Introduzione
La multifunzionalità in agricoltura assume valore economico nel momento in cui diventa una strategia per diversificare le attività aziendali, in risposta alla nuova domanda di beni e servizi espressa dai cittadini consumatori nei confronti del settore primario. Tale strategia comporta una ricollocazione dei fattori produttivi dalla produzione agricola in senso stretto a favore di funzioni – ambientali, sociali, ecc. – che permettono di generare redditi aggiuntivi.
L’agricoltura multifunzionale include tre funzioni centrali, che riguardano le relazioni con lo spazio (ambiente, paesaggio), con la produzione (salubrità e sicurezza degli alimenti, ma anche diversificazione qualitativa degli alimenti) e con i servizi (gestione aree rurali, biodiversità, amenità) (Durand e Van Huylenbroeck, 2003). Le modalità e l’intensità con cui queste funzioni si combinano con l’agricoltura stabiliscono una sorta di “gradiente” di multifunzionalità (Wilson, 2007). Due forze contribuiscono a creare un continuum per cui ciascuna azienda esprime un certo grado di multifunzionalità: da un lato, la domanda espressa dalla società nei confronti dell’agricoltura, dall’altro le politiche che si riorientano a favore del sostegno alla diversificazione e alla valorizzazione delle funzioni secondarie dell’agricoltura (Belletti et al., 2003).
Il grado di consapevolezza delle potenzialità multifunzionali delle aziende agricole si rende evidente soprattutto in quelle il cui livello di imprenditorialità riesce ad esprimere una strategia di sviluppo e di crescita in questa direzione (Henke, 2007). Da un lato, infatti, la domanda espressa dalla società per le funzioni secondarie dell’agricoltura viene più facilmente captata da imprenditori agricoli che riescono a organizzare i fattori della produzione in modo da modificare l’assetto tradizionale dell’azienda. Dall’altro, la profonda revisione del sostegno al settore primario porta la Pac a valorizzare sempre più gli aspetti di multifunzionalità, non tanto nell’ottica della giustificazione internazionale del sostegno, quanto piuttosto per dare un nuovo senso al pagamento disaccoppiato e trovare un equilibrio tra le componenti settoriali e territoriali del sostegno complessivo (De Filippis, 2008).
Questa chiave di lettura viene ripresa nella classificazione di multifunzionalità recentemente proposta da Wilson (2008), secondo cui si possono identificare tre diversi livelli di riferimento di multifunzionalità, definiti debole, media e forte. La multifunzionalità debole rappresenta una sorta di livello di base comune a tutte le principali tipologie aziendali. In parte, essa corrisponde alla concezione più “classica” di multifunzionalità legata alla produzione congiunta, e per certi versi inconsapevole, di beni agricoli e di esternalità ma che non implica, se non in maniera marginale, una riorganizzazione dei fattori produttivi in azienda. L’obiettivo delle imprese che ricadono in questa tipologia di multifunzionalità è prevalentemente quello di mantenere l’impresa agricola vitale e autonoma, attraverso un modello di integrazione dell’agricoltura con il resto del sistema economico e con un limitato ricorso alla diversificazione.
La multifunzionalità media implica un percorso intenzionale di riorganizzazione delle risorse aziendali, che coinvolge sia il lavoro familiare che le strutture (si pensi, ad esempio, agli edifici dedicati all’agriturismo o al recupero di vecchie stalle che diventano i luoghi di vendita dei prodotti aziendali).
Elemento fondamentale della multifunzionalità forte, infine, è il profondo processo di trasformazione culturale e sociale che, in qualche modo, viene a sostenere la trasformazione dentro l’azienda. Tale livello di multifunzionalità non riguarda necessariamente agricolture “marginali” dal punto di vista economico e sociale: l’elevato grado di multifunzionalità si esprime attraverso una diversificazione dell’uso dei fattori della produzione e delle fonti di reddito familiare che traggono vantaggio dallo sviluppo di relazioni funzionali e dalla valorizzazione della eterogeneità territoriale.
