono riportate nella seconda colonna della tabella 2. I valori per le tre variabili in base al quale è stato formato il gruppo di famiglie “non agricole” di controllo sono, come atteso, molto simili. A parità di tali condizioni alcune differenze si notano invece per gli altri aspetti, in particolare un livello di istruzione leggermente superiore e una maggiore incidenza dei redditi dal lavoro dipendente nella formazione del reddito famigliare, rispetto alle pensioni.
Nella tabella 2, vengono posti a confronto i redditi dei due gruppi; la terza colonna riporta i valori medi per il totale delle famiglie italiane.

Tabella 2 - Reddito disponibile mensile delle famiglie (2009) – Euro procapite equivalenti

Il reddito disponibile mensile delle famiglie agricole è mediamente pari a 1.446 Euro a fronte di un valore medio del gruppo di controllo pari a 1.917 Euro, circa il 33% in più. Le differenze si riducono considerando le mediane (non agricole 26% in più delle non agricole), un indicatore riassuntivo più appropriato della media per confrontare i redditi di due gruppi. Se si guarda alla diseguaglianza di reddito interna ai due gruppi, rappresentata dall’indice di Gini, il livello appare sostanzialmente lo stesso. Una più marcata differenza, viceversa, viene rilevata dall’indice di povertà: il dato in tabella rappresenta la percentuale delle famiglie incluse nel gruppo con un reddito inferiore alla soglia di povertà relativa calcolato per l’intera popolazione italiana (incluse tutte le altre famiglie). Il confronto sembra dunque testimoniare il persistere di un certo differenziale di reddito tra le famiglie che vivono di agricoltura e altre famiglie simili, il cui reddito è basato sul lavoro autonomo in altri settori. Tuttavia i valori medi nascondono, come è ovvio, molta dell’informazione contenuta nei dati. L’analisi basata su dati microeconomici presenta il vantaggio di poter analizzare tutta la distribuzione. Nella figura 1 la distribuzione delle famiglie dei due gruppi per livello di reddito viene rappresentata graficamente.

Figura 1 - Famiglie agricole e non agricole per livello di reddito

Le due distribuzioni sono in larga parte sovrapposte anche se la linea che rappresenta le famiglie agricole raggiunge la frequenza massima a livelli inferiori di reddito e, più in generale, presenta una forma più asimmetrica di quella delle famiglie non agricole, un aspetto che riflette la maggiore incidenza della povertà rilevata in precedenza.
Se si confronta il livello medio di reddito delle famiglie agricole con quello di tutte le famiglie italiane (Tabella 2) le differenze appaiono ancora più modeste, sia per quanto riguarda i livelli medi di reddito che con riferimento agli indici di diseguaglianza e povertà.
I risultati sembrano dunque mostrare non tanto un problema di svantaggio delle famiglie agricole verso il totale delle famiglie italiane, quanto piuttosto verso famiglie simili per caratteristiche demografiche e composizione del reddito. Una componente di questo differenziale imputabile al settore di attività non può essere esclusa da questa analisi, anche se ulteriori approfondimenti sarebbero necessari per confermarla e qualificarla nelle sue cause. Solo a questa componente dovrebbero infatti rivolgersi le politiche settoriali di sostegno.
Appare rilevante anche la forte diversificazione dei redditi all’interno del gruppo delle famiglie agricole: essa è ancora ampia e probabilmente generata da una molteplicità di cause. Sarebbe necessario ad esempio comprendere quanto rilevante sia l’attività agricola all’interno delle strategie di reddito delle famiglie collocate sul lato sinistro della distribuzione rappresentata nella figura 1. Un migliore orientamento del sostegno dovrebbe considerare attentamente queste diversità, ad esempio inserendo tra i criteri di ammissibilità agli aiuti il livello di reddito totale della famiglia o l’importanza relativa del reddito agricolo.

Riferimenti bibliografici

  • Ciaccia D. (2008), I redditi delle famiglie agricole: obiettivi vecchi e nuovi degli utilizzatori istituzionali in ambito europeo. Atti del XLV Convegno di Studi Sidea, Portici 25-27 ottobre 2008

  • Eurostat (1988), Revenu global des mènages agricoles, thème 5, Sèrie D. Louxembourg

  • Eurostat (2002), Income of the Agricultural Households Sector – 2001 Report. Lussemburgo

  • Rocchi B. (2006), Gli effetti distributivi della politica comunitaria. Agriregionieuropa, 5(16):37-41

  • Rocchi B. (2014), I redditi agricoli nelle indagini sulle famiglie. Agriregionieuropa, 10(36)

  • Rocchi B., Stefani G. e Romano D. (2012), Differenze di reddito tra famiglie agricole e non agricole in Italia: una verifica empirica. Agriregionieuropa, 8(31): 73-76

  • Rocchi B., Sacco G. e Pizzoli E. (2011), Nuove informazioni statistiche sulla distribuzione del reddito nell’agricoltura italiana. Agriregionieuropa, 7(26): 1-5

  • Shahidur R. K., Gayatri B. K., Hussain A. S. (2010), Handbook on impact evaluation: quantitative methods and practices. The World Bank, WashingtonD.C (Usa)

  • Stefani G., Rocchi B., Romano D. (2012), Does agriculture matter? Revisiting the farm income problem in Italy. Working Paper Series n. 18/2012, Dipartimento di Scienze Economiche, Universita di Firenze. [pdf]

  • United Nations (2012), Statistics on rural development and agricultural household income. The Wye Handbook Second Edition. New York: United Nations, [pdf]

  • 1. Definite nello studio secondo il criterio della “persona di riferimento”, cioè quando la persona di riferimento della famiglia risulta occupato come lavoratore autonomo in agricoltura; cfr anche (Rocchi, 2014) su questo stesso numero di Are.
  • 2. Cioè diviso per un numero di componenti valutato secondo una scala di equivalenza nei consumi.
  • 3. International Standard Classification of Education anno 1997.
  • 4. 52 famiglie presentano sia redditi agricoli che altri redditi da lavoro autonomo.
  • 5. Una stima probit ha permesso di stimare una equazione che esprime la probabilità di far parte del gruppo delle famiglie “agricole” in base alle caratteristiche elencate in precedenza. Si tratta di un utilizzo sui generis della tecnica, con finalità di analisi descrittiva dei dati, dal momento non sarebbe ragionevole ipotizzare una relazione di causalità tra le variabili considerate (numero componenti, età del capofamiglia e quota di redditi da lavoro autonomo) e la condizione “agricola” della famiglia. Utilizzando l’equazione stimata sono state selezionate tra le famiglie non agricole quelle che mostravano caratteristiche più simili, mediante una procedura di matching senza ripetizione: ad ogni famiglia agricola è stata abbinata una famiglia agricola “gemella”. I due gruppi (agricole e non agricole) mostrano una forte somiglianza nei valori assunti dalle variabili alla base della procedura di abbinamento.
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