Le imprese multifunzionali forti hanno, in genere, un’elevata consapevolezza del loro ruolo ambientale e del contributo attivo che possono dare al bilancio dell’uso delle risorse naturali. Inoltre, tendono a mostrare una forte interrelazione con le comunità locali e con le attività che coesistono sul territorio, con le istituzioni e con gli altri attori sociali nella circolazione delle informazioni, nell’accesso alla comunicazione, nella promozione delle proprie attività, nella formazione, ecc. (Brunori, 2003).
Una classificazione delle pratiche multifunzionali
Partendo da queste definizioni, il passo successivo è quello di cercare di quantificare il coinvolgimento degli imprenditori agricoli nella multifunzionalità (Van der Ploeg e Roep, 2003). Adottando un approccio operativo, le pratiche a carattere multifunzionale attivate dalle imprese vengono suddivise in tre categorie: la prima unisce le pratiche di approfondimento e valorizzazione della produzione agricola (deepening); la seconda aggrega le pratiche che implicano un allargamento delle funzioni svolte dall’impresa agricola (broadening); la terza riunisce i casi di riallocazione dei fattori della produzione all’esterno dell’azienda (regrounding).
Nel primo caso, l’azienda agricola differenzia il suo potenziale produttivo spostandosi su beni agricoli con caratteristiche diverse da quelli convenzionali (es.: prodotti biologici o tipici, indicazioni geografiche), oppure muovendosi lungo la filiera, acquisendo funzioni a valle della fase della produzione (es.: vendita diretta). Nel caso del broadening, avviene un processo di allargamento delle attività che producono reddito, alcune delle quali possono essere anche del tutto indipendenti dalla produzione agricola vera e propria, valorizzando l’attività imprenditoriale in un contesto rurale più ampio di quello strettamente agricolo (es.: turismo rurale, gestione del paesaggio, conservazione della biodiversità).
Nel caso del regrounding si parla di pluriattività e di quella che nella letteratura anglosassone viene definita come economical farming1. La pluriattività è interpretata da alcuni come una strategia di sopravvivenza utilizzata dalle imprese meno produttive per contrastare gli andamenti negativi dei mercati, come tale viene spesso indicata come un sintomo di povertà (Marsden e Sonnino, 2008). Tale visione in parte si oppone ad un filone molto consolidato di letteratura, che ha avuto anche un ampio sviluppo in Italia negli anni Ottanta e Novanta, secondo cui la pluriattività, lungi dall’essere un indicatore di povertà, rappresenta un fenomeno strutturale e vitale, frutto di una strategia attiva di adattamento del settore primario alle dinamiche più generali del sistema socio-economico (Saraceno, 1985; De Benedictis, 1990 e 1995). Val la pena sottolineare, infine, che la multifunzionalità può essere attivata, in ciascuna delle categorie individuate, ad un livello debole, medio e forte, secondo l’idea del continuum a cui ci si è riferiti in precedenza. Ciò dipende, in sostanza, dalle strategie che l’imprenditore è capace di mettere in atto e dalle relazioni dell’azienda sul territorio.
Le pratiche multifunzionali nelle aziende italiane
Applicando queste tre categorie ai dati Rica del 2005, si è cercato di mettere in evidenza non solo gli attuali livelli di diffusione della multifunzionalità, ma anche di tracciare i profili delle imprese impegnate nelle diverse categorie utilizzate e analizzare i redditi conseguiti.
Nella figura 1 vengono riportate le frequenze con cui si manifestano le pratiche multifunzionali (Pm) nell’universo delle aziende agricole professionali italiane, ottenute applicando i coefficienti di correzioni (pesi) calcolati dall’Istat che permettono di riportare i dati campionari all’universo.
Nel complesso, le forme di broadening (turismo rurale, gestione del paesaggio, conservazione della biodiversità, noli attivi, affito di terreni) sono relativamente meno frequenti di quelle di deepening (estensivizzazione, produzioni a basso impatto e biologiche, certificazioni di origine e tradizionali, vendita diretta, trasformazione in azienda) ovvero di quelle Pm, ad esempio le certificazioni di qualità, che più facilmente riescono a far riconoscere dal mercato una, almeno parziale, compensazione dei costi o benefici esterni ad esse connessi2.
Nella stessa figura le frequenze di attivazione sono state riportate per tipo di impresa: familiari e non familiari3. È interessante notare che, contrariamente a quanto spesso viene ipotizzato, la diversificazione multifunzionale non è appannaggio esclusivo delle imprese familiari. Al contrario, alcune forme, ad esempio la certificazione di origine, i metodi di produzione a ridotto impatto ambientale (es.: la lotta integrata) e quelli biologici, come anche l’affitto di fabbricati e terreni e l’agriturismo, sono relativamente più frequenti tra le imprese non familiari che tra quelle familiari. Se si considera inoltre che le imprese non familiari sono in genere caratterizzate da grandi dimensioni rispetto a quelle familiari, ne deriva che le elevate frequenze di attivazione corrispondono anche ad elevate quote di produzione nazionale a carattere multifunzionale (di qualità, biologica, ecc.).
Figura 1 - Multifunzionalità e diversificazione nelle imprese familiari e non familiari (valore percentuale sulle aziende totali)
Fonte: elaborazioni su dati Rica 2005
Tra le imprese familiari, le forme di diversificazione multifunzionale maggiormente diffuse sono quelle della trasformazione in azienda e della vendita diretta. Queste rappresentano strategie di diversificazione del reddito tradizionalmente utilizzate dalle piccole imprese familiari per attenuare la pressione derivante dalla disponibilità di manodopera familiare in eccesso rispetto ai fabbisogni relativi alla sola produzione agricola. L’ampliamento della gamma di funzioni produttive svolte dall’azienda consente infatti di riassorbire l’eccesso di manodopera, aumentandone la produttività e la redditività. L’attenzione si sposta, quindi, dalla fase di produzione all’intera catena di offerta, coinvolgendo anche la distribuzione, in quanto responsabile della produzione di inquinamento legato al trasporto e all’imballaggio dei prodotti.
Infine, si osserva che la diffusione delle Pm che producono esternalità ambientali positive (conservazione del paesaggio e della biodiversità, estensivizzazione) è molto bassa sia tra le aziende familiari che nelle non familiari. È opportuno, tuttavia, ribadire che in questi casi il dato rilevato dalla Rica è solo una sottostima del fenomeno complessivo, in quanto si rilevano solo le informazioni relative alla partecipazione a programmi che attivano queste specifiche funzioni.
Guardando alla diffusione delle diverse forme di multifunzionalità, dai dati Rica emerge che il 40% delle 10.036 aziende familiari è di tipo convenzionale; delle rimanenti, circa il 40% è riconducibile alla categoria del deepening, il 37% a quella del broadening e il 13% fa ricorso alla pluriattività.
Nelle singole categorie sono comprese anche aziende che attivano contemporaneamente più di una funzione all’interno della stessa tipologia. Ad esempio, delle circa 2.000 aziende che attivano solo Pm di deepening, poco meno del 20% ne ha, in realtà, più di una. Un altro aspetto interessante è rappresentato dalle sovrapposizioni tra le tre categorie considerate. In Italia, un terzo delle aziende multifunzionali attiva contemporaneamente sia funzioni di deepening che di broadening, mentre le sovrapposizioni tra pluriattività e altre pratiche è più contenuta (Henke e Salvioni, 2009). L’elevata incidenza delle imprese che adottano regimi multifunzionali complessi sul totale delle imprese multifunzionali implica l’esistenza di economie di scopo connesse all’adozione congiunta. Le interazioni tra Pm possono derivare da scelte, in molti casi consapevoli, che rappresentano per l’imprenditore agricolo un modo per migliorare e completare la propria offerta produttiva. È questo il caso, ad esempio, della vendita dei prodotti con certificazione di origine secondo modalità di vendita diretta che esalta ulteriormente l’attributo di località del prodotto.
Nella tabella 1 sono riportate le principali caratteristiche strutturali (età e genere del conduttore, posizione altimetrica delle aziende, dimensione fisica, unità di lavoro) sia delle aziende convenzionali, sia di quelle che ricadono in una delle tre categorie individuate in precedenza.
Tabella 1 – Le caratteristiche strutturali delle imprese agricole familiari italiane (dati pesati)
Fonte: elaborazioni su dati RICA 2005.
In primo luogo, si osserva che le aziende appartenenti alle categorie multifunzionali hanno dimensioni fisiche, sia in termini di superficie che di unità di lavoro occupate, inferiori rispetto a quelle convenzionali. Tra le multifunzionali, sono quelle del gruppo deepening a mostrare la dimensioni maggiori, mentre le aziende che ricadono nel regrounding sono quelle con la minore dotazione di terra e di lavoro.
Le aziende del gruppo broadening sono caratterizzate dalla presenza di conduttori mediamente più anziani. Si tratta di unità prevalentemente di collina, a carattere estensivo, che si aprono ad altre attività probabilmente come forma di “differenziazione di lusso”, cioè come percorso consapevole di trasformazione, come ad esempio l’agriturismo o le fattorie didattiche, o anche l’adesione a schemi di conservazione del paesaggio all’interno dei programmi agroambientali (Wilson, 2008). Passando alla classe del deepening, le aziende anche qui sono prevalentemente di collina e, in media, di maggiori dimensioni rispetto a quella degli altri gruppi multifunzionali. Rispetto alle altre classi, le aziende pluriattive sono mediamente più piccole, spesso collocate in collina e, a differenza delle altre multifunzionali, anche in pianura. Un altro tratto che le caratterizza è la frequenza relativamente maggiore di conduttori di sesso femminile. Tutto ciò non sorprende se si pensa la vasta letteratura sulla pluriattività degli anni Ottanta e Novanta. Riguardo al grado di multifunzionalità espresso da queste aziende, vanno sottolineati due aspetti, in parte di segno opposto. Da una parte, va detto che il conduttore part-time o con famiglia pluriattiva spesso esprime una moderata apertura ad aspetti non strettamente produttivistici della propria azienda, più per necessità che per scelta, a causa degli impegni extra-aziendali; ciò contribuisce a mantenere questa categoria di aziende in una “fascia bassa” del gradiente di multifunzionalità attivata. Dall’altra, la loro collocazione privilegiata in prossimità dei centri urbani o comunque in aree rurali economicamente e socialmente vitali (che consente la pluriattività) fa in modo che queste aziende siano sensibili alla possibilità di offrire nuovi e differenziati servizi alla popolazione non agricola, avvicinandosi, in questo senso, alla categoria del broadening (mercati locali e vendita diretta, assistenza ad animali, a persone disabili e anziane, fattorie didattiche, ecc.) (Wilson, 2008).
Ancora più interessanti delle differenze strutturali appaiono le performance economiche realizzate dalle aziende che attivano pratiche multifunzionali. Tale aspetto viene qui valutato attraverso il confronto del reddito familiare4 calcolato per unità di lavoro prestato dai membri della famiglia del conduttore, ovvero attraverso il valore dei redditi annui ipoteticamente pagati in media ad una unità di lavoro familiare a tempo pieno5.
In primo luogo, è interessante notare (figura 2) l’estrema variabilità dei valori della redditività nelle aziende che adottano le diverse pratiche multifunzionali. Nel caso delle aziende che partecipano a programmi di conservazione del paesaggio il dato è addirittura negativo, mentre, all’estremo opposto, i valori più elevati sono quelli delle aziende biologiche, con prodotti tradizionali e con agriturismo, che riescono a remunerare il lavoro familiare a livelli superiori rispetto alle convenzionali. Inoltre, vale la pena sottolineare la posizione di estrema debolezza delle imprese pluriattive per le quali i redditi unitari sono solo un terzo di quelli percepiti dai membri delle famiglie di aziende convenzionali. Ciò, però, non va considerato necessariamente come un sintomo di povertà di queste famiglie agricole, in quanto la presenza di redditi extra-agricoli può portare il benessere economico dei componenti delle famiglie agricole pluriattive a livelli pari se non superiori a quelli goduti da altri tipi di famiglie.
Figura 2 – Redditi per unità di lavoro familiare nelle aziende multifunzionali (euro per anno)
Fonte: elaborazioni su dati RICA 2005.
Conclusioni
La multifunzionalità è divenuta ormai, per larga parte, una scelta esplicita di molte aziende agricole che adottano diverse Pm per contrastare gli effetti negativi derivanti dal paradigma di tipo produttivistico, in primo luogo bassi redditi e perdita di autonomia. Da questo punto di vista, a livello micro, la multifunzionalità rappresenta una strategia aziendale, ovvero una modalità di organizzazione delle risorse interne utilizzata per perseguire gli obiettivi di lungo periodo dell’azienda. A livello macro, la multifunzionalità rappresenta una delle possibili traiettorie lungo le quali si sta realizzando il processo di sviluppo del settore agricolo e del mondo rurale.
Dal punto di vista analitico, la quantificazione delle categorie di deepening, broadening e regrounding ha permesso di delineare non solo i profili caratteristici delle tre tipologie, ma anche le interazioni che si stabiliscono tra di esse e, quindi, la presenza di regimi multifunzionali complessi caratterizzati dalla presenza contemporanea di più Pm.
I dati hanno messo in evidenza, inoltre, che le Pm sono ormai molto diffuse tanto tra le imprese familiari che in quelle non familiari. In particolare, la multifunzionalità non è un tratto caratteristico esclusivo della piccola agricoltura familiare né, tanto meno, di quella marginale. A questo proposito, il confronto della redditività ha messo in luce che la multifunzionalità può risultare una strategia volta a migliorare la remunerazione del lavoro familiare e a conquistare, in tal modo, un maggior grado di autonomia. Alla riuscita di tale strategia, ovviamente, contribuisce in modo essenziale il contesto territoriale e sociale in cui l’azienda opera. È il territorio, infatti, che offre le condizioni necessarie affinché l’azienda possa inserirsi in un sistema di relazioni che favoriscono il processo di diversificazione e di stabilizzazione dei redditi.
Riferimenti Bibliografici
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- Saraceno E. (1985): Il part-time nell’agricoltura dei paesi occidentali: linee evolutive e strumenti di intervento, La Questione Agraria, 18.
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- Wilson G.A. (2008): From ‘weak’ to ‘strong’ multifunctionality: Conceptualising farm-level multifunctional transitional pathways, Journal of Rural Studies 24 (2008) 367–383.
- 1. Con questo termine si intende una pratica aziendale con cui si riducono i costi attraverso un uso prevalente di input interni all’azienda. In questo modo, l’azienda si rende quanto più possibile autonoma dall’acquisto di fattori di produzione. Qui di seguito col termine regrounding si farà esclusivamente riferimento alla pluriattività, essendo l’unica attività direttamente riconducibile a questa categoria e quantificabile attraverso i dati Rica.
- 2. Va, tuttavia, ricordato che nel caso delle Pm che creano esternalità ambientali positive, i dati si riferiscono esclusivamente alla partecipazione agli schemi agro-ambientali e, quindi, sottostimano la reale dimensione del broadening nell’agricoltura italiana, in quanto non rilevano i casi in cui tali attività sono effettuate indipendentemente dal percepimento dei pagamenti offerti dalla Pac.
- 3. Le aziende familiari comprendono le imprese individuali e le società di persone, mentre le non familiari comprendono le società di capitali e le altre forme societarie.
- 4. Nella Rica il reddito familiare è ottenuto sottraendo dal reddito netto gli interessi relativi al capitale di proprietà.
- 5. In mancanza di informazioni circa le regole distributive applicate nella famiglia, tale valore viene ottenuto ipotizzando una ripartizione lineare tra le unità di lavoro familiari non contrattualizzate che contribuiscono alla produzione aziendale